Ieri, infatti, riporta il manifesto “il presidente della
Corte Nawaf Salam ha letto le 32 pagine di un parere
consultivo che è un terremoto: l’occupazione militare israeliana di
Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme est è illegittima. È un’annessione di fatto
che ha generato un regime di apartheid e segregazione razziale. E deve finire,
subito: «Israele ha l’obbligo di porre fine alla sua presenza nei Territori
occupati palestinese il prima possibile».”
L’elenco delle atrocità di Israele, che continuano quotidianamente e che le organizzazioni e i movimenti
di solidarietà denunciano da sempre, è lungo “Costruzione ad libitum di colonie e trasferimento della propria popolazione nel territorio occupato, riconoscimento degli insediamenti messi in piedi dai coloni, doppio standard legale, confische di terre e demolizioni di case palestinesi, trasferimento forzato della popolazione occupata (con «uso della forza fisica ma anche non lasciando alle persone altra scelta che andarsene»), furto di risorse naturali: tutte queste misure prese a esclusivo beneficio del paese occupante e a detrimento della popolazione palestinese devono cessare, «as rapidly as possible».” “Non solo: «Israele
ha anche l’obbligo di fornire una piena riparazione per i danni causati dai
suoi atti illeciti a livello internazionale a tutte le persone fisiche o
giuridiche interessate. La riparazione comprende la restituzione, il
risarcimento e/o la soddisfazione». Ovvero la restituzione di proprietà
(immobili e culturali, dunque terre e case ma anche libri e archivi), lo
smantellamento del muro e delle colonie, la fine di tutte le politiche volte ad
alterazioni demografiche, il ritorno dei palestinesi il cui diritto
all’autodeterminazione non può essere soggetto ad alcuna condizione, perché
«inalienabile». Dove la riparazione non fosse possibile, deve risarcire dei
danni.”
Il “parere consultivo” è molto chiaro e dettagliato: “l’occupazione
militare dei Territori palestinesi «è illegale» e viola il diritto
internazionale da 57 anni. Un atto narrato come temporaneo è ormai agli occhi
israeliani permanente, un’annessione di fatto in cui le autorità occupanti non
distinguono più tra territorio occupato e Stato di Israele, quello riconosciuto
74 anni fa dalle Nazioni unite. Un’annessione di terre che non è un’annessione
di cittadini e che ha tramutato l’occupazione in un regime di apartheid e
segregazione razziale: la stessa autorità governa due popoli, ma solo uno ha
pieni diritti di cittadinanza. L’altro di diritti non ne ha.”
“Un messaggio che, in conclusione, la Corte internazionale
rivolge a tutti gli Stati del mondo, su cui pesa l’obbligo di non riconoscere
tale illegittima presenza e di non fornire alcuna assistenza che permetta a
Israele di preservarla.”
La reazione dei nazisionisti israeliani è stata rabbiosa,
arrogante e piena di minacce contro l’Onu e come a prevenire questa posizione “un
paio di giorni fa la Knesset ha votato compatta per negare la legittimità
presente e futura di uno Stato palestinese, con buona pace degli alleati che
vanno ripetendo da anni il mantra di una soluzione a due stati (come Italia e
Stati uniti che ancora blaterano di negoziati politici, fingendo di non vedere
che Tel Aviv non ne ha alcun interesse).”
“L’ambasciatore all’Onu Erdan promette ritorsioni contro le
Nazioni unite, dalla chiusura del quartier generale a Gerusalemme alla
deportazione dei capi delle agenzie. La Corte è antisemita, il commento del
ministro della sicurezza nazionale Ben Gvir; «tutte bugie», quello del premier
Netanyahu.”
Dopo questo parere richiesto dalla stessa Organizzazione
delle Nazioni Unite e le cui valutazioni di diritto della Corte
internazionale di giustizia sono vincolanti per gli organi delle Nazioni unite,
discendono obblighi per tutti gli altri Stati: “Dalle violazioni
derivano una serie di conseguenze non solo per lo Stato che le compie ma anche
per gli Stati terzi. Prima di tutto il divieto di riconoscimento, ovvero
il divieto di riconoscere come lecita la modifica territoriale o dello status
di determinati territori. Spostare l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, ad
esempio, comporta un implicito riconoscimento della legittimità del potere
israeliano su Gerusalemme est. In secondo luogo, il divieto di prestare
assistenza, militare, politica o di altra natura, ovvero fornire armi e
strumenti che possono essere utilizzati per mantenere l’illegittima occupazione
israeliana. Infine, l’obbligo di cooperare per porre fine
all’occupazione illegittima, il più difficile da concretizzare. Qui la
Corte è molto chiara nel dire che la responsabilità nello stabilire quali siano
i modi migliori per arrivare rapidamente alla fine dell’occupazione ricade
sull’Assemblea generale delle Nazioni unite.” E vedremo quali iniziative
concrete prenderà nei prossimi giorni l’ONU, mentre bisognerà continuare a
denunciare e lottare contro tutti quegli Stati che apertamente con invio di
armi e soldi, o in modo mascherato continuano a sostenere il nazionismo.
È chiaro, anche, che per il popolo palestinese ogni presa di
posizione internazionale che denunci e riconosca i crimini di Israele è
positiva, ma è altrettanto chiaro che è in corso un genocidio qui e ora! e non
si possono aspettare i tempi delle decisioni internazionali: questo genocidio
va fermato, per questo il futuro rimane, come sempre è stato, nelle mani del
popolo palestinese in lotta per la propria liberazione dal nazisionismo.
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