sabato 21 luglio 2018

pc 21 luglio - 1948 - Attentato a Togliatti/Insurrezione - Ripartire dalla memoria storica per un giudizio storico oggi - 3 e ultima parte

Lo sciopero del 14 Luglio

Pietro Secchia | Secchia, Lo sciopero del 14 Luglio, CDS, Roma, 1948
A 70 anni dall'evento,  da Resistenze.org

3 e ultima parte

L'unità della classe operaia e le sue alleanze

I. Comitati di agitazione

Lo sciopero generale del 14 luglio ha dato magnifica prova dell'unità della classe operaia e dei lavoratori delle campagne. Dappertutto comunisti, socialisti, seguaci dei partiti saragattiano e repubblicano lavoratori democristiani e senza partito hanno aderito senza riserve allo sciopero, anche laddove i dirigenti democristiani cercarono di assumere un atteggiamento di sabotaggio e di opposizione.

Le manovre scissioniste e disgregatrici dei dirigenti democristiani furono travolte dall'ondata di indignazione suscitata dal vile attentato contro Palmiro Togliatti. Milioni di operai, di contadini, di impiegati, di tecnici, di intellettuali sentirono che con Palmiro Togliatti veniva colpito il capo dei

lavoratori italiani, sentirono che erano minacciati non solo gli interessi delle classi lavoratrici, ma l'avvenire del popolo italiano e la sua libertà.

Grande prova di unità, di coscienza di classe e di coscienza nazionale hanno dato il 14 luglio i lavoratori.
Ma quest'unità dev'essere assicurata e garantita in ogni momento e specialmente nel corso della lotta con delle misure organizzative. Le intenzioni, i buoni propositi, le parole non sono sufficienti a garantire questa unità dalle manovre scissioniste e provocatorie del nemico.
Orbene, uno dei difetti che in ogni località, salvo qualche eccezione, è stato rilevato è quello che non sono sorti e non sono stati creati nel corso dello sciopero, nelle fabbriche, nelle officine, sui luoghi di lavoro dei Comitati di Agitazione e dei Comitati di sciopero.


Il nome non conta, questi Comitati possono portare il nome dell'obbiettivo per il quale l'agitazione o lo sciopero è in corso, l'importante è che siano espressione di tutta la maestranza della fabbrica, rappresentanti gli operai, le operaie, i giovani, i tecnici, gli impiegati.
I Comitati di agitazione devono rappresentare tutti i lavoratori senza distinzione politica o religiosa, appartenenti a qualsiasi corrente o a nessuna corrente sindacale, aderenti ad un partito e senza partito, organizzati nei sindacati e disorganizzati.

I Comunisti, che sono i primi ad avere piena coscienza dei compiti della classe operaia e delle forze democratiche nell'attuale situazione, devono tendere di fatto in ogni occasione e specialmente durante gli scioperi, durante le agitazioni, nel corso delle lotte a rafforzare, a consolidare con efficaci strumenti organizzativi l'unità degli operai e dei lavoratori sul luogo di lavoro. I comunisti devono cercare la collaborazione attiva di tutti quei lavoratori delle altre correnti politiche e senza partito i quali partecipano allo sciopero, al movimento alle lotte in difesa o di interessi economici o delle libertà democratiche.

La mancanza dei Comitati di agitazione, o comunque di organismi rappresentativi di tutta la massa lavoratrice nel corso di questo sciopero generale, la si è sentita solo relativamente, perché lo sciopero non si è prolungato oltre le 48 ore e perché il movimento era stato provocato da un fatto che toccava, muoveva e commoveva milioni di lavoratori e di lavoratrici.

L'interesse era generale. Ma se noi immaginiamo uno sciopero in condizioni più difficili, uno sciopero che non tocchi nella stessa misura gli interessi e le esigenze di tutte le categorie di lavoratori, o uno sciopero che, in conseguenza della resistenza del nemico e per i suoi obiettivi dovesse prolungarsi per parecchi giorni, è facile pensare che in una simile situazione il conservare l'unità e la compattezza del movimento generale richiederebbe uno sforzo organizzativo. Più la lotta si prolunga e più il nemico ricorre a tutte le armi per incrinare e spezzare l'unità dei lavoratori, per sabotare, per disgregare il movimento. Di qui la necessità dei Comitati di agitazione, dei Comitati di sciopero, che possano parlare a tutti indistintamente i lavoratori, organizzati e disorganizzati, i quali dovrebbero dirigere la lotta, individuare le manovre del nemico sventarle denunciarle, impedire l'organizzazione del crumiraggio, cercare l'adesione al movimento di nuovi strati della popolazione, trovare più larga solidarietà prendere tutte le misure per rafforzare la lotta

Non possiamo abbandonarci alla «spontaneità», non possiamo fidare solo sulla coscienza di classe e necessario che noi in ogni momento garantiamo una efficiente direzione del movimento, e necessario che in ogni momento le masse che partecipano allo sciopero (e non solo la parte più avanzata) si sentano guidate, abbiano chiari gli obbiettivi della lotta, sappiano che cosa devono fare e che cosa non devono fare e abbiano la possibilità di esprimere la loro opinione di partecipare esse stesse all'opera di direzione del movimento.

Si è notato invece talvolta, ed anche nel corso di questo sciopero, la mancanza di una direzione che rappresenti tutti gli scioperanti e i partecipanti alla lotta, e si è notata la tendenza a voler sostituire questa direzione con quella del Partito.
La funzione dirigente del Partito è della massima importanza e non è qui il caso di ripetere cose ovvie. Ma questa funzione il Partito la esercita per mezzo di centinaia di migliaia di comunisti i quali partecipano alacremente all'attività delle organizzazioni di massa, delle organizzazioni sindacali, cooperative sociali, culturali, i quali comunisti vivono in mezzo al popolo, sono col popolo legati da mille fili e dalla vita quotidiana.

Il Partito non deve e non può sostituirsi alle organizzazioni di massa, i comunisti non possono pensare che basta la disposizione, "l'ordine" della Federazione, della sezione o della cellula comunista perché tutti si uniformino a quell'ordine, a quella disposizione.
In certe situazioni neppure la disposizione del sindacato può costituire direttiva sufficiente per tutti i lavoratori. La Confederazione Generale del Lavoro è la grande organizzazione unitaria di tutte le categorie di lavoratori, ma non dobbiamo mai dimenticare che non tutti gli operai, non tutti i lavoratori che partecipano o sono disposti a partecipare ad uno sciopero sono organizzati nei sindacati e nella C.G.I.L.
I comunisti non devono mai dimenticare che essi non sono che una parte dei lavoratori, seppure la avanzata, la più cosciente, che essi devono tener conto della volontà, del grado di coscienza delle masse, che essi non possono sostituire all'attività e alla volontà d masse lavoratrici, meccanicamente le direttive del Partito.

Di qui la necessità che specialmente nel corso di scioperi, delle lotte economiche e politiche le organizzazioni di massa si facciano sentire, abbiano un loro funzionamento, di qui la necessità che nel corso degli scioperi sorgano nei luoghi di lavoro i Comitati di agitazione quali espressione di tutti i lavoratori organizzati e non organizzati. Comitati di agitazione che per tutta la durata dello sciopero devono parlare alle masse, trasmettere le direttive delle organizzazioni sindacali, tenere conto della volontà di masse enormi della popolazione lavoratrice, convincere, persuadere, aiutare i lavoratori a convincersi della giustezza del movimento e dei suoi obbiettivi, della necessità di continuare, di allargare la lotta, di imprimere ad essa maggior forza, oppure della necessità di temporeggiare, di finirla.

II. Il Partito e le organizzazioni di massa
Il Partito, in tutte le sue istanze, è stato durante lo sciopero del 14-16 luglio nel complesso all'altezza del suo compito, ha saputo prendere la direzione e mantenere il controllo del movimento, ha dimostrato di avere coscienza del carattere dello sciopero e dei suoi limiti. Ha dimostrato in una parola di saper assolvere alla funzione di avanguardia del popolo lavoratore.

La stessa cosa non può dirsi di tutte le organizzazioni di massa. Ve ne furono diverse che si dimostrarono insufficienti nel loro funzionamento nella loro struttura ed in una certa misura anche nei loro comitati direttivi.
Naturalmente le responsabilità di queste deficienze ricadono sul Partito il quale deve, dedicare una più forte attenzione all'attività dei propri iscritti nel seno di queste organizzazioni.
La Federazione di Milano osserva: «... deficienze ancora più grandi le abbiamo riscontrate nel funzionamento degli organismi di massa come l'U.D.I, il Fronte della Gioventù, le Consulte Popolari, ecc. Questi organismi non hanno praticamente funzionato durante lo sciopero. La spontaneità e la rapidità con la quale si svolse l'agitazione non hanno permesso a questi organismi di orientarsi e di partecipare alla lotta, come tali, con una loro funzione specifica».

La Federazione di Genova segnala che «la struttura della stessa Camera del Lavoro non si è rivelata del tutto sufficiente mancando della capillarità indispensabile per tenere con continuità nelle mani le masse in movimento. Così gli altri organismi di massa (Fronte della Gioventù, U.D.I., A.R.I., Associazione dei Reduci, A.N.P.I., ecc.) non sono entrati nella lotta con loro iniziative politiche, con la propria struttura organizzativa, ma hanno lasciato che i loro aderenti seguissero il movimento individualmente. Non hanno cioè, quelle associazioni, come tali assolto nel corso dello sciopero ad una loro particolare funzione».

Da parte sua la Federazione di Ravenna rileva che: «… la spina dorsale del grande movimento è stato il Partito. Le altreorganizzazioni di massa: U.D.I., Fronte della Gioventù, ecc. non hanno avuto una funzione propria né direttiva, né operativa e non si sono fatte sentire se non per il fatto che i quadri di queste organizzazioni hanno partecipato attivamente al movimento.
Le stesse decisioni che venivano prese dalla Camera del Lavoro venivano in gran parte realizzate tramite l'apparato e i mezzi del Partito».

Osservazioni analoghe ci sono pervenute dalle Federazioni del Veneto, della Toscana, del Lazio e di altre regioni.

III. La ricerca degli alleati
Per quanto importante sia l'unità della classe operaia, l'unità dei lavoratori che partecipano ad una lotta, ad uno sciopero, specialmente quando questo sciopero abbraccia milioni di lavoratori e tocca tutta la Nazione, essa non ci dà la certezza della vittoria, se l'unità e la compattezza della classe operaia non è rafforzata dall'adesione e dalla simpatia attiva di altri strati della popolazione. Qui si pone il problema della ricerca degli alleati.

Le organizzazioni del Partito si sono preoccupate sufficientemente del problema degli alleati durante lo sciopero del 14 luglio? Non possiamo dire sia stato fatto lo sforzo sufficiente per fare partecipare attivamente (e non solo passivamente) al movimento, per conquistare e non solo per neutralizzare altri strati della popolazione.
In tutti i grandi e piccoli centri lo sciopero generale ha riscosso senza dubbio la simpatia di larghi strati della popolazione. Tutti i negozi chiusi, chiusi i caffè, i ristoranti, i cinematografi, i teatri: ma scarsi i tentativi di tradurre questa simpatia in forma organizzata.
Alle manifestazioni di strada e ai comizi non devono partecipare solo gli operai e la parte più attiva dei lavoratori, ma si deve sentire la presenza degli artigiani, delle commesse, dei lavoranti a domicilio, delle casalinghe, degli impiegati, dei professionisti e degli studenti.
Le dimostrazioni di simpatia devono essere trasformate, con un buon lavoro organizzativo, in un intervento attivo, in un aiuto concreto che deve andare agli operai o ai contadini scioperanti.

Non dappertutto si è mobilitato il Fronte Democratico Popolare. È vero che in parecchie località i nostri compagni si sono scontrati con la resistenza di dirigenti socialisti i quali, o per loro volontà o per disposizioni ricevute dalla loro Direzione, si opponevano a che qualsiasi iniziativa fosse presa a nome del Fronte.

Questa difficoltà avrebbe potuto per altro essere superata trovando nuove forme unitarie che avessero potuto ottenere l'adesione di tutte le forze democratiche.
Non si trattava solo di fare una riunione tra i rappresentanti dei diversi partiti democratici per un manifesto di deplorazione platonica dell'attentato Questo è avvenuto quasi dappertutto. Si trattava di dar vita a un organismo rappresentativo di tutte le forze democratiche, di tutte le correnti popolari, il quale appoggiasse, dirigesse il movimento e rappresentasse di fronte alle autorità civili e al governo tutte le forze in lotta.

Si trattava di concretizzare, di tradurre in forma organizzata quello spostamento a nostro favore dell'opinione pubblica verificatosi dopo il 18 aprile e dopo l'attentato, si trattava di consolidare e allargare le nostre alleanze.
Un maggior sforzo tutto il Partito avrebbe dovuto fare per trovare diverse forme organizzative che permettessero di legare nella lotta e nell'azione la parte più avanzata dei lavoratori a quella meno attiva e più arretrata della popolazione.

Da questo punto di vista è da segnalare, tra le altre, l'ottima iniziativa presa dalla Federazione di Milano che in accordo con i compagni socialisti riuscì a dare vita ad un Comitato d'Intesa Democratica al quale aderirono non solo i partiti e i movimenti già aderenti al Fronte Democratico Popolare, ma anche la Camera del lavoro, la Giunta e il Consiglio Comunale
Questo Comitato d'intesa Democratica, che dirigeva permanentemente lo sciopero, realizzava così un alleanza più larga di quella del Fronte, allargava la direzione della lotta, dava al movimento maggior forza e più grande ampiezza.

Il Comitato d'intesa Democratica subito dopo la sua costituzione prese l'iniziativa di organizzare un plebiscito della popolazione milanese, un plebiscito che, manifestando l'indignazione per l'attentato richiedesse un mutamento della politica del governo e suonasse condanna dell'opera di De Gasperi, Scelba e compari.

Il plebiscito, che doveva iniziarsi con un imponente sfilata di popolo in Piazza del Duomo, avrebbe dovuto estendersi con la raccolta delle firme in ogni fabbrica in ogni rione, in ogni casa.
Si trattava praticamente dell'organizzazione di un vero e proprio referendum popolare il quale avrebbe dimostrato qual'era il reale orientamento della popolazione milanese. Era un mezzo per realizzare l'unita della popolazione di Milano sul terreno della lotta, un mezzo per attivizzare anche le masse più arretrate. Questa iniziativa non escludeva, non ostacolava nessuna altra forma di lotta più avanzata, anzi la favoriva, la sosteneva.

Anche se per la avvenuta cessazione dello sciopero questa iniziativa non ha potuto avere i suoi previsti sviluppi, merita di essere segnalata per la sua importanza. Essa costituisce un bell'esempio di iniziativa politica per realizzare le necessarie alleanze nel corso della lotta, per attivizzare le masse, per allargare il movimento, per trovare delle forme di lotta che ci permettano di toccare e mobilitare anche gli strati meno attivi della popolazione.

IV. L'organizzazione del Partito e il suo funzionamento durante lo sciopero
il Partito è stato nel complesso all'altezza del suo compito. Ha saputo intervenire tempestivamente e giustamente e, ad eccezione di alcuni casi isolati, ha mantenuto dal principio alla fine il saldo controllo del movimento. Questo affermato, non dobbiamo chiudere gli occhi sui difetti e le deficienze venute alla luce nelle diverse istanze della nostra organizzazione, specialmente là dove essa è più debole.

Un difetto che è stato rilevato da quasi tutte le Federazioni è stata la deficienza, in certe località assai accentuata, dei collegamenti tra il centro e le organizzazioni periferiche, tra le Federazioni e le sezioni e le zone Deficienze dovute in parte a insufficiente iniziativa, in parte alle difficoltà delle comunicazioni in certe province, specie del meridione, rese ancora più acute dallo sciopero generale stesso.
Vi sono state delle Federazioni e delle Camere del Lavoro che sin dal primo momento hanno visto quale importanza avesse lo stabilire un permanente collegamento con tutte le loro sezioni e tra la Camera del Lavoro provinciale e quelle periferiche, ed hanno di conseguenza fatto un notevole sforzo per superare le difficoltà.

La Federazione di Novara, ad esempio, provvide ad organizzare un servizio di staffette tra la città e tutte le zone della provincia. Tale servizio fu organizzato pure dalla Camera del Lavoro sia con le Commissioni Interne delle fabbriche della città, sia con molte della provincia.
La Federazione di Genova, sulla base di esperienze fatte in altre occasioni, provvide sin dalle prime ore dello sciopero a decentrare i compagni del Comitato e dell'apparato federale, costituendo di fatto cinque o sei centri di direzione, legati naturalmente alla Segreteria della Federazione. Ognuno di questi centri dirigeva una zona od un certo numero di località. Con questo sistema si ovviava alla difficoltà delle comunicazioni, si garantiva il legame con le sezioni, e si rafforzavano le direzioni locali aumentandone la capacità d'iniziativa.

«Si deve - scrivono i compagni Genova - a quest'azione svolta dal Partito e alla sua rapida capacità di collegamento con le organizzazioni periferiche, se nella nostra città non si sono avuti conflitti con la polizia e gravi incidenti che le autorità governative andavano cercando e che provocatori da noi prontamente smascherati tentavano di fra nascere».

Lo sciopero ha dato la possibilità di fare una preziosa esperienza sul comportamento e il funzionamento dei Comitati direttivi di Partito nel corso della lotta. Vi furono dei Comitati direttivi di sezione e qualcuno anche di federazione che non si riunirono immediatamente. Ad esempio in alcune località anche i compagna dirigenti di federazioni si portarono nelle sezioni, nelle fabbriche ,o si misero alla testa di dimostrazioni di strada si confusero cioè con la massa, si lasciarono trascinare da essa e solo dopo alcune ore pensarono di riunirsi per discutere, dare direttive ecc. Questo ebbe per conseguenza, un ritardo nella mobilitazione di tutta la organizzazione e nel suo orientamento.

Altri Comitati direttivi di federazione si riunirono immediatamente e seppero diramare giuste direttive politiche e organizzative, come ad esempio a Bologna, ma la riunione durò troppo a lungo e mentre i compagni dirigenti stavano discutendo, altri compagni impartivano direttive non sempre coerenti.
Il compagno Colombi ha giustamente rilevato che: «La direzione da parte dell'esecutivo federale dev'essere soprattutto una direzione operativa e che nel momento in cui ferve la lotta non ci si perde in lunghe discussioni, ma ci si preoccupa di seguire il corso della lotta stessa e di assicurarne la direzione».

Lo sciopero ha messo chiaramente in luce tutta l'importanza dei Comitati direttivi di Sezione e dei comitati direttivi di cellula. Ove questi organismi hanno funzionato, si è avuto in ogni momento un giusto orientamento dei lavoratori. In molte località queste istanze di Partito hanno funzionato poco collettivamente.
La direzione nelle fabbriche era in certi casi realizzata individualmente da qualche compagno più conosciuto e autorevole ma l'organismo dirigente non si riuniva per discutere, per esaminare la situazione, per realizzare una direzione collettiva.

In alcune sezioni, le più deboli, attorno al segretario di sezione non c'erano i membri del Comitato direttivo e i capi cellula, ma altri compagni. «È avvenuto così - scrive il segretario della Federazione di Ravenna - che in queste sezioni chi dirigeva effettivamente erano i compagni più attivi e combattivi e non i membri del Comitato direttivo».

Questo sta ad indicare da un lato la debolezza e l'insufficienza politica di certi Comitati di sezione e cellula e d'altra parte rivela anche l'esistenza di quadri capaci e prima sconosciuti. Dirigente è colui che assolve a questa funzione specialmente nel momento della lotta.
Da Savona, si osserva che i membri dei Comitati direttivi di parecchie Sezioni erano quasi continuamente nella sede della Federazione invece di essere nelle loro Sezioni, nel loro quartiere a dirigere i compagni e le masse.
Altrove le disposizioni e le direttive venivano trasmesse contemporaneamente in un unico atto, nella stessa forma, con gli stessi mezzi ai membri di Partito e a tutti i lavoratori. Non venivano cioè tenute delle assemblee di cellula e di Sezione per orientare prima i compagni e fare in modo che le direttive arrivassero alle masse per mezzo dei compagni e delle nostre organizzazioni.

*.*.*
Sensibile è stato in parecchie Federazioni il difetto della propaganda soprattutto per mezzo della stampa. Durante lo sciopero quasi dappertutto si sono distribuiti dei Bollettini sull'andamento dello sciopero, editi a cura della Confederazione e delle Camere del Lavoro. Sono stati pubblicati manifesti del Partito e delle organizzazioni democratiche, ma nel complesso vi è stata insufficienza di stampa, di informazione e di direttive non solo come quantità. Nel corso di grandi scioperi e specialmente di uno sciopero generale politico è della massima importanza poterò parlare non solo agli operai, ma ai diversi strati della popolazione, il che può essere fatto con larga diffusione di stampa essendo insufficienti allo scopo le riunioni e i comizi.

Vi sono Federazioni che il problema l'hanno visto in tutta la sua importanza e si sono sforzate di risolverlo con vari mezzi provvedendo a pubblicare edizioni straordinarie dei giornali locali. Ma in molti centri anche importanti si è trascurato di svolgere, nelle forme più opportune, una giusta propaganda verso determinate categorie della popolazione - ceti medi - e in modo particolare verso le forze armate e di polizia.

Malgrado la campagna di odio scatenata dal governo diretto da De Gasperi contro le forze democratiche, malgrado le direttive impartite dal ministro Scelba per l'impiego delle forze armate e di polizia contro gli scioperanti, molti incidenti furono evitati non solo per il senso di responsabilità dei lavoratori, dei comunisti dei dirigenti lo sciopero, ma anche per la coscienza umana e classista di molti agenti e soldati il cui istinto li portava alla naturale e fraterna solidarietà con i lavoratori.

In alcuni grandi centri industriali, dove per altro il movimento è stato forte, compatto e nel complesso ben diretto, si sono manifestate in alcune fabbriche e in qualche rione, tendenze a un dualismo di direzioni. Elementi pur iscritti al Partito, in nome di organizzazioni di massa o rivendicando meriti acquisiti nella lotta passata e particolarmente nella lotta di liberazione nazionale, cercavano di prendere la mano agli organi responsabili del Partito e pretendevano di sostituirsi essi. Qualche episodio del genere si è verificato a Torino, a Venezia e in qualche altra località.

Alcune organizzazioni del Veneto, dell'Italia meridionale e delle Isole, hanno rivelato pesantezza e lentezza nell'orientarsi, nel muoversi e scarsa iniziativa. Assieme ad alcune manifestazioni di estremismo infantile e di massimalismo, nei confronti delle quali le organizzazioni del Partito, nel complesso, hanno saputo ben reagire, non sono mancati neppure alcuni casi di debolezza, di opportunismo e di deficiente funzionamento degli stessi organismi dirigenti di sezioni e di qualche Federazione (Belluno, Sassari, Verona, Crotone, ecc).

Considerazioni conclusive
Altri difetti potrebbero ancora essere sottolineati e altri verranno certamente alla luce dall'esame autocritico e dallo studio che le organizzazioni di Partito stanno facendo.
Sull'importanza nazionale e internazionale dello sciopero del luglio già abbiamo detto. Gli aspetti positivi del movimento possono essere a nostro parere così riassunti:

1) Lo sciopero generale del 14 luglio e stato una grande battaglia nel quadro della lotta per la pace, per l'indipendenza del nostro Paese.

2) L'impiego da parte del Governo delle forze armate contro gli scioperanti e la combattività, lo slancio e la tenacia dei lavoratori hanno dimostrato una volta di più l'acutezza della lotta di classe in Italia e la crescente dipendenza della politica del governo alla volontà degli imperialisti americani.

3 Lo sciopero ha rivelato chiaramente le intenzioni reazionarie dell'attuale governo. Per mezzo della stampa e della radio il partito nero totalitario ha tentato e tenta di snaturare e falsare il carattere dello sciopero allo scopo di giustificare le sue rappresaglie, le sue violenze, i suoi arbitrii e le ventilate misure antidemocratiche, anticostituzionali contro i Sindacati, contro la libertà di sciopero, contro il Partito Comunista e le organizzazioni democratiche e repubblicane.

4) Lo sciopero ha dimostrato l'alto grado di combattività delle masse lavoratrici e ha dato ai lavoratori maggiore fiducia nelle loro forze.

5) La brutalità della reazione governativa, 1'atteggiamento dei dirigenti sindacali democristiani e saragattiani ha contribuito a chiarire molte cose agli occhi dei lavoratori italiani.

6) Lo sciopero ha fatto sorgere nuovi quadri che si sono dimostrati capaci di mettersi alla testa delle masse in lotta.

7) Il Partito esce dallo sciopero rafforzato ideologicamente, politicamente e organizzativamente. Tutti i compagni hanno fatto una grande esperienza. La forza, lo slancio, gli elementi positivi dello sciopero e anche gli errori e le debolezze manifestatesi durante la lotta serviranno a rafforzare tutto il nostro lavoro, particolarmente l'attività nelle organizzazioni di massa, ad elevare ai posti di direzione nuovi quadri, a verificare migliorare il funzionamento degli organismi direttivi dall'alto in basso, a rafforzare il lavoro ideologico e politico, base per una più salda e consapevole disciplina, per una più larga comprensione e applicazione della linea politica del Partito.

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