domenica 13 luglio 2025

Sulla Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina

 

La Conferenza per la ripresa dell’Ucraina (Ukraine Recovery Conference, Urc), che si è tenuta a Roma il 10 e l’11 luglio, è la quarta della serie, e ancora una volta si tiene mentre la guerra interimperialista, che in questo caso passa per quella tra Russia e Ucraina, è in corso con le sue morti e distruzioni e non si vede quando possa finire. Una Conferenza che mette in luce ancora una volta l’estremo cinismo che accompagna ogni azione dell’imperialismo.

A questa Conferenza che si è tenuta come al solito all’interno di una enorme zona rossa controllata da migliaia di poliziotti, ecc., hanno partecipato, secondo quanto riportato dai mezzi di informazione, una quantità spropositata di persone: oltre 8.300, fra cui un centinaio di delegazioni ufficiali, con 15 capi di Stato e governo e una quarantina di ministri degli Esteri, c’erano anche una decina di commissari europei, circa 40 organizzazioni internazionali e ben 2mila rappresentanti di aziende, di cui 500 italiane.

I risultati sbandierati da questa compagnia di giro di “turisti della politica”, a cominciare dalla fascista Meloni che ne ha fatto un punto della sua propaganda, sarebbero di “aiuti” per la ricostruzione dell’Ucraina che ammonterebbero a 10 miliardi e la firma di 200 accordi.

Diciamo subito che si tratta di cifre di pura propaganda, riportate dalla maggioranza dei mezzi di informazione. Il fondo che dovrebbe raccogliere questi 10 miliardi viene chiamato pomposamente "il più grande fondo di equity al mondo a sostegno della ricostruzione", “Eu Flagship Fund for the Reconstruction of Ukraine” (Fondo faro dell'Ue per la ricostruzione dell'Ucraina) - per la ricostruzione e non per la ripresa - è così articolato, secondo la Repubblica: “A finanziare il fondo, che per ora può contare su 220 milioni di euro e punta ad arrivare a 500 milioni entro il prossimo anno, sono Francia, Germania, Italia e Polonia, oltre la stessa Ue attraverso la Banca europea degli investimenti.” E fin qui siamo a soli 220 milioni.

“Ben più cospicuo è il nuovo pacchetto da 2,3 miliardi di euro di garanzie e finanziamenti che la

Commissione ha firmato con istituzioni finanziarie all’interno dell’accordo quadro per gli investimenti in Ucraina. I 2,3 miliardi – spiega Von der Leyen – dovrebbero mobilitare fino a 10 miliardi di investimenti … in particolare i fondi andranno per 500 milioni ad aiutare lo sviluppo di piccole imprese in Ucraina; altri 600 milioni saranno destinati a grandi progetti privati in settori come l’energia, i trasporti e l’industria, mentre 520 milioni andranno alla ricostruzione delle città. Infine, 265 milioni sono destinati a stabilizzare la rete energetica del paese, mentre 310 andranno alla ricostruzione e riparazione di case e ospedali.”

Come si vede, fino a questo punto non solo è tutto sulla carta, ma si parla praticamente solo di poco più di 2 miliardi, che dovrebbero andare alle industrie di ogni tipo e dimensione, il resto si vedrà… e tutto questo senza tener conto del fatto che la guerra è ancora in corso e il “capitale” vuole certezze, come conferma in un’intervista di Repubblica uno dei più importanti capitalisti ucraini, Ryzhenkov della Metinvest, multinazionale che opera nel campo minerario e siderurgico, che dopo aver ringraziato con i dovuti salamelecchi la Conferenza è costretto a fare un appunto: “10 miliardi sono appena il 2% di ciò di cui avremmo bisogno per ricostruire il Paese. E finché la guerra sarà in corso, il livello di rischio resterà troppo alto per attrarre investitori privati.” Quindi secondo i calcoli di tutti ci vogliono oltre 500 miliardi per la ricostruzione, ma attualmente non si vede nemmeno questo 2%! Ryzhenkov, inoltre, con poche altre parole smonta tutte le chiacchiere sprecate alla Conferenza, dicendo. “Capisco che questo appuntamento era stato pianificato quando il cessate il fuoco sembrava più vicino, ma oggi forse appare prematuro: ci aspettavamo più accordi concreti, invece sono stati firmati in gran parte protocolli di intesa”. Insomma, carta straccia.

E aggiunge ancora un dato interessante che riguarda la classe operaia ucraina, rispondendo alla domanda su quali siano i problemi più urgenti al momento, mettendo in chiaro i danni causati dalla guerra in tutte le direzioni, compreso quello del ridimensionamento della produzione industriale: “La risorsa che maggiormente ci manca è la forza lavoro. La sola Metinvest ha 4.000 posti vacanti e 8.000 dipendenti arruolati nell’esercito, un quinto dell’organico totale. Come azienda … siamo impegnati nel dare una seconda possibilità ai veterani che rientrano dal fronte. Puntiamo anche sull’impiego di donne e giovani, che sono il futuro del nostro Paese.”

Zelensky, invece, non dice che questa Conferenza è un enorme buco nell’acqua, anzi, dice che questo tipo di conferenze sono un’ottima cosa, e dopo aver fatto il lecchino a destra e a manca, continua imperterrito a chiedere soldi e armi: vuole i Patriot: “Ne aspettiamo 10, la Germania può pagarne 2, altri 4 la Norvegia.” dicendo “Devo trovare questo denaro, è uno dei miei obbiettivi e sono certo che ce la faremo.” E nello stesso tempo dice di sì a qualsiasi richiesta capestro che provenga o dal Fondo monetario internazionale (prestiti per 15 miliardi fino al 2027) o dall’Unione europea (i 50 miliardi del Facility Plan, per due terzi prestiti) per dare vita al “miracolo economico”.

Un “miracolo” impossibile nelle attuali condizioni e già comunque pagato a caro prezzo: in particolare il Fondo Monetario Internazionale (che ha incassato solo dall’Ucraina oltre 3 miliardi solo nel 2025) creato dall’imperialismo per imporre politiche di strangolamento dei paesi che sono costretti a richiedere prestiti, spinge alla svendita totale del paese, che passa per la richiesta di privatizzazioni di tutte le industrie statali, innanzi tutto, dalle banche alle ferrovie, ai terreni agricoli e in questo senso le parole dell’inviato degli Stati Uniti sono esplicite “…la ricostruzione dell’Ucraina è un’occasione per abbordare un «nuovo tipo di governance» e un «nuovo modello di capitalismo» a livello globale.” E una delle clausole di questo “nuovo modello di capitalismo” vecchio quanto il capitalismo stesso, riguarda come sempre i profitti, sempre e solo i profitti: la “liberalizzazione del rimpatrio dei dividendi esteri, una misura già implementata dalla Banca nazionale ucraina lo scorso maggio, che autorizza le imprese straniere a portare all’estero gli utili maturati in Ucraina”.

Per questi profitti l’insieme dei rappresentanti dei vari paesi imperialisti europei presenti alla Conferenza – puri avvoltoi, ognuno contro l’altro, in attesa della spartizione della torta della ricostruzione – anche in questa occasione si sono detti pronti a continuare a sostenere l’Ucraina, e cioè ad armarla per continuare la guerra, come ripete la Meloni “… siamo pronti a sostenere Kiev fino alla fine e grazie a una tale unità sarà possibile risollevare il paese dalle devastazioni della guerra, anzi si potrà sperare in un vero e proprio «miracolo economico e sociale».

Questo “miracolo” la Meloni lo vorrebbe in realtà per le multinazionali dei padroni italiani dei quali è al servizio. È questa la sostanza vera di tutta questa messa in scena e, infatti, le 500 imprese italiane presenti, dalla Fincantieri, alla Snam, Intesa Sanpaolo, Ferrovie, Leonardo, Cassa Depositi e Prestiti, Sace e Simest… hanno firmato un sacco di memorandum di intesa nella speranza di potere incassare alla fine della guerra!

Se da un lato con questa operazione la Meloni ha cercato di rimettere il suo governo moderno fascista al centro dell’attenzione internazionale, operazione non riuscita anche in questo caso per il concreto fallimento della Conferenza (e ricordiamo che lo stesso giorno c’è stato un incontro a due tra Francia e Gran Bretagna, le due uniche potenze nucleari europee) – dall’altro è certo che continuerà a “sostenere l’Ucraina” con soldi e armi, trascinando ancor più il proletariato e le masse popolari di questo Paese nella guerra.

Nessun commento:

Posta un commento