venerdì 24 ottobre 2025

pc 24 ottobre - Dalle fabbriche la linea dell'autonomia operaia

La prima considerazione, a premessa, è che in una società capitalista fondata sull'antagonismo tra padroni operai, Capitale e lavoro, la lotta di classe non sta ferma, nel senso che se non la fanno gli operai, sono i padroni che ogni giorno la fanno, cercando di imporre i loro interessi di classe.

Un sindacalista della FIOM ha rilasciato una notizia sulla situazione della Stellantis in cui praticamente emerge in maniera chiara la necessaria ripresa della lotta di classe del nostro Paese e quindi la necessità di avere una visione autonoma da padroni e governo, a partire dall'analisi del contesto in cui si inseriscono le crisi, di cui sono lo specchio le grandi vertenze aperte e che sono all'interno della crisi mondiale del sistema capitalista/imperialista.

Come più volte abbiamo detto, nelle grandi questioni della Stellantis, del gruppo dell'auto, della questione dell'Ilva, la più grande fabbrica a livello europeo dell'acciaio essenziale per la produzione del nostro Paese, la logica che muove i sindacalisti è quella di trovare la soluzione all'interno di questo sistema e quindi con le conseguenze che vengono scaricate sugli operai. Questa è la logica che guida la dinamica sindacale che si riproduce in tutte le altre battaglie che sono ancora aperte in primis la questione del salario degli operai e la battaglia del contratto dei metalmeccanici.

La lotta operaia è necessaria anche rispetto alla finanziaria di questo governo, ad esempio sulle

pensioni, in cui l'età viene alzata attaccando la maggioranza degli operai. Questo governo in campagna elettorale aveva detto "via la legge Fornero", riduzione della pressione fiscale complessiva, soldi in tasca ai lavoratori... Ma cosa è rimasto di tutto questo? In questa finanziaria abbiamo l'aumento dell'età pensionabile dal 2026 di un mese ogni anno, e quindi non intacca né modifica la Fornero, l'aumento della pressione fiscale complessiva che tocca il nuovo record assoluto nel 2025 del 42,80%; mentre per quanto riguarda i soldi in tasca ai lavoratori si fa demagogia e populismo, perché quello che viene

modificato vale solo per chi ha una retribuzione RAL Lorda annua da 30 mila Euro in su fino a 50 mila Euro lordi, per tutti gli altri nulla.

Noi lavoriamo per modificare questa situazione nelle fabbriche in cui siamo presenti. Come comunisti ci occupiamo “del grano e del sale” quotidianamente, che vuol dire della condizione della classe operaia, delle masse proletarie del nostro Paese, per costruire una risposta di difesa attraverso una battaglia sindacale di classe; inseriamo questo lavoro nella visione della situazione internazionale, della realtà di questo “nuovo vento” che si è comunque iniziato ad alzare anche nel nostro Paese grazie alle mobilitazioni per la Palestina, che significa necessità di ribellione a questo sistema, necessità di lottare per una causa, di lottare contro le cause a fondamento di questo sistema capitalista e imperialista che genera sfruttamento, miseria, guerra e fascismo.
Da questo emerge il tipo di battaglia che viene portata nella realtà quotidiana delle fabbriche. 

Non è un caso che gli operai non siano ancora scesi in campo come sarebbe necessario; ci sono tante incrostazioni da rimuovere frutto di tutti questi anni in cui la presa mortale anche da parte di sindacati confederali sempre più collaborazionisti, unita alla politica di governi di falsa sinistra, in particolare del PD, hanno generato una situazione nelle fabbriche che non può che essere affrontata se non riportando al centro la questione della lotta, la questione degli scioperi, la questione di avere un'autonomia di pensiero e anche di organizzazione. Questo significa autonomia dai padroni, dal governo e da tutte quelle altre classi che, per avere le briciole, difendono questo sistema, tra cui anche una parte di aristocrazia operaia.

Serve una nuova unità che nasce dalla "guerra civile" in fabbrica, dallo schierarsi contro chi sta con i padroni, i governi, come chi sta con il genocidio in Palestina, in cui, come abbiamo visto negli ultimi scioperi, o si sta con l'umanità o si sta con la disumanità; come sulla questione del razzismo contro i migranti, ecc..

Quindi la lotta, ma con al centro gli interessi di classe degli operai, questo è il motore che deve riprendere, perché mai come oggi gli operai non hanno nulla da perdere se non le loro catene e un mondo nuovo da conquistare, senza sfruttamento, guerra, genocidi. Ma questo deve passare attraverso il rovesciamento della situazione, partendo dalla realtà e non dalle proprie idee.

E' necessario riportare al centro un'analisi marxista della realtà, dei fenomeni che stanno dietro a tutte le varie prese di posizioni, anche dei sindacati confederali, che accettano la logica del sistema capitalistico e quindi non possono combattere alla radice. Noi abbiamo ripreso la Formazione marxista, attraverso le lezioni sul 1° libro de Il Capitale, come parte della lotta di classe che deve riprendere nel nostro paese.

Tornando all'esempio del sindacalista Fiom. Il ragionamento che fa avalla le 400 assunzioni che ci saranno a Mirafiori quando loro stessi dicono che sono stati persi 10.000 posti di lavoro in 4 anni e mezzo; tra l'altro dice che però non ci sono certezze sugli investimenti nel nostro paese in quanto l'azienda e i padroni li vincolano ad un allentamento delle norme ambientali europee. Ma se accettiamo questo piano non c'è gioco, i padroni dal loro punto di vista hanno ragione, siamo in un sistema capitalista, i padroni producono, investono dove fanno il massimo dei profitti, dove riescono a sfruttare sempre di più gli operai; ma questa è la legge del sistema capitalista contro cui è sempre più urgente per gli operai costruire la forza per ribaltarlo.

Anche i cosiddetti analisti economici del Partito democratico agiscono con la stessa logica. C'è per esempio una dichiarazione di Misiani, il responsabile economico del PD, che avvalla la tesi di Confindustria. Questi da un lato denunci: “Dazi allarme Confindustria per il crollo delle vendite negli USA, Meloni ignora il problema quindi utilizza strumentalmente il discorso dei Dazi imposti dagli USA che stanno mettendo in ginocchio settori chiave del nostro manifatturiero", e contesta che il governo non si muove per contrastare questa azione. Dall'altro, il PD, da servo sciocco, sostiene che la soluzione sia quella di compensare attraverso soldi ai padroni che sono colpiti da quella che chiamano tra l'altro in maniera impropria “competizione sleale”. 
Questo discorso degli USA sui Dazi si collega alla questione iniziale che abbiamo portato con l'esempio della Stellantis, in quanto gli investimenti che vogliono fare i padroni, 13 miliardi di dollari negli USA, sono vincolati al fatto che vengano allentati dal governo fascista imperialista Trump i cosiddetti "vincoli ambientali e quindi se si sposa questa logica dovremmo chiedere anche all'Europa di diminuire questi vincoli ambientali". Ma se questa è la realtà da cui partono i sindacati siamo già morti prima di iniziare la guerra per poterci difendere. Così si rinuncia a costruire piattaforme di classe, ad esempio nel settore auto, nella siderurgia, su degli obiettivi chiari di difesa di occupazione, salario, in cui il centro è che non devono essere scaricate sugli operai gli effetti della competizione e la questione ambientale. Ma questo non può funzionare se l'obiettivo è chiedere investimenti all'amministratore delegato di Stellantis perché è chiaro che investimenti significa aumento dello sfruttamento dei lavoratori.

La stessa questione in forme diverse ce la ritroviamo anche all'ex Ilva di Taranto in cui - non mi dilungo in quanto ci sono già state vari speciali che analizzano più nel dettaglio la questione - anche qui c’è la contraddizione centrale tra lavoro e ambiente; ma il problema, come diciamo noi all'Ilva/appalto di Taranto, è molto semplice: nocivo è il capitale non la fabbrica, e quindi sono solo gli operai, attraverso una lotta prolungata, la piattaforma operaia portata dallo Slai cobas sc, che possono risolvere questa contraddizione a loro favore, e non vi sono altre strade.

Un'altra questione aperta molto importante è la questione del salario e del contratto dei 1.600.000 metalmeccanici.

Abbiamo portato nella lotta per il contratto l’appello che questa battaglia non si può perdere. Anche perché, come è sempre stato nella storia del movimento operaio, se sono i metalmeccanici a fare un passo in avanti in questa vertenza significa fare un passo in avanti per tutta la classe operaia, a partire dagli aumenti salariali, che non possono essere una miseria come altre volte e come si sta profilando in questo contratto attraverso gli incontri che si stanno succedendo velocemente per chiuderlo, con un adeguamento della paga base solo relativo all'indice IPCA, che vuol dire senza i costi dell'aumento dell'energia - quelli che sono quotidiani per gli operai, come la benzina e il riscaldamento - e poi relegare l'aumento ulteriore ad innovazioni organizzative in azienda, facendo riferimento al "patto di fabbrica", un accordo stipulato tra padroni e sindacati che ha portato in questi anni a peggioramenti in fabbrica, perché ha legato sempre più una parte del salario all'aumento dello sfruttamento e all'organizzazione del lavoro invece che aumenti sicuri e per tutti.

Uno sciopero generale sarebbe necessario, sia su questa questione centrale del salario, sia sulla questione della condizione della sicurezza/salute operaia, delle morti in fabbrica che sono una guerra quotidiana verso gli operai. Qui accenniamo solamente ad alcuni dati: nel 2025 i morti sul lavoro sono finora 674, gli infortuni tra le donne e gli over 59 aumentano, così come le malattie professionali che crescono del 9%. Anche questa grave questione deve essere portata con forza nei posti di lavoro. Noi sia lì dove siamo, sia a livello nazionale con la Rete nazionale per la sicurezza e la salute sui posti di lavoro, su questo dove è possibile facciamo iniziative di lotta, fermate, portiamo una piattaforma che negli anni ha raccolto obiettivi reali che possano difendere la salute e la vita degli operai; facciamo azioni anche legali contro i padroni, i responsabili di infortuni, morti. Basta con le parole e i lamenti del giorno dopo dei sindacati confederali! 

La CGIL ha indetto in una mobilitazione nazionale per il 25 ottobre a Roma; certo, vengono agitate alcune di queste questioni, ma non si vuole fare uno sciopero generale e questa mobilitazione viene alla fine ridotta alla finanziaria del governo che aumenta la pressione fiscale, aumenta l'età pensionabile; ma non pone in maniera chiara e netta la questione salariale dei lavoratori.

Quindi, ci troviamo con una mobilitazione che non viene fatta entrare nei posti di lavoro - in grosse fabbriche, come esempio la Tenaris Dalmine, non vengono fatte neppure delle assemblee -; non c'è nessuna volontà di aprire una battaglia campale come dovrebbe essere, facendo chiarezza contro quelle che sono le altre posizioni, ad esempio della CISL ormai passata armi e bagagli col governo - basta vedere che il loro segretario è diventato sottosegretario alla presidenza del consiglio con un dicastero ad hoc, 60 dipendenti e quindi, da questo sindacato che si è schierato apertamente con la politica del governo Meloni cosa vogliamo aspettarci? 

Quindi la mobilitazione della CGIL non costruisce le condizioni perché si riapri uno scontro effettivo tra due posizioni, chi sostiene e chi è contro il padrone e il governo, tra interessi dei padroni o interessi degli operai.

Questo sistema non può essere riformato, deve essere rovesciato, deve essere messo al centro la costruzione effettiva di un potere in mano agli operai e di un governo che realizzi i bisogni essenziali.

Questo è un lavoro che facciamo e che continueremo a fare. 

Abbiamo fatto circolare e approvare in vari posti e settori di lavoro una mozione operaia contro il riarmo e la guerra, lavoro non guerra; perchè senza una mobilitazione a partire dalle fabbriche, dalla presa di coscienza degli operai, non c'è prospettiva contro la guerra dei padroni e del loro governo della guerra. Nello stesso tempo, non si può slegare la questione della lotta a sostegno del popolo palestinese con quella che è la lotta contro la finanziaria che va ancora ad ingrassare banche, padroni e speculatori e mette al centro ancora miliardi per le armi.

Fuori dai cancelli delle fabbriche ci ritroviamo anche di fronte a chi ci dice: “ma dov'è Landini che non ha fatto lo sciopero per le pensioni e si muove per la Flottilla”? Noi diciamo “bravo, tu che non ti sei mosso per la Flottilla ti sei indebolito, perché muovendoti per la Flottilla, per la Palestina eri più forte contro questo governo che in questo momento sta dando priorità alle armi anche nella finanziaria, le due questioni sono collegate”.

Questo lavoro noi lo facciamo lì dove siamo, con lo spirito di servire il popolo. Mentre la CGIL utilizza mobilitazioni come quella del 25 ottobre pro domo sua per recuperare la sua credibilità. La cosiddetta “rivolta sociale” di Landini si è trasformata nel suo contrario, e non permette di mettere in moto un meccanismo in cui si rompano tutte le varie concertazioni. Le forze della CGIL lavorano per continuare ad alimentare un'illusione in un sistema democratico che dobbiamo difendere. Certo che la democrazia è in pericolo ma perché abbiamo un governo fascista, e quindi il problema è che solamente mettendo al centro il fatto di ribaltare questo governo si può difendere anche la democrazia.

Dall'altro dobbiamo dire che alcuni sindacati di base - vedi in particolare Usb - non si muovono nel vento che la Palestina ha portato ma sono sempre improntati sul “noi”, sull’autoreferenzialità e in particolare alcuni aspirano a diventare la nuova CGIL, la nuova via democratica, il nuovo riformismo elettorale e tutto quello che ne comporta. Così diventano anche questi arnesi non utili agli operai.

Ci sarebbero tutte le condizioni oggettive per smantellare pezzo pezzo anche la propaganda quotidiana che la stampa, la Tv governativa fa nelle fabbriche, per indebolire gli operai su tutti gli aspetti, ma questa opportunità non viene ancora presa in mano direttamente dai lavoratori, dalla classe operaia.  Questo lo sappiamo, non siamo idealisti, è un lavoro che non va avanti spontaneamente ma serve un intervento cosciente, un lavoro di organizzazione in particolare tra le avanguardie operaie, ed è questo il lavoro che noi stiamo facendo.

I padroni in tutta questa situazione si sentono forti per il momento. Cercano sempre di più, di avere dal governo un piano industriale per il paese non di un anno ma di tre anni, come dice Orsini. Per i padroni è fondamentale avere una visione del paese nella sua interezza.

Ma se i padroni hanno un piano complessivo e vanno avanti, anche noi, il proletariato, gli operai, la classe operaia, le forze comuniste che lavorano quotidianamente per il sindacato di classe dobbiamo sviluppare il nostro piano; utilizziamo tutte le contraddizioni per fare dei salti frutto della lotta, di rotture, di ribellioni: operiamo per l'autonomia operaia, l'organizzazione e la lotta di classe.

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