lunedì 17 marzo 2025

pc 17 marzo - Mirafiori - Un commento


A Mirafiori a tirare gli operai per la giacca della tuta…

A partire dal volantino diffuso venerdì 14 alla portineria 2 di Mirafiori dalla Fiom e Cgil in uscita da un convegno sulla transizione ecologica condiviso con associazioni ambientaliste e non solo. Un volantinaggio, scrivono i media locali in contrapposizione con la presenza di Meloni a Torino. Magari! sarebbe il caso di dire vista la vitale necessità di concentrare nelle fabbriche la lotta per rovesciare il governo Meloni del moderno fascismo, imperialista al servizio di Trump, della mano libera ai padroni, del razzismo, della repressione...

Invece alla portineria 2, la portineria storica delle carrozzerie, Fiom e Cgil si sono assunti la responsabilità di portare tra gli operai un volantino programmatico significativo, che follemente fa il verso alle scelte di governo, istituzioni e padroni rispetto alla crisi, mantiene il sindacato e le sue richieste in posizione subordinata in continuità con quatno fatto in tutti questi anni, usando la transizione ecologica come richiamo per trascinare ancora i lavoratori in questa spirale.

Quindi gli operai si sono trovati nelle loro mani un volantino che attribuisce la crisi dello stabilimento e del gruppo alle scelte di Stellantis, quando la crisi dell’ auto ha investito l’intero settore, una crisi di sovrapproduzione nel quadro più generale di crisi e di sviluppo dei conflitti, dove Stellantis naturalmente sta facendo il suo. Un volantino che acriticamente evoca la motorizzazione elettrica e la politica ambientale come via di uscita, come se il problema fosse produrre un motore a benzina piuttosto che un motore elettrico e non, nel modo di produzione capitalista per il profitto, quali sono i rapporti di forza tra padroni e la classe operaia nella difesa dei suoi interessi immediati, per il lavoro, il salario come per la salute, in fabbrica tanto quanto nel territorio e in prospettiva per mettere fine allo sfruttamento.

Giovedì 13 marzo, ne ha dato un esempio Elkan, nella crisi nominato presidente di ‘Vento’, bonariamente definita start up, una macchina per far soldi dai soldi, un fondo cosiddetto venture capital, da 75 milioni di euro per finanziare le nuove imprese tech ad altro rischio e con conseguenti alti profitti, sostenuto da Exor la cosiddetta cassaforte della famiglia Agnelli. in tutta evidenza una scelta finanziaria che distoglie fondi dalla produzione industriale.

Quindi il volantino in maniera contraddittoria agita una soluzione, una proposta presentata come un passo in avanti rispetto ‘alle 500 fabbriche metalmeccaniche chiuse, ai 35000 licenziati, alla situazione a Mirafiori peggiorata...’ ma non può rappresentare una via di uscita per gli operai, non certo per la bontà o meno della indicazione ambientalista, ma perché chiede ancora agli operai di mettersi nelle loro mani, in continuità con quella linea sindacale confederale che ha reso indifesa la classe operaia di fronte ai piani padronali, in fabbrica e nel paese. Una linea collaborazionista e perdente dei tavoli istituzionali e padronali senza il conflitto, degli operai in concorrenza tra stabilimenti, di un sindacato che fa leva sulla delega con gli operai ridotti a tesserati invece che protagonisti a tutto campo.

Dalle proposte senza classe operaia, alla classe operaia che prende nelle sue mani le proposte. Così dobbiamo rovesciare il volantino nella questione dell’autonomia operaia. Dalle soluzioni

green apparentemente innovative, al cuore del problema, quello che dice che al centro ci devono essere gli operai con i loro interessi, gli operai in lotta per il potere, come forza concreta e protagonista.
 E affrontare tutte le trappole, compresa l’ultima guerrafondaia e insidiosa che agita la transizione dal green al grigioverde, dalle auto ai carriarmati, senza dimenticare che i princiali firmatari del volantino erano a Roma il 15 marzo per l’Europa, pacifisti a parole ma a sostenere il riarmo europeo.
 E il nostro lavoro è a sosegno dell'affermazione di questa centralità che gli operai possono riprendersi nell’autonomia operaia nell’azione e nell’organizzazione, negli scioperi e nelle assemblee nelle loro mani, per una piattaforma operaia su cui ricostruire l’unità di lotta e le prospettive dell’intero gruppo.
Dentro una fabbrica che intanto, nella situazione difficile tra crisi e ristrutturazione scaricate sui salari, ogni giorno vive dello sfruttamento, della condizione operaia, dentro le fabbriche che chiamano alla rivolta sociale.

 

 Venerdì sono rimbalzate nelle redazioni i dati di un rapporto della Uil sulle ore di cassaintegrazione autorizzate nel 2024 fissando sulle prime pagine dei quotidiani locali titoli tipo ‘Torino più cig che auto’ 507.000.000 di ore di cassa integrazione, più 61%’, dovendosi così occupare di Mirafiori e dell’indotto automotive con altre decine di migliaia di lavoratori coinvolti, facendo di Torino la provincia con il più alto utilizzo di cassa integrazione del paese. Operai di riflesso sulle prime pagine dei giornali, non certamente al centro degli interessi editoriali.

Quelli della fabbrica reale, che il cardinale Repole ha benedetto dichiarando fiducia negli sforzi di Stellantis che non vuole abbandonare Torino, quella dove Elkan per il 2025 nel piano di sviluppo Italia per Mirafiori ha prospettato una produzione simile a quella del 2024 già al minimo storico, quella che cercano di comprimere nelle statistiche che guardano al 2030 quando la maggior parte degli attuali operai sarà potenzialmente pensionabile...

Ma intanto è quella degli operai che raccontano del collega che viene sostituito con uno più adatto alla catena, perché non ce la fa a svolgere la mansione e viene rimandato a casa in cassaintegrazione, da quei capi che riescono meno a variare la velocità di avanzamento delle catene e allora spalmano le mansioni per ridurre il numero di operai in linea. Cambiano la saturazione, l’ottimizzazione ma pochissimi si lamentano. Come la lavoratrice trasferita in una postazione molto difficile, perché pesante, soprattutto in rapporto alle sue condizioni fisiche, che non può permettersi di perdere anche quei ridotti periodi di lavoro e stringe i denti, ma intanto ammette ‘mi fanno male le mani’.

Sulla linea della 500 elettrica dove alcune centinaia di operai/e il 70/80% circa dell’organico, lavora ad un turno unico che produce ancora 185 vetture. Fino a marzo, perché aprile verà fermata per dare inizio ai lavori necessari per la produzione della 500 ibrida.

La fabbrica dove al reparto cambi 8/900 operai aggregati da diverse aree e stabilimenti, non hannno ne sabato ne domenica e coprono 20 turni a settimana.

E’ lo stabilimento per usare il linguaggio degli operai dove ‘ i francesi stanno tagliando dappertutto’ come il centro di sperimentazione, un reparto da sempre all’avanguardia sul piano internazionale.

E il sindacato non c’è, dovrebbero essere gli osservatori dell’officina ma non vengono a controllare...

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