sabato 28 giugno 2025

pc 28 giugno - Taranto - Lunga e ricca giornata di mobilitazione contro riarmo, guerra, per la Palestina

Una giornata di mobilitazione lunga e ricca: dall'ex Ilva /appalto, all'assemblea in piazza sotto il Comune delle lavoratrici e lavoratori appalti comunali, quindi, incursioni all'università, ammiragliato/ponte, prefettura, contro l’aggressione guerrafondaia sionista/imperialista Usa/Israele all’Iran e genocida verso il popolo palestinese contro il governo complice Meloni proTrump/Netanyahu/ contro repressione è stato di polizia/contro economia di guerra/carovita

In serata al centro città assemblea popolare.

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La giornata è iniziata presto, alle 6 all'ex Ilva. Alla portineria dell'Appalto Acciaierie; volantinaggio, diffusione della mozione operaia contro riarmo, guerra, per la Palestina; cartelli, bandiere, discussioni con gli operai sullo sciopero, trattativa a Roma e sul perchè gli operai devono occuparsi di ciò che succede oltre la fabbrica; e soprattutto un lungo e articolato comizio che ha 
intrecciato la situazione grave ad Acciaierie/appalto con la situazione generale a livello nazionale e internazionale che vede riarmo, guerre, genocidio in Palestina e l'azione di serva di Trump del governo Meloni, che scarica i costi della guerra sui lavoratori e masse; un comizio seguito, più di altre volte, da un centinaio di operai (senti audio https://tarantocontro.blogspot.com/2025/06/da-appalto-acciaierie-italia-taranto.html). 

Al Comune

Verso le 10 la mobilitazione al centro città: in piazza Castello, con le lavoratrici degli asili e rappresentanti dei lavoratori appalto cimitariali, con assemblea in cui insieme alle lotte specifiche per migliori condizioni di lavoro, salari da aumentare, contro la precarietà, vi sono state discussioni e approvazione mozione su riarmo, guerra, Palestina. L'iniziativa era anche collegata alla azione verso il Comune e il nuovo Sindaco perchè i lavoratori e lavoratrici vogliono chiedere al Comune di prendere posizione contro guerra/riarmo/uso Basi militari e i loro effetti su carovita, salari, lavoro, salute e sicurezza, e di unirsi alla decisione della Regione Puglia nel sospendere le relazioni economico-militari con Israele ed esprimere solidarietà al popolo palestinese. Ma il sindaco ha pensato bene di non farsi trovare...

In contemporanea è avvenuto altro: un'incursione/blitz dentro l'Università di città vecchia, con striscione, volantino, locandine. Sorpresi e infuriati i vigilanti, mentre professori che stavano all'interno hanno accolto positivamente il materiale. Nello stesso tempo il tentativo dei vigilanti di farci uscire si è scontrato con un grosso gruppo di turisti (una cinquantina) che entrando per visitare l'università aono stati molto contenti, interessati e solidali verso la nostra iniziativa.

Poi ci siamo spostati sul ponte girevole, dove sono stati messi striscioni/cartelli; anche davanti all'Ammiragliato, luogo che da qualche mese viene considerato "zona rossa" dalla Digos. 

Infine, sempre in mattinata, nuovo incontro in Prefettura per consegnare mozione dei lavoratori e un comunicato nazionale di operatori della Giustizia, firmato anche da avvocate di Taranto che denuncia l'aggressione di Istraele/Trump all'Iran.


In serata assemblea popolare in piazza Della Vittoria: decine di striscioni, cartelli, volantinaggio della mozione dei lavoratori, e tanti interventi, in particolare, segnaliamo e abbiamo pubblicato, un intervento di un rappresentante palestinese medico di Bari, che in questa occasione non avendo chi lo sostituiva al lavoro ci ha inviato un audio, promettendo di essere fisicamente presente nelle prossime occasioni, e l'intervento di un compagno operaio dell'ex Ilva Taranto che fa una forte denuncia e appello ai lavoratori. Senti dal post: https://tarantocontro.blogspot.com/2025/06/gli-interventi-di-ieri-in-piazza-della.html

Infine, grazie alla messa a disposizione di un attacco luce da parte di un esercizio vicino, che ringraziamo ancora, e che ha dimostrato anche con questo il sostegno alla solidarietà al popolo palestinese, abbiamo trasmesso dei filmati della Palestina. 

pc 28 giugno - In azione a Palermo contro guerra imperialista, piani di riarmo del governo Meloni, in solidarietà dalla Palestina all'Iran

Con rappresentanti di lavoratori e alcuni compagni solidali alla Prefettura a Palermo

Denuncia e in protesta contro la guerra imperialista, contro i piani di riarmo e il governo Meloni moderno fascista e della guerra, in solidarietà al popolo palestinese, iraniano e a tutti i popoli oppressi.

Ampio volantinaggio ai tanti automobilisti che passavano davanti la prefettura in una città bloccata e paralizzata dal traffico per un concerto serale, con condivisione anche di quanto scritto e visibile nello striscione. 

I rappresentanti dei lavoratori hanno poi consegnato un documento indirizzato al Prefetto contenente le ragioni della azione di denuncia e protesta verso un governo quale quello Meloni complice del genocidio del popolo palestinese e guerrafondaio, chiedendo con forza la cessazione dei piani di riarmo, lo stop alle spese militari e all' invio di armi a Stati criminali  come Israele, l' immediato potenziamento delle risorse per lavoro, salari, scuola, sanità, servizi  e non per la guerra




Il documento consegnato
 al Prefetto di Palermo



Di mattina al primo turno ai Cantieri Navali volantinaggio e affissione locandine.
Gli operai che hanno preso il volantino, e con alcuni abbiamo discusso, in diversi ne hanno condiviso  il contenuto, in particolare hanno espresso contrarietà all'aumento delle risorse stanziate dal governo Meloni per il piano di riarmo mentre operai che scioperano per il rinnovo del contratto vengono repressi dalle leggi di questo governo.

pc 28 giugno - Decreti, provvedimenti sono illegali! - Decreto sicurezza, dalla Cassazione: “Criticità nel metodo e nel merito”

Contro il decreto sicurezza ci sono state tante manifestazioni - ultima il 21 giugno - e chili di carte di denuncia - Avevamo pienamente ragione. 

Ma noi vogliamo che l'intero decreto sia bocciato! Non ci accontentiamo certo che vengano solo rimosse le "criticità" più abnormi. E' tutto il decreto nel merito e nel metodo che è illegale.

E un governo che fa leggi illegali - e questa del Decreto sicurezza non è che l'ultima - se ne deve andare, deve essere rovesciato!

Dalla stampa:

La Corte di Cassazione si pronuncia sul decreto sicurezza, evidenziando criticità nel metodo e nel merito. ...la decretazione d’urgenza, le norme troppo eterogenee e le sanzioni sproporzionate rappresentino aspetti problematici che richiedono un’attenta riflessione. Quindi: «severe perplessità anzitutto sulla (in)sussistenza dei presupposti giustificativi per il ricorso alla decretazione d’urgenza, tanto più che neppure il governo proponente si era mai avvalso della facoltà, prevista dall’art. 72 Cost. e dai regolamenti parlamentari, di chiedere l’esame con procedura d’urgenza di quel disegno di legge». «A ciò si aggiunge l’estrema disomogeneità dei contenuti», si legge nella relazione, che «avrebbe richiesto un esame ed un voto separato sulle singole questioni». Si occupa, infatti, di una pluralità di materie vastissime e disparate che non sono tra loro connesse e omogenee: terrorismo, mafia, beni confiscati, sicurezza urbana, tutela delle forze dell’ordine, vittime dell’usura, ordinamento penitenziario, strutture per migranti e coltivazione della canapa. Questa eterogeneità è considerata un ulteriore vizio di legittimità costituzionale per i decreti legge.

L'Ufficio del Massimario della Suprema Corte denuncia la "disomogeneità" della legge e l'abuso della decretazione d'urgenza in materia penale. Il ministro della Giustizia Nordio: "Incredulo"

Il documento, di 129 pagine, contiene una bocciatura senza appello del provvedimento-bandiera del governo, a partire dalla scelta di trasformare da un giorno all’altro in decreto legge il “vecchio” ddl Sicurezza, all’esame del Parlamento da oltre un anno, riprendendone i contenuti “quasi alla lettera“. Riportando le critiche già espresse da decine di giuristi, la Cassazione sottolinea l’“evidente mancanza” dei presupposti di “straordinaria necessità ed urgenza” imposti dalla Costituzione, poiché “nessun fatto nuovo è occorso tra la discussione alle Camere del ddl sicurezza e la scelta trasformarlo in un decreto legge dal medesimo contenuto”. Inoltre, viene denunciata la “disomogeneità” dei contenuti della legge (che interviene su settori diversissimi, dalla cannabis light ai poteri dei servizi) e l’abuso della decretazione d’urgenza in materia penale (il decreto introduce 22 tra nuovi reati e aggravanti).

Nel merito, le criticità riguardano quasi tutti i contenuti del provvedimento. Durissimo in particolare il giudizio sul cosiddetto “scudo” ai servizi, la norma che consente agli agenti sotto copertura di dirigere e organizzare associazioni terroristico-eversive senza commettere reato: si tratta, scrive il Massimario, di “un assoluto inedito, posto che la direzione e organizzazione delle predette associazioni è fenomeno ben diverso, più grave e più pericoloso rispetto alla già sperimentata possibilità di “infiltrazione”. I pericoli del salvacondotto erano già stati denunciati dai familiari delle vittime delle stragi, che hanno definito la norma una “licenza criminale“, ricordando il ruolo ricoperto da frange dei servizi nelle pagine più oscure della nostra storia nazionale.

Sulla possibilità di far scontare la pena in carcere alle detenute incinte o madri di bambini sotto un

pc 28 giugno - Gaza Humanitarian Foundation, soldati israeliani a Haaretz: “Abbiamo l’ordine di sparare ai palestinesi che chiedono cibo. È un campo di sterminio”

 di F. Q.

Secondo il ministero della Salute di Gaza guidato da Hamas, dal 27 maggio 549 persone sono state uccise vicino alle strutture gestite dall'organizzazione privata che gestisce gli aiuti umanitari. Le Idf hanno aperto un'indagine

Immagini non ce ne sono. Nessuno può vedere cosa accade davanti ai centri gestiti dalla Gaza Humanitarian Foundationl’organizzazione privata cui Stati Uniti e Israele hanno affidato la distribuzione degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. L’unica cosa certa è che dal 27 maggio, giorno della loro apertura, centinaia di persone sono state uccise mentre si avvicinavano ai loro cancelli per chiedere cibo. Ora il muro del silenzio potrebbe venire giù. Alcuni soldati dell’esercito israeliano, a cui è affidato il compito di garantire la sicurezza dei luoghi adiacenti alle strutture....

Gaza, MSF: “La distribuzione della GHF è un massacro mascherato da aiuto umanitario”

27.06.25 - Medecins sans Frontieres

Il sistema di distribuzione alimentare promosso da Israele e Stati Uniti a Gaza, avviato un mese fa, umilia intenzionalmente i palestinesi, costringendoli a scegliere tra fame e rischio di morte per ottenere scorte minime di cibo. Più di 500 persone sono state uccise nei punti di distribuzione e quasi 4.000 sono state ferite mentre cercavano di procurarsi del cibo. Questo sistema di distribuzione è un massacro mascherato da aiuto umanitario e deve essere fermato immediatamente.  Medici Senza Frontiere (MSF) chiede alle autorità israeliane e ai loro alleati di revocare l’assedio e consentire l’ingresso di cibo, carburante, forniture mediche e umanitarie, ristabilendo un sistema di aiuti fondato sui veri principi umanitari, come quello precedentemente coordinato dalle Nazioni Unite. Questa catastrofe è stata orchestrata da un’organizzazione creata per conto di Israele e Stati Uniti che opera sotto il nome di Gaza Humanitarian Foundation (GHF). Il metodo di distribuzione usato costringe migliaia di palestinesi — affamati da oltre 100 giorni di assedio — a percorrere lunghe distanze a piedi per raggiungere i 4 siti di distribuzione, dove le persone lottano per contendersi pochi avanzi di cibo. Questi punti distribuzione sono di difficile accesso per categorie più vulnerabili, come donne, bambini, anziani e persone con disabilità, e nel caos che si crea, le persone vengono uccise e ferite ogni giorno.

Eppure, ogni nuova atrocità sembra non suscitare più reazioni né condanne da parte della comunità

pc 28 giugno - Fincantieri-Leonardo aumentano la produzione bellica: nuovi contratti con la Marina militare per 764 milioni… si rafforza il riarmo dell’imperialismo italiano

 

Il contratto tra la Marina e Fincantieri e Leonardo “certifica la prosecuzione di una collaborazione strategica di lunga data avviata con la consegna delle prime fregate della classe Fremm e il relativo supporto logistico.” E di alto livello tecnologico: “Il contratto, sottolinea una nota, «rappresenta un passo significativo nel percorso di rafforzamento delle capacità operative e manutentive della flotta Fremm, riferimento tecnologico per la Marina Militare». Il Tlsm2- Through Life Sustainment Management, conclude, «introduce un modello di sinergia ancora più innovativo e integrato tra l’industria nazionale ed estera e la Marina Militare, volto a ottimizzare l’efficienza e la resilienza del sistema logistico nazionale».”

Il contratto “Tlsm2 è un contratto di supporto in servizio del valore di circa 764 milioni di euro (di cui circa 335 milioni in opzione) della durata di cinque anni e mezzo, di tutti i sistemi e apparati delle unità Fremm costruite e consegnate da Osn alla Marina Militare.” è stato firmato da “Orizzonte Sistemi Navali (Osn), la joint venture partecipata da Fincantieri (51%) e Leonardo (49%) e Occar (Organisation for Joint Armament Cooperation).” Organizzazione congiunta per la cooperazione europea in materia di armamenti.

E poi ci sono i contratti di sub-fornitura “con Fincantieri e Leonardo, che avranno rispettivamente un valore di 265 milioni (di cui circa 130 in opzione) e circa 190 milioni (di cui circa 78 in opzione) oltre che con le altre aziende del comparto, tra cui Mbda, Elettronica e Tmds.”

I rapporti tra la Marina militare italiana e le industrie di stato come la Leonardo e la Fincantieri, si stringono sempre di più e come si vede da questi accordi, passo dopo passo avanza la tendenza a

pc 28 luglio - Da appalto Acciaierie Italia Taranto: lavoro, non riarmo e guerra!

Si aspetta il solito accordo da Roma, che vuol dire più cassa integrazione destinata a trasformarsi negli esuberi annunciati dal governo attraverso i nuovi padroni che non si sa bene chi saranno. Tutto vogliono tranne che garantire lavoro, condizioni di lavoro e salute per gli operai dell'Ex-Ilva. Vogliono 3500 cassintegrati a rendere sempre di più strutturale una condizione dei lavoratori a salari ridotti e con l'incertezza permanente del futuro.

Le promesse che si sono susseguite fino a oggi arrivano sempre allo stesso punto, progetti di lunga durata che nell'immediato servono a peggiorare comunque la condizione dei lavoratori e a non risolvere niente per i lavoratori e la città.

Avete letto sui giornali il piano di nuova cassa integrazione; quello che però non avete letto è come questo si riflette sugli operai dell'appalto. La ricaduta sull'appalto è come sempre peggiore. Quasi tutte le ditte, quelle che non l'avevano già fatto, stanno aprendo la cassa integrazione; i contratti a scadenza al 30 giugno non vengono rinnovati e gli operai vengono mandati a casa, come sta avvenendo in questi giorni per i lavoratori della Castiglia, ma chiaramente è un caso fra tutti. Le aziende chiedono ulteriori deroghe peggiorative chiedono che i contratti a termine arrivino fino a 42 mesi, senza causale e con massima flessibilità. Si riservano, nonostante mettano in cassa integrazione, l'uso di contratti di lavoro intermittenti mentre per molte ditte restano i ritardi nei pagamenti e la sicurezza è sempre più a rischio. Questa situazione vede ai tavoli romani come sempre sindacati che fanno “furia francese e ritirata spagnola”, sindacati firma-tutto come la CISL e sindacati che gridano prima degli incontri ma poi di fatto accettano quello che gli viene proposto.

Arriverà il momento in cui dobbiamo dire un NO secco a tutto questo, arriverà il momento in cui cercheremo di fare il possibile perché la fine di questa storia non sia la solita.

Alla Castiglia noi respingiamo il piano di cassa integrazione così com’è, che i lavoratori vadano a casa, respingiamo le deroghe che chiede l'azienda per peggiorare ancora di più la condizione di precarietà e di ricatto.
Questa linea trova consenso tra i lavoratori. Un folto gruppo di operai è passato dalla Uilm e oggi arrivano allo Slai Cobas, non perché abbiamo la bacchetta magica, ma alla fine qualcuno che dice NO ci deve essere, qualcuno che tuteli gli interessi dei lavoratori ci dovrà essere. Questo sembra una goccia nel mare, anche se per gli operai è tanto, visto i salari, l'incertezza del futuro e le condizioni di lavoro.

Ma quello che ci preparano è ancora peggio. Sappiamo tutti quello che è successo nel recente vertice della Nato dove, ridendo e cantando tra battute, barzellette e personaggi in cerca d'autore, hanno deciso di aumentare del 5% le spese militari e prepararsi non certo al miglioramento delle condizioni dei loro

pc 28 giugno - LA CAMPAGNA DEI SOCI COOP CONTRO IL GENOCIDIO: La Coop, finalmente, mette al bando i prodotti israeliani


I soci e le socie della Coop, dal 20 giugno hanno reso pubblica la notizia che UniCoop Tirreno e Firenze hanno deciso di dire “basta prodotti israeliani” nei loro centri di vendita. Solo oggi sulla stampa la notizia è stata pubblicata e confermata.

Peccato che questa decisione sia stata presa dopo ben oltre 600 giorni di genocidio condotto dalle truppe israeliane sulla popolazione di Gaza e Cisgiordania che sta mietendo vittime e che non si è fermato neanche durante la distribuzione degli aiuti umanitari” dicono i soci e le socie Coop che per mesi e mesi hanno fatto pressione sulla proprietà.

venerdì 27 giugno 2025

pc 27 giugno - No al processo alla Resistenza Palestinese! Dichiarazioni di Anan Yaeesh alle prime udienze di aprile

Dichiarazione del 16 aprile, tradotta in italiano su questo blog


Dichiarazione del 2 aprile


Signor giudice, in primo luogo dò il benvenuto a voi tutti, alla corte, al pubblico

Io non conosco Israele come uno stato democratico, perché Israele è un’entità coloniale che occupa la Palestina, il popolo palestinese.

Per fare un semplice esempio, tutti i documenti dimostrano, con prove inconfutabili, con nomi e date, che le carceri israeliane praticano i metodi e i tipi più spregevoli di oppressione e tortura fisica contro i prigionieri

pc 27 giugno - CONTRO RIARMO E GUERRA - MOZIONE SOTTOSCRITTA E APPROVATA NELLE FABBRICHE, NEI POSTI DI LAVORO - Portarla in tutti i luoghi di lavoro


Noi operai, lavoratrici, lavoratori diciamo un chiaro NO al piano di riarmo del 5%, deciso dagli Usa/Trump - Nato e fatto proprio dal governo Meloni.

E’ una scelta di guerra imperialista mondiale “a pezzi” (come diceva Papa Bergoglio), a cui i lavoratori e le masse popolari di tutto il mondo si devono opporre.
Siamo contro queste guerre tra banditi per il profitto dei padroni dell’energia e dell’industria bellica, per il controllo mondiale delle materie prime e delle vie geostrategiche del commercio mondiale.
Siamo solidali con le masse delle zone di guerra, bombardate, massacrate che vedono vita e futuro distrutti.
Siamo contro l’inaccettabile genocidio del popolo palestinese che resiste eroicamente al governo sionista di tipo nazista di Netanyahu, che ora spara anche su donne e bambini affamati in fila per un pugno di farina; finanziato, armato e sostenuto senza limiti dagli Usa-Trump, con la complicità dei governi imperialisti europei, con il governo Meloni in prima fila.
Siamo contrari ad ogni riarmo e all’invio di armi, droni, missili e soldati italiani nei territori di guerra.
Siamo contro l’uso delle Basi militari in Italia, come Basi di guerra e presenza di armi nucleari.
Siamo contro ogni scarico dei costi per la guerra sui lavoratori e le masse popolari, già colpite dalla crisi economica mondiale, dai dazi e guerre commerciali.

Lavoro non guerra. No miliardi per le armi. No all’aumento di benzina e bollette, no al carovita, fondi per il lavoro, i salari, la salute, la sanità, la scuola, i servizi sociali.

Noi lavoratori e lavoratrici chiamiamo tutte le organizzazioni sindacali, tutte le associazioni a scendere in campo con assemblee, manifestazioni, fino allo sciopero generale.

pc 27 giugno - Ancora profitti di guerra per la Leonardo s.p.a. con l'accordo con la Romania

Con la Romania avamposto militare della NATO nel fianco orientale (nel suo territorio è in costruzione la più grande base militare NATO in Europa nei pressi della città di Costanza, sul Mar Nero, ai confini con la Russia) la principale industria italiana della difesa, Leonardo, punta del complesso militare-industriale che ha nel ministro Crosetto la sua rappresentanza nel governo Meloni, ha annunciato un accordo di cooperazione tecnologica e industriale con la romena Avioane Craiova per fornire alla Romania il sistema di addestramento integrato basato sui jet M-345 e M-346 e modernizzare la flotta di C-27J Spartan già in uso.

da https://scenarieconomici.it/leonardo-romania-addestratori-m345-m346-f35/

Entrambi gli aerei vengono realizzati a Venegono Superiore, in provincia di Varese (dove tra l'altro la Leonardo addestra i piloti israeliani per bombardare Gaza).

La proposta di Leonardo non è una semplice vendita, ma un partenariato profondo che prevede la creazione in Romania di nuove capacità locali per la manutenzione, il sub-assemblaggio e il supporto logistico. Questo significa un radicamento industriale di lungo periodo (e sicuri profitti, ndr)

M-345 e il più avanzato M-346 sono velivoli di punta che sono già in servizio e operano presso l’Aeronautica Militare Italiana (AMI)

L’accordo non si ferma agli addestratori. Leonardo ha proposto anche un programma di aggiornamento avionico per i sette C-27J Spartan già operati dalla Romania.

l’intesa potrebbe aprire la strada alla creazione in Romania di un hub regionale per la manutenzione dei C-27J. Una mossa che posizionerebbe il paese come centro logistico di riferimento per i numerosi operatori europei del velivolo, tra cui Bulgaria, Grecia, Slovenia e Slovacchia, anzi aprirebbe lo spazio a maggiori vendite.

pc 27 giugno - Israele affama e bombarda i palestinesi a Gaza. 31 morti anche oggi

Forum Palestina

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ordinato oggi di tagliare tutti gli aiuti destinati alla Striscia di Gaza settentrionale, dopo che il ministro delle Finanze di estrema destra Bezalel Smotrich ha minacciato di abbandonare il governo.

Dopo le minacce di Smotrich, Netanyahu e il ministro della Difesa Israel Katz hanno annunciato di aver dato istruzioni alle Idf di elaborare un piano d'azione entro 48 ore con la scusa di "impedire ad Hamas di impossessarsi degli aiuti".

E' salito intanto ad almeno 31 morti il bilancio delle vittime degli attacchi israeliani odierni nella Striscia di Gaza: lo hanno reso noto fonti negli ospedali del territorio, come riporta Al Jazeera.

Le autorità sanitarie di Gaza hanno dichiarato che un attacco aereo israeliano ha ucciso almeno nove persone in una scuola che ospitava famiglie sfollate nel sobborgo di Sheikh Radwan a Gaza City, mentre un altro attacco ha ucciso nove persone nei pressi di un accampamento di tende a Khan Yunis, nella parte meridionale dell'enclave.

pc 27 giugno - MILANO: DOMENICA 29 GIUGNO ORE 18 SAN BABILA

 

partecipiamo tutte e tutti alla manifestazione indetta dall’Associazione dei Palestinesi in Italia e Donne Palestinesi

FERMIAMO SUBITO IL GENOCIDIO DEL POPOLO PALESTINESE!

PER UN CESSATE IL FUOCO IMMEDIATO E PERMANENTE

E IL RITIRO DELLE TRUPPE D’OCCUPAZIONE SIONISTA!

PER L’INGRESSO IMMEDIATO DI AIUTI UMANITARI ALLA POPOLAZIONE DI GAZA!

PER FERMARE LA CORSA VERSO LA TERZA GUERRA MONDIALE PROVOCATA DAL SIONISMO E DALL’ IMPERIALISMO U.S.A! 

CONTRO RIARMO e STATO DI POLIZIA!

NON C’E’ PIU’ TEMPO!

pc 27 giugno - I bombardamenti israeliani sull'Iran uccidono i prigionieri non li liberano! - Dichiarazione contro l'aggressione delle prigioniere politiche iraniane


 Depuis la prison d’Evin à éhéran, quatre prisonnières politiques dénoncent l’agression militaire des États-Unis et d’Israël contre l’Iran à travers la publication d’une déclaration.  […] Nous condamnons l’attaque contre l’Iran, le massacre de civils et la destruction des infrastructures du pays par le « régime sioniste » et ses soutiens américains, tout comme nous condamnons les autres crimes commis dans le monde et au Moyen-Orient.

De même, tout individu, groupe ou courant politique qui soutient Israël ou s’appuie sur sa puissance destructrice – quels que soient ses rêves ou sa vision – est condamné sans équivoque. Un tel soutien est une marque de honte et de corruption morale.

La libération du peuple iranien de la dictature qui règne sur notre pays ne se fera que par la lutte de masse et la puissance des forces sociales, et non par l’attachement ou l’espoir d’une intervention étrangère. […]

Varisheh Moradi, Sakineh Parvaneh, Reyhaneh Ansari, Golrokh Iraee

Varisheh Moradi est condamnée à mort, elle est membre de la Communauté des femmes libres du Kurdistan oriental (KJAR) et a également combattu Daech en Syrie. Sakineh Parvaneh est aussi kurde et a été condamnée à sept ans et demi de prison et également arrêtée lors des manifestations de Mahsa Amini. Reyhaneh Ansari est une militante syndicale condamnée à quatre ans de prison. Golrokh Iraee est une écrivaine et militante arrêtée lors des manifestations après la mort de Mahsa Amini.

Lire la déclaration    https://www.instagram.com/p/DLChpTZI0Up/?igsh=MTJnNDZ5Z3YxeHM2OQ%3D%3D&img_index=8

Iran : Détails sur le bombardement de la prison d’Evin - info

Le 24 juin, au onzième et avant-dernier jour de la guerre déclenchée par Israël contre l’Iran à laquelle se sont joint les États-Unis, de nouvelles frappes aériennes ont touché le centre de Téhéran, notamment la prison d’Evin, symbole de la répression de la dictature du Shah puis de celle des mollahs. L’attaque a suscité de l’inquiétude parce que des centaines de prisonniers et de prisonnières politiques sont détenus à Evin. Des preuves vidéos indiquent que le quartier administratif, les postes de garde et le tribunal de la prison ont été endommagés. Bien que les principaux blocs cellulaires semblent en grande partie intacts, des rapports suggèrent que l’infirmerie de la prison a été touchée et que les fenêtres de la bibliothèque ont volé en éclats sous l’effet de l’explosion.

Les autorités ont déclaré qu’il y avait plusieurs morts parmi le personnel de la prison et que des prisonniers et des membres de leur famille avaient été blessés (sans donner de nombre ni d’identité). Ces autorités ont procédé au transfert des détenus vers d’autres prisons de Téhéran mardi 24 juin au matin. La semaine dernière, des médias locaux ont révélé une violente répression suite à une émeute à la prison de Dizel-Abad, à Kermanshah, où des gardiens auraient ouvert le feu sur des détenus, tuant plusieurs personnes.

pc 27 giugno - EXPORT MILITARE: ISRAELE CONTINUA A RICEVERE MATERIALE BELLICO DALL’ITALIA

 

LItalia non ha mai  interrotto l’export militare verso Israele. Anzi, secondo fonti ufficiali, le forniture sono aumentate.

A sostenerlo, numeri alla mano, l’analisi dell’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo (IRIAD) condotta incrociando dati ufficiali del SIPRI, dell’ISTAT (portale di Coeweb per le statistiche sul commercio estero) e della Relazione governativa sull’export di armamenti, che smentisce le dichiarazioni pubbliche del Governo italiano circa la sospensione delle forniture dopo il 7 ottobre 2023.

I numeri parlano chiaro” spiega ai microfoni d Radio Onda d’Urto il giornalista freelance Luciano Bertozzi “dal 2019 al 2024, l’Italia è stata il terzo paese esportatore di armi verso Israele, dopo Stati

pc 27 giugno - L'altra voce della Taranto proletaria che lotta e si organizza per rovesciare lo stato di cose esistente

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giovedì 26 giugno 2025

pc 26 giugno - Formazione rivoluzionaria delle donne - Chiarezza sul "patriarcato"

 

https://femminismorivoluzionario.blogspot.com/2025/06/formazione-rivoluzionaria-delle-donne_26.html

pc 26 giugno - Sull’aumento delle spese militari italiane deciso dalla NATO si stanno dando i numeri


Un po' lo sta facendo il governo, ma è soprattutto l'opposizione a esagerare con le previsioni

Giorgia Meloni accolta alla riunione NATO dell'Aia dal segretario generale, Mark Rutte, e dal primo ministro olandese Dick Schoof, il 25 giugno 2025 (Ben Stansall/Pool Photo via AP)
Giorgia Meloni accolta alla riunione NATO dell'Aia dal segretario generale, Mark Rutte, e dal primo ministro olandese Dick Schoof, il 25 giugno 2025 (Ben Stansall/Pool Photo via AP)

L’adesione del governo italiano alle nuove direttive della NATO sulle spese militari ha generato un aspro dibattito, che si sta concentrando soprattutto sulle conseguenze finanziarie per il bilancio del paese, già fortemente indebitato. Da un lato e dall’altro, sia tra chi sostiene questa scelta del governo di Giorgia Meloni sia da parte di chi la contesta, vengono agitate cifre in realtà inverosimili, per vari motivi. In questa fase è semplicemente impossibile definire con esattezza l’aumento della spesa, soprattutto nella sua progressione anno per anno.

Durante il dibattito nell’aula della Camera di lunedì, Elly Schlein ha accusato Meloni di mentire, «perché portare al 5 per cento la spesa militare da noi vorrebbe dire 87 miliardi in più all’anno e 445 miliardi in più in dieci anni». Sono cifre sballate.

A quanto pare Schlein ha tratto i numeri da questo sito, facendone un uso discutibile. Peraltro, intervenendo poco prima di lei, il responsabile Esteri del partito Peppe Provenzano aveva parlato un po’ più realisticamente di «60 miliardi in più». Ma anche Meloni ha mistificato un po’ le cose: ha detto che quello che l’Italia dovrà sostenere nei prossimi 10 anni «è un impegno non distante da quello che, nel 2014, il governo di allora prese». Anche questo è un calcolo inesatto, perché stando ai dati disponibili e per quel che è possibile prevedere adesso, l’Italia dovrà verosimilmente spendere tra i 3 e i 3,5 miliardi di euro in più all’anno.

– Leggi anche: Per l’Italia aumentare la spesa militare resta molto difficile

L’Italia, adeguandosi alle nuove linee guida definite su iniziativa del presidente statunitense Donald Trump nella riunione dei paesi NATO che si svolge in questi giorni all’Aia, nei Paesi Bassi, dovrebbe aumentare la sua spesa per la difesa di quasi 3,5 punti percentuali di prodotto interno lordo (PIL). L’obiettivo è di raggiungere il 5 per cento del PIL in spese militari entro il 2035, e l’Italia nel 2025 ha stanziato l’1,57 per cento del PIL. Da questo punto di vista, in linea puramente teorica, l’Italia dovrebbe arrivare a spendere, tra 10 anni, circa 70 miliardi di euro in più rispetto a quelli stanziati quest’anno. Ma bisogna tenere in considerazione alcuni dettagli essenziali, che ridimensionano enormemente la spesa effettiva che l’Italia si è impegnata a sostenere.

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Anzitutto, il fatto che quel 5 per cento indicato come obiettivo minimo dalla NATO si compone di due voci: il 3,5 per cento di spese per la difesa, e l’1,5 per cento per la sicurezza. Questo dettaglio è frutto di un compromesso politico: Trump potrà rivendicare di aver costretto gli Stati europei ad arrivare fino al 5 per cento, ma gli Stati europei potranno evitare di spendere cifre per loro insostenibili. Nell’1,5 per cento delle spese per la sicurezza potranno infatti essere computate moltissime cose: dalle infrastrutture utilizzabili anche dai mezzi militari (strade, ponti, ferrovie), agli investimenti in sicurezza informatica, dall’installazione di cavi sottomarini per il passaggio di energia, gas o dati, fino alla gestione dell’immigrazione, alla protezione civile e al rinnovo dei sistemi di riconoscimento facciale per i controlli negli aeroporti, solo per fare alcuni esempi.

Si tratta, per l’Italia e non solo, di spese che in larghissima parte già si sarebbero dovute affrontare, e in una certa misura già messe a bilancio. Non si conoscono ancora i dettagli puntuali del piano di investimenti italiano per la sicurezza, ma si può sostanzialmente dire che quell’1,5 per cento per la sicurezza non genererà un aumento effettivo dell’indebitamento, e non comporterà comunque nuove spese rilevanti.

Resta dunque l’obiettivo del 3,5 per cento per le spese per la difesa. Sono poco meno di 2 punti di PIL in più: grosso modo, circa 58 miliardi di maggiore spesa in 10 anni. Però il governo ha già annunciato di aver trovato le risorse necessarie a portare la spesa in difesa al 2 per cento del PIL entro quest’anno, e lo ha fatto senza un effettivo aumento degli investimenti. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti è riuscito infatti a sfruttare alcune ambiguità delle regole finanziarie della NATO, da lui stesso descritte come cervellotiche, per fare in modo che vengano computate a questo fine alcune spese che finora non rientravano nei capitoli di bilancio della difesa (per esempio: le pensioni dei militari).

Con questo semplice artificio contabile, l’Italia chiuderà con ogni probabilità il 2025 con spese militari quantificate nel 2 per cento del PIL, o addirittura lievemente superiore.

A questo punto, resta circa 1 punto e mezzo di PIL di maggiore spesa in 10 anni. Meloni, con una divisione un po’ sbrigativa, ha spiegato che significa aumentare il bilancio per la difesa di 0,15 punti percentuali di PIL all’anno (dunque circa 3,2 miliardi, quest’anno) fino al 2035. Una cifra non proibitiva, per la finanza pubblica italiana, ma comunque rilevante. Tuttavia anche in questo caso, se si scende nei dettagli, si capisce che è abbastanza impossibile stimare una spesa annua precisa.

Infatti il governo aveva già previsto di aumentare le spese per la difesa di 3,3 miliardi nel 2026 e di 4,6 miliardi nel 2027: dunque, almeno in parte, per i primi due anni i livelli di spesa non dovrebbero aumentare affatto, almeno rispetto agli stanziamenti già programmati. Ma l’altro punto fondamentale da tenere in considerazione è che non ci sarà alcun obbligo per i governi di seguire una progressione definita nella spesa.

Alcuni dei governi più in difficoltà sul piano finanziario, compreso quello italiano, hanno infatti ottenuto che nel raggiungimento dell’obiettivo del 3,5 per cento di PIL entro il 2035 non ci siano degli aumenti minimi annui (come avviene invece in ambito europeo per i paesi che devono ridurre il proprio deficit). Questo significa che ogni governo avrà la facoltà di rinviare in tutto o in parte, in caso di necessità o per opportunismo elettorale, l’aumento di spesa di anno in anno, e magari lasciare al governo successivo l’obbligo di stanziare maggiori risorse. E non è un’ipotesi astratta: è esattamente quello che è successo negli ultimi dieci anni per l’Italia rispetto ai precedenti obiettivi di spesa della NATO.

È una cosa che però potrebbe cambiare. Un’altra concessione ottenuta dagli Stati meno propensi a spendere in difesa è stata infatti di prevedere una revisione degli impegni nel 2029. E la speranza sottaciuta dagli esponenti del governo italiano è che tra 4 anni, non essendoci più Trump alla Casa Bianca, sarà possibile ottenere una dilazione maggiore dei tempi, o comunque un ridimensionamento degli obiettivi che consentirebbe all’Italia di affrontare l’impegno con meno difficoltà. Anche in questo caso, poi, c’è un precedente.

Nel 2014, durante una riunione NATO in Galles, gli Stati membri si impegnarono a raggiungere l’obiettivo minimo del 2 per cento di spese militari in rapporto al PIL entro un decennio. Anche in quel caso, l’Italia non seguì affatto una progressione di spesa coerente (anzi, il governo di Matteo Renzi, subito dopo la definizione di quell’accordo, la ridusse lievemente), e nel 2022, quando era ormai chiaro che non sarebbe riuscito a perseguire l’obiettivo, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, del PD, spiegò che al 2 per cento si sarebbe arrivati entro il 2028.

Proprio facendo riferimento a questo precedente, Meloni ha detto lunedì alla Camera che l’impegno preso oggi dal suo governo ha lo stesso peso finanziario di quello assunto nel 2014. Ma non è proprio così. L’Italia nel 2014 spendeva l’1,14 per cento del PIL in difesa: avrebbe dovuto aumentare dello 0,86 per cento la spesa in rapporto al PIL da destinare al settore militare in 10 anni. Dunque, volendo fare un paragone che è comunque da prendere con molta cautela per via del diverso contesto economico e internazionale, l’impegno finanziario in quel caso era circa la metà di quello attuale, perché si trattava di circa 1,6 miliardi in più all’anno per 10 anni.

pc 26 giugno - Assemblea di piazza a Roma 27 giugno - Fermiamo il genocidio, il riarmo, la guerra,

Roma. Fermiamo il genocidio, il riarmo, la guerra, assemblea in piazza

La situazione in medio oriente da tragica è diventata ingovernabile, a Gaza continua incessantemente l’opera genocidaria e in Cisgiordania continua l’opera di espulsione e massacro dei palestinesi, i rischi di un conflitto nucleare sono sempre più palpabili, il governo Meloni si inchina sempre di più agli interessi degli USA e di Israele.

Il mondo è a un passo dal baratro e noi non vogliamo e non possiamo più vedere solo piccoli passi dettati da necessità di convergenza politica. Per questo ci aspettiamo un dibattito franco e soprattutto che porti ad atti concreti.

I confini del conflitto si stanno allargando, il rischio che si ricorra ad ordigni nucleari sempre più incalzante. La scesa, a fianco di Israele, di Trump determina un salto in avanti di tale possibilità. Non è più di balbettii, il tempo stringe, il genocidio del popolo palestinese prosegue indisturbato. Venerdì 27, dalle ore 18.00, a Piazza Sempione, dibattito pubblico sulla Palestina.

pc 26 giugno - Sostegno alla Resistenza eroica a Gaza

Gaza. Imboscata della resistenza, uccisi sette militari israeliani. Migliaia di palestinesi “scomparsi”

Sette soldati israeliani sono stati uccisi ieri, martedi, durante i combattimenti a Khan Yunis dopo che un veicolo blindato in cui si trovavano è stato colpito da un ordigno esplosivo.

Sei dei soldati sono stati identificati. Si tratta di un ufficiale e sei sottufficiali. Il nome del settimo soldato dovrebbe essere rilasciato nel corso della giornata. Secondo i media israeliani nell’imboscata altri 15 soldati israeliani sarebbero rimasti feriti.

I dettagli che emergono da fonti israeliane indicano che i combattenti della resistenza palestinese hanno lanciato un’imboscata in due fasi: una contro un’unità militare e un’altra contro una squadra di soccorso

pc 26 giugno - Il Tribunale di Firenze ordina lo sgombero della ex-Gkn - massima solidarietà


Gli operai della Gkn di Campi Bisenzio sono in assemblea e presidio permanente della loro fabbrica dal 9 luglio 2021. Il Tribunale di Firenze ha emesso un decreto di sgombero per alcune aree dello stabilimento presso le quali, il 4 giugno, i commissari e custodi incaricati hanno effettuato un sopralluogo. Nel decreto del tribunale, è specificato che i commissari potranno anche avvalersi dell’utilizzo della forza pubblica, inventariare i beni presenti ed eventualmente sostituire le serrature di accesso allo stabilimento.

Il Collettivo di fabbrica della Gkn ha convocato una assemblea straordinaria della solidarietà mentre si da appuntamento per l’ 11 e 12 luglio per impedire lo sgombero della fabbrica... denuncia “Società create sul momento per fare cosa, con soldi venuti da dove, eterodirette da chi? Società a vocazione immobiliare create nel settembre 2023, poco prima dei secondi licenziamenti, legate da logiche “infragruppo” (?) alla proprietà di Qf, la quale a sua volta aveva acquistato la ex Gkn nel dicembre 2021 dal gruppo Melrose, senza chiarire mai in base a quali accordi riservati. Società a cui Qf ha svenduto, nel marzo 2024, l’immobile (vendita all’interno dello stesso gruppo?). Società da cui transitano milioni di euro provenienti da soggetti terzi, schermati da fiduciarie”.

pc 26 giugno - “The Hunger Games”: Dentro le trappole mortali degli aiuti israeliani per i gazawi affamati - far circolare questo testo

di Ahmed Ahmed - Ibtisam Mahdi *

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Nelle prime ore dell’11 giugno, prima dell’alba, Hatem Shaldan, 19 anni, e suo fratello Hamza, 23, si recarono ad aspettare i camion degli aiuti vicino al Corridoio di Netzarim, nella striscia di Gaza centrale. Speravano di tornare con un sacco di farina bianca per la loro famiglia di cinque persone. Invece, Hamza tornò con il corpo del fratello più giovane avvolto in un sudario bianco.

La famiglia Shaldan aveva vissuto praticamente senza cibo per quasi due mesi a causa del blocco israeliano, ammassata in un’aula trasformata in rifugio a est di Gaza City. La loro casa, una volta nelle vicinanze, era stata completamente distrutta da un attacco aereo israeliano nel gennaio 2024.

Verso l’1:30 del mattino, i due fratelli si unirono a dozzine di palestinesi affamati su Al-Rashid Street, lungo la costa, dopo aver saputo che camion carichi di farina sarebbero entrati nella Striscia. Due ore dopo, sentirono grida di “Arrivano i camion!”, seguite immediatamente dal suono dell’artiglieria israeliana.

“Non ci importava dei bombardamenti”, ha raccontato Hamza a +972 Magazine. “Siamo corsi verso le luci dei camion”.

Ma nel caos della folla, i fratelli si separarono. Hamza riuscì ad afferrare un sacco di farina da 25 kg. Quando tornò al punto d’incontro stabilito, Hatem non c’era.

“Continuavo a chiamare il suo telefono, ancora e ancora, senza risposta”, ha detto Hamza. “Il mio cuore soffriva. Vedevo corpi senza vita essere portati dove mi trovavo. Mi rifiutavo di credere che mio fratello potesse essere tra loro”.

Ore dopo la scomparsa di Hatem, Hamza ricevette una chiamata da un amico: una foto di un corpo non identificato era comparsa nei gruppi WhatsApp locali, scattata all’Ospedale Al-Aqsa Martyrs a Deir Al-