giovedì 12 giugno 2025

pc 12 giugno – La Meloni sbugiardata dall’Ufficio parlamentare di Bilancio: le tasse invece di tagliarle le aumenta

 

La Meloni, fascista, viene sbugiardata quotidianamente in ogni campo. Ieri è stato il turno dell’ufficio parlamentare di bilancio che ha messo nero su bianco quanto i lavoratori in questo paese perdono in materia di potere d’acquisto proprio per le politiche del governo Meloni, tra rimodulazioni delle aliquote Irpef, il cosiddetto taglio del cuneo fiscale, e detrazioni e l’inflazione che si mantiene, ufficialmente, al 2%.

“Doveva tagliare le tasse al «ceto medio», ha finito per aumentarle e neutralizzare i pochi aumenti dei salari che ci sono stati.” Scrive Il Manifesto di oggi. Insomma, l’aumento delle tasse alla fine è del 13% per i lavoratori, in termini assoluti, si tratta di 370 milioni di euro, rispetto al 2022.

Con il “drenaggio fiscale” il governo ha prelevato circa 18 miliardi dai lavoratori dipendenti con l’Irpef, e 7 miliardi dai pensionati; mentre dall’altro lato, ha fatto i condoni, concordati preventivi, flat tax, insomma aiuti di ogni genere alla propria clientela elettorale.

Ecco come spiega il “fiscal drag” Il Sole24Ore di oggi: “L’inflazione alza i valori nominali dei redditi, con l’indicizzazione delle pensioni, i rinnovi contrattuali dei dipendenti e gli aumenti di entrate degli autonomi. Così gli imponibili crescono, mentre scaglioni e detrazioni restano fermi, e la richiesta fiscale sale.”

Fa parte dello sbugiardamento anche l’affermazione dell’Upb rispetto al Pnrr: questo governo non riuscirà (già non ci è riuscito in questi anni) a portarlo a termine entro il 2026. “È ancora limitata la

quota di progetti nella fase conclusiva (32,4 per cento per 26,8 miliardi su 194 miliardi), serve intervenire su sanità e asili nido, al lumicino…”

Ad aumentare ancora il prelievo dalle tasche di lavoratori e pensionati sarà la spesa militare che il governo, Meloni in testa, vuole portare nell’immediato al 2%, “dato per già assodato da Meloni in accordo con la Nato ma non con la Commissione Ue”, ma si parla del 3% (mentre come si sa Rutte e Trump vogliono il 5%!); tutto ciò significa “tagliare la spesa sociale, dunque i servizi già in crisi, oppure aumentare le tasse.”

La spesa militare comunque prevede il ricorso al prestito, cioè all’aumento del debito pubblico la cui cifra annuale per interessi oramai si aggira intorno ai 100 miliardi.

E alle chiacchiere della Meloni sul taglio delle tasse che ha ripetuto alla riunione dell’altro ieri dei commercialisti (che guarda caso sono rimasti gli unici ad applaudirla), non crede più nessuno e Giorgetti le tiene dietro dicendo che i conti devono essere credibili a livello internazionale perché altrimenti “non ci può essere un taglio delle tasse”.

Come si vede tutte le balle della Meloni, vengono costantemente e regolarmente a galla e qui l’unica cosa realmente e sempre più “credibile” è la lotta per la cacciata di questo governo moderno fascista.

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