lunedì 15 dicembre 2025

pc 15 dicembre - Oltre duemila docenti firmano contro i ddl che criminalizzano le critiche a Israele


Il mondo accademico scende in campo contro i disegni di legge che intendono trasformare in norma vincolante la definizione operativa di antisemitismo dell’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA). In poche ore, un appello ha raccolto 2.031 firme di docenti e ricercatori, chiedendo il ritiro dei ddl rispettivamente a prima firma Graziano Delrio e Maurizio Gasparri e la revoca dell’adozione della definizione IHRA decisa dall’Italia nel 2020. Secondo i firmatari, «la definizione di antisemitismo dell’IHRA» rischia di equiparare la critica allo Stato di Israele e al sionismo al reato di antisemitismo, pertanto, «rappresenta un pericolo enorme per la nostra libertà accademica e di insegnamento».

Tra i firmatari figurano studiosi noti come Angelo d’Orsi e Donatella Della Porta, insieme a numerose associazioni accademiche e scientifiche. Il ddl presentato dai senatori del Partito Democratico, con primo firmatario Graziano Delrio, e in abbinamento con un testo analogo di Maurizio Gasparri di Forza Italia, che ha immediatamente dato la sua disponibilità a un testo bipartisan, punta a introdurre nel nostro ordinamento una definizione legalmente vincolante di antisemitismo. Il cuore della norma è l’adozione della definizione operativa dell’IHRA, condivisa anche in altri Paesi europei e da istituzioni internazionali, che include come esempi di antisemitismo anche alcune forme di critica radicale verso lo Stato di Israele o verso il sionismo, la sua ideologia fondativa. La definizione IHRA descrive l’antisemitismo come «una certa percezione degli ebrei che può essere espressa come odio per gli ebrei. Le manifestazioni verbali e fisiche di antisemitismo sono dirette verso persone ebree o non ebree e/o la loro proprietà, verso le istituzioni delle comunità ebraiche e i luoghi di culto». Questo approccio rischia di sovrapporre concetti non giuridici al diritto penale e di estendere il campo di applicazione della legge fino a includere espressioni e analisi legittime delle politiche di uno Stato sovrano.

pc 15 dicembre - Mohamed Shahin è libero! "Il trattenimento al Cpr illegittimo"...

Libertà per tutti i prigionieri politici palestinesi

e il 19 a L'Aquila, giorno della sentenza, per Anan, Alì e Mansour. 

da Torinocronaca

L'imam è libero: "Il trattenimento al Cpr illegittimo"

La Corte d'appello di Torino dispone la liberazione dell'imam Mohamed Shahin: nessuna prova di pericolosità, archiviazione delle accuse e concreto rischio di persecuzione in caso di rimpatrio in Egitto

Laura Chiola

15 Dicembre 2025 - 12:26

Espulsione dell’imam Mohamed Shahin: tra piazze, parole e sicurezza dello Stato

L’imam Mohamed Shahin è stato liberato. La Corte d’appello di Torino ha accolto la richiesta dei suoi avvocati e ha disposto la immediata cessazione del trattenimento presso il Centro di permanenza per i rimpatri di Caltanissetta.

Shahincittadino egiziano residente in Italia da oltre vent’anni, era stato trattenuto dopo la revoca del permesso di soggiorno e aveva presentato domanda di asilo politico. I giudici, con la nota odierna, hanno così riconosciuto che la sua permanenza nel Cpr non era legittima, alla luce di nuovi elementi emersi nel procedimento di riesame.

In particolare, la Corte ha evidenziato che i procedimenti penali posti a fondamento del giudizio di “pericolosità” non hanno avuto seguito: uno è stato archiviato perché le dichiarazioni contestate rientrano nella libertà di espressione tutelata dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, l’altro riguarda fatti privi di condotte violente. Nessun elemento concreto, attuale e specifico dimostra una pericolosità sociale dell’imam, che risulta incensurato e pienamente integrato nel tessuto sociale italiano.

Mohamed Shahin esce dal Cpr in qualità di richiedente asilo. Per lui, un eventuale rimpatrio in Egitto avrebbe comportato un concreto rischio di persecuzione, considerato il suo pubblico dissenso nei confronti del regime di Abdel Fattah al‑Sisi.

pc 15 dicembre - India - Il fronte democratico domanda la liberazione dei prigionieri politici in Jalandhar, Punjab

tradotto in spagnolo, facilmente comprensibile, dai compagni colombiani

pc 15 dicembre - Sullo sciopero generale della CGIL a Bergamo - La nostra partecipazione di classe e differente

(dal blog Slai cobas)

Una manifestazione cittadina di circa 1000 persone con lo slogan “Diritti, non regali”  ha percorso le vie del centro e si è concluso alla prefettura. Lo sciopero nei posti di lavoro e poi la manifestazione, gestiti come una scadenza da onorare non come una tappa di una battaglia aperta contro la finanziaria in Parlamento, contro i suoi effetti, contro il governo Meloni, il riarmo, la repressione... Per tutta la durata del corteo non ci sono stati interventi dal camion di testa ma solo musica e solo alla fine si sono succeduti i comizi. In primo piano sempre l'apparato di tutte le varie categorie e con presenza ridotta di lavoratori.

Lo spezzone della Fiom un centinaio di operai con qualche striscione di fabbriche tra cui Dalmine e Same senza slogan e qualche fumogeno.

In questa parte del corteo siamo rimasti fino alla fine con il gruppo di operai della Belgravia che ha scioperato compatto, portando lo striscione del sindacato, contro finanziaria governo padroni per uno sciopero generale unitario, con la Palestina fino alla vittoria, unico e uniche bandiere palestinesi presenti a rivendicare l’importanza per la classe operaia di schierarsi a fianco delle lotte dei popoli oppressi.




Lo striscione è stato più volte fotografato, assieme a quello della lotta in fabbrica aperta con la denuncia del contratto agricolo imposto agli operai, con pesanti effetti sul salario, precarietà e diritti in generale. (fino a due anni fa questa categoria di operai non poteva neppure accedere alla Naspi). Uno striscione significativo vista la tendenza del capitale a schiacciare verso il basso i diritti della classe operaia.

Sul messaggio dello sciopero unitario ci sono stati apprezzamenti, come dire è giusto ed è riconosciuto come giusto. Anche la denuncia degli operai inquadrati da contadini ha scosso l’interesse di alcuni lavoratori. Fatto che mette in evidenza il problema centrale, di come non sia altrettanto spontaneo, nelle fabbriche, ragionare ed agire in autonomia, di pensiero e di lotta per la battaglia necessaria oggi contro padroni e governo. Per dire come sia giusto partecipare a questi scioperi e portare la battaglia nelle fabbriche, senza confusione sulla Cgil, che  è parte del problema e non rappresenta in alcun modo la soluzione.

È stato diffuso il volantino alla fine con una nota con uno scambio avuto con delegato della same che può riassumere la rappresentazione della giornata: “Ho chiesto se oggi con questa giornata inizia o finisce la lotta contro la finanziaria del governo meloni della cgil? E non ho ancora avuto risposta”

pc 15 dicembre - I due scioperi generali mal riusciti confermano la nostra valutazione - lo sciopero generale quello vero è ancora da fare

 Testo del 16 novembre 

Lo Slai cobas aderisce e partecipa allo sciopero del 28 del sindacalismo di base e di classe e partecipa allo sciopero del 12 dicembre della CGIL

Dobbiamo fare una attività di informazione e controinformazione sulla finanziaria nelle fabbriche e verso i  lavoratori in lotta con volantini -  locandine - comizi volanti ecc. unendo alla battaglia generale contro la finanziaria di guerra/l'economia di guerra/l'attacco ai lavoratori su salari, lavoro, sanità, tasse, casa ecc., contro la repressione e l'attacco al diritto di sciopero e di manifestazione contro la complicità di padroni e governo nel genocidio del popolo palestinese, le piattaforme e le rivendicazioni specifiche che stiamo sostenendo nelle fabbriche e posti di lavoro dove siamo presenti. 

Invitiamo a partecipare alle iniziative per il 28 ove vi fossero manifestazioni unitarie

pc 15 dicembre - INDIA - Dalla parte delle masse Adivasi e delle popolazioni del Bastar - Fermare l'operazione Kagaar ORA!

 

 in via di traduzione

Solidarity Call to EndState Militarization and Extrajudicial Killings in Resource-RichAdivasi Regions in India

On 18 November 2025, the Indian State triumphantly declared the killing of Madvi Hidma,
Indigenous Adivasi activist and Naxalite leader, along with his comrade and life partner,
Madakam Raje, and eleven other people. With this military “victory,” the BJP Government
reiterated it was successfully moving towards the Home Minister Amit Shah’s deadline of 31
March 2026 to end the Naxalite movement in India. This declaration is part of the BJP
government’s repressive policies targeting Adivasis, Dalits, Muslims, Christians and other marginalized communities, to facilitate the expropriation of land and natural resources

by capitalists close to the government.
We, the undersigned, unequivocally stand with the Adivasi villagers and human rights
defenders, and India’s civil society, who have strongly noted that Hidma and the others were
captured unarmed and taken to the Maredumilli forests, Alluri Sitarama Raju District, Andhra
Pradesh, where they were tortured and killed extrajudicially in two groups over two days.
Shortly before, Chhattisgarh’s Deputy Chief Minister and Home Minister had “visited” Hidma’s
village of Puvarti, Sukma District, Bastar Division. As a part of political performance and

domenica 14 dicembre 2025

pc 14 dicembre - Combattivo corteo a Melfi per la liberazione di Anan e prigionieri palestinesi incarcerati in Italia - per la Palestina - 1

Dal blog tarantocontro

Importante manifestazione a Melfi per Anan, da fine settembre trasferito nel carcere di questo paese della Basilicata. Come diceva un cartello: hanno voluto isolare Anan ma in realtà hanno esteso anche in questa Regione la lotta per la sua liberazione e rafforzato la battaglia per la Palestina. 

Un centinaio di compagne, compagni, studenti della zona, giovani immigrati di Rionero, lavoratori in lotta alla Stellantis; tanti giovani palestinesi da Napoli, forte delegazione da Taranto, compagni da Brindisi, e tanti altri hanno fatto un corteo combattivo, nuovo a Melfi, accolto bene dalla gente. Per più di 2 ore il corteo è sfilato compatto, unitario, in un bel clima di calore umano, senza mai fermarsi negli slogan che via via sono stati gridati in palestinese, con al centro: Anan libero! Palestina libera! Israele terrorista!

Il corteo è arrivato al carcere dove un lunghissimo presidio, slogan, interventi hanno fatto arrivare all'interno della nera galera la forte solidarietà ad Anan e l'impegno a continuare fino alla sua liberazione. 

La manifestazione è terminata con l'appello, fatto in particolare dalla compagna de L'Aquila di Soccorso rosso proletario, ad essere il 19 il più possibile alla nuova manifestazione a L'Aquila, giorno della sentenza per Anan, Alì e Mansour. 

Seguono in altro post: Voci dal corteo - Interventi - messaggi di Palestinesi 

 CARRELLATA DI FOTO

Dalla delegazione di Taranto che c'era

Al concentramento

 

 

Il corteo

 

 

 

 

 

  

Al presidio al carcere dove hanno rinchiuso Anan

 

 

pc 14 dicembre - Manifestazione a Melfi per Anan - 2 - Video - Interventi - messaggi di Palestinesi

  video dal corteo e dal presidio 

 
https://www.instagram.com/reel/DSOHTsgDMsp/?igsh=ZzhwNnoxYmY1aXU 
 https://www.instagram.com/reel/DSOHTsgDMsp/?igsh=ZGUzMzM3NWJiOQ==  
Interventi al carcere

 Compagna SRP L'Aquila

Messaggio da un ragazzo da Gaza

 

 Operaio Ex-Ilva Taranto

 

Saluto ad Anan

Messaggio di Tahar Lamri

"C'è un uomo all'Aquila che porta nel corpo undici proiettili e quaranta schegge. Le torture israeliane gli hanno scritto la storia sulla carne, ma ora l'Italia vuole riscriverla nei codici del terrorismo. Anan Yaeesh aspetta la sentenza in un processo dove l'assurdo è diventato procedura.

La difesa chiede quarantasette testimoni. Servono esperti di diritto internazionale, servono voci che spieghino cosa sia un'occupazione, cosa sia una colonia illegale. Serve Francesca Albanese, relatrice ONU per i territori palestinesi. La Corte ne ammette tre: la moglie dell'imputato, un perito linguista, una

pc 14 dicembre - Atreju: tutti sul carro della Meloni per avanzare verso un regime moderno fascista in tutti i campi

Proseguendo nel discorso contenuto nella Controinformazione rossoperaia dell’11 dicembre (https://proletaricomunisti.blogspot.com/2025/12/pc-10-dicembre-ore-12_02047662394.html), dobbiamo ulteriormente approfondire ciò che sta avvenendo nel sistema politico italiano.

Uno specchio di questa trasformazione in atto è stata la cosiddetta Festa di Fratelli d'Italia, Atreju. Questa festa è quella di un partito che come sempre in questi anni è stato di orientamento fascista, nel senso di riferimento al fascismo storico, ma nel tentativo di presentarsi con un volto nuovo e attrarre in questa maniera pezzi del sistema politico italiano che formalmente non appartiene all'estrema destra ma che, per mantenere il potere e per essere parte dei governi della borghesia in questo paese, è ampiamente disposto ad allearsi con l'estrema destra e a servire in questa maniera gli interessi propri, gli interessi del ceto politico che rappresenta, l'interesse delle frazioni della classe dominante che rappresenta.

Questo non è una novità, ma con la “presa del potere” della Meloni, il governo attuale è diventato sempre più il punto di riferimento di tutti i settori reazionari parassitari al servizio del piccolo, medio e grande Capitale in questo paese, che salgono sul carro del vincitore, secondo una tradizione politicante e trasformista del nostro paese che non è certo arrivata adesso ma fa parte della storia concreta della “politica” dell'Italia.

A questa festa è stata una corsa ad andarci da parte di tutti coloro che non vedevano l'ora di essere interlocutori diretti o indiretti del governo ed esserne assorbiti sostanzialmente. Quindi è stata una fiera vera e propria di governo, una fiera di regime, che ha messo in luce proprio questi

pc 14 dicembre - La strada per Be’er Sheva, di Ethel Mannin

La strada per Be’er Sheva, di Ethel Mannin

Ma il 7 ottobre… ” quante volte abbiamo sentito queste parole da parte di chi, senza argomenti che abbiano un senso, cerca di opporsi di fronte ad una realtà sempre più difficile da negare: una realtà che vede il popolo palestinese subire un vero e proprio genocidio portato avanti dall’occupazione israeliana.

La strada per Be’er Sheva è un libro da inserire all’interno di quel connubio, fondamentale, costituito da “conoscere e capire”. Non siamo nel 2025, queste 398 pagine riavvolgono il nastro della storia e ci riportano al 1948. Alla costituzione/imposizione dello stato di Israele.

Le potenze occidentali, uscite vincitrici dal 2° conflitto mondiale, si trovano a fare i conti con il dover dare agli ebrei, vittime delle persecuzioni subìte, non tanto un rifugio ma uno stato ebraico vero e proprio. Ciò che avvenne fu una vera e propria di  diaspora, con l’espulsione di migliaia di uomini, donne e bambini … che continua tutt’ora. Quella che fu definita: nakba; come se i palestinesi, fossero la causa degli effetti nefasti ricaduti sugli ebrei.

Quanto leggiamo non è niente di nuovo rispetto a ciò che vediamo oggi. Ethel Mannin mettendo al centro la famiglia Mansour, con rapporti familiari riconducibili all’Inghilterra, ci descrive in modo drammatico l’esodo imposto al popolo palestinese, con le truppe occupanti che si fanno sentire “spingendo” un’ incessante ondata di persone che ha perso per strada la solidarietà, elemento importante che caratterizza la società palestinese, la tradizionale ospitalità.