ALTRO CHE LEGGE CONTRO LA DELOCALIZZAZIONE, DA PARTE DEL GOVERNO SOLO MISERABILE CASSINTEGRAZIONE, PER PERMETTERE AI CAPITALISTI DI BUTTARE IN MEZZO AD UNA STRADA CENTINAIA DI OPERAI.
UNICA CONTROTENDENZA, ANCHE QUI NASCE LO SLAI COBAS SC
Il caso in provincia di Taranto - Tessitura di Mottola srl - Gruppo Albini
Riportiamo,
di seguito, l'ultimo verbale dell'incontro convocato il 14 ottobre
dalla Task force della Regione sulla situazione occupazionale dei
lavoratori della Tessitura di Mottola srl.
Come
si può leggere, l'unica prospettiva per i 118 lavoratori e lavoratrici,
che dall'inizio dell'estate sono anche in presidio davanti alla
fabbrica per impedire che l'azienda la smantelli, è la cassa
integrazione, che tra cig covid e nuova cigs consentirà un minimo di
reddito per sopravvivere (non per vivere), fino ad ottobre 2022.
Per
il resto, niente. La sorte di questi lavoratori, come di tantissimi in
questa Regione, solo a Taranto vi ci sono i 1600 operai ex Ilva, i 51
della Cemitaly, è di fare corsi di "riqualificazione" e colloqui per una
ricollocazione di singoli lavoratori.
Entrambe le cose negative.
Perchè
i corsi, senza una finalizzazione ad un progetto reale di prospettiva
occupazionale sono totalmente inutili e generici (come già l'esperienza
per Ilva e Cemitaly ha dimostrato) - tenendo conto, poi, che stiamo
parlando di operai e operaie già con una buona, a volte alta
professionalità nel settore. Perchè le eventuali ricollocazioni
dividerebbero i lavoratori, indebolirebbero la forza di trattativa e
contrattuale, diventerebbero di fatto un ricatto per i singoli
lavoratori (o accetti o rischi di perdere anche la cig), che potrebbero
trovarsi a dover accettare lavori precari, contratti a tempo
determinato, demansionamento, perdita di tutto quello che hanno
conquistato in tanti anni di attività (livelli, indennità, ecc.).
Intanto,
come si legge sempre nel verbale della Regione, continuerebbe la
ricerca sul mercato, per verificare le possibilità occupazionali di
aziende, anche di altri settori produttivi, esistenti nell'arco di 50 Km
dall'attuale luogo della Tessitura.
Anche
qui, quindi, con una, bene che vada, prospettiva di frammentazione dei
lavoratori e di assoggettamento a condizioni lavorative peggiori. Tra
l'altro, come sottolinea il Presidente della Sepac, Leo Caroli, anche
questa prospettiva avrebbe tempi lunghi, tanto che alla fine l'appello
oltre che alla parte aziendale è ai lavoratori ad accettare
"riqualificazione in funzione dei bisogni reali del mercato lavorativo",
che tradotto vuole dire: non fate i pretenziosi, prendete tutto quello
che eventualmente il mercato offre...
Unico,
differente spiraglio sembra l'attività della Agenzia Vertus per una
prospettiva di acquisizione della fabbrica e quindi degli operai da
parte di un'altra azienda. Qui si è partiti dal contattare ben 450
aziende (!?), anche di differenti settori produttivi, e si è arrivati
per ora solo a: due che hanno presentato progetti e una che ha
manifestato interesse; mentre si sta cercando ancora qualche altro
possibile investitore. Su questo un aggiornamento sarà a fine anno.
Ma
purtroppo, primo, questa "storia" l'abbiamo già vista in altre realtà
(vedi vicenda Whirpool), in cui dopo anni di ricerca i lavoratori sono a
rischio licenziamento; secondo, non si spiegano i motivi del mancato
interesse da parte di altre aziende, nè si dice se anche quelle che
avrebbero manifestato interesse prenderebbero tutti i 118 lavoratori
della Tessitura e a quali condizioni.
Però, ciò che è più inaccettabile di questa "vertenza", ben espressa dal verbale del 14 ottobre, sono due.
L'azienda,
il gruppo Albini, che interviene e viene trattata come se non fosse la
prima, principale responsabile di questo attacco al posto di lavoro! Una
azienda multinazionale che ha campato e ha fatto profitti sul lavoro
dei 118 operai e operaie per anni, che ha usufruito di fondi pubblici,
gravi fiscali, contributivi; un'azienda che non chiude perchè in crisi
ma semplicemente perchè altrove, soprattutto all'estero, può fare più
profitti, per taglio dei costi della manodopera, meno diritti per i
lavoratori, ecc
A
questa, come ad altre aziende che licenziano per delocalizzazione, però
non succede nulla, anzi viene trattata con tanto di "guanti bianchi",
quasi ringraziata perchè ha "concesso" di richiedere la cassintegrazione
- di cui una parte, quella covid, è peraltro totalmente gratuita per
Albini.
Una cosa inaccettabile!
Come
inaccettabile è l'atteggiamento dei sindacati confederali, che
richiedono solo "informazioni", non fanno richieste, non portano loro
proposte, non mettono in discussione l'andamento attuale.
Sindacati
che continuano, grazie al grande sforzo di lavoratori e lavoratrici, a
tenere in piedi un presidio, purtroppo sempre più inutile, da cui non
partono iniziative di lotta che possano pesare nella trattativa e rendere
visibile questa realtà lavorativa, ai più anche a Taranto, sconosciuta;
sindacati che hanno accettato la lettera di minaccia/ricatto
dell'azienda di entrare in fabbrica per fare manutenzione e atti
amministrativi, vanificando, quindi, lo scopo del presidio.
Soprattutto
per questa realtà sindacale, un gruppo di lavoratori e lavoratrici ha
deciso di organizzare lo Slai cobas. E QUESTA E' L'UNICA VERA NOVITA'
che comincerà a pesare!