La Meloni, fascista, viene sbugiardata quotidianamente in
ogni campo. Ieri è stato il turno dell’ufficio parlamentare di bilancio che ha
messo nero su bianco quanto i lavoratori in questo paese perdono in materia di
potere d’acquisto proprio per le politiche del governo Meloni, tra
rimodulazioni delle aliquote Irpef, il cosiddetto taglio del cuneo fiscale, e
detrazioni e l’inflazione che si mantiene, ufficialmente, al 2%.
“Doveva tagliare le tasse al «ceto medio», ha finito per
aumentarle e neutralizzare i pochi aumenti dei salari che ci sono stati.” Scrive Il Manifesto di oggi. Insomma, l’aumento delle tasse alla fine è del 13% per i
lavoratori, in termini assoluti, si tratta di 370 milioni di euro,
rispetto al 2022.
Con il “drenaggio fiscale” il governo ha prelevato circa 18
miliardi dai lavoratori dipendenti con l’Irpef, e 7 miliardi dai pensionati; mentre
dall’altro lato, ha fatto i condoni, concordati preventivi, flat tax, insomma aiuti
di ogni genere alla propria clientela elettorale.
Ecco come spiega il “fiscal drag” Il Sole24Ore di oggi: “L’inflazione alza i valori nominali dei redditi, con l’indicizzazione delle pensioni, i rinnovi contrattuali dei dipendenti e gli aumenti di entrate degli autonomi. Così gli imponibili crescono, mentre scaglioni e detrazioni restano fermi, e la richiesta fiscale sale.”
Fa parte dello sbugiardamento anche l’affermazione dell’Upb rispetto al Pnrr: questo governo non riuscirà (già non ci è riuscito in questi anni) a portarlo a termine entro il 2026. “È ancora limitata la
quota di progetti nella fase conclusiva (32,4 per cento per 26,8 miliardi su 194 miliardi), serve intervenire su sanità e asili nido, al lumicino…”Ad aumentare ancora il prelievo dalle tasche di lavoratori e pensionati sarà la spesa militare che il governo, Meloni in testa, vuole portare nell’immediato al 2%, “dato per già assodato da Meloni in accordo con la Nato ma non con la Commissione Ue”, ma si parla del 3% (mentre come si sa Rutte e Trump vogliono il 5%!); tutto ciò significa “tagliare la spesa sociale, dunque i servizi già in crisi, oppure aumentare le tasse.”
La spesa militare comunque prevede il ricorso al prestito,
cioè all’aumento del debito pubblico la cui cifra annuale per interessi oramai
si aggira intorno ai 100 miliardi.
E alle chiacchiere della Meloni sul taglio delle tasse che
ha ripetuto alla riunione dell’altro ieri dei commercialisti (che guarda caso
sono rimasti gli unici ad applaudirla), non crede più nessuno e Giorgetti le
tiene dietro dicendo che i conti devono essere credibili a livello
internazionale perché altrimenti “non ci può essere un taglio delle tasse”.
Come si vede tutte le balle della Meloni, vengono
costantemente e regolarmente a galla e qui l’unica cosa realmente e sempre più “credibile”
è la lotta per la cacciata di questo governo moderno fascista.
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