giovedì 30 novembre 2023

pc 30 novembre - 2° Formazione Operaia - Lenin 'Che fare?' - Spontaneità e coscienza

All'avvio di questo nuovo ciclo il 23 novembre avevamo scritto: "Chiediamo a tutti coloro che ci leggono di commentare il passo pubblicato - integrarlo con propri interventi - pubblicheremo il giovedì su questo blog tutto quello che perviene e se il caso risponderemo - pcro.red@gmail.com wattsapp 351-9575628. Per questo oggi cominciamo con uno dei commenti pervenuto dopo il primo testo pubblicato

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Cari compagni,  come sempre ho letto con attenzione il documento da voi licenziato, e non posso che dichiararmi completamente concorde con quanto sostenuto dall'autore; certamente è importante mettersi bene in testa il principio secondo il quale il primo compito delle avanguardie operaie e delle loro organizzazioni è quello di sviluppare gli scioperi.

Non vi è dubbio che per far crescere la coscienza della classe operaia occorra cercare di aggregarla, su una serie di concetti chiari e precisi, in funzione di combattere quella guerra di classe che noi, purtroppo, non siamo ancora in grado di organizzare, ma i padroni combattono da sempre e in particolare ossessivamente da almeno trent'anni, dal crollo del "socialismo reale".

Non c'è dubbio che d'allora l'offensiva padronale sia andata via via intensificandosi ed "incattivendosi": ora, approfittando dell'estrema debolezza del movimento comunista in Occidente, dove i partiti revisionisti si sono trasformati nei peggiori liberisti, vogliono dare la spallata definitiva ai diritti della classe lavoratrice.

Per evitare che il padronato, con l'ausilio del proprio comitato d'affari dominato dai loro oggi servi fascisti, riesca nel proprio intento è fondamentale che si sviluppi la coscienza di classe e perché questa possa raggiungere il livello auspicato occorre spendersi in prima persona per realizzare un lavoro paziente e continuo, anche alle portinerie delle fabbriche. Saluti militanti.

Un compagno di Genova

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In questa seconda puntata scegliamo come metodo di pubblicare il paragrafo del testo del "Che fare?" di Lenin che commenteremo giovedì prossimo per permettere ai compagni operai e militanti che ci leggono di meglio seguire le nostre argomentazioni - Appuntamento quindi a giovedì prossimo e buona lettura

 Lenin scrive:

Abbiamo detto che gli operai non potevano ancora possedere una coscienza socialdemocratica. Essa poteva essere loro apportata soltanto dall'esterno. La storia di tutti i paesi attesta che la classe operaia colle sue sole forze è in grado di elaborare soltanto una coscienza tradunionista, cioè la convinzione della necessità di unirsi in sindacati, di condurre la lotta contro i padroni, di reclamare dal governo questa o quella legge necessaria agli operai, ecc. [2*] La dottrina del socialismo è sorta da quelle teorie filosofiche, storiche, economiche che furono elaborate dai rappresentanti colti delle classi possidenti, gli intellettuali. Per la loro posizione sociale, gli stessi fondatori del socialismo scientifico contemporaneo, Marx ed Engels, erano degli intellettuali borghesi. Anche in Russia la dottrina teorica della socialdemocrazia sorse del tutto indipendentemente dallo sviluppo spontaneo del movimento operaio; sorse come risultato naturale e inevitabile dello sviluppo del pensiero fra gli intellettuali socialisti rivoluzionari. Nell'epoca della quale ci occupiamo, cioè intorno al 1895, non soltanto questa dottrina ispirava completamente di sé il programma del gruppo "Emancipazione del lavoro", ma aveva conquistato la maggioranza della gioventù rivoluzionaria della Russia.

Avevamo, dunque, contemporaneamente, un risveglio spontaneo delle masse operaie,

risveglio alla vita e alla lotta cosciente, e la presenza di una gioventù rivoluzionaria che, armata della teoria socialdemocratica, nutriva il desiderio ardente di avvicinarsi agli operai. È molto importante, inoltre, notare il fatto spesso dimenticato (e relativamente poco noto) che i primi socialdemocratici di questo periodo, i quali si occupavano con ardore dell'agitazione economica (approfittando per questo delle utili indicazioni dell'opuscolo Dell'agitazione [2], allora manoscritto), non consideravano quell'agitazione come il loro unico compito, ma al contrario, fin dal principio, assegnavano alla socialdemocrazia russa i più grandi compiti storici in generale, e in particolare il rovesciamento dell'autocrazia. Così, per esempio, il gruppo dei socialdemocratici di Pietroburgo, che fondò l‘ «Unione di lotta per l‘emancipazione della classe operaia», preparò verso la fine del 1895 il primo numero di un giornale intitolato Raboceie Dielo, completamente pronto per la stampa, questo numero fu sequestrato dai gendarmi durante una perquisizione operata la notte dall'8 al 9 dicembre 1895 presso uno dei membri del gruppo, Anat. Alex. Vaneiev [3*], cosicché, nella sua prima
edizione, il Raboceie Dielo non poté vedere la luce. L'editoriale di quel giornale [3] (che, forse, fra una trentina di anni, una rivista del tipo della Russkaia Sfarina riesumerà dagli archivi della polizia) tracciava i compiti storici della classe operaia in Russia, e il primo di essi era la conquista della libertà politica. Seguiva un articolo, A che cosa pensano i nostri ministri?[4] dedicato alla devastazione poliziesca dei comitati per l'istruzione elementare, ed una serie di corrispondenze non solo da Pietroburgo, ma da altre località della Russia (per esempio, su un massacro di operai nella provincia di Iaroslavl). Dunque, questo, se non erro, «primo saggio» dei socialdemocratici russi della fine del secolo scorso, non era un giornale strettamente locale, e ancor meno un giornale di carattere «economico», poiché si studiava di unire gli scioperi del movimento rivoluzionario contro l'autocrazia e di spingere tutti gli oppressi, vittime della politica di oscurantismo reazionario, a sostenere la socialdemocrazia. 

Per coloro che più o meno conoscono lo stato del movimento in quell'epoca è indubbio che un simile giornale sarebbe stato favorevolmente accolto dagli operai della capitale e dagli intellettuali rivoluzionari ed avrebbe avuto la massima diffusione. L'insuccesso dell'iniziativa provò unicamente che i socialdemocratici di allora erano incapaci di rispondere alle esigenze del momento soprattutto per mancanza di esperienza rivoluzionaria e di preparazione pratica. Lo stesso si può dire per il Raboci Listok e specialmente per la Rabociaia Gazieta e per il Manifesto del Partito operaio socialdemocratico russo, costituitosi nella primavera del 1898.
È chiaro che non è affatto nelle nostre intenzioni di rimproverare ai militanti di quel tempo la loro impreparazione; ma per trarre profitto dall'esperienza del movimento e ricavarne delle lezioni pratiche bisogna rendersi ben conto delle cause e del significato di questa o quella deficienza. Perciò è estremamente importante stabilire che una parte (forse anche la
maggioranza) dei socialdemocratici attivi negli anni 1895-98 riteneva possibile presentare, proprio allora, agli inizi stessi del movimento «spontaneo », un vasto programma ed una tattica di combattimento [4*].
L'impreparazione della maggior parte dei rivoluzionari, essendo un fenomeno del tutto naturale, non poteva suscitare particolari timori. Poiché i compiti erano giustamente determinati, poiché si possedeva l'energia necessaria per ripetere i tentativi di adempierli, i momentanei insuccessi non erano che un mezzo male. L'esperienza rivoluzionaria e la capacità organizzativa sono cose che si acquistano. Basta voler sviluppare in sé le qualità necessarie! Basta aver coscienza dei propri errori, coscienza che, nelle questioni rivoluzionarie, equivale già ad una mezza correzione!

Ma il mezzo male diventa un male effettivo quando questa coscienza comincia ad oscurarsi (ed essa era vivissima nei militanti dei gruppi menzionati), quando c'è della gente — e persino dei giornali socialdemocratici — che è pronta a presentare le deficienze come virtù e persino a tentar di giustificare teoricamente la propria sottomissione servile alla spontaneità. È tempo di fare il bilancio di questa tendenza, molto inesattamente definita col
termine di «economismo», che è troppo ristretto per esprimerne tutto il contenuto.'

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