“Preferiamo morire piuttosto che andarcene”
da infopal
Gaza – ...Gli abitanti del nord di Gaza che in precedenza erano fuggiti ai bombardamenti israeliani verso sud hanno trovato solo perdita, distruzione e rifugi fatiscenti, e sono determinati a non ripetere l’esperienza.
Abu Ahmad, insegnante e padre, ha descritto i mesi di assalto israeliano a Deir al-Balah, nel centro di Gaza: “L’esperienza ci ha segnati per la vita… andarsene è la scelta più costosa. Restare, per quanto difficile, resta la scelta migliore… Andarsene ora significherebbe che Gaza è persa per sempre. Non torneremo mai più. Questo è ciò che Israele vuole”.
Abu Adel, cinquantenne, ha aggiunto: “Non siamo andati via la prima volta, e non ce ne andremo
nemmeno questa volta… Potrei piangere per la mia città se dovessi lasciarla e non rivederla mai più”.Il costo dello sfollamento è enorme, secondo i residenti. Marwan Al Souri, che era già fuggito a sud ed era poi tornato, ha raccontato il peso economico: “Solo trasportare i mobili verso sud costa almeno 1.000 dollari… Molte famiglie come la nostra hanno deciso di restare perché semplicemente non possono permettersi di fuggire”.
Le famiglie devono pagare oltre 700 dollari per il trasporto verso sud, circa 1.000 dollari per una tenda — se disponibile — e tra il 30 e il 40% di commissione agli intermediari lungo la strada. Altri sottolineano che, con opzioni di trasporto limitate o inesistenti e condizioni economiche disperate, molti semplicemente non hanno i mezzi per intraprendere il viaggio verso sud. Le cosiddette “zone sicure” nel sud, in particolare al-Mawasi e Deir al-Balah, sono già sovraffollate, prive di risorse e soggette a ripetuti attacchi israeliani.
Amal Seyam e altri residenti segnalano la diffusa mancanza di igiene, cibo e ripari negli accampamenti di tende. Il sud non è un rifugio. È un altro massacro, una trappola mortale di massa per civili.
“Non torneremo nel sud della Striscia di Gaza. La morte è la stessa qui e là. Non c’è spazio per nessuno a al-Mawasi o a Deir al-Balah”, ha aggiunto Shaban.
Molti palestinesi temono che fuggire significhi perdere per sempre la propria città. Una volta sfollati, il ritorno potrebbe diventare impossibile, riecheggiando i precedenti sfollamenti forzati da Rafah, Beit Lahiya e Beit Hanoun.
Muhammad Zein al-Din, arrivato nel sud, ha detto: “Stiamo fuggendo da una morte verso un’altra… appena siamo arrivati a Mawasi, le forze israeliane hanno bombardato la zona”.
Umm Ahmad, che ha perso la sua casa sotto i bombardamenti, ha comunque rifiutato lo sfollamento verso sud: “Non vogliamo morire, ma non abbiamo paura della morte… ogni giorno moriamo mille volte”.
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