sabato 12 luglio 2025

Alcune riflessioni sulla decisione di fine della lotta armata curda e del Pkk


Dopo il nuovo definitivo annuncio di Ocalan di fine della lotta armata e scioglimento del PKK, vi è stata ieri una cerimonia tra le montagne del Kurdistan iracheno in cui sono state, non consegnate, ma simbolicamente bruciate delle armi, e in cui Bese Hozat, che ha costruito l'auto-organizzazione politica e militare delle donne nel partito, ha letto il comunicato firmato "Gruppo per la pace e la società democratica". 

Noi non possiamo che rispettare profondamente tutti gli anni in cui il Pkk ha portato avanti una vasta lotta armata per la liberazione del popolo kurdo; non possiamo che onorare i tanti martiri, i prigionieri politici, gli uomini e donne che hanno combattuto; ne possiamo guardare con superficialità alle enormi difficoltà che oggi si trovano davanti tutte le lotte di liberazione e le resistenze armate dei popoli, contro l'imperialismo, e i suoi regimi, che diventa sempre più massacratore, genocida (la Palestina oggi è la dimostrazione più chiara) che sviluppa un armamento sempre più tremendo. Ne noi, comunisti, tra l'altro di un paese imperialista, possiamo sindacare le decisioni di un popolo che ha tremendamente sofferto e che continuerà a soffrire, come anche ora i kurdi dicono: "noi non ci fidiamo del governo turco".

Nello stesso tempo non possiamo non dire che le motivazioni di questo abbandono della lotta armata e fine del Pkk ci sembrano paradossali. Si dice: "Vista la crescente pressione fascista, lo sfruttamento in tutto il globo e il bagno di sangue in corso in Medio Oriente, i nostri popoli hanno più che mai bisogno di una vita pacifica, libera, uguale e democratica. In questo contesto comprendiamo appieno la grandezza, la correttezza e l'urgenza del passo che stiamo prendendo".

In questa giusta denuncia della situazione a livello mondiale e in particolare in Medio Oriente, la correttezza e l'urgenza non dovrebbe essere non la fine della lotta armata e del partito, ma la loro necessità, con un bilancio necessario delle lezioni positive e negative di questi anni?

Come è possibile che i popoli in questa grave situazione mondiale possano conquistare la pace, la

libertà senza una guerra di popolo nelle condizioni concrete attuali?

Questo passo Ocalan e i dirigenti del Pkk lo hanno fatto, come già abbiamo scritto, in un momento in cui la Turchia non sta affatto abbandonando la lotta contro il popolo curdo, continuando a bombardare strutture militari e civili e a sostenere le milizie islamiste in Siria del Syrian national army.

Noi pensiamo che non si aprirà una fase di reali accordi, di "democrazia". Qualcuno fa il paragone con Mandela e il governo del Sud Africa e il ruolo che poi assunse Mandela di operare per la pace. Ma non dicono che per le masse del Sud Africa, le masse povere, dei proletari questo non significa vivere una condizione di reale libertà, uguaglianza, fine di ogni oppressione, di democrazia. Siamo oggi tra l'altro in Medio Oriente in una fase in cui l'imperialismo Usa, oggi con Trump, Israele vogliono mano libera nell'area, e i contrasti di Erdogan sono in funzione unicamente di concorrenza con Israele sull'egemonia nell'area; in questa situazione l'abbandono della lotta armata e del Pkk, toglie ai macellai, ai genocidi dei popoli un grosso problema.

Ma dobbiamo anche dire che questa svolta di Ocalan e del Pkk ha anche le radici nelle posizioni "innovative" di Ocalan, che quando tutto il movimento in Italia, in Europa esaltava quelle teorie - noi parlammo già allora di "capitolazione affascinante". 

Facemmo su questo un opuscolo, che oggi riteniamo sia utile leggere o rileggere per comprendere le teorie che hanno oggi portato a questa conclusione.

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