venerdì 4 febbraio 2011

pc quotidiano 4 febbraio - CON IL POPOLO EGIZIANO E CON TUTTI I POPOLI ARABI IN RIVOLTA


CONTRO LA DITTATURA DI MUBARAK IN EGITTO!

ABBASSO LA REPRESSIONE DELLA POLIZIA DI MUBARAK CONTRO IL POPOLO IN RIVOLTA!

CONTRO L’IMPERIALISMO OCCIDENTALE IN PARTICOLARE ITALIANO E
CONTRO ISRAELE CHE APPOGGIANO REGIMI CRIMINALI COME QUELLO
EGIZIANO!

AL FIANCO DEL POPOLO EGIZIANO IN LOTTA!

AL FIANCO DELLE RIVOLTE SOCIALI IN ALGERIA,TUNISIA,YEMEN E GIORDANIA!

Manifestazione
Domenica 6 febbraio ore 16,00
Piazza Verdi Palermo

Circolo di proletari comunisti Palermo

pc quotidiano 4 febbraio - PER FRANCA SALERNO DAL MFPR


Siamo molto addolorate per la morte di Franca Salerno. La sua vita è stata durissima nelle carceri per la violenza dello Stato, fuori dal carcere per la violenza di questo sistema di sfruttamento che le ha ucciso il figlio Antonio.
Ma la vita di Franca è stata però soprattutto una vita bella, utile, ricca di tensione rivoluzionaria e grande nella sua dignità e fermezza di fronte al meschino nemico. Noi così la vogliamo soprattutto ricordare e raccontare alle tante donne, giovani che non c'erano neanche negli anni '70.
La sua vita vale molto ma molto di più di tante vite, perchè ha lasciato comunque un messaggio che vale per tutte le compagne, i compagni che vogliono realmente lottare contro questo Stato e questo sistema sociale. Le compagne combattenti comuniste negli anni '70, come Franca, al di là della loro soggettività, hanno rappresentato la punta più avanzata di una volontà di ribellione e di rivoluzione che fu allora di migliaia di donne e che oggi è necessario ed è possibile nuovamente scatenare. Le compagne prigioniere politiche comuniste e rivoluzionarie hanno di fatto incarnato questa radicalità, per questo anche nelle carceri è stato usato nei loro confronti un “trattamento speciale”. Ma questo trattamento né le dure pratiche di coercizione fisica hanno intaccato l'identità rivoluzionaria e non sono riusciti a spezzarne la resistenza di Franca come di altre compagne combattenti. E anche su questo fronte le compagne hanno dimostrato di saper essere più determinate, più coerenti e di non cedere alla repressione, torture, come ai ricatti dello Stato.
Queste compagne hanno posto la questione della violenza rivoluzionaria, della sua legittimità; e che essa non può non toccare le donne, non vederle principali protagoniste contro uno Stato, un sistema che allora come oggi sfrutta ed opprime con una quotidiana e sistematica violenza reazionaria, che verso le donne diventa ancora più odiosa e insopportabile.
Oggi che la questione femminile viene usata da Governo, Stato in maniera così odiosa, Franca Salerno e le compagne combattenti si ergono come delle giganti!

Un saluto a pugno chiuso, Franca. Ti vogliamo ricordare come in questa foto con il pugno che sfida i nani poliziotti.

Le compagne del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario

4.2.2011

pc quotidiano 4 febbraio - Franca Salerno... cuore rosso oggi a Laboratorio Acrobax roma


E’ morta la nostra compagna Franca Salerno.

La mamma di Antonio, lei che lo tenne in pancia durante il suo arresto, che lo partorì in cella e che gli diede i primi tre anni di vita a Badu e Carros, il terribile carcere di Nuoro.
Antonio l’ha lasciata poco dopo la fine della sua vita da detenuta.

Il suo amato figlio è morto sul lavoro, ammazzato dalla strage quotidiana della precarietà…
e il corpo stanco di Franca non ha retto.

E’ morta stanotte, dopo una malattia lacerante.

Franca ha una lunga storia che è la storia di tutt@ noi

Ciao Franca, abbracciaci Antonio, almeno quello!

PER CHI VOLESSE SALUTARLA, DOMANI (4 FEBBRAIO) DALLE 13 ALLE 16 CI SI VEDE AL LABORATORIO ACROBAX, EX-CINODROMO (PONTE MARCONI) - Roma

pc quotidiano 4 febbraio - aggressione fascista a Napoli

Aggressone fascista a Napoli centro
Inserito il 3 febbraio 2011 da compagno
Oggi, un compagno dell’UdS è stato aggredito da alcuni fascisti mentre stracciava manifesti con su scritto “Il duce siamo noi”.

L’aggressione è avvenuta a Piazza Cavour, a compierla una decina di cameratti. Il compagno ora sta bene, ma si è beccato tanti pugni e cazzotti.

Massima solidarietà. All’indifferenza e al silenzio delle istituzioni nei confronti del neofascismo dilagante rispondiamo con l’antifascismo militante e con azioni concrete. No pasaran!

Di seguito il comunicato dell’UdS.



Oggi, 3 febbraio 2011, a Napoli nei pressi di piazza Cavour, è stato aggredito un compagno dell’Unione degli studenti da una decina di fascisti mentre strappava i manifesti con scritto “Il duce siamo noi” che da qualche giorno tappezzano i muri del centro storico. Alla domanda di uno di loro “cosa stai facendo?”, il compagno ha rivendicato la natura antifascista della nostra Costituzione. A quel punto è stato accerchiato e aggredito con schiaffi e pugni in pieno volto. Un’aggressione che testimonia ancora una volta la vigliaccheria di chi si muove nell’ombra ed attacca in 10 contro 1, di chi approfitta della crisi globale per alzare la testa, tutelato da un governo che attraverso le sue politiche non fa che legittimare questi vili attacchi. Rivendichiamo quindi la nostra natura ANTIFASCISTA e invitiamo gli studenti e tutta la cittadinanza a ripudiare l’esistenza di gruppi fascisti e neofascisti nella nostra città.

NAPOLI ANTIFASCISTA!

Unione degli Studenti Napoli

Unione degli Studenti Campania

Link Napoli

Rete della Conoscenza Campania

pc quotidiano 4 febbraio - Milano - Il Cairo LA VERA POSTA IN GIOCO

MILANO-EL CAIRO: LA VERA POSTA IN GIOCO
Nella giornata di ieri, il Giorno, con due paginoni nella cronaca milanese e, nello stesso sulle pagine nazionali, con un intervista a Pier Luigi D’Agata, direttore di
Assafrica (associazione per lo sviluppo delle imprese italiane in
Norafrica-Mediterraneo e Medio Oriente), aderente a Confindustria, ci
spiega bene gli interessi in ballo per le imprese e i politici di casa
nostra, che guardano con apprensione alla situazione egiziana.
A
premessa diciamo quanto risulti strano che a tutt’oggi il vice
sindaco/sceriffo, De Corato, ancora non abbia tuonato contro “l’orda”
islamica che scorazza per le strade attorno a Piazzale Loreto con
cortei non autorizzati e che bloccano il traffico. Cosa mettono in
risalto le pagine milanesi del giornale? Che l’Italia è, a livello
europeo, il primo partner commerciale; che la Lombardia è al primo
posto e che Milano si prende il 48,9%, per un totale di 161 milioni e
220 mila euro di import e 305 milioni di export nei primi mesi del
2010. Che gli immigrati egiziani, immigrazione più che trentennale, a
Milano sono 40.000 (a fronte degli 82.000 residenti in Italia) di cui
ben 6.749, a fronte dei 10.501 nazionali, titolare d’impresa. Che gli
egiziani sono tradizionalmente impiegati in attività commerciali e di
ristorazione. Sembra da quanto descritto dal Giorno che la realtà della
comunità egiziana sia quasi idilliaca. “Dimentica” il cronista di turno
che in questi anni che in questi anni vi sono state varie operazioni di
controllo del territorio che hanno “scoperto” una buona fetta degli
immigrati egiziani costretti alla schiavitù del lavoro nero, da imprese
italiane ed egiziane, per le cosiddette grandi opere dal polo
fieristico di Rho alla “grande opportunità” di Expo 2015, e particolare
non indifferente, molti in questi cantieri vi hanno lasciato la vita. E
ricordando anche che quando gli egiziani hanno reclamato dei diritti,
come una moschea, una casa o vivere senza il coprifuoco (come in via
Padova) per De Corato e i media gli immigrati erano, e sono, tutti
criminali terroristi. Ma il cinismo non ha mai fine e nei paginoni ecco
spuntare il titolo : “undici milioni persi in quattro giorni. Gli
affari vanno a rotoli, Milano trema.” Si parla chiaramente degli
operatori turistici, che si sa hanno a “cuore” il benessere fisico e
mentale dei milanesi che a causa della rivolta popolare non potranno
“rilassarsi” nelle magiche acque del Mar Rosso.
Ma è l’intervista di A.
Farruggia al “signor” D’Agata che chiarisce bene le questioni. Il
giornalista definisce addirittura coraggiosa la posizione del direttore
di Assafrica. Vediamola questa coraggiosa posizione. L’esordio è già
tutto un programma: “E’ una crisi di crescita, perché l’Egitto ha avuto
una modernizzazione veloce, con un tasso di disoccupazione giovanile
molto alto che spinge masse scolarizzate a reclamare opportunità e
diritti. C’è, e nel breve ci sarà ancora, un problema di disordini,
perché il vecchio regime non si rassegna facilmente a perdere il
potere, ma nel medio periodo quello in atto dovrebbe essere un processo
positivo.”. Ecco che il capitale getta la maschera : dice che c’è una
crisi di crescita occultando il fatto che la crescita è stata quella
dei guadagni delle imprese, e questo è stato pagato con la
disoccupazione giovanile; e bontà sua, questi giovani non sono i
barbari descritti dai trogloditi leghisti, ma sono masse istruite, e
chiedono il diritto ad un futuro. Allo stesso tempo il D’Agata nasconde
il fatto che quella che lui chiama modernizzazione, è avvenuta sotto il
regime di Mubarak e oggi sotto la spinta della rivolta popolare è, per
loro, un personaggio scomodo. Ma tutto l’ottimismo e la fiducia di cui
è pieno questo signore lo chiarisce alla domanda specifica: domanda
“Come si può essere fiduciosi nel futuro dell’Egitto con un Paese che
rischia la guerra civile?”; risposta “Perché quello che sta vivendo è
un processo di crescita, difficile e doloroso, ma che è buono per gli
egiziani. E che, modernizzando il Paese, determinerà maggiori
opportunità economiche per tutti, compresa la nostra media e piccola
impresa”. Più che fiducia sembra una speranza, ovvero che via sia una
transizione che non intacchi i loro interessi più che un augurio alle
aspirazioni del popolo egiziano. E quali siano i pericoli reali per le
imprese, italiane in testa, lo chiarisce nella risposta alla successiva
domanda. “Non temete che possa esserlo in futuro (Paese da abbandonare,
ndr)? Che possano arrivare nazionalizzazioni, espropri….”. la risposta
è questa: “In teoria è possibile, ma non credo. Quella è un’area
geografica che soffre dello iato tra modernizzazione dell’economia e
della società e sistemi politici e in parte amministrativi ancora da
Paese in via di sviluppo. Era fatale che l’esplosione ci fosse. L’
importante è che ora la riforma non finisca nelle mani delle
organizzazioni radicali islamiche. In questo senso molto potrebbero
fare gli USA e l’Europa assecondando le forze laiche e non
ideologizzate che sono il motore della protesta e vogliono solo un
Egitto più moderno e sviluppato”. Con un misto di razzismo, velate
minacce ed esortazioni ai governi imperialisti a scendere in campo,
viene svelato l’arcano: la paura di perdere lo strapotere e l’arroganza
della rapina delle risorse primarie e della manodopera schiava e a
basso costo.
Il pericolo vero per l'imperialismo, le borghesie imperialiste e quella italiana in particolare è che nel mezzo di questa rivolta nasca , un partito comunista rivoluzionario guidi la rivolta verso la rivoluzionenazionale e sociale.

circolo proletari comunisti Milano
3 febbraio 2011

pc quotidiano 4 febbraio - un saluto comunista a Franca Salerno




Franca Salerno, militante dei Nap durante gli anni 70, sedici anni di carcere duro sulle spalle, un figlio nato in prigione poco dopo l’arresto, si è spenta ieri a Roma dopo aver resistito a lungo contro la malattia. Quel bambino, Antonio, che aveva tenuto con sé in cella nei primi anni di vita l’aveva perso cinque anni fa, ormai uomo e impegnato politicamente in uno dei centri sociali della Capitale, l’Acrobax, portato via da un incidente sul lavoro. Le foto d’archivio in bianco e nero di Maria Pia Vianale e Franca Salerno col bimbo nel grembo, riprese mentre sorridono dietro la gabbia di un’aula giudiziaria, provocano oggi quasi un senso di vertigine. Una distanza siderale le separa dalle figure femminili che la cronaca politica diffonde in questi giorni. Valerio Lucarelli, autore di un recente volume sulla storia fin troppo dimenticata dei Nap, Vorrei che il futuro fosse oggi. Nuclei armati proletari, ribellione, rivolta e lotta armata (Ancora), sottolinea quanto l’esperienza femminile fosse stata pregnante nella storia di quel gruppo, originale e innovativo nel panorama delle formazioni politiche che impugnarono le armi. D’altronde un ruolo decisivo e di vertice le donne l’ebbero anche in altri gruppi armati della sinistra, dove la presenza femminile è risultata sempre la più alta rispetto ai gruppi legali. Vianale e Salerno furono le prime donne ad evadere. Era il 22 gennaio 1977 quando aiutate da altri tre militanti giunti dall’esterno scalarono le mura del carcere di Pozzuoli. Impresa pagata a caro prezzo. Dopo quella fuga i loro volti furono diffusi ovunque e la loro cattura divenne un’ossessione per le forze di polizia. Al momento dell’arresto, Franca Salerno ebbe modo di raccontare che «se non ci fosse stata la gente a guardare dalle finestre sarebbe stata un’esecuzione. Ero incinta e mi picchiarono. Erano fuori di sé perché eravamo donne. Averci prese, per loro, era una vittoria anche dal punto di vista maschile».
Nicola Pellecchia, un passato importante nei Nap, racconta: «Quando dal carcere la portarono al Fatebenefratelli di Napoli per partorire, nonostante l’imponente dispiegamento militare mezzo ospedale tifava per lei. Fui uno dei primi a conoscerla. Di lei ricordo la vivacità, la spontaneità, la sua capacità di essere politica senza venire dalla politica. Aveva un intuito formidabile, era una combattente vera». Già, ma cosa erano i Nap? «Senza i Nap – risponde Pellecchia – non ci sarebbe stata la riforma carceraria.
Il primo regolamento di quella riforma fu scritto dalla commissione carceri dei detenuti di Poggio Reale di cui facevamo parte. Molti istituti innovativi, come la socialità, vennero pensati dalla commissione di Poggio Reale. Prima in carcere si parlava di “ricreazione”, come all’asilo. Venne istituzionalizzata la rappresentanza dei detenuti, poi recepita nel regolamento carcerario». Sante Notarnicola, altro protagonista delle lotte carcerarie, ricorda l’arrivo di Franca Salerno a Badu ’e Carros, il carcere speciale di Nuoro, qualcosa di molto vicino ad un lager. «Franca arrivò col suo bambino di pochi giorni. Occupava una sezione isolata, la vedevamo e la sentivamo. Ci fu subito la corsa a prendere le celle che davano sul suo lato. La sera si spegnevano tutte le televisioni e sul carcere calava un silenzio surreale. Cominciava così il dialogo. Anche se uno dei pochi compagni, e quindi avevo con lei un rapporto privilegiato, Franca era ben attenta a non trascurare nessuno. Il piccino fu subito adottato da tutta la comunità carceraria e così i pacchi di cibo che arrivavano dalle famiglie venivano mandati a lei. Una mattina, fatto insolito, mi urlò dalla cella. Improvvisamente il carcere si ammutolì. Il bambino stava male e le guardie non facevano niente. Franca mi chiese di chiamare il capo delle guardie. Quel silenzio totale risuonò per loro come una minaccia. Il maresciallo arrivò di corsa chiedendoci di restare tranquilli che il medico sarebbe arrivato entro 5 minuti. Una macchina era stata spedita a prenderlo. “Avete rischiato molti – gli dissi -, siete feroci ma non potete immaginare quanto potremmo diventarlo noi per una cosa del genere». Sante si ferma, è commosso, «Quanta forza venne dai Nap, organizzazione fatta di studenti e detenuti. Di fronte allo sfacelo che c’è oggi nelle carceri, a Franca vorrei dire “avevate ragione voi”».

una intervista a Franca

“Sono stata arrestata ed ero incinta, ma mi hanno picchiata“
Franca Salerno, Arrestata il 9 luglio 1975, condannata a quattro anni e mezzo per appartenenza ai Nap, Nuclei armati proletari, evasa insieme a Maria Pia Vianale dal carcere di Pozzuoli e riarrestata il primo luglio 1977 in piazza San Pietro in Vincoli a Roma…“In un conflitto a fuoco dove Antonio Lo Muscio è morto ammazzato”.

Ricordo le foto sui giornali, la tua all’ospedale… “Sì, loro ti cercano, ti pedinano e quando ti catturano ti massacrano di botte. Per quei tempi era normale. Gridavano: “Ammazziamole, facciamole fuori”. Se non ci fosse stata la gente a guardare dalle finestre sarebbe stata un’esecuzione. A Pia hanno sparato perché si era mossa. Ricordo i loro occhi, dentro c’era rabbia e eccitazione; erano fuori di sè perché eravamo donne. Averci prese, per loro, era una vittoria anche dal punto di vista maschile“.

Al processo, a quanti anni ti hanno condannata? “A 18, per banda armata”.
Sapevi di essere incinta al momento dell’arresto? “Sì, avevo questo bambino in pancia e volevo salvaguardare la sua vita. Antonio era morto, Pia era stata portata via con l’autoambulanza ferita, io ero sul selciato e gridavo: “Sono incinta”, ma da ogni autocivetta uscivano uomini e picchiavano. Sino a quando è arrivato anche per me il momento di andare in ospedale”.

Cosa vuol dire fare un figlio in carcere? “Guarda che io il figlio l’ho fatto fuori, in carcere l’ho partorito.

Ma non mi sono sentita mamma da subito, all’inizio mi vergognavo. Quasi che il mio essere gravida fosse un tradimento alla rivoluzione”.

Ed è rimasto con te in carcere? “Sino ai tre anni andava e veniva, perché in carcere i bambini non stanno bene. E poi ho fatto molto carcere da sola, come a Nuoro, dove in sezione c’eravamo solo io e lui. Forse dalle lettere avevano capito che vivevo la maternità in modo confittuale e mi hanno messo alla prova”.

Come si chiama? “Antonio”.

Poi cosa è successo? “Compiuti i tre anni, i bambini in carcere non ci possono più stare. È stato un grosso dolore, ma esistevano i compagni e le compagne. E lui esisteva, esisteva come cosa viva, non solo come perdita. Poi ci sono stati le carceri speciali, i vetri divisori nella sala colloquio che per anni ci hanno impedito di toccarci, e tutte le altre difficoltà che “loro” mettevano in mezzo. Ma a me non fregava niente. Mio figlio esiste, mi dicevo, e anche se va via troverò un modo per costruirci qualcosa assieme, per crescerci assieme”.

Chi lo ha tenuto? “Mia madre, mia sorella, l’altra nonna”.

Lui ti ha mai chiesto perché stavi in carcere? “Si, aveva cinque anni e voleva dare risposte alla sua vita di bambino nato dietro le sbarre. Potevo spiegargli la rivoluzione? E poi non mi piace la retorica gloriosa. Così gli ho detto: la mamma ha rubato. Poi, piano piano, ho cercato di spiegare. Ma il racconto vero dei percorsi che mi avevano portato in carcere c’è stato quando sono uscita e lui aveva 16 anni”.



E dopo sedici anni di galera come si riprende a vivere fuori? “Per un anno avevo i piedi fuori e la testa da detenuta. Cercavo emozioni passate, fili, ed ero comunque e sempre sulla difensiva. Poi, un po’ alla volta, ho iniziato a misurarmi con la realtà. Col lavoro necessario, con mio figlio. Era una presenza intensa, ma io da sedici anni non ero abituata alle presenze, ad avere persone attorno, all’interesse di qualcuno su di me. Ero disabituata alla materialità degli affetti, ai corpi da toccare. Ho dovuto imparare a non vivere di continue elaborazioni del cervello, a mettere in comunicazione corpo e mente”.

E il carcere, lo hai dimenticato? “Lo sogno continuamente. E per me sognare non è una seconda vita. Per me il carcere è presente, come sono presenti i compagni e le compagne che sono ancora dentro, a scontare una pena che non ha fine. In nessun modo disposti però a barattare dignità e rispetto di se stessi in cambio di libertà. Abbiamo rincorso l’utopia di un mondo migliore e mai l’interesse personale. Non lo faremo adesso”.

È stato facile trovare lavoro? “È stato necessario. Ma tutt’altro che facile. Mi sono state fatte offerte di lavoro da qualche parlamentare in cambio di un mio intervento sul dibattito della dissociazione. Ho rifiutato e mi sono affidata alla gente del quartiere e ho trovato lavoro in un’impresa di pulizie”.

Dell’esperienza del carcere cosa rimane addosso? “Dei vizi. Dentro la borsetta metto di tutto: spazzolino, penna, fogli bianchi, insomma quello che può servire per i cambiamenti improvvisi. Le cose che una detenuta inserisce nello zaino quando c’è aria di trasferimento e sa che, quando avverrà, non le sarà concesso nemmeno il tempo di prepararsi la borsa. E quando mangio lascio sempre qualcosa nel piatto, per dopo, perché non si sa mai”.

Lascia l’amaro in bocca quest’intervista, più di quanto le parole di Franca non lo lascino già.

Perchè quel bimbo di cui si parla, Antonio, non smette di mancare ad ognuno di noi.
Perchè la storia di quella vita nata tra le sbarre di un carcere di massima sicurezza non doveva finire spezzata sul lavoro, come troppe persone ogni giorno.
Solo oggi tra la lista dei morti spunta un ragazzo di 20 anni, morto accanto al fratello, rimasto gravemente ferito….non se ne può più. QUESTA PAGINA E’ QUINDI CONTRO IL CARCERE, CONTRO LA PRESENZA DI BAMBINI DA 0 A 3 ANNI, MA


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ANCHE PER LA SICUREZZA SUL LAVORO, PER FERMARE LA QUOTIDIANA SEQUELA DI ASSASSINII

Il giorno in cui è morto quel 17 Gennaio del 2006, Antonio Salerno Piccinino stava lavorando e faceva una consegna straordinaria, un favore personale ad uno dei suoi dirigenti, un viaggio fino ad Ostia improvvisato probabilmente per la voglia di dimostrare affidabilità.

Antonio è morto perchè andava troppo veloce a causa dei ritmi inarrestabili e delle pressioni emotive costanti che ci vogliono disponibili, sorridenti e veloci, sempre.
Antonio era un pony express, il contratto di lavoro era scaduto a fine dicembre e formalmente, quando è morto sulla Cristoforo Colombo non gli era ancora stato rinnovato.
Antonio era in nero. Il suo lavoro era quello di corriere addetto ai ritiri presso gli ambulatori veterinari, percorreva sulle strade di Roma 130Km al giorno. 14 ritiri al giorno, 3 euro per ogni ritiro in città, 5 euro per ogni ritiro oltre il Grande Raccordo Anulare e 6 euro per ogni ritiro nella zona mare comprendente Ostia, Torvajanica e Fiumicino.
E’ Indispensabile andare veloce perché l’equazione è semplice: aumentare il numero di ritiri per aumentare la propria busta paga.
E’ così che è morto Antonio. Ma Antonio non era affatto il suo lavoro, anzi. Era un ragazzo pieno di vita e di sogni. Antonio era un ragazzo di ventinove anni consapevole dei meccanismi di sfruttamento che era costretto a subire, era un precario che lottava quotidianemente contro la precarietà del lavoro e della vita.

giovedì 3 febbraio 2011

pc quotidiano 3 febbraio - Roma - presidio il 7 febbraio contro le morti sul lavoro

PRESIDIO 7 FEBBRAIO 2011 DALLE 19 ALLE 21 A ROMA PIAZZA DEL COLOSSEO
CONTRO MORTI SUL LAVORO



Presidio sit in 7 FEBBRAIO 2011
SLARGO PIAZZA DEL COLOSSEO ORE 19 – 21
(vicino metro B – fermata Colosseo)

PARTECIPIAMO TUTTI-E PER CONTRASTARE
LE MORTI SUL LAVORO, PER OTTENERE
VERITA’ E GIUSTIZIA SULLA MORTE DI MOHAMMED BANNOUR (operaio tunisino morto
il 22 Dicembre nel cantiere vicino Scienze Politiche Università
La Sapienza di Roma)
INIZIAMO UNA CAMPAGNA PERMANENTE
CONTRO I MORTI SUL LAVORO E…DA LAVORO,
GLI INFORTUNI SUI LUOGHI DI LAVORO, LE MALATTIE PROFESSIONALI E INVALIDANTI,
I DISASTRI AMBIENTALI E LE LAVORAZIONI NOCIVE E PERICOLOSE, SIA PER CHI
LAVORA SIA PER LA SALUTE DELLA CITTADINANZA.

BASTA STRAGI!
MAI PIU’ MORTI SUL LAVORO IN NOME DEL PROFITTO A OGNI COSTO

MOBILITIAMOCI TUTTI AI SIT IN DI PROTESTA AUTORGANIZZATI CHE SI SVOLGERANNO
NEI GIORNI 7, 14 E 21 FEBBRAIO 2011 DAVANTI ALLA STAZIONE METRO “B” COLOSSEO
DALLE ORE 19.00 ALLE ORE 21.00 (già comunicati preventivamente alla
Questura)

PERCHE’ SI MUORE ANCORA DI INDIFFERENZA, DI NOCIVITA’ E DI PRECARIETA’.

IMPARIAMO A DIRE “NO” AL RICATTO DEI PADRONI CHE CI FANNO LAVORARE IN
CONDIZIONI DI GRAVE INSICUREZZA, FORTI DELLA DILAGANTE DISOCCUPAZIONE.

LEGGI RAZZISTE E XENOFOBE, INOLTRE, RENDONO ANCOR PIU’ RICATTABILI IMMIGRATI
E IMMIGRATE, COME DIMOSTRA L’ALTA PERCENTUALE DI QUESTI ULTIMI TRA LE
VITTIME DELLO SFRUTTAMENTO.

PER NON LAVORARE DA MORIRE LAVORATORI ITALIANI E STRANIERI LOTTANO INSIEME
PER DIFENDERE I DIRITTI DI TUTTI: LA SICUREZZA SUL LAVORO E LA PREVENZIONE
NON SI CONTRATTANO!

PROMUOVONO L’INIZIATIVA PUBBLICA:
RETE NAZIONALE SICUREZZA SUL LAVORO bastamortesullavoro@gmail.com
COMITATO 5 APRILE DI ROMA
COMITATO IMMIGRATI ITALIA – sezione di Roma
CONTATTI e ADESIONI iniziativa email: circolotlc@hotmail.com

pc quotidiano 3 febbraio - Napoli ist.Orientale .. il rettore difende l'intervento della polizia nell'università e attacca sguaiatamente gli studenti

"Fascista chi occupa"Ancora tensioni e polemiche dopo l'occupazione bis dell'ex mensa"Non incontro gli studenti, perchè non mi presto ai loro insulti e perchè ho tutte le ragioni dalla mia parte. I veri fascisti sono loro".

Replica così il rettore dell'università Orientale di Napoli, Lida Viganoni, alle richieste dei collettivi che hanno rioccupato l'ex mensa dell'ateneo nel plesso di largo San Gennaro, dopo lo sgombero effettuato dalla Digos.

Nel corso di un'assemblea pubblica, i ragazzi avevano ribadito la loro esigenza di spazi per l'aggregazione e per lo studio, invitando la rettrice a dialogare con loro. "La richiesta non può essere presa in considerazione", spiega Viganoni, "prima di tutto perchè parte da un gruppo di studenti che non rappresenta i 1.200 iscritti dell'ateneo, che hanno già i loro rappresentanti nel Senato accademico e nel Consiglio di amministrazione".

Proprio questi due organi, aggiunge la rettrice, "hanno approvato un progetto per recuperare questi locali. Ora abbiamo anche i finanziamenti della Regione e bisogna andare avanti nell'interesse della collettività". E aggiunge: "Il dialogo si chiede prima, non dopo l'appropriazione indebita di spazi dell'università anche con componenti esterne all'ateneo". Quanto all'accusa di fascismo ricevuta dai collettivi, "chi si appropria di spazi non propri con atti di forza dovrebbe guardarsi allo specchio prima di accusarmi di essere fascista". Viganoni auspica che gli studenti facciano un passo indietro e liberino la ex mensa: "Perchè non ho nessuna voglia di richiamare la polizia e l'apertura di centri sociali non rientra nelle mie funzioni".

Ed ancora chiarisce: "Le forze dell'ordine non sono mai entrate nelle aule di palazzo Giusso dove si stavano svolgendo le lezioni, ma solo in quegli spazi che andavano sgomberati".

pc quotidiano 3 febbraio - Milano - corteo di solidarietà con la rivolta in Egitto



ALCUNE NECESSARIE RIFLESSIONI SULLA “NON MOBILITAZIONE” DEGLI IMMIGRATI EGIZIANI IN QUEL DI MILANO
Viste le notizie che arrivavano dal Cairo, ovvero la teppaglia sbirresca, camuffata da sostenitori, scagliata dal despota Mubarak contro il popolo in rivolta, vista questa situazione era “prevedibile” che le centinaia di immigrati milanesi si
ritrovassero in via Porpora per protestare contro il Consolato egiziano. Era prevedibile ma non è stato così.
In un angolo di Piazzale Loreto una ventina di immigrati con alcune bandiere dell’Egitto e cartelli con su scritto “Mubarak assassino, Mubarak via via” e altri in arabo che, dopo la loro traduzione, dicevano “il popolo vuole che questo regime se ne vada” e via di questo passo. Ma le stranezze e il clima quasi surreale non finiscono qui. Appena arrivati si avvicina un ragazzo egiziano e vuole vedere che bandiera è, ma dice anche “è della Cub?”. Dopo aver mostrato che la bandiera era la stessa dei giorni precedenti e che per loro non c’erano problemi, abbiamo voluto approfondire, anche se davamo per scontate le risposte.
I fatti erano semplici: da un lato non c’era l’autorizzazione, “garantita” dalla Cub, mentre nei giorni precedenti la stessa aveva detto che avrebbe appoggiato una sorta di presidio permanente, ed ha fatto richiesta per un presidio per venerdì. Mubarak scatena le sue truppe assassine e loro scappano; la seconda è stata la conferma che c’erano state pressioni presso le varie anime della comunità egiziana, e, anche se non hanno fatto manifesti di “rivendicazione”, è facile prevedere da parte di chi. Erano lì i tanti digossini che appena arrivava qualche faccia indigena entravano in fibrillazione.
A conferma di questa ipotesi, mentre gli immigrati lanciavano gli slogan “Mubarak assassino” “per l’Egitto libertà” ecc. si materializzava, guarda caso arrivando da via Porpora dove ha sede il consolato, un tizio che iniziava a dire “che non c’era necessità di protestare, che Mubarak nella notte aveva detto che ci sarebbe stata la transizione”, suscitando la rabbiosa reazione di alcuni immigrati, che lo volevano letteralmente linciare. A fatica i più determinati sono stati convinti a non cadere nella provocazione, talmente palese che un digotto si avvicinava nella zona calda
chiedendo, facendo finta di cadere dalle nuvole, “cosa è successo” ricevendo la nostra risposta “tenete lontani i provocatori che conoscete bene”. Sciolti gli attimi di tensione ci siamo messi a lanciare i loro slogan sino al punto che ci invitavano a farlo noi.
Slogan semplici, prima in arabo (difficile farlo) poi in italiano che riflettevano i sentimenti e le aspirazioni del popolo egiziano: “per l’Egitto siamo qua, noi vogliamo libertà” “siamo quà tutti i giorni siamo qua” “Mubarak assassino”, ma anche slogan che mostravano la religiosità del popolo che altra cosa delle religioni come “siamo qua musulmani e cristiani, tutti e due egiziani”. Ma non solo gli slogan fatti insieme, ma richieste del tipo, “avete un asta in più per mettere la mia bandiera” “dove posso comprare la bandiera egiziana”, ma anche dargli una mano a scrivere cartelli e prestargli il nastro per sostenere una bandiera. Un clima fraterno che si è concretizzato con ringraziamenti, abbracci e baci, anche sulla testa come usano fare. Questo clima è stato un ulteriore segnale di fibrillazione per la Digos. Niente di nuovo, solo il loro “lavoro” di “individuare” temi utili a costruire i loro teoremi.
Circolo proletari comunisti Milano
03-02-011

Venerdì pomeriggio alle 14.30, da piazzale Loreto a piazza Duomo, nuova manifestazione del Comitato Emigrati Egiziani in Italia insieme alla Confederazione Unitaria di Base.

Una mobilitazione a sostegno della protesta che sta portando alla conclusione della reggenza del presidente-faraone Mubarak, dopo i massacri dei scorsi giorni ai danni della popolazione civile.

Un altro appuntamento di una lotta per il lavoro, la libertà e la dignità, compiuta dal Comitato Immigrati Egiziani in Italia insieme alla CUB, che persiste nella condanna delle violenze del governo egiziano e della complicità dei governi occidentali, con un appello a tutti i lavoratori, immigrati e italiani, a sostenere le mobilitazioni in Egitto e le manifestazioni in Italia.

Con concentramento in piazzale Loreto, il corteo proseguirà in corso Buenos Aires, porta Venezia, corso Venezia, via Palestro, piazza San Babila, corso Europa, piazza Fontana, via Arcivescovado fino in piazza Duomo, con conclusivo comizio finale.

Milano, 3 febbraio 2011.

pc quotidiano 3 febbraio - solidarietà studentesca contro gli sgomberi.. da Parma

Non siamo disposti a veder murati i nostri sogni e i nostri bisogni: ricominciamo da ZERO -

Oggi, 1 febbraio, presso l'università di Parma, gli Student* Autonomi in Movimento hanno fatto un presidio per esprimere la propria solidarietà con gli studenti di Napoli che ieri sono stati sgomberati dallo spazio occupato ZERO81, subendo l'intervento repressivo della celere. Nel corso del presidio gli studenti si sono diretti al rettorato per chiedere al rettore di prendere posizione in merito a tali avvenimenti.

Il rettore ha ricevuto gli student* e, informato dei fatti, ha dichiarato di non condividere il comportamento della rettrice Viganoni dell'Orientale di Napoli che ha permesso alle forze dell'ordine ( o per meglio dire del disordine) di entrare nell'università e di utilizzare i loro ben noti metodi fascisti per contrastare la libertà degli studenti, danneggiando oltretutto gli arredi dell'Orientale di Napoli, che come ben sappiamo è una delle università più antiche d' Italia. Ha inoltre aggiunto che non è accettabile che le forze dell'ordine reprimano con violenza la libertà degli studenti e delle studentesse di gestire spazi di autodeterminazione e di lotta interni all'università di cui loro stessi sono il corpo vivo, la linfa vitale. Il lancio di lacrimogeni, le cariche, gli sgomberi si iscrivono in un contesto politico in cui il potere rimane sordo davanti al grido di un intera generazione privata del futuro e della dignità esistenziale. I compagni in lotta a Napoli rappresentano, con la loro determinazione e il loro coraggio, la volontà di non fermarsi di fronte alla violenza strumentalizzata. Oggi stesso, infatti, hanno rioccupato lo spazio da cui, solo 24 ore prima, erano stati allontanati. Oggi siamo tutti degli ZERO!

Il Magnifico Rettore, interrogato sulla possibilità di ottenere una spazio all'interno dell'ateneo parmigiano, si è mostrato disponibile all'apertura di una trattativa con gli studenti che da mesi sono in mobilitazione contro la ormai legge Gelmini e contro la politica di privatizzazione imperante nel nostro bel paese. Ha sottolineato come i termini di tale accordo prevedano una gestione dello spazio che non vada ad interferire con il regolare svolgimento delle lezioni e che non comporti un danneggiamento delle strutture universitarie. Di fronte a questa prima apertura gli studenti autonomi cercheranno in ogni modo di accelerare i tempi di tale concessione, vivendo quotidianamente la necessità di un luogo nel quale organizzare le lotte, indire seminari di autoformazione svincolati della didattica tradizionale che si propina nelle aule dell'università, aprire tavoli di dibattito, trovare forme alternative di reddito e rivendicare la necessità di un welfare che includa tutte le esigenze soggettive e collettive.

Studenti Autonomi in Movimento

pc quotidiano 3 febbraio - fuori le sedi dei fasci...bologna

Sabato 5 febbraio casapound ci riprova. I fascisti hanno indetto l'inaugurazione di una nuova sede in via Guerrazzi, in pieno centro universitario di Bologna. L'antifascismo è una pratica che non puo' essere lasciata da parte.

Presidio nel portico dei servi di Maria, angolo Strada Maggiore, alle 19.30.

Fuori i fasci, da Bologna e da ogni angolo della terra.

pc quotidiano 3 febbraio - l'idiota querela...

Varese, 2 febbraio 2011- Si terrà giovedì 10 marzo l’udienza preliminare che vedrà come protagonisti Renzo Bossi (sì proprio lui il figlio del ministro Umberto Bossi nonchè consigliere regionale) e il blogger italiano, nato però in Argentina ma naturalizzato francese (ha la doppia cittadinanza…) Michel Abbatangelo.
Bossi Junior infatti l’anno scorso ha presentato querela nei confronti di Abbatangelo, reo di avere pubblicato sul suo blog intitolato 100cosecosì.blogspot.com , una serie di racconti satirici a puntate dal titolo “Diario segreto di Rrenzo Bossi junior”, che vedono protagonista appunto Renzo Bossi (nei racconti chiamato pure “trota”…), storielle permeate da quella sottile comicità e ironia tipica di chi utilizza la satira in maniera bonaria e senza cattiveria.
“La mia è una parodia caricaturale della nostra realtà politica giocata attraverso una narrazione iperbolica cui non è affatto estranea la realtà della cronaca, anzi essa la ispira conta molto sulla maturità del lettore assiduo di blog. “Una delle funzioni principali della satira è quella di affrontare i problemi scomodi”, dice Michael Moore e continua “la satira presume che il pubblico abbia un cervello”. Questo l’esempio riportato dallo stesso Abbatangelo nel suo blog, meravigliato da tanto scalpore tanto da scomodare persino la Digos, mittente appunto della querela per conto appunto di Renzo Bossi.
Ma come si è arrivati a tanto? Il tutto probabilmente è partito dal fatto che il noto giornalista Alessandro Giglioli del settimanale Espresso, abbia evidenziato nel suo personale blog “Piovono rane” (il più visitato in Italia…), tale singolare raccolta di novelle satiriche contenute appunto nel blog di Abbatangelo. Dopo una simile promozione è parso quasi ovvio che, magari qualcuno dello staff leghista, se ne accorgesse indicandone il “colpevole”; da lì la querela.
“La narrazione letteraria delle “avventure-disavventure” di Renzo Bossi mi fu ispirata a suo tempo (un anno fa) dalla tragica cronaca quotidiana, cronaca in cui populismo, demagogia, razzismo e xenofobia s’impastano al peggiore revisionismo storico facendo emergere a tratti un vero e proprio nazi-fascismo, passando per la minaccia secessionista alle soglie delle celebrazioni per l’Unità d’Italia.” Aggiunge ancora Abbatangelo che sarà presente a Varese il giorno dell’udienza preliminare, in compagnia del suo avvocato che ha accettato volentieri di difenderlo, anche solo per difendere quel concetto di libertà che esprime la satira politica (ci ha confidato), quella che prende di mira trasversalmente personaggi politici sia di destra che di sinistra.
Ma esisterà poi un limite oltre al quale anche la satira non può oltrepassare? E il concetto di libertà di espressione (basta che non sia offensiva…), dove la mettiamo?
In tal senso tra l’altro pare non vi siano delle norme giuridiche ben precise, anche per questo sarà interessante vedere come andrà a finire l’udienza preliminare, per poi magari assistere a un processo che potrebbe riservare delle sorprese e aprire nuovo orizzonti a tutti quelli che amano ancora cimentarsi con l’arte della satira, oramai bersagliata come non mai.
Infine ci chiediamo il perché di tanto accanimento nei confronti di un “povero” blogger come Abbatangelo, quando Renzo Bossi in un passato anche recente è stato più volte preso di mira (affibbiandogli anche il nomignolo di Trota) da diversi giornali di rilevanza nazionale, senza per questo incappare in nessun tipo di denuncia. Mistero.
Gianni Beraldo
redazione@varese7press.it
http://www.varese7press.it/?p=24985
http://100cosecosi.blogspot.com/2011/02/renzo-bossi-querela-un-blogger-f

pc quotidiano 3 febbraio - milano ..no all'EXPO.. manifestazione 7 febbraio

Fermiamo il PGT, riprendiamoci la citta’

lunedì 7 febbraio ore 17.30 piazza Scala - Milano

Entro il 14 febbraio il Sindaco Moratti vuole approvare Il PGT, strumento urbanistico che pensa e disegna la Milano dei prossimi venti anni, con pesanti impatti sui destini di un’ampia porzione di territorio lombardo. Il PGT toglie vincoli, prevede enormi interventi edilizi a vantaggio d’immobiliari e speculatori, Ligresti in primis. Migliaia di nuovi uffici e appartamenti, grattacieli in una città già devastata dal cemento e piena di alloggi sfitti.

Edilizia privata e non case popolari. Servizi pubblici privatizzati a vantaggio degli amici della Compagnia delle Opere, il concetto di bene comune, di pubblico, d’interesse collettivo che sparisce. E’ il trionfo del privato in ogni ambito, della sussidiarietà, della città vetrina dei non luoghi, della gentrificazione. Il PGT è il disegno di una città sempre più precaria dal lavoro, ai servizi, ai tempi di vita, alla qualità ambientale e al diritto alla salute. Anche ASL e ARPA l’hanno ricordato, ma chissenefrega per chi ha superattici, elicotteri e ville in ogni dove. E chissenefrega della democrazia, della partecipazione, delle osservazioni di cittadini, comitati, associazioni. Business is business.

Una città pensata contro i bisogni, i diritti, le priorità di chi la vive, ma solo funzionale al massimo del profitto e della speculazione. Una città che sacrificherà scali ferroviari e caserme per gli appetiti immobiliari. Una Milano che rinuncia alla mobilità sostenibile in nome delle grandi infrastrutture (eh ma c’è Expo, ci dicono…). Una Milano che consuma il territorio agricolo circostante, svende il patrimonio pubblico, sgombera chi non può permettersi affitti o mutui rapina, riduce i bisogni a problemi di ordine pubblico, scambia la socialità per sicurezza. Un PGT che regala la città a chi negli anni l'ha devastata, a chi ci genera le bolle immobiliari.

Contro questo modello di citta’, per una Milano spazio pubblico, solidale, sana, del welfare metropolitano, mobilitiamoci lunedì 7 febbraio – h 17.30 – piazza scala

Assediamo il palazzo

no al piano di governo del territorio no alla citta’ vetrina, precaria, malsana a misura di Expo 2015, profitti e speculazioni

info@noexpo.it

pc quotidiano 3 febbraio - l'antifascismo non è reato..indegna condanna degli antifascisti a Pistoia

proletari comunisti esprime la massima solidarietà ai compagni condannati e
riafferma il suo impegno solidale per proseguire la lotta

proletari comunisti
3 febbraio 2011




Lunedì 31 gennaio si è tenuta presso il Tribunale di Pistoia l'ultima
udienza del processo di primo grado ai sei antifascisti toscani (tra cui i
nostri compagni Alessandro Della Malva, membro della Direzione Nazionale del
P-CARC, e Juri Bartolozzi) accusati dell'irruzione nel covo fascista di Casa
Pound Pistoia avvenuta l'11 ottobre del 2009. La sentenza emessa dal giudice
Luciano Costantini (affiancato da Antonella Frizzillio e Laura Bonelli)
è stata la seguente: un'assoluzione (per il livornese Alessandro
Orfano) e condanne a due anni di carcere (sospesi con la condizionale) per
gli altri cinque antifascisti per il reato di "danneggiamento aggravato"
(l'accusa di devastazione e saccheggio è stata derubricata: non poteva
essere altrimenti stanti le sentenze della Cassazione e del Tribunale del
Riesame), più il pagamento di circa 9 mila euro (da dividere tra gli
imputati) per il risarcimento chiesto dal fascista Dessì e da Casa Pound e
le spese legali.

pc quotidiano 3 febbraio - SICUREZZA SUL LAVORO, VERSO LO SMANTELLAMENTO DEL POOL DELLA PROCURA DI TORINO

Da Il Fatto Quotidiano
30 gennaio 2011

di Andrea Giambartolomei

Una norma del regolamento del CSM impone che i magistrati non possano avere lo stesso ruolo per più di dieci anni. E' per questo limite che sei dei nove procuratori del gruppo specializzato in incidenti sul lavoro diretto da Raffaele Guariniello dovranno cambiare collocazione entro la fine del 2011

Una squadra di magistrati esperti che verrà divisa. Un team da rimettere in piedi, con nuovi procuratori da istruire mentre le indagini rallentano. È quello che accadrà a fine anno nella procura di Torino a danno del gruppo specializzato in "Sicurezza del lavoro e tutela del consumatore" diretto da Raffaele Guariniello, il magistrato esperto in incidenti sul lavoro e morti bianche, l' accusatore di multinazionali come l' Eternit e la ThyssenKrupp.

È sabato mattina e lui è al lavoro nel suo studio al quinto piano della procura, come fa sempre, anche nei week-end. Intanto, nell'aula magna del Tribunale, durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario, il procuratore generale del capoluogo piemontese Marcello Maddalena lancia un allarme che lo riguarda: "In forza al divieto di permanenza ultradecennale nello stesso incarico saranno costretti a cambiare mestiere per raggiunta decennalità pressoché tutti i suoi uomini, cioè buona parte dei magistrati che con lui hanno costruito una scuola e che potrebbero assicurarne la continuità in futuro".

È una norma del regolamento del Consiglio superiore della magistratura sulla "permanenza nell' incarico presso lo stesso ufficio" (già prevista nell'articolo 19 del D.Lgs.160/06) e impone che i magistrati non possano avere lo
stesso ruolo per più di dieci anni. E' per questo limite che sei dei nove procuratori del gruppo di Guariniello dovranno cambiare collocazione entro la fine del 2011.

Ma cosa potrebbe accadere alle indagini sulla sicurezza sul lavoro? Per capirlo basta guardare dietro la scrivania del PM, dove sono appese alcune immagini dei maxiprocessi che sta affrontando assieme alla sua squadra.
In una è insieme a Laura Longo e Francesca Traverso, che con lui compongono l'accusa contro i dirigenti della ThyssenKrupp per il rogo in cui morirono sette operai il 6 dicembre 2007. Il processo è ormai alle udienze finali.
Nell'altra è con Gianfranco Colace e Sara Panelli, che lo affiancano nel procedimento contro due manager dell' Eternit per i decessi di circa tremila persone. La sentenza dovrebbe giungere entro l' estate. Tre dei quattro sostituti lasceranno il loro incarico e i delicati processi che seguono.
Rimarrà, e solo per due anni ancora, la dottoressa Longo che sarà affiancata da nuovi colleghi.

E c'è un altro punto da non trascurare. Guariniello stesso potrebbe lasciare Torino per diventare procuratore capo a Genova. Così il pool sarebbe smantellato definitivamente.

"Abbiamo impiegato anni per formare questo gruppo specializzato - racconta Guariniello - Questa è un' esperienza che si crea processo dopo processo. Se viene meno questa specializzazione è controproducente". Le indagini rallenterebbero e ci sarebbero più difficoltà: "Mi chiedo come sia stato possibile arrivare a una norma del genere", dice. Va bene il ricambio, "ma come può venir meno più della metà di un gruppo specializzato?".
Per il PG Maddalena è un procedimento "contrario ad ogni principio di buona amministrazione" che "richiede specializzazione" soprattutto se si vuole "accelerare i ritmi produttivi".

Guariniello ha sempre sperato nella creazione di un pool nazionale di magistrati esperti sui temi della salute. Una procura capace di indagare sugli infortuni sul lavoro sostenendo i distretti più piccoli senza specializzazioni in materia. Eppure ora potrebbe ritrovarsi a dirigere magistrati poco esperti.
"La legislazione in questa materia è molto complessa" - spiega, aggiungendo che -"l'attività si basa molto sui rapporti con consulenti e periti" e sulla necessità "di conoscere le procedure migliori per indagare su un incidente sul lavoro".

"E allora - conclude il PG Maddalena - mi chiedo se è questo il modo di perseguire l'efficienza della giustizia o non è piuttosto il modo di mortificare, avvilire, disamorare tutti coloro che in questa professione hanno investito passione, entusiasmo e spirito di sacrificio".

Per questo, alla fine del suo intervento, si è rivolto direttamente al vice presidente del CSM, Michele Vietti, al sottosegretario alla giustizia, Giacomo Caliendo e ai parlamentari presenti: "È troppo chiedere se non un pentimento, un ripensamento, ricordando magari le parole di Alessandro Manzoni 'Dio perdona tante cose per un'opera di misericordia?".

pc quotidiano 3 febbraio - settimana internazionale di solidarietà con il popolo basco

proletari comunisti aderisce



5ª SETTIMANA INTERNAZIONALE DI SOLIDARIETA'
CON IL POPOLO BASCO

Dal 7 al 20 febbraio 2011

Dal 7 al 20 febbraio avrà luogo a livello internazionale la 5ª edizione della Settimana di Solidarietà con Euskal Herria.
Saranno organizzate iniziative e manifestazioni in molti paesi del mondo.

In Italia la Rete degli Euskal Herriaren Lagunak - Amiche e Amici del Paese Basco, organizzerà numerosi momenti di informazione e solidarietà in circa 20 città, con la partecipazione di esponenti baschi di diverse realtà di lotta.

Le iniziative in Italia si chiuderanno col corteo nazionale
"Tanti popoli un'unica lotta"
a Milano sabato 26 febbraio

pc quotidiano 3 febbraio - sulla scandalosa assoluzione nel processo Joy a milano

Scandalosa assoluzione oggi al Tribunale di Milano per lo sbirro stupratore che aveva cercato di violentare Joy!
E' un gravissimo "via libera" alla repressione con violenza sessuale e razzismo inclusi verso le donne immigrate e rinchiuse nei Cie.
Ora che proprio a Milano gli immigrati arabi stanno facendo grandi manifestazioni dove le donne sono tante, è un segnale bruttissimo che dice da che parte stanno lo Stato e la "giustizia" Italiani.
I poliziotti, servi striscianti con i potenti e "muscolosi" con chi si ribella, liberano le immigrate se lo comanda padron Berlusconi e sfogano il loro maschilismo razzista e fascista contro le tante Joy che lottano per la libertà.
Il "moralismo e la bandiera dei diritti" della magistratura di Milano si ferma davanti allo Stato di polizia quando esso si scaglia contro le donne, le immigrate, come in questi giorni contro le studentesse e gli studenti.

Ma questa pietra gli ricadrà sui piedi!
Uno Stato che usa solo la repressione e legittima la violenza sessuale verso le donne è uno Stato da rovesciare!

Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario

pc quotidiano 3 febbraio - da genova.. Thyssenkrupp.. parlare sui morti senza i vivi

Sinistra ecologia e libertà di Genova mi informa - tramite la sua mailing-list - che giovedì 10 gennaio, alle ore 17:00, presso Corte Lambruschini, si terrà il convegno: "Lavoro e/o vita? Il caso Thyssenkrupp: un monito per tutti", organizzato dall'associazione Lavoro e libertà, evidentemente vicina al partito di Vendola.
Bene, encomiabile iniziativa; però... c'è un però: i relatori del convegno sono: Fausto Bertinotti, Gad Lerner, Maurizio Landini, Sergio Cofferati e Pippo Delbono.
Non ho nulla a che ridire sulla scelta dei relatori... solo che mi viene da chiedere perché mai, ad una cosa del genere, non sia stato invitato nessuno né dei compagni di lavoro dei ragazzi morti bruciati la notte del 6 dicembre 2007, né nessuno dei familiari degli stessi.
Quale credibilità può avere chi parla di un eccidio sul lavoro senza neppure invitare chi questo massacro lo ha vissuto direttamente sulla propria pelle?
Nessuno di questi signori si è mai neppure degnato di presenziare ad una qualche udienza del processo alla Thyssenkrupp: quale legittimazione può mai avere a parlare di un evento che neppure conosce, se non per sentito dire?

- Comitato promotore Circolo Proletari Comunisti Genova

pc quotidiano 3 febbraio - Bergamo... Napolitano con la Lega predona

Napolitano sul federalismo:''Non e' piu' una scelta ma una necessita"

Per portare avanti la riforma del federalismo, e' necessario che le forze politiche si lascino alle spalle ''una spirale insostenibile di contrapposizioni, arroccamenti e prove di forza''. E' questo l'appello che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, lancia alle forze politiche da Bergamo, dove oggi partecipa alle celebrazioni promosse nella 'citta' dei Mille' per festeggiare il 150* anniversario dell'Unita' nazionale.

Napolitano ha quindi osservato che negli ultimi anni "c'è stata una decisa accelerazione in senso federalistico: riprendendo l'idea di unità cara al Cattaneo, che si dichiarava contrario 'alla fusione, no all'unità', l'idea secondo cui l'essenziale è 'una pluralità di centri viventi, stretti insieme dall'interesse comune, dalla fede data, dalla coscienza nazionale'. E' lo stesso modo, mi pare, in cui lei - ha concluso il capo dello Stato rivolgendosi al presidente leghista della Provincia di Bergamo Ettore Pirovano - ha mostrato d'intendere il federalismo".


“Lega Predona e la stangata del federalismo”
Con il decreto di Calderoli c’è una sola certezza: più tasse per tutti
da La Repubblica del 31-01-2011 , Massimo Giannini

Dalla gigantesca cortina fumogena che avvolge il federalismo fiscale, nella versione municipale appena riscritta dal ministro Calderoli, emerge finalmente una luminosa certezza. Pagheremo più tasse.
Secondo la grancassa leghista - amplificata da un governo che dalla Legge di Stabilità del 28 maggio 2010 non ha più varato uno straccio di misura strutturale - la rivoluzione federale avrebbe dovuto cambiare la storia italiana.
Gli enti locali avrebbero lucrato un dividendo politico: rafforzare il rapporto con i cittadini con l’offerta di servizi più legati ai territori. I contribuenti avrebbero ottenuto un vantaggio economico: costi certi per le prestazioni, e meno imposte per tutti. La prima è e resta un’incognita assoluta. La seconda invece non lo è più. Il nuovo testo del decreto, che andrà all’esame della Commissione bicamerale della Camera giovedìi prossimo, prevede infatti una gragnuola di potenziali inasprimenti fiscali. Ai 4.781 comuni (ora sotto la soglia dello 0,4%) viene restituito il potere di aumentare le addizionali Irpef già a partire dal 2011. Non solo. I sindaci potranno introdurre tasse di scopo per finanziare la costruzione di specifiche opere pubbliche. I capoluoghi di provincia e le città d’arte potranno istituire una tassa di soggiorno fino a 5 euro per notte. Se a questo aggiungiamo la nuova cedolare secca sugli affitti (sostitutiva dell’Irpef) e la nuova Imu sulle seconde case (sostitutiva della vecchia Ici), il quadro è completo. Per poter chiudere i bilanci senza dover tagliare all’osso i servizi essenziali (asili per bambini, welfare per gli anziani, trasporti per tutti) i sindaci non avranno altra via che inasprire i tributi. Sono loro stessi a riconoscerlo, nel centrodestra e nel centrosinistra.
Un capolavoro per un Paese che è appena salito sul «podio» della classifica mondiale della pressione fiscale: secondo gli ultimi dati Ocse, tra il 2008 e il 2009 siamo passati dal 43,3 al 43,5%, ed ora siamo terzi dopo Danimarca e Belgio. Se Roma è Ladrona, la Lega è Predona.

mercoledì 2 febbraio 2011

pc quotidiano 2 febbraio - MORTO UN OPERAIO A LAINATE (MI) PAESINO DELL'EXPO

Appena ieri il Giornale della famiglia Berlusconi, nelle pagine milanesi, dava risalto alla pubblicazione dei dati di “Lavoro a Milano”, quinta edizione del rapporto realizzato dal Centro studi Assolombarda (la Confindustria locale) in collaborazione con Cgil-Cisl-Uil.
Nel suo pezzo il giornalista, Giannino della Frattina, metteva in risalto due dati: il primo che la Lombardia sta uscendo dalla crisi; il secondo che sono in calo disoccupazione e infortuni sul lavoro. Il cosiddetto cronista, in particolare, citava la proposta di Assolombarda di “occuparsi” delle imprese confiscate alla criminalità organizzata e citava i dati Inail che danno un calo del 10% degli infortuni, confrontando i dati 2009 con quelli del 2008 (36 infortuni ogni mille impiegati nel 2009 a fronte dei 38 del 2008): Si potrebbe stare ore a dire se questi dati sono reali o falsificati ad arte. La nuda e cruda realtà nella mattinata di oggi scioglie ogni dubbio.

Stamattina a Lainate (Mi), paesino investito dal progetto Expo, è morto un giovane edile di 36 anni, travolto dal crollo di un muro. Cosa non secondaria quest’operaio lavorava in nero.
Questo ennesimo omicidio per il profitto di dice che non vi è nessuna differenza tra il lavoro nero-lo schiavismo gestito dalle imprese criminali e quello gestito dalle imprese, col supporto di leggi come la legge 30 e il Collegato Lavoro e con la complicità dei sindacati di regime, che continua a produrre schiavismo-precarietà e morte. Citiamo un dato che è collegato con la realtà che sta vivendo il popolo egiziano: molti degli operai morti nei cantieri di Milano e Lombardia sono egiziani, e quando avvengono i controlli del nucleo carabinieri anziché regolarizzare quelli che sono costretti a lavorare in nero, li si denuncia li si porta nei Cie e li si trasferisce sotto la dittatura dell’amico Mubarak. E' da tempo che come Rete nazionale per la sicurezza sui luoghi di lavoro diciamo che occorre approntare una battaglia, una rivoluzione politica e sociale per porre fine a questi omicidi di massa fatti in nome del profitto padronale. Quanto stanno facendo le masse arabe in rivolta riguarda eccome le masse dei lavoratori di questo Paese. Stessi oppressori stessa risposta.

Rete nazionale sicurezza sui posti di lavoro - Nodo Milano/Bergamo

pc quotidiano 2 febbraio - scandalosa assoluzione per sbirro stupratore

E' terminato da poco il processo con rito abbreviato nei confronti dell'ispettore di PS Vittorio Addesso.

Il tribunale accogliendo la richiesta del PM LO HA ASSOLTO!!!!!!!!

Non abbiamo mai creduto e non crediamo nella giustizia dei tribunali, ma l'esito ci conferma che quando viene agita violenza nei confronti delle donne e in particolare da parte dello Stato, lo stesso si autoassolve sempre, ribadendo l'immunità e l'impunità dei suoi funzionari.

Tutte le realtà che si occupano dei Cie e della violenza nei confronti delle donne devono attivarsi e mobilitarsi per smascherare la natura della sentenza.
La ribellione delle donne alla violenza è sempre un percorso in salita e quando coinvolge le istituzioni a violenza si aggiunge violenza.

E' necessario continuare a lottare!!!!!
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pc quotidiano 2 febbraio - Lo scontro nel PCUNepal maoista tra Prachanda e Bhattarai

KATHMANDU, 30 gennaio:

L'animosità tra il Presidente Pushpa Kamal Dahal "Prachanda", e vicepresidente dottor Baburam Bhattarai si riflette nelle ultime edizioni della Lal Bodh Rakshak e Samaya - due riviste lanciate rispettivamente da chi è vicino a "Prachanda", e alla fazione Bhattarai.

Rakshak Lal accusa Bhattarai di temere la "tempesta della ribellione popolare" e di sfuggire ad essa, mentre Bodh Samaya accusa 'Prachanda' di essere un leader ossessionato dal potere e privo di visione politica. "La principale preoccupazione del presidente del partito dopo il plenum di Palungtar era come regnare in modo indiscusso e mostrare ai centri di potere internazionali e nazionali, che solo lui può essere il capo del partito", dice la rivista diretta dal giornalista rivoluzionario Lekhnath Neupane, che è vicino a Bhattarai.

La rivista afferma che il principale obiettivo del documento politico di "Prachanda", che è stato approvato dopo l'inserimento delle opinioni del vicepresidente Mohan Baidya, non è quello di guidare il partito alla rivoluzione, ma di "racchiudere i quadri e le masse in un eclettismo illusorio".

Inoltre, la rivista ha anche accusato Bhattarai di sfuggire dalla linea del partito di "sollevazione popolare" contro il principio del centralismo democratico.

"Abbiamo un sogno, il sogno di iniziare una rivolta. Crediamo che stia cercando di fuggire da essa. Quando l’ascoltiamo, sembra che abbia paura di questo. A chi vuol mostrare il dramma?", Ha scritto l’editore del Rakshak Lal su Bhattarai.

Nella stessa rivista, il leader del partito Ganga Shrestha, che è vicino a Bhattarai, accusa la direzione del partito di lavorare con un "atteggiamento dittatoriale" per zittire la minoranza, invece di seguire le regole del partito in modo sincero, e mette in guardia sul fatto che questa tendenza può portare ad una divisione verticale del partito.

pc quotidiano 2 febbraio - India ..contro gli assiassinii polizieschi e la distruzione della natura in Odissa

a cura del comitato internazionale di sostegno alla guerra popolare in india
verso la settimana di mobilitazione internazionale 2-9 aprile

Farla finita con gli assassinii della polizia e con la distruzione capitalista della natura!

Partito Comunista dell'India (Maoista)

COMITATO CENTRALE
Comunicato stampa

12 gennaio 2011

Condannare i falsi scontri e gli assassinii indiscriminati della polizia e della forza paramilitare in Odisha (1)!

Il popolo sconfiggerà sicuramente la congiura di Naveen Patnaik [primo ministro dello Stato di Odisha], che mira a consegnare le risorse naturali dell’Odisha alle multinazionali decimando il movimento maoista rivoluzionario!

Come parte della massiccia offensiva denominata “Operazione Green Hunt” [“caccia verde, in inglese], che viene portata avanti in modo coordinato dal governo centrale e da quelli dei vari stati con l'obiettivo dichiarato di decimare completamente il movimento maoista rivoluzionario, le forze speciali di polizia e le forze paramilitari hanno sistematicamente fatto ricorso alla uccisione indiscriminata negli ultimi due mesi in Odisha. Tali delitti sono costati la vita a quasi 25 persone, uccise a sangue freddo in vari scontri. Di questi, la maggior parte è avvenuta in falsi scontri; il resto sono stati episodi in cui centinaia di poliziotti e paramilitari con le informazioni specifiche per la localizzazione della guerriglia indiscriminatamente hanno sparato indiscriminatamente contro i guerriglieri e le persone che si trovavano con loro.

Recentemente, il 12 gennaio 2011, in uno "scontro" in una zona boschiva nel distretto di Keonjhar, sono morti due maoisti, mentre il 9 gennaio 2011, in un altro presunto scontro nelle montagne del Bandhkamali nella zona Niyamgiri del distretto di Rayagadha, nove compagni sono stati martirizzati. Ravi, uno dei compagni martiri, era un leader di primo piano che aveva lavorato con il popolo oppresso di Odisha negli ultimi anni. Andava dal distretto orientale di Godavari nell’Andhra Pradesh. Solo una settimana prima, il 2 gennaio 2011, in uno scontro che avrebbe avuto luogo nei boschi di Rayaghati, zona Kalinganagar, nel distretto di Jajpur, cinque maoisti, tra cui tre donne, sono stati martirizzati. Uno di questi martiri era membro del comitato zonale della zona di Kalinganagar. Stavano preparando le attività per celebrare il quinto anniversario della uccisione di adivasi del 2 gennaio, quando è avvenuto l'incidente. Il 29 dicembre 2010, in un supposto scontro avvenuto nella zona della foresta di Talpada del distretto di Keonjhar, una compagna è stata martirizzata. Prima di ciò, durante la quarta settimana del mese di dicembre, la polizia ha annunciato che tre maoisti sono stati uccisi in uno scontro nella zona di forestale di Adaba nel distretto di Gajapati. All'inizio di gennaio, in un altro presunto scontro nel distretto di Bargarh, sono state uccise due persone, la popolazione ha dichiarato che si trattava di gente comune e che la polizia aveva ucciso a sangue freddo. Pochi giorni fa, alcuni articoli di giornale hanno sottolineato che anche il conflitto nel distretto di Gajapati era stato fabbricato ad arte e che era morta gente comune. Sebbene le popolazioni e i democratici abbiano organizzato grandi manifestazioni di protesta contro questi falsi scontri, il governo di Naveen non se ne cura e ricorre senza scrupoli alle uccisioni di gente comune e di rivoluzionari.

Odisha è uno stato molto ricco di acqua e di risorse minerarie e forestali, ma è diventato un luogo dove regna la morte a causa della dilagante povertà e della fame. Odisha ha le maggiori riserve di ferro e ha molte altre risorse minerali preziose. Ma tutta questa ricchezza sta riempiendo le casse dei ricchi mentre deteriora le condizioni di vita dei poveri. Negli ultimi 63 anni della cosiddetta indipendenza, il popolo oppresso di Odisha, in gran parte adivasi, viene schiacciato sotto il tallone oppressivo dello sfruttamento feudale e imperialista. Il governo di Odisha, guidato dal capo mafia minerario Naveen Patnaik, ha trasformato l’Odisha in un paradiso per le compagnie minerarie più importanti attraverso la firma di numerosi protocolli di intesa. Sono stati firmati più di 49 protocolli d'intesa relativi all’acciaio, più di 20 protocolli di intesa relativi alle centrali elettriche, e più altri su progetti di raffinazione di alluminio e un porto. Il memorandum d'intesa del valore di 550 miliardi di rupie firmato con la multinazionale Posco, della Corea del Sud, è il più grande investimento straniero diretto in tutta l'India. Il governo dell’Odisha ha violato in maniera vergognosa le proprie leggi per concedere le autorizzazioni alla Tata a Kalinganagar e alla Vedanta per Niyamgiri, a parte la Posco. Tutti questi protocolli d'intesa hanno trascinato il popolo di Odisha verso sofferenze indicibili. Questi protocolli di intesa porteranno alla distruzione delle foreste, terra, acqua, ecosistemi e tutti gli ambiti della vita del popolo di Odisha. Potrebbe diventare una delle più grandi catastrofi provocate dall’uomo al mondo. Per questo il popolo di Odisha lotta contro questa atrocità e lo sfruttamento.

Nel recente passato, il popolo di Odisha si è mobilitato e continua a mobilitarsi contro lo sfruttamento e le atrocità delle grandi imprese multinazionali e le imprese della borghesia compradora come Tata, Vedanta, Posco, ecc, e anche contro lo sfruttamento feudale nella zona di Narayanapatna nel distretto di Koraput. Il governo ha usato la forza bruta contro queste battaglie e ha ucciso molte persone. Il 2 gennaio 2006, la polizia ha sparato sugli adivasi che si sono rifiutati di consegnare i loro terreni agricoli per la Tata Steel a Kalinganagar, uccidendone almeno quattordici. In molti altri casi, ci sono stati morti e feriti da armi da fuoco a causa della polizia. Il popolo ha organizzato manifestazioni contro la compagnia mineraria di bauxite della Vedanta nel Niyamgiri e contro la raffineria di alluminio della Vedanta a Lanjigarh. Le perforazioni erano state avviate prima della mobilitazione popolare, e poi il governo centrale ha annullato il permesso sostenendo che la Vedanta aveva violato le norme e i regolamenti. Ma la gente si continua a mobilitare perché sente che la presenza della raffineria Vedanta a Lanjigarh è dannosa per la propria esistenza e che inciderà negativamente sulle loro terre e l'ecosistema. Il popolo di Odisha lotta contro tutti questi attacchi in molti luoghi. Il partito maoista dirige queste proteste in molte parti e le sostiene in altri. La cosa più importante è che il popolo ha accolto con favore la leadership dei maoisti e attende il loro arrivo. Il popolo di Odisha si è resa conto che nessun partito politico al di là del partito maoista, può mettere fine allo sfruttamento feudale e imperialista. Il movimento maoista si sta espandendo in molte nuove aree. Il governo di Naveen Patnaik, con il pieno sostegno del governo centrale dell’UPA ["United Progressive Alliance" nella sigla in inglese] ricorre a questi omicidi solo perché i maoisti sono l'ostacolo principale al saccheggio generalizzato delle risorse. Nessuno può avere dubbi sul fatto che il crudele assassinio di nove rivoluzionari nell’area Niyamgiri è stato fatto per facilitare il saccheggio all'ingrosso di Vedanta, e sotto i suoi auspici. Allo stesso modo, è anche chiaro che i massacri fascisti cui ricorre il governo nella zona di Kalinganagar (nei distretti di Bhubaneswar e Keonjhar) hanno come obbiettivo quello di agevolare lo sfruttamento di aziende come la Tata, nell’attesa, tra gli imbrogli, di occupare l'intera area. Naveen Patnaik, che sta accumulando miliardi di rupie, in quanto rappresentante del grande capitale, e la sua macchina amministrativa si sentono seriamente minacciati dalla presenza del movimento maoista. Per questo fanno ricorso all'aggressione fascista contro il popolo e contro la guerriglia spendendo su larga scala miliardi di rupie per dotare di maggiori risorse la polizia, le forze speciali (SOG ["Special Operations Group", in inglese]), la SPO ["Ufficiali speciali di polizia "?] e le loro reti di informatori.

La storia ha dimostrato più volte che è impossibile eliminare i movimenti popolari con gli assassinii, gli attacchi e campagne di repressione. Il borghese compradore Naveen Patnaik, l'ex direttore della Vedanta e l'attuale capo dell'operazione “Green Hunt”, Chidambaram, insieme ad altri oligarchi della classe dominante e i suoi padroni imperialisti sognano di essere in grado di eliminare gli ostacoli lungo la via dello sfruttamento delle classi feudali e delle grandi imprese multinazionali schiacciando il movimento maoista rivoluzionario. Il popolo non ha altra scelta, che quella di fare un passo in avanti nella sua militanza per migliorare le proprie lotte. Sebbene l'aumento dei falsi scontri in questi ultimi giorni evidenzino l'intensità dell'offensiva contro i maoisti, ciò si deve interpretare come parte di un'offensiva generale contro tutti i movimenti popolari che lottano contro il saccheggio. Possiamo fermare questi massacri solo prendendo le armi e combattendo insieme contro le politiche anti-popolari e filoimperialiste perseguite dal governo, macchiato di sangue, di Naveen, e contro lo sfruttamento delle grandi imprese.

Il Comitato centrale del PCI (Maoista) invita tutto il popolo del nostro paese e tutti i democratici affinché condannino nei termini più forti questi assassinii efferati e i falsi scontri. Facciamo appello al popolo affinché chieda un'indagine giudiziaria indipendente su tutti gli incidenti in cui sono stati sparati colpi sulle masse e per chiedere la punizione per tutti i funzionari di polizia in essi coinvolti. Chiediamo a tutti di essere consapevoli del fatto che queste offensive non sono dirette esclusivamente contro il movimento maoista, ma a tutti coloro che alzano la voce o lottano contro il saccheggio delle grandi imprese. Il nostro Comitato centrale invita tutte le forze democratiche, progressiste e patriottiche ad unirsi e lottare contro lo sfruttamento delle grandi imprese e contro i massacri perpetrati dai governi centrali e statali, e contro l'”Operazione Green Hunt” lanciata per ottenere il continuo saccheggio delle nostre risorse.

(Abhay)
Portavoce
Comitato Centrale
PCI (Maoista)

pc quotidiano 2 febbraio - sgomberi in tutta Italia: non resteremo a guardare!

31 Gennaio, sgomberi in tutta Italia: non resteremo a guardare!
di red-net - rete delle realtà studentesche autorganizzate

La mattinata del 31 gennaio ha aperto una giornata nera per il movimento studentesco. A Napoli sono stati sgomberati due edifici, lo Spazio Fanon, nei presso dell’Università Orientale e lo spazio ZERO(81), che occupava i locali dell’ex-mensa universitaria; a Firenze e a Milano stessa sorte è toccata alle aule autogestite occupate durante la mobilitazione studentesca di dicembre; il tutto nel giro di poche ore.

Chi ha sottratto questi spazi agli studenti ha colpito la necessità, sentita evidentemente in tutta Italia, di vivere le università (e non solo) in modo “diverso”, da protagonisti più che da utenti. Gli occupanti hanno restituito alla possibilità di un utilizzo aggregativo, culturale e, perché no, politico, dei luoghi precedentemente dismessi e abbandonati (come a Napoli), o utilizzati unicamente per lo svolgimento dell'attività didattica, come se il dare esami a raffica sia l'unico scopo di chi frequenta l'università. Bisogna poi ricordare come le mobilitazioni per il diritto allo studio di questi mesi abbiano trovato nelle aule occupate una naturale base di partenza e di organizzazione, dalle assemblee di facoltà, ai cortei di piazza, facendone in breve tempo dei luoghi simbolo dell'opposizione studentesca alla mercificazione del sistema formativo.

È dunque la possibilità di costruire una reale opposizione, di organizzarsi, di unire e di discutere che polizia e carabinieri hanno dovuto sopprimere nei nostri atenei, in difesa di quegli interessi che ci vorrebbero pacificati e indifferenti, a tal punto da subire in silenzio l'asservimento sistematico del sapere alle logiche e bisogni del capitale privato. Forse qualche “avveduto” giornalista parlerà di ripristino della legalità e di restituzione di un servizio alla collettività; lo invitiamo preventivamente e vivamente a farsi un giro nei nuovi campus universitari, brulicanti di telecamere, guardie giurate e tornelli, dove tutto, anche il più recondito elemento architettonico, concorre a far sentire lo studente costretto nell'eterna competizione per qualche esame, per qualche credito, per “un po'di curriculum” in più.

In tutto questo le autorità accademiche, invece di tutelare il dialogo e lo scambio culturale, si sono schierate apertamente e opportunisticamente con le forze dell'ordine, consentendo il loro ingresso negli edifici universitari, anche in assetto antisommossa. I rettori e i presidi, figure di vertice della classe baronale, dimostrano ancora una volta di servire fedelmente il moderno oscurantismo, che sacrifica la cultura critica, accessibile ed autentica sull'altare dell'interesse d'impresa.

Riteniamo che stato e baroni abbiano voluto inviarci un segnale intimidatorio, tramite questi sgomberi, per invitarci alla resa e ripristinare la “normalità” nelle facoltà, dopo la fiammata di dicembre. Da parte studentesca, già circolano comunicati di solidarietà sul web, si svolgono presìdi, si organizzano assemblee. Il messaggio è chiaro: non possiamo stare a guardare.

pc quotidiano 2 febbraio - prosegue la mobilitazione degli egiziani a Milano

E IN PIENA SINTONIA CON EL CAIRO, ALESSANDRIA D’EGITTO, GLI EGIZIANI
DI MILANO SONO IN STRADA
Scendono ancora una volta instrada per gridare
“Mubarak assassino, Mubarak vattene”. E vorrebbero assediare il
Consolato, ma per oggi non si può. E’ completamente isolato da un
cospicuo numero di poliziotti e carabinieri, e anche la Cub dopo il
corteo del giorno prima si è sfilata, così come Sinistra Critica, e non
ha chiesto il permesso. Ma poco contano i divieti agli occhi degli
immigrati, e allora è un lampo e parte il corteo. Non i quasi 1500 del
giorno prima, ma 500 si con volti già visti e molti nuovi, ma con due
gran belle novità: tanti bambini, famiglie intere con carrozzine al
seguito, e tante donne, principalmente giovanissime. E sono loro,
bambini e ragazze, che tirano più di tutti gli slogan con piglio
deciso. Ma non semplici slogan ma comizi continui, che non perdevano
mai la cadenza del ritmo quasi fosse una danza, una danza di guerra.
Sparsi per il corteo alcuni del Comitato antirazzista e singoli
compagni, nessuna bandiera nessun slogan. Anzi una compagna? appena ha
visto la bandiera di proletari comunisti ha avuto l’ardire di dire
“oggi solo bandiere della Palestina e dell’Egitto” ricevendo la
semplice risposta “e allora c’è anche quella di proletari comunisti”.
Ma la migliore risposta l’hanno data gli egiziani che leggendo lo
striscione hanno preso nelle proprie mani bandiera e striscione
portandolo in testa al corteo, tanto che il pezzo conclusivo della
manifestazione era guidato dal nostro striscione. Ma è stato bello
vedere che la bandiera passava di mano in mano, tanto da essere
sventolata da una bambina sulle spalle del proprio papà. Un solo
momento di tensione quando un ragazzo egiziano ha afferrato la bandiera
dicendo che quella era una manifestazione in cui non ci dovevano stare
altre bandiere se non quella egiziana. La decisa reazione dei compagni
e l’intervento di altri immigrati ha convinto il ragazzo a desistere,
che si è sentito dire “questa bandiera sventola in tutto il mondo” “sei
uno stupido” e, rivolti a noi, ci dicevano “tranquillo falla sventolare
più in alto”. E come era prevedibile il desiderio che serpeggiava era
quello di continuare fino a sfiancarsi, ma anche quella di assediare il
Consolato. Per oggi è finita così ma già le menti sono rivolte verso il
Cairo dove domani milioni di egiziani marceranno verso il Palazzo del
Rais. E dopo esserci ringraziati a vicenda e salutati con ampi sorrisi,
ci si è dati appuntamento per domani. Il popolo si è messo in moto e
sarà difficile fermarlo.
circolo proletari comunisti Milano
01-02-011

martedì 1 febbraio 2011

pa quotidiano 1 febbraio - Operai Fiat Termini Imerese: il ministro fa il punto sulla "riconversione"

Mentre gli operai dello stabilimento Fiat di Termini Imerese sono in cassa integrazione fino al 7 febbraio prossimo, il ministro Romani dopo aver fatto ieri il punto sullo stabilimento con Invitalia, promette che aprirà “immediatamente” un tavolo con i sindacati.

Naturalmente, sempre ammesso che tutto vada in porto, rimangono aperti diversi dubbi: sulla “compatibilità dei progetti”, per esempio, dato che solo due saranno del tipo automobilistico e il resto è dei più disparati (fiori, studi cinematografici, ortopedia…); sui tempi, visto che fino ad ora ci sono solo parole; sulla “serietà” dei progetti di questi “imprenditori che chiedono garanzie”(!), visto che molti puntano ad incassare i soldi pubblici e poi lasciare tutto in asso, e sui diversi tipi di contratto da applicare agli operai…

dal Giornale di Sicilia di oggi:

ROMA. Il ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani, dopo un incontro ieri con l'advisor Invitalia "per fare il punto", ha annunciato che aprirà "immediatamente" un tavolo con i sindacati sui sette progetti per il futuro dell'area industriale dello stabilimento Fiat di Termini Imerese. Il confronto che verrà aperto con i sindacati servirà "ad affrontare con loro la soluzione di questo percorso". “Ci sono sette soluzioni - ha detto Romani - che se andranno tutte a buon fine potrebbero portare a Termini Imerese dai 1.500 dipendenti che fino a fine anno lavoreranno per Fiat a più di 3.300 dipendenti: da uno stato di crisi ne ricaviamo una straordinaria case history di ristrutturazione e sviluppo di un' area industriale".

I sette progetti per la riconversione dello stabilimento Fiat di Termini Imerese sono, dice Romani, "compatibili tra di loro" per convivere nella stessa area industriale. "Sono stati giudicati compatibili, abbiamo studiato il tipo di insediamento e la compatibilità finanziaria, per le garanzie che gli imprenditori chiedono, e sulle condizioni dell'accordo di programma che sarà fatto a breve tra Governo e Regione siciliana". I sette progetti sono "due nell'automotive, e cinque in altri settori".

Romani, che ne ha parlato a margine di un incontro con una delegazione di imprese e del governo dell'India, ha accennato a Fiat anche rispondendo ad una domanda sul rischio che partnership tra le imprese dei due Paesi possano penalizzare l'occupazione in Italia. "La mia non è una difesa d'ufficio di Fiat. Le aziende italiane non vanno più in India per delocalizzare, quel tempo è finito", perché la produzione è rivolta "al mercato interno" dell'India, che ha una forte domanda, e non alle esportazioni. "Anche Fiat con Tata farà questo lavoro" mentre in Italia "continuerà a fare quello che sta facendo".

pc quotidiano 1 febbraio - rivolta in bangla desh

Rivolta popolare in Arial Bil

Ribellarsi è giusto!

Ieri, 30 gennaio 2011, migliaia di persone di Arial Bil [un vasto territorio pianeggiante vicino a Dhaka, a sud] sono scese in strada. La popolazione si è sollevata per resistere contro il piano del governo che prevede la spesa di 500 miliardi di dollari per costruire un aeroporto con il nome del padre di Sheikh Hasina [attuale primo ministro, donna, del Bangladesh] con l'acquisizione di 25.000 acri di terreno di questa pianura (bil) e compreso aree di Srinagar Thana del distretto di Munshiganj e del distretto di Nawabganj & Dohar Thana di Dhaka. Se il piano del governo si realizza, allora, migliaia di persone perderanno la loro casa, i terreni seminativi e il lavoro. Circa cinquantamila persone hanno partecipato a questa protesta. Quando i proiettili della polizia sono finiti mentre attaccava le masse, allora queste hanno circondato la polizia, hanno attaccato i loro veicoli, hanno picchiato la polizia e i giornalisti e dato alle fiamme l’avamposto della polizia di Hashra. Secondo le notizie giunte fino ad ora, un ufficiale di polizia è stato ucciso e centinaia di persone lungo compreso poliziotti sono rimasti feriti.

Caratteristiche dello Stato e di coscienza di massa
 
Le masse capiscono amaramente quanto questo marcio stato capitalista coloniale, questa società e il governo sono contro il popolo. Perché gli stanno strappando la loro vita e i mezzi di sostentamento, la casa e i seminativi, tutti i giorni. Questo è il motivo per cui le masse esplodono in rivolta sistematicamente.

Il poliziotto ha perso la vita mentre eseguiva gli ordini del governo contro le masse

L'ufficiale di polizia ucciso seguiva l'ordine del governo. Ma la domanda che oggi è stata sollevata è perché non vi era alcun ordine di resistenza al confine, dove la polizia di frontiera (BSF) indiana ha ucciso un bambino handicappato. Non c'era un ordine lì, quindi non bisognava eseguire un ordine. Ma la gente del proprio paese può essere costretta ad uccidere in scontri a fuoco dentro e fuori del paese.

Giornalista picchiato. Il carattere di classe del giornalismo “giallo” è stato denunciato

Il reporter del quotidiano “alo prothom” e dell’ATN News TV è stato picchiato. Il reporter di ATN News TV ha detto sinceramente in un'intervista televisiva che i poveri non si fidano dei giornalisti e li considerano nemici. Da questo, il carattere di classe del giornalismo giallo viene smascherato. Tutti sanno che i media del nostro Paese vendono notizie false.

Un saluto a questa lotta di popolo!
Il maoismo è quella dottrina che ci porterà verso la società comunista, dove non vi sarà alcuna borghesia collaboratrice dell’imperialismo sulla nostra testa. Il diritto del popolo alla terra e al lavoro saranno protetti in quella società.

Quindi, prepariamoci per la lotta nell’ideologia maoista. Poi innumerevoli rivolte avranno successo. 

Sumon Chowdhury
Mohsin Pramanik
Revolutionary Workers Movement (Movimento Rivoluzionario dei Lavoratori)
2nd National Committee
January 31, 2011
 

pc quotidiano 1 febbraio - napoli dopo lo sgombero, la mobilitazione, la repressione, attacco all'Università


Prima di ieri: quando la polizia non entrava nelle università…

.Se di una cosa fino a ieri eravamo se non convinti, quasi, era che l’Università fosse un luogo di confronto, dal quale potessero partire le lotte sia degli studenti che degli altri soggetti che agitano le nostra città. Ma i palazzi che ospitano le nostre facoltà sono anche sempre stati il luogo in cui rivedersi dopo momenti “concitati”, facendo leva sul fatto che i rettori, garanti (in teoria) della democraticità e della libera espressione, quasi mai danno l’autorizzazione alle forze dell’ordine ad entrare; è successo in momenti bui della storia, ad esempio durante la dittatura militare in Grecia, il 17 novembre, quando l’esercito entrò nell’Università di Atene.

Nell’Italia di oggi eventi del genere accadono, e sempre più spesso, creando precedenti sempre più pericolosi per un paese e un’Università che amano definirsi “democratici”, e il margine di discrezionalità del potere militare si sposta sempre più in avanti. Recentemente è successo all’università di Reggio Calabria, dove gli studenti hanno trovato uno schieramento di polizia in antisommossa all’ingresso dell’Aula Magna, e qui a Napoli, dove ieri, 31 gennaio, la Rettrice Lida Viganoni ha autorizzato la polizia ad entrare a Palazzo Giusso per sgomberare lo Z.E.R.O.(81), spazio occupato nella ex-mensa dell’Orientale: un gesto sconsiderato, che militarizza le relazioni fra studenti e organi accademici, a scapito di un confronto sempre più frequentemente bypassato.

Per chiedere spiegazioni di questa gravissima azione repressiva nei confronti di chi lotta ogni giorno per un futuro migliore - o semplicemente un futuro – e di rifiuto di qualsiasi forma di dialogo, siamo andati, pochi minuti dopo l’irruzione della celere, dalla Rettrice, che intanto apriva un’“interessantissima” conferenza sul commercio dei diamanti.
La domanda che le abbiamo posto è stata chiara e concisa: ci interessava sapere se fosse consapevole e se, in qualche modo, rivendicasse l’azione delle forze dell’ordine nell’Università. La risposta ricevuta è stata altrettanto secca: “era necessario ristabilire la legalità”.
Insomma, nulla più che “ordinaria amministrazione”, in nome di una legalità che ha tanto l’aspetto di un dito dietro il quale nascondersi per evitare di affrontare seriamente i problemi politici posti da noi studenti.
Incassata la risposta, ci siamo riuniti in più di duecento per partire in corteo per le strade del centro, per denunciare, ancora una volta con forza, il vergognoso atto repressivo messo in atto dai vertici dell’università. Il corteo è terminato a Largo Banchi Nuovi, piazza in cui c’erano sia lo Z.E.R.O.(81) che lo Spazio Occupato Fanon, recuperato grazie al lavoro degli occupanti dal degrado dovuto a 30 anni di abbandono e, nonostante questo, anch’esso sgomberato.

Il corteo, dopo che la polizia si è ritirata, in un primo momento, nella ex-mensa, è stato caricato più volte e i lanci di lacrimogeni sono seguiti fino all’ingresso di Palazzo Giusso, arrivando a colpire i balconi dell’Aula Magna (vedi foto 1 2 3 sul sito cau) e ad entrare nelle aule studio, sfondando una finestra e una vetrina (foto 1 2 3) e spaventando chi stava semplicemente studiando. Una studentessa è rimasta ferita da un lacrimogeno così come altri ragazzi sono rimasti feriti da lacrimogeni lanciati ad altezza uomo. (vedi sul sito cau video che ricostruisce alcuni momenti delle cariche e delle azioni di sgombero della polizia)

Dell’operato delle forze dell’ordine non ci stupiamo più di tanto. Ciò che oggi invece necessita di una riflessione è l’azione del Rettore. Forse la ristrutturazione in senso autoritario della governance universitaria voluta dal ministro Gelmini e da Confindustria non è solo uno scenario futuribile: evidentemente qualche rettore vuole dimostrarsi già da oggi pronto a usare il pugno di ferro che la “legge Gelmini” gli concede.
Per noi si tratta di un motivo in più per combattere contro le riforme dell’istruzione e contro la deriva autoritaria dello stato in tutte le sue articolazioni.
Collettivo Autorganizzato Universitario - Spazio Occupato Fanon

pc quotidiano 1 febbraio - attacco al movimento studentesco anche a milano

lo sgombero di milano, dopo quelli di napoli, mostra un piano di attacco
alle realtà studentesche organizzate nelle università
solidarietà, lotta , mobilitazione

proletari comunisti


UNO SGOMBERO NON FERMA LA MOBILITAZIONE

Stamattina all'apertura della facoltà le porte dei locali di via Livorno
erano sbarrate e l'ingresso al Dipartimento Autogestito era impedito sia
agli studenti che ai professori: ma come, non era un luogo tanto necessario
e indispensabile per l'attività didattica?
Al nostro tentativo di riapprioparci di questo luogo il preside ha risposto
con insulti, minacce e non ha esitato a chiamare nuovamente le forze dell'ordine
che hanno notificato quattro denuncie per danneggiamenti, con l'aiuto e la
testimonianza di una docente.
Questo spazio, occupato durante la mobilitazione di dicembre, sgomberato, e
ri-occupato più volte nelle settimane passate, aveva prima di tutto la
funzione di essere un luogo di socialità tra gli studenti, al di fuori delle
logiche di mercato che regolano l'università. Mentre noi facciamo a gara per
accaparrarci i pochi spazi concessi anche solo per studiare, senza poi
parlare della TOTALE mancanza di luoghi di discussione critica e collettiva,
aziende di ogni genere, politicanti di ogni risma, e venditori di false
speranze non hanno alcuna difficoltà a propagandare le virtù di un mercato
che nella realtà scarica i suoi effetti sopra le nostre teste. Un esempio su
tutti: il "Job Day" del 2 febbraio, dove una agenzia interinale (sinonimo di
precarietà lavorativa per tutti noi) entra in università a venderci fumo,
per di più di pessima qualità.
Questo spazio aveva l'obiettivo:
di promuovere la partecipazione studentesca allo sciopero del 28 gennaio
indetto dalla FIOM, dopo il ricatto imposto da Marchionne ai lavoratori
FIAT.
di fornire uno spazio dove studiare, visti gli scarsi spazi a disposizione
degli studenti (biblioteche e aule studio sovraffolate a qualsiasi ora del
giorno). Per questo motivo l'aula sarebbe rimasta aperta e disponibile dalle
9 alle 13 e nel pomeriggio.
di disporre gli studenti di un luogo caldo dove consumare il proprio pranzo.
di dare la possibiltà di organizzare attività alternative alla didattica
imposta dai ritmi e i voleri dell'università azienda (cineforum, seminari..)
Nella stessa mattinata a Firenze e Napoli altri posti occupati e autogestiti
dagli studenti sono stati sgomberati dalle forze dell'ordine. Questo
testimonia come ovunque la risposta a chi rivendica i bisogni degli studenti
sia sempre e solo repressione.
Solidarietà agli studenti dello Spazio Autogestito di Firenze e del Cinema
Astra di Napoli.
Nessuno sgombero senza risposta.

Studenti di Scienze Politiche

pc quotidiano 1 febbraio - IL VENTO DELLA RIVOLTA DALL’EGITTO NElLE STRADE DI MILANO

IL VENTO
DELLA RIVOLTA DALL’EGITTO INVADE LE STRADE DI MILANO

lunedì sera un
presidio convocato dalla Cub e del Comitato immigrati per protestare
davanti al Consolato egiziano ha visto la partecipazione di un migliaio
di immigrati egiziani, ma anche della Tunisia e del Marocco. Poche le
realtà politiche e sindacali che hanno partecipato. Una partecipazione
“anonima” fatta solo di bandiere come Sinistra Critica o di singoli
appartenenti a varie realtà di “movimento”. Gli unici che hanno portato
un messaggio semplice ma pienamente condiviso dagli immigrati presenti,
sono stati i compagni del circolo di proletari comunisti Milano. Con un
volantino che prima di essere preso vedeva gli immigrati chiedere:
“siete contro Mubarak?” e alla risposta “si ma anche contro Berlusconi
che il suo complice” vedeva decine di mani allungarsi per averlo; ma è
stato lo striscione che i compagni hanno portato che ha colto la rabbia,
lo sdegno degli egiziani presenti. Le parole d’ordine dello striscione
“dalla Tunisia all’Egitto con le masse in rivolta” è diventato il loro
striscione tanto che da subito un immigrato l’ha sostenuto e lo metteva
ben in vista: Ma anche la bandiera rossa con la falce e martello è
diventata la sua bandiera tanto da portala per tutto il tempo. Ma lo
striscione e la bandiera sono state in prima fila in quello che da
presidio si è trasformato, imponendolo, in corteo con la
determinazione, degli immigrati, che lo striscione e la bandiera
dovevano stare in prima fila. Non è stato un corteo “normale”, di
quelli soliti a cui siamo abituati, violenti o pacifici che siano, ma
un moto continuo che mostrava cosa sono le masse in tumulto. Gli slogan
erano in arabo, ma questo non ha impedito che non lo si scandisse anche
noi, facendoceli tradurre e imparandoli immediatamente. Slogan il cui
significato era “Mubarak assassino” “Mubarak fai le valigie, questo è l’
ultimo giorno”. Certo tante erano le anime dagl’islamisti ai
nazionalisti ai conciliatori (quelli filo Cub), ma la rabbia era unica.
Una rabbia che non ne voleva sentire di chiudere la manifestazione,
nonostante lo sbracciarsi di quelli della Cub. E li basta che dicessimo
che non era accettabile finirla lì perche anche in queste ore viene
versato il sangue del popolo, i loro fratelli i nostri fratelli, che il
moto riprendeva, tanto che lo striscione e la bandiera di proletari
comunisti non spaventavano gli islamici che ci porgevano il megafono per lanciare “Mubarak assassino” che diventava il coro di
tutto il corteo. Dopo più di due ore e con molta fatica, degli
organizzatori, il moto si è fermato, in maniera apparente, ed è stata l’
ora dei saluti, dei ringraziamenti, ma anche e soprattutto degli
appuntamenti: primo febbraio stessa ora si ripete.
Circolo
proletari comunisti Milano

pc quotidiano 31 gennaio - contro la nocività del capitale: la “fame” di rottami da parte delle acciaierie,

la “fame” di rottami da parte delle acciaierie, così i padroni mettono a rischio radiazioni operai e popolazione



Alfa Acciai, tir con scorie radioattive
domenica 30 gennaio 2011
(red.) Scorie radioattive da Brescia alla Sardegna. Tre tir con 70 tonnellate di materiale, proveniente dall'Alfa Acciai di San Polo stando alle bolle d'accompagnamento, sono stati fermati prima di entrare nella Portovesme srl, azienda della provincia di Iglesias che recupera i metalli dagli scarti di fonderia.
L'allarme dell'azienda, scattato al passaggio del primo camion, ha fatto arrivare sul posto i tecnici dell'Arpas che hanno confermato la presenza di radioattività. I livelli, definiti "bassi", non sono però stati resi noti.
Il carico era passato indenne sia a Genova che all'arrivo nel Porto canale di Cagliari.
Il carico è stato bloccato, come da prassi, all'ingresso della fabbrica per gli accertamenti. Nonostante le bolle di accompagnamento attestassero valori nulli di radioattività, i dispositivi radiometrici della Portovemse srl hanno rilevato livelli superiori alla norma. In particolare, è stata riscontrata una contaminazione da Cesio 137.
Sul posto sono giunti i carabinieri del Noe e i tecnici dell'Arpas, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, che hanno inviato un rapporto informativo alla procura della Repubblica di Cagliari. Tutta la zona circostante l’area di parcheggio dei tre automezzi è stata interdetta e i tre camion provenienti da Brescia trasferiti immediatamente nell’area riservata.
Ora sul caso è stato aperto un fascicolo per traffico di rifiuti pericolosi, mentre si attende l'arrivo in Sardegna dei tecnici dell'Alfa Acciai, azienda già nel '97 coinvolta in un caso di inquinamento radioattivo. Stavolta è da capire come mai le scorie non siano state rilevate prima dell'arrivo nell'iglesiente. L'azienda di San Polo, infatti, è dotata per legge della tecnologia necessaria e controlli vengono effettuati anche nei porti. Lunedì mattina verranno eseguiti ulteriori accertamenti con i tecnici di Alfa Acciai.


Alfa Acciai: "Non c'è pericolo"
lunedì 31 gennaio 2011

(red.) ll direttore generale dell'Alfa Acciai di Brescia, Giuseppe Cavalli, ha escluso la presenza di tracce radioattive all'interno del suo stabilimento e ha garantito anche il corretto funzionamento dell'impianto radiometrico.
Eppure secondo i tecnici Arpas (l'agenzia regionale per l'ambiente sarda) la quantità di becquerel riscontrati sui fumi provenienti dall'acciaieria bresciana i forni Waeltz della Portovesme Srl, l’azienda sarda che ricicla i fumi di fonderia, per recuperare piombo e zinco, presenterebbero una percentuale, seppur bassa, di radioattività.
L’azienda ha precisato che nelle giornate di giovedì e venerdì i tecnici interni di Alfa Acciai e il personale degli organi di controllo del Noe e dell'Arpa di Brescia hanno effettuato i controlli dai quali non sono emerse né la presenza di tracce di radioattività, né il mancato funzionamento di tutti i dispositivi di controllo.
Il direttore Cavalli, in attesa di conoscere i risultati degli accertamenti ha affermato che “non c'è alcun pericolo per le maestranze, che tutto il rottame in entrata passa per l'impianto radiometrico”.
La vicenda ha suscitato l’allarme delle associazioni ambientaliste: Il Codisa, il Comitato difesa salute ambiente del quartiere cittadino di San Polo, ha parlato di Fatto “molto grave”, sottolinenando come si tratti della “seconda volta che si verifica questa grave mancanza da parte dell'Alfa Acciai e che un carico contaminato venga accettato e passi all'interno di tutto il ciclo produttivo prima che qualcuno lo rilevi”, chiedendo al sindaco di Brescia Adriano Paroli e all'assessore all'Ambiente Paola Vilardi, di convocare “lunedì l'osservatorio sull'Alfa Acciai”.
In Sardegna alla preoccupazione dei residenti e dei sindacati ha fatto eco la voce del consigliere regionale dei Rossomori Claudia Zuncheddu la quale ha detto di avere appreso “con grande preoccupazione che tre camion carichi di scorie radioattive partiti da Brescia, dopo aver viaggiato per mezza Italia sono stati bloccati prima che il materiale venisse avviato alla produzione”. “Che il polo industriale del Sulcis sia al centro di traffici illegali di rifiuti altamente tossici, non è una novità”, ha aggiunto il consigliere della regione sarda, “la stessa contaminazione delle falde è stata accertata dai carabinieri del Noe. I tempi d’intervento sulla tutela della salute in Sardegna sono lenti e nessuno indaga a fondo sulle conseguenze per la vita dei cittadini”.

il precedente.....

(31 maggio 1997) - Corriere della Sera

L' Usl si oppone al cimitero di scarti nucleari nella fabbrica sotto accusa per la fuga di cesio e cobalto
" Via da Brescia le scorie radioattive "
Per pulire il forno contaminato, 600 operai in cassa integrazione

----------------------------------------------------------------- L'Usl si oppone al cimitero di scarti nucleari nella fabbrica sotto accusa per la fuga di cesio e cobalto "Via da Brescia le scorie radioattive" Per pulire il forno contaminato, 600 operai in cassa intregrazione BRESCIA - E' cassa integrazione: per i lavoratori dell'Alfa Acciai di Brescia, dove il 13 maggio scorso e' stata registrata una fuga radioattiva, con rinvenimento di Cesio 137 e Cobalto 60. Da lunedi' prossimo, fino alla prima settimana di agosto l'azienda di San Polo che fa capo alle famiglie Lonati e Stabiumi, fara' ricorso alla cassa integrazione. Il provvedimento interessera', complessivamente, seicento operai e cento impiegati, a rotazione, su un totale di circa novecento dipendenti. "Uno dei due forni in dotazione - sottolinea la direzione dell'azienda, che ieri ha raggiunto l'intesa con i sindacati - e' fermo in conseguenza del rinvenimento di Cesio 137 nella seconda linea di fusione. Sul fronte delle indagini Paola De Martiis, titolare dell'inchiesta avviata ipotizzando il reato di disastro colposo, prosegue gli accertamenti tesi a individuare l'esatta provenienza del materiale radioattivo. L'indagine dovra' fare luce anche su eventuali atti di sabotaggio come ipotizzato dall'azienda: "La fuga radioattiva - sostiene la direzione - potrebbe essere stata provocata dall'esterno". A San Polo, intanto, i cittadini, abituati da tempo a convivere con diversi rischi ambientali, temono nuovi pericoli. Neppure le rassicurazioni fornite dal responsabile del servizio Igiene pubblica dell'Ussl 18, Sergio Carasi, circa l'assenza di altre fonti di contaminazione, sono servite a rassicurare gli animi. Il Cesio 137 e il Cobalto 60 per il momento sono al sicuro, ma le polveri contaminate resteranno a San Polo. Lo prevede il piano di bonifica che la Nucleco (azienda legata all'Enea) ha preparato per l'Alfa Acciai. Secondo la Nucleco le polveri al Cesio andranno infilate in sacchi di polietilene e poi chiuse in bidoni di acciaio a loro volta affogati in "siluri" di cemento, che saranno sistemati nel retro dell'Alfa e nascosti dentro un capannone speciale. Ma Sergio Carasi non ci sta: "Non voglio che sia realizzato un cimitero nucleare, anche se ben fatto, nel mezzo di un quartiere di trentamila abitanti".

Cassamali Carlo