mercoledì 20 novembre 2024

pc 20 novembre - Gaza “Li hanno uccisi senza che muovessero un muscolo”

Esecuzioni sommarie, fame e sfollamenti forzati da parte dell’esercito israeliano nel Nord di Gaza

Territorio Palestinese – L’Osservatorio Euro-Mediterraneo ha documentato decine di uccisioni deliberate e nuove esecuzioni sommarie effettuate dalle Forze di Occupazione Israeliane contro numerosi civili nel Nord di Gaza.

Queste azioni fanno parte della recrudescenza in corso e del quadro più ampio del Genocidio perpetrato contro i palestinesi per oltre 13 mesi.

Negli ultimi 43 giorni, l’esercito israeliano ha condotto la sua terza incursione e offensiva militare contro il Nord di Gaza e i suoi residenti, commettendo orribili atrocità. Tra queste, l’uccidere e il terrorizzare i civili obbligandoli a lasciare le loro case con la forza e sfollandoli al di fuori della provincia settentrionale di Gaza. Ciò costituisce uno dei più grandi casi di sfollamento forzato nella storia moderna.

Tra le numerose atrocità commesse dalle forze israeliane, che vanno dal bombardamento di case con residenti all’interno, alle Uccisioni di Massa di civili sfollati nei rifugi e al bombardamento di raduni e

veicoli, la squadra sul campo dell’Osservatorio Euro-Mediterraneo ha documentato strazianti episodi di uccisioni sommarie ed esecuzioni extragiudiziali di civili da parte di soldati israeliani, eseguite senza alcuna giustificazione.

È stata documentata l’uccisione di Khaled Mustafa Ismail Al-Shafai, 58 anni, e del suo figlio maggiore Ibrahim, di 21, da parte delle forze israeliane. Sono stati assassinati all’interno della loro casa a Beit Lahia di fronte alla loro famiglia mercoledì 13 novembre 2024.

Tamam Abdel Maqadmeh, 61 anni, un residente di Beit Lahia, ha condiviso i dettagli strazianti del crimine con il personale dell’Osservatorio Euro-Mediterraneo.

“Le condizioni sono peggiorate in Viale Al-Shemaa a Beit Lahia, a causa dei bombardamenti dell’artiglieria pesante e dell’Aviazione. Di conseguenza, ci siamo trasferiti dalla nostra casa vicino alla clinica Al-Shemaa alla zona di Abbas Kilani nel mezzo di Viale Al-Shemaa. Sono andato a casa di mia sorella, che è sposata con un membro della famiglia Omar, così come mia sorella Haifa, suo marito Khaled Al-Shafai e i loro nove figli. Ci siamo riuniti nella casa a due piani; mia sorella sposata con la famiglia Al-Shafai, suo marito e i loro figli sono rimasti al piano terra, mentre io sono rimasto con la mia famiglia e mia sorella sposata con la famiglia Omar al primo piano”, ha raccontato Maqadmeh.

“Mercoledì, le Forze di Occupazione Israeliane hanno iniziato ad avanzare nella zona in cui ci eravamo rifugiati. Siamo rimasti intrappolati in casa e meno di due ore più tardi, le forze hanno fatto saltare la porta e preso d’assalto l’edificio. Sono rimasto al piano di sopra con la mia famiglia, mentre mia sorella Haifa, suo marito Khaled Mustafa Ismail Al-Shafai, 58 anni e i loro figli sono rimasti al piano terra. Abbiamo sentito degli spari ma eravamo troppo spaventati per guardare e siamo rimasti aggrappati insieme in una singola stanza al piano di sopra. Nel giro di pochi minuti, i soldati sono entrati e ci hanno ordinato di evacuare rapidamente verso la zona orientale vicino allo stadio e alla scuola Abu Tammam di Beit Lahia”.

Maqadmeh ha continuato: “Quando siamo scesi al piano terra, ho trovato mio cognato Khaled steso sul pavimento ucciso con due colpi di fucile all’addome, il sangue che gli colava. Il suo figlio maggiore, Ibrahim, 21 anni, era stato colpito alla testa. Sono rimasto sotto shock per un attimo prima che un soldato mi minacciasse di spostarmi altrimenti mi avrebbe ucciso. Eravamo circa 26 persone in totale. Mia sorella Hiyafa si era buttata sul marito e sul figlio, implorando di dire loro addio, ma i 12 soldati presenti si sono rifiutati. Abbiamo cercato di allontanarla perché continuava a dire: “Li hanno giustiziati davanti a me”. Siamo usciti di corsa dalla casa mentre un drone quadrirotore volteggiava sopra di noi, con circa 15 soldati di stanza intorno alla casa. Mia sorella continuava a ripetere: “Li hanno giustiziati davanti a me”. Mentre uscivamo, mia sorella ha raccontato che non appena i soldati hanno fatto saltare la porta e fatto irruzione, hanno immediatamente sparato a suo marito e a suo figlio mentre erano fermi sul lato della stanza. Li hanno uccisi senza che muovessero un muscolo”.

La moglie della vittima ha detto: “Ci hanno ordinato di andarcene in fretta. Ho cercato di trascinare mio marito e mio figlio, ma si sono rifiutati di far avvicinare nessuno, minacciandoci con le armi per allontanarci. Questo è successo davanti ai bambini piccoli, quattro maschi e quattro femmine, che hanno assistito all’esecuzione del padre e del fratello davanti ai loro occhi”.

Haifa e i suoi figli continuano a soffrire di gravi traumi psicologici, con Haifa che si rifiuta di parlare con chiunque.

Al momento della documentazione di questa testimonianza, i corpi dell’uomo e di suo figlio si trovano ancora sul luogo della loro esecuzione, poiché la famiglia e le squadre di soccorso non sono state in grado di recuperarli.

Migliaia di altri palestinesi intrappolati nel Nord di Gaza soffrono la fame e la paura.

I feriti spesso non sono in grado di ricevere cure o addirittura di essere trasportati in strutture mediche, il che porta molti a morire lentamente a causa della mancanza di cure mediche salvavita.

L’Osservatorio Euro-Mediterraneo ha documentato decine di vittime morte sotto le macerie dopo che le loro case sono state bombardate, poiché le forze israeliane hanno impedito alle squadre umanitarie di lavorare per 25 giorni consecutivi.

A.J., 54 anni, il cui nome viene omesso per la sua sicurezza poiché si trova in una zona ad alto rischio, ha fornito una testimonianza sull’assedio, le tattiche di fame e le esecuzioni sommarie eseguite dall’esercito israeliano a Beit Lahia: “Negli ultimi 10 giorni, Beit Lahia è stata sottoposta dall’esercito israeliano a una vasta Campagna di rastrellamenti, costringendo le persone a lasciare le loro case e a recarsi in punti di raccolta specifici designati dall’esercito. L’esercito israeliano fa irruzione nelle case, arresta alcuni residenti e ordina ad altri di trasferirsi nella parte orientale della città, vicino alla scuola Abu Tammam. Attualmente, i residenti di Beit Lahia sono concentrati in tre rifugi adiacenti vicino allo stadio municipale di Beit Lahia: la Scuola Abu Tammam, la Scuola Professionale e la Scuola Superiore a Beit Lahia”, ha affermato.

“Dormo all’ingresso della scuola Abu Tammam a causa del sovraffollamento nel rifugio. Mia moglie, che è stata gravemente ferita in precedenza, soffre di un grave peggioramento delle sue condizioni. È impossibilitata a muoversi, ma è obbligata a sdraiarsi sul pavimento a causa della mancanza di un letto, nonostante il suo estremo bisogno perché paralizzata. Ogni residente che tenta di tornare a casa per dormire viene preso di mira; la sua casa viene bombardata e vengono sparati colpi di artiglieria per costringerli ad uscire. Attualmente, non c’è cibo disponibile per le circa 5.000 persone che si sono rifugiate nelle tre scuole. Per procurarsi il cibo, gli sfollati rischiano di avventurarsi nelle loro case per recuperare le provviste rimanenti. Decine di coloro che hanno tentato di farlo non sono tornati, poiché sono stati giustiziati per strada”.

Un palestinese della famiglia Hamouda che è riuscito a raggiungere la sua casa vicino alla rotonda occidentale e a recuperare un sacco di farina ha testimoniato: “Mentre tornavo, ho visto cani che sbranavano i cadaveri di cinque giovani uomini che giacevano sul ciglio della strada, persone che conoscevo dalle famiglie Zayed e Rajab”.

Ha aggiunto: “Accanto a una delle vittime, c’era un sacco di farina. Sembra che l’abbia recuperato con successo da casa sua, ma l’esercito israeliano gli ha sparato mentre tornava al rifugio. La situazione alimentare nei tre rifugi è estremamente disperata. Tutto il cibo che riusciamo a procurarci dalle case vicine viene distribuito principalmente ai bambini, seguiti dagli anziani in porzioni più piccole. I giovani adulti ricevono, al massimo, una sola pagnotta di pane al giorno.”

Ribadiamo che la riluttanza della comunità internazionale a intraprendere azioni decisive contro i Massacri di Israele nella Striscia di Gaza, in particolare nella parte settentrionale, la rende complice di questi Crimini e concede a Israele il via libera per intensificare il suo Genocidio. Ciò riflette anche un’indifferenza scioccante per la vita e la dignità dei palestinesi.

Il sistema internazionale, tra cui la Corte Penale Internazionale, l’Unione Europea e vari organismi delle Nazioni Unite, non è riuscito collettivamente a raggiungere gli obiettivi e far valere i principi fondamentali su cui si fondava.

Negli ultimi 13 mesi, hanno dimostrato un vergognoso fallimento nel proteggere i civili e fermare il Genocidio che Israele sta perpetrando contro i palestinesi a Gaza, un dovere che è al centro della loro missione ed esistenza.

L’Osservatorio Euro-Mediterraneo invita le Nazioni Unite e la comunità internazionale a intervenire immediatamente per salvare centinaia di migliaia di residenti nella parte settentrionale di Gaza, fermare il Genocidio in corso da parte di Israele, imporre un embargo totale sulle armi a Israele, ritenerlo responsabile di tutti i suoi Crimini e adottare tutte le misure pratiche per proteggere i civili palestinesi nella Strisci

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

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