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dal blog Maoistroad
Combattere, non arrendersi: l’appello immortale del compagno
Comrade Basavaraj
K. Murali @ Ajith
Il messaggio del martirio del compagno Basavaraj
(Messaggio inviato alla conferenza stampa del FACAM a Delhi, 3 Novembre 2025)
Per eliminare il movimento maoista in Bastar e attuare il suo piano a lungo termine di evacuare con la forza la popolazione indigena Adivasi dalla regione, per poterla consegnare a imprese indiane e straniere, lo stato indiano ha lanciato una feroce campagna di repressione nota come Operazione Kagar.
Come parte di essa, ha persino effettuato ripetuti bombardamenti aerei sui villaggi Adivasi. Quasi la metà delle persone uccise dallo Stato indiano negli ultimi mesi , compresi bambini, sono Adivasi. Diversi importanti attivisti per i diritti umani hanno espresso profonda preoccupazione per la situazione e hanno invitato il governo indiano, così come la direzione del partito maoista, a cessare il fuoco e ad avviare colloqui.
La direzione del partito ha accolto l’appello e dichiarato unilateralmente un cessate il fuoco, invitando il governo a fare lo stesso e a creare condizioni favorevoli per i colloqui. Invece di rispondere positivamente, lo stato indiano ha continuato la sua omicida campagna di repressione. Ha accerchiato e
ucciso il segretario del PCI (Maoista), il compagno Basavaraj, e quelli che lo scortavano. In violazione di qualsiasi legge, è stato rifiutato di consegnare i corpi di questi compagni ai loro parenti per una degna cremazione. Sono stati portati via di nascosto e subito bruciati. Con questa viltà lo Stato indiano ha mostrato il suo carattere disumano.A complemento, un gruppo di traditori guidato dalla cricca Sonu-Rupesh sta ora calunniando il compagno Basavaraj nel modo più atroce. Affermano che era favorevole a deporre le le armi e alla resa. Deridono così l'eroica resistenza opposta dal compagno Basavaraj e dai suoi compagni, nonostante fossero in netta inferiorità numerica e si trovassero di fronte a un nemico di gran lunga più forte. Quei compagni scelsero di combattere fino alla fine. Non di arrendersi. Piuttosto sono caduti tenendo alta la bandiera fiammante della rivoluzione, nella vera tradizione comunista, dando così gloriosi esempi di sacrificio.
Recentemente, Soni Sori, nota attivista per i diritti umani degli Adivasi, ha posto alcune opportune domande a quelli che si sono arresi. Ciò significa che gli Adivasi hanno ora diritto al loro Jal-Jungle-Zameen? Significa che il governo sgombererà i campi militari dalla regione? Significa che alle aziende straniere e indiane non sarà permesso di devastare quella terra per i loro profitti? Chiunque abbia anche solo un minimo di familiarità con le politiche e gli interessi di chi è al potere in questo paese conosce le risposte a queste domande. Non accadrà nulla del genere. Anzi, il rapace rapace saccheggio della regione si intensificherà. Ciò richiede lotta, non resa, da parte degli oppressi e di quelli che si schierano dalla loro parte. Ciò richiede che si mantenga la gloriosa tradizione di grandi martiri, come il compagno Basavaraj.
(Message sent to FACAM’s press conference at Delhi, 3rd November, 2025)
In order to eliminate the Maoist movement in Bastar and carry out it’s long term plan to forcibly displace the indigenous Adivasi population from that region, so that it can be handed over to Indian and foreign corporates, the Indian state has been carrying out a vicious campaign of suppression known as Operation Kagar. As part of this it has even carried out repeated aerial bombing of Adivasi villages. Almost half of those killed there by the Indian state in recent months are Adivasis, including children. Several leading human rights activists had expressed grave concern over the situation and called upon the Government of India, as well as the leadership of the Maoist party, to ceasefire and initiate talks. The leadership of that party responded to this call and unilaterally declared a ceasefire, calling on the government to follow suit and create conducive conditions for talks. Instead of responding positively to this the Indian state continued its murderous campaign of suppression. It encircled and shot down the secretary of the CPI (Maoist), comrade Basavaraj and those accompanying him. Violating all norms, it refused to handover the bodies of these comrades to their relatives for a proper cremation. Instant it surreptitiously carted away the bodies and burnt them. This was the dastardly manner by which the Indian state revealed its inhuman character. Complementing it, a bunch of traitors headed by the Sonu- Rupesh clique are now slandering comrade Basavaraj in a most heinous manner. They claim that he was in support of laying down arms and surrendering. They thus mock the heroic resistance put up by comrade Basavaraj and his companions, despite being heavily outnumbered and facing a far superior force. Those comrades chose to fight to the end. They were not for surrender. Instead they went down holding up the blazing banner of revolution in the true communist tradition, thus setting glorious examples of self-sacrifice.
Recently, Soni Sori, the well known Adivasi human rights activist, has put some very relevant questions to those who surrendered. Will this mean that the Adivasis will now have the right to their Jal, Jungle and Zameen? Does this mean that the government will withdraw armed camps from that region? Does this mean that foreign and Indian corporates will not be allowed to ravage that land for their profits? Anyone even slightly familiar with the policies and interests of the rulers of this country knows the answers to these questions. Nothing of that sort is going to happen. Rather, rapacious plunder of that region is going to intensify. That calls for struggle, not surrender, on the part of the oppressed and those who side with them. That calls for upholding the glorious tradition of great martyrs like comrade Basavaraj.

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