Sono le zone del centro e del sud
del paese, le più povere e da sempre marginalizzate rispetto alle
regioni costiere, ad essere protagoniste.
In particolare a Tebourba, circa 40 chilometri dalla capitale, e a Cité Zouhour (governatorato di Kasserine) ci sono stati violenti confronti tra manifestanti e forze dell'ordine, che hanno utilizzato gas lacrimogeni per disperdere i cortei.
A Tebourba un manifestante di 43 anni sarebbe stato ucciso dalla polizia, la quale afferma che invece sarebbe stato vittima di malore. Secondo alcuni tweet, il nome dell'uomo sarebbe Khomsi Ben Sadek Eliferni.
Diverse sono le persone ferite dopo l'intervento dell'esercito, che afferma di essere entrato in azione per fermare alcuni ragazzi intenti a dare alle fiamme un palazzo governativo. Miccia alle proteste sono stati gli aumenti dei prezzi e delle tasse di alcuni beni (carburante, autovetture, telefonia mobile)
previsti dalla finanziaria entrata in vigore con il nuovo anno. Già domenica una manifestazione giovanile di protesta contro la Finanziaria, lanciata con lo slogan "Fech Nestanew" (traducibile con "Cosa stiamo aspettando?") era stata repressa dalle forze dell'ordine di Tunisi.
I provvedimenti economici hanno esacerbato una situazione sociale di povertà e marginalizzazione che non si è purtroppo invertita in seguito ai fatti del 2011, riassorbiti in chiave repressiva e di law and order dai governi post-rivoluzionari.Mobilitazioni oltre che nelle regioni succitate sono in corso nelle zone di Thala, Kasserine, Sbeitla, Bouhajla, Oueslatia, Douz, Kebili, Gafsa, ma anche a Citè Ettadhamen (quartiere della capitale), unendo sia le aree ricche che quelle più povere del paese in un'ondata di proteste. Trecento persone sono scese in piazza a Sidi Bouzid, dove l'immolazione di Mohamed Bouazizi fu la scintilla che portò allo scoppio dei moti rivoluzionari di sette anni fa.
Il portavoce del Ministro degli Interni, in piena continuità con lo stile Ben Ali, ha parlato di bande di violenti in azione, cercando di negare ogni tipo di politicità alle iniziative ed elencando una serie di furti che sarebbero stati compiuti dai manifestanti per svilire le motivazioni delle proteste.Una scena già vista, in un paese tuttora fortemente segnato dalla rivoluzione del 2011 ma tornato ad essere ostaggio e pedina delle potenze globali.
Le richieste delle istituzioni internazionali come il FMI, in pieno stile neo-coloniale, stanno venendo accolte dal governo di Tunisi con potenti iniezioni di austerità nel paese. La repressione sistematica di ogni istanza sociale ha inoltre spalancato le porte al jihadismo, che sfrutta le debolezze dello Stato post-rivoluzionario e la debolezza dei confini con Algeria e Libia dove lo Stato Islamico ha ancora zone di radicamento importanti, e negli scorsi anni ha tentato di indebolire il settore turistico, fondamentale per il paese, con diversi attentati come quello del Bardo del 2015.
I giornali immediatamente cercano di sfruttare l'effetto domino, assimilando quanto successo in Tunisia con i fatti iraniani, al di là di ogni possibile analisi in profondità su contesti tanto diversi.
Le proteste in Tunisia infatti, sebbene segnate da una profonda difficoltà e da una forte disillusione dovuta ai fatti post-rivoluzionari, non si sono mai fermate. E nelle ultime settimane avevano già ripreso rilevanza in territori come quelli di Meknassi, Sidi Bouzid e Ben Guerdane, contraddistinti da una dilagante povertà e da un altissimo tasso di disoccupazione giovanile.
A testimonianza che l'esito delle rivolte del 2011 non è sufficiente, in Tunisia è ripresa la rivolta. Seguiranno aggiornamenti..
In particolare a Tebourba, circa 40 chilometri dalla capitale, e a Cité Zouhour (governatorato di Kasserine) ci sono stati violenti confronti tra manifestanti e forze dell'ordine, che hanno utilizzato gas lacrimogeni per disperdere i cortei.
A Tebourba un manifestante di 43 anni sarebbe stato ucciso dalla polizia, la quale afferma che invece sarebbe stato vittima di malore. Secondo alcuni tweet, il nome dell'uomo sarebbe Khomsi Ben Sadek Eliferni.
Diverse sono le persone ferite dopo l'intervento dell'esercito, che afferma di essere entrato in azione per fermare alcuni ragazzi intenti a dare alle fiamme un palazzo governativo. Miccia alle proteste sono stati gli aumenti dei prezzi e delle tasse di alcuni beni (carburante, autovetture, telefonia mobile)
previsti dalla finanziaria entrata in vigore con il nuovo anno. Già domenica una manifestazione giovanile di protesta contro la Finanziaria, lanciata con lo slogan "Fech Nestanew" (traducibile con "Cosa stiamo aspettando?") era stata repressa dalle forze dell'ordine di Tunisi.
I provvedimenti economici hanno esacerbato una situazione sociale di povertà e marginalizzazione che non si è purtroppo invertita in seguito ai fatti del 2011, riassorbiti in chiave repressiva e di law and order dai governi post-rivoluzionari.Mobilitazioni oltre che nelle regioni succitate sono in corso nelle zone di Thala, Kasserine, Sbeitla, Bouhajla, Oueslatia, Douz, Kebili, Gafsa, ma anche a Citè Ettadhamen (quartiere della capitale), unendo sia le aree ricche che quelle più povere del paese in un'ondata di proteste. Trecento persone sono scese in piazza a Sidi Bouzid, dove l'immolazione di Mohamed Bouazizi fu la scintilla che portò allo scoppio dei moti rivoluzionari di sette anni fa.
Il portavoce del Ministro degli Interni, in piena continuità con lo stile Ben Ali, ha parlato di bande di violenti in azione, cercando di negare ogni tipo di politicità alle iniziative ed elencando una serie di furti che sarebbero stati compiuti dai manifestanti per svilire le motivazioni delle proteste.Una scena già vista, in un paese tuttora fortemente segnato dalla rivoluzione del 2011 ma tornato ad essere ostaggio e pedina delle potenze globali.
Le richieste delle istituzioni internazionali come il FMI, in pieno stile neo-coloniale, stanno venendo accolte dal governo di Tunisi con potenti iniezioni di austerità nel paese. La repressione sistematica di ogni istanza sociale ha inoltre spalancato le porte al jihadismo, che sfrutta le debolezze dello Stato post-rivoluzionario e la debolezza dei confini con Algeria e Libia dove lo Stato Islamico ha ancora zone di radicamento importanti, e negli scorsi anni ha tentato di indebolire il settore turistico, fondamentale per il paese, con diversi attentati come quello del Bardo del 2015.
I giornali immediatamente cercano di sfruttare l'effetto domino, assimilando quanto successo in Tunisia con i fatti iraniani, al di là di ogni possibile analisi in profondità su contesti tanto diversi.
Le proteste in Tunisia infatti, sebbene segnate da una profonda difficoltà e da una forte disillusione dovuta ai fatti post-rivoluzionari, non si sono mai fermate. E nelle ultime settimane avevano già ripreso rilevanza in territori come quelli di Meknassi, Sidi Bouzid e Ben Guerdane, contraddistinti da una dilagante povertà e da un altissimo tasso di disoccupazione giovanile.
A testimonianza che l'esito delle rivolte del 2011 non è sufficiente, in Tunisia è ripresa la rivolta. Seguiranno aggiornamenti..
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