martedì 21 maggio 2024

pc 21 maggio – Dall’ex Ilva alla Stellantis, 180 mila operai coinvolti nella crisi, oltre 60 tavoli aperti al ministero

 

“Oltre 60 tavoli aperti, 180.000 lavoratori coinvolti, dalla Brianza alla Sicilia. E alcuni casi che si trascinano da anni con cassa integrazione eterna e precari piani di riconversione”. Così inizia un articolo di Affari&Finanza del 6 maggio che si occupa della crisi delle industrie in Italia. Ed è sotto gli occhi di tutti che “Alcune vertenze, ormai, si sono incancrenite, per altri si prospetta una via d'uscita, anche se si sono persi posti di lavoro per strada.”

Ci sono “Nomi che sono entrati nella cronaca quotidiana per scioperi e picchetti, come l'Industria Italiana Autobus tra Bologna e Avellino, la GKN di Firenze, la Portovesme di Cagliari, la Wärtsilä di Trieste, la Lear di Grugliasco o la Bosch di Bari. Pure un marchio storico della lingerie, come La Perla, è finito nelle secche per colpa delle speculazioni finanziarie.” Tra gli scioperi bisogna aggiungere quelli alla Stellantis (che l’articolo non cita!), da Torino a Pomigliano e Melfi.

Da gennaio a oggi sono stati aperti altri tavoli al ministero delle Imprese del Made in Italy guidato da Adolfo Urso, per un totale di 1.867 nuovi lavoratori di aziende in crisi. I soli addetti coinvolti nei tavoli ministeriali sono 59.893. Tra le ultime imprese entrate in crisi c'è da segnalare la Vibac, che produce film e nastri adesivi. Due le fabbriche a rischio, Termoli e Potenza. Poi la Denso di San Salvo, in provincia di Chieti, così come la Baomarc, sempre in provincia di Chieti, a Lanciano. Entrambe sono del settore automotive. Da non dimenticare la Unilever di Pozzilli, provincia di Isernia, che è del

comparto chimico, e la Siae microelettronica di Cologno, in provincia di Monza, 160 addetti a rischio per la delocalizzazione in Cina.”

Come si vede la delocalizzazione è ancora e sempre uno degli espedienti dei padroni per sfruttare forza-lavoro a basso costo.

La cosiddetta “transizione all’elettrico” coinvolge poi “altre 121 mila persone” si tratta di “Imprese concentrate soprattutto nell'indotto auto, dove sono 70.000 gli addetti in pericolo, e nella siderurgia altri 25.000 a rischio. Per non parlare dei settori che non paiono in difficoltà, come l'energia, dove sono 8mila gli occupati delle centrali a carbone che sono avviate alla chiusura, come confermato anche dal ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica del governo, Gilberto Pichetto Fratin, nella riunione del G7 Clima.”

“Anche passaggi che non sembrano critici, come la fine del mercato tutelato, potrebbero provocare emorragie: 2 mila i posti a rischio. Altri 4000 nella chimica di base, quasi 3.500 nel petrolchimico e poi 8.500 nelle telecomunicazioni. Quest'ultimo compatto, che si sta riorganizzando, come dimostra l'operazione Swisscom a marzo: acquisire Vodafone Italia per fare le nozze con Fastweb. Oppure lo scorporo della rete da Tim, regista il governo Meloni, grazie al Fondo americano KKR.”

Questo “censimento sulla base dei tavoli aperti al ministero delle Imprese e del Made in Italy”, è stato fatto dalla Cgil, dice il giornalista. Cgil che rispetto a questa crisi ripete il solito ritornello stonato che cantano anche i padroni che si lamentano con il loro governo e cioè: “migliorare la capacità di attrarre gli investimenti.” Ad “attrarre investimenti” il governo ci sta pensando eccome, non solo tenendo bassissimi i salari, negando anche la legge sul salario minimo, ma anche cercando di fare dell’Italia un’unica grande Zona economica speciale, dove i padroni godono di aiuti, oltre a quelli già messi in campo per miliardi di euro ogni anno!

E' chiaro che quando si parla di crisi, è bene ripeterlo, non si parla della ricchezza e dei profitti dei padroni, ma di qualcosa di strutturale del sistema capitalista-imperialista che tocca essenzialmente operaie e operai che vengono licenziati o messi in cassa integrazione e costretti a subire condizioni di lavoro sempre peggiori.

Le fabbriche in crisi elencate sono tante e tutte insieme raccolgono un grande esercito operaio, crisi o non crisi sempre di esercito si tratta; tra queste fabbriche, quelle più importanti, per settore di produzione, per grandezza e quantità di lavoratori coinvolti, sono l’ex Ilva di Taranto e la Stellantis e né sull’una né sull’altra le manovre dei padroni e del governo lasciano spazio ad alcuna “soluzione” positiva per gli operai che devono per forza passare dallo scontro con i padroni innanzi tutto, con il loro governo e i sindacati confederali complici, prendere in mano il loro destino per ristabilire rapporti di forza favorevoli alla classe operaia.

[sull’ex Ilva: https://proletaricomunisti.blogspot.com/2024/05/pc-15-maggio-ex-ilva-taranto-contro-i.html]

[sulla Stellantis: https://proletaricomunisti.blogspot.com/2024/04/pc-24-aprile-stellantis-quello-che.html]

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