La Conferenza per la ripresa
dell’Ucraina (Ukraine Recovery Conference, Urc), che si è tenuta a Roma il 10 e
l’11 luglio, è la quarta della serie, e ancora una volta si tiene mentre la
guerra interimperialista, che in questo caso passa per quella tra Russia e
Ucraina, è in corso con le sue morti e distruzioni e non si vede quando possa finire.
Una Conferenza che mette in luce ancora una volta l’estremo cinismo che
accompagna ogni azione dell’imperialismo.
A questa Conferenza che si è tenuta
come al solito all’interno di una enorme zona rossa controllata da
migliaia di poliziotti, ecc., hanno partecipato, secondo quanto riportato dai
mezzi di informazione, una quantità spropositata di persone: oltre 8.300, fra
cui un centinaio di delegazioni ufficiali, con 15 capi di Stato e governo e una
quarantina di ministri degli Esteri, c’erano anche una decina di commissari
europei, circa 40 organizzazioni internazionali e ben 2mila rappresentanti di
aziende, di cui 500 italiane.
I risultati sbandierati da questa
compagnia di giro di “turisti della politica”, a cominciare dalla fascista Meloni
che ne ha fatto un punto della sua propaganda, sarebbero di “aiuti” per la
ricostruzione dell’Ucraina che ammonterebbero a 10 miliardi e la firma di 200
accordi.
Diciamo subito che si tratta di cifre di pura propaganda, riportate dalla maggioranza dei mezzi di informazione. Il fondo che dovrebbe raccogliere questi 10 miliardi viene chiamato pomposamente "il più grande fondo di equity al mondo a sostegno della ricostruzione", “Eu Flagship Fund for the Reconstruction of Ukraine” (Fondo faro dell'Ue per la ricostruzione dell'Ucraina) - per la ricostruzione e non per la ripresa - è così articolato, secondo la Repubblica: “A finanziare il fondo, che per ora può contare su 220 milioni di euro e punta ad arrivare a 500 milioni entro il prossimo anno, sono Francia, Germania, Italia e Polonia, oltre la stessa Ue attraverso la Banca europea degli investimenti.” E fin qui siamo a soli 220 milioni.
“Ben più cospicuo è il nuovo pacchetto da 2,3 miliardi di euro di garanzie e finanziamenti che la
Commissione ha firmato con istituzioni finanziarie all’interno dell’accordo quadro per gli investimenti in Ucraina. I 2,3 miliardi – spiega Von der Leyen – dovrebbero mobilitare fino a 10 miliardi di investimenti … in particolare i fondi andranno per 500 milioni ad aiutare lo sviluppo di piccole imprese in Ucraina; altri 600 milioni saranno destinati a grandi progetti privati in settori come l’energia, i trasporti e l’industria, mentre 520 milioni andranno alla ricostruzione delle città. Infine, 265 milioni sono destinati a stabilizzare la rete energetica del paese, mentre 310 andranno alla ricostruzione e riparazione di case e ospedali.”Come si vede, fino a questo punto
non solo è tutto sulla carta, ma si parla praticamente solo di
poco più di 2 miliardi, che dovrebbero andare alle industrie di ogni tipo e
dimensione, il resto si vedrà… e tutto questo senza tener conto del fatto che
la guerra è ancora in corso e il “capitale” vuole certezze, come conferma in un’intervista
di Repubblica uno dei più importanti capitalisti ucraini, Ryzhenkov della
Metinvest, multinazionale che opera nel campo minerario e siderurgico, che dopo
aver ringraziato con i dovuti salamelecchi la Conferenza è costretto a fare un
appunto: “10 miliardi sono appena il 2% di ciò di cui avremmo bisogno per ricostruire
il Paese. E finché la guerra sarà in corso, il livello di rischio resterà
troppo alto per attrarre investitori privati.” Quindi secondo i calcoli di
tutti ci vogliono oltre 500 miliardi per la ricostruzione, ma attualmente non
si vede nemmeno questo 2%! Ryzhenkov, inoltre, con poche altre parole smonta
tutte le chiacchiere sprecate alla Conferenza, dicendo. “Capisco che questo
appuntamento era stato pianificato quando il cessate il fuoco sembrava più
vicino, ma oggi forse appare prematuro: ci aspettavamo più accordi concreti,
invece sono stati firmati in gran parte protocolli di intesa”. Insomma,
carta straccia.
E aggiunge ancora un dato
interessante che riguarda la classe operaia ucraina, rispondendo alla domanda
su quali siano i problemi più urgenti al momento, mettendo in chiaro i danni causati
dalla guerra in tutte le direzioni, compreso quello del ridimensionamento della
produzione industriale: “La risorsa che maggiormente ci manca è la forza
lavoro. La sola Metinvest ha 4.000 posti vacanti e 8.000 dipendenti arruolati
nell’esercito, un quinto dell’organico totale. Come azienda … siamo impegnati
nel dare una seconda possibilità ai veterani che rientrano dal fronte. Puntiamo
anche sull’impiego di donne e giovani, che sono il futuro del nostro Paese.”
Zelensky, invece, non dice che questa
Conferenza è un enorme buco nell’acqua, anzi, dice che questo tipo di
conferenze sono un’ottima cosa, e dopo aver fatto il lecchino a destra e a
manca, continua imperterrito a chiedere soldi e armi: vuole i Patriot: “Ne aspettiamo
10, la Germania può pagarne 2, altri 4 la Norvegia.” dicendo “Devo trovare
questo denaro, è uno dei miei obbiettivi e sono certo che ce la faremo.” E nello
stesso tempo dice di sì a qualsiasi richiesta capestro che provenga o dal Fondo
monetario internazionale (prestiti per 15 miliardi fino al 2027) o dall’Unione
europea (i 50 miliardi del Facility Plan, per due terzi prestiti) per dare vita
al “miracolo economico”.
Un “miracolo” impossibile nelle
attuali condizioni e già comunque pagato a caro prezzo: in particolare il Fondo
Monetario Internazionale (che ha incassato solo dall’Ucraina oltre 3 miliardi
solo nel 2025) creato dall’imperialismo per imporre politiche di strangolamento
dei paesi che sono costretti a richiedere prestiti, spinge alla svendita totale
del paese, che passa per la richiesta di privatizzazioni di tutte le industrie
statali, innanzi tutto, dalle banche alle ferrovie, ai terreni agricoli e in questo
senso le parole dell’inviato degli Stati Uniti sono esplicite “…la
ricostruzione dell’Ucraina è un’occasione per abbordare un «nuovo tipo di
governance» e un «nuovo modello di capitalismo» a livello globale.” E
una delle clausole di questo “nuovo modello di capitalismo” vecchio quanto il
capitalismo stesso, riguarda come sempre i profitti, sempre e solo i
profitti: la “liberalizzazione del rimpatrio dei dividendi esteri,
una misura già implementata dalla Banca nazionale ucraina lo scorso maggio, che
autorizza le imprese straniere a portare all’estero gli utili maturati in
Ucraina”.
Per questi profitti l’insieme dei
rappresentanti dei vari paesi imperialisti europei presenti alla Conferenza –
puri avvoltoi, ognuno contro l’altro, in attesa della spartizione della torta
della ricostruzione – anche in questa occasione si sono detti pronti a
continuare a sostenere l’Ucraina, e cioè ad armarla per continuare la guerra,
come ripete la Meloni “… siamo pronti a sostenere Kiev fino alla fine e grazie
a una tale unità sarà possibile risollevare il paese dalle devastazioni della
guerra, anzi si potrà sperare in un vero e proprio «miracolo economico e
sociale».
Questo “miracolo” la Meloni lo
vorrebbe in realtà per le multinazionali dei padroni italiani dei quali è al
servizio. È questa la sostanza vera di tutta questa messa in scena e, infatti,
le 500 imprese italiane presenti, dalla Fincantieri, alla Snam, Intesa Sanpaolo,
Ferrovie, Leonardo, Cassa Depositi e Prestiti, Sace e Simest… hanno firmato un sacco di memorandum
di intesa nella speranza di potere incassare alla fine della guerra!
Se da un lato con questa
operazione la Meloni ha cercato di rimettere il suo governo moderno fascista al
centro dell’attenzione internazionale, operazione non riuscita anche in questo
caso per il concreto fallimento della Conferenza (e ricordiamo che lo stesso
giorno c’è stato un incontro a due tra Francia e Gran Bretagna, le due
uniche potenze nucleari europee) – dall’altro è certo che continuerà a “sostenere
l’Ucraina” con soldi e armi, trascinando ancor più il proletariato e le masse popolari
di questo Paese nella guerra.

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