Ne possiamo uscire solo con la rivolta sociale e il rovesciamento del governo Meloni
La CGIL torna a denunciare, Landini aveva solo parlato di rivolta sociale necessaria senza organizzarla, ma dopo lo sciopero del 29 novembre che però non ha cambiato i rapporti di forza tra i lavoratori e padroni e governo perchè bisognava essere coerenti tra il lancio della parola d'ordine della rivolta e la sua costruzione a partire dalle fabbriche e dai posti di lavoro, ora bisogna effettivamente preparare lo sciopero generale attraverso la mobilitazione dei lavoratori e puntare al rovesciamento di questo governo schifosamente dalla parte dei padroni
Il cuneo fiscale in Legge di bilancio penalizza i salari più bassi: quelli fino a 35 mila euro lordi l’anno. E non finisce qui. Per i redditi bassissimi, quelli tra gli 8.500 e i 9.000 euro l’anno lordi, c’è una perdita fino a 1200 euro all’anno.
Christian Ferrari, segretario nazionale della Cgil, è netto: “Come avevamo denunciato fin dal varo della manovra di bilancio da parte del Consiglio dei Ministri, la fiscalizzazione del cuneo contributivo, per il meccanismo che è stato scelto, non solo non metterà un euro in tasca in più, ma ridurrà il netto in busta paga alla stragrande maggioranza dei lavoratori”.
I conti non tornano
L’inghippo sta proprio nel passaggio dalla decontribuzione alla fiscalizzazione introdotta quest’anno. Uno studio della Cgil aiuta a comprendere. “Nel 2024 il meccanismo di calcolo era molto semplice. La base era l’imponibile previdenziale e si applicava uno sconto del 7% fino a 25.000 euro (pari a 1.923 euro mensili, parametrati su 13 mensilità). Oppure 6% fino a 35.000 euro annui (pari a euro 2.692 mensili, sempre su 13 mensilità) sui contributi del 9,19% dovuti dal lavoratore dipendente in busta paga (La misura non interessava la tredicesima mensilità)”. E fin qui tutto bene. Ricordiamo che questa misura era frutto della mobilitazione sindacale fino agli scioperi, varata dal governo Draghi e poi confermata da quello guidato da Meloni.
Cambio di metodo
“Nel 2025 la modalità di calcolo, invece, è diventata più complessa. Il riferimento è diventato l’imponibile fiscale (quindi comprensivo anche di eventuali altri redditi, oltre a quello da lavoro dipendente) sul quale si applicano due misure differenti. Un bonus con percentuale che decresce al crescere del reddito: 7,1% fino a 8.500 euro; 5,3% tra 8.501 e 15.000 euro; 4,8% tra 15.001 e 20.000 euro. Oppure una detrazione che sarà fissa a 1.000 euro per i redditi da 20.001 a 32.000 euro, o variabile per i redditi compresi tra 32.001 e 40.000 euro, con décalage che riduce progressivamente i benefici fino a zero”. Il risultato è che chi ha meno perde invece che guadagnare.
Oltre il danno la beffa
A causa del drenaggio fiscale, nel 2024 lavoratori, lavoratrici, pensionate e pensionati hanno versato all’erario 17 miliardi di extra gettito Irpef, esattamente quanto è servito per finanziare per intero “l’operazione cuneo”. Altro che attenzione a chi guadagna meno, questa è una vera e propria partita di giro a danno di chi lavora o ha lavorato.
“Il meno tasse per tutti – aggiunge il dirigente sindacale – evidentemente non vale per chi vive di reddito fisso. Per gli altri, invece: flat tax, condoni, concordati preventivi e ogni strumento possibile e immaginabile per consentire di continuare a evadere, indisturbati, le imposte. Nel frattempo, si tagliano risorse a istruzione, regioni ed enti locali, al welfare pubblico e universalistico, oltre a definanziare pesantemente il servizio sanitario nazionale”. Welfare del quale usufruisce anche chi i tagli delle tasse li ha avuti per davvero. E non sono certo i lavoratori e le lavoratrici dipendenti e i pensionati.
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