Corrispondenza da Tunisi
Lo scorso 31 luglio Giorgia Meloni ha effettuato una visita lampo in Tunisia (poco più di un'ora per poi ripartire immediatamente alla volta della Turchia) incontrando il presidente della repubblica, e capo dell'esecutivo de facto, Kais Saied.
Con questa, seppur breve, visita istituzionale che segue quella dello scorso aprile, il governo italiano riafferma il proprio interesse strategico a mantenere buone relazioni con il regime tunisino al fine di favorire i propri interessi non solo in Tunisia ma anche nell'area del Nord Africa.
Infatti dopo lo scoppio della guerra tra Ucraina e Russia e le conseguenti sanzioni imposte alla Russia sulle proprie esportazioni di gas verso i paesi dell'UE, l'Algeria è diventato il primo esportatore di gas verso l'Italia, tramite due gasdotti della rete Transmed, uno dei quali passa dalla Tunisia verso la Sicilia (mentre l'altro dall'Algeria arriva direttamente in Sardegna).
L'interesse dell'imperialismo italiano nei confronti della "sponda sud del Mediterraneo", utilizzando spesso la formula pomposa di "Piano Mattei", é quindi crescente.
Tre sono stati i temi centrali del bilaterale: contrasto all'immigrazione e quote di ingresso di forza lavoro tunisina per l'Italia, investimenti italiani nel settore energetico, investimenti italiani nel settore agricolo.
Per quanto riguarda il primo tema nulla di nuovo sotto al sole: il comunicato ufficiale di palazzo Chigi elogia la Tunisia per "l'eccellente cooperazione in materia migratoria", e non potrebbe essere altrimenti dato che il regime Saied negli ultimi due anni ha usato il pugno duro contro i migranti per garantirsi i finanziamenti italiani ed europei. Nel paese si sta costruendo un vero e proprio clima di terrore verso i migranti tramite deportazioni di massa verso le aree desertiche frontaliere o verso aree agricole nella regione di Sfax. Quest'ultimo caso é emblematico.
Il regime tunisino, un anno fa, dopo aver deportato migliaia di migranti da tutto il paese (in particolare
dalla capitale) verso la regione di Sfax, obbligando i migranti ad installarsi e quindi ad "occupare" terreni agricoli (in particolare uliveti) e provocando delle frizioni con la popolazione locale ed i proprietari, poi sfociate in atti di razzismo e violenze, nei mesi scorsi lo stesso governo ha sgomberato i campi profughi improvvisati ed autogestiti dai migranti con altrettanta violenza.Con un gioco delle tre carte il regime Saied ha prima provocato la crisi dei campi profughi di Sfax per poi intervenire nuovamente presentandosi come risolutore della crisi stessa. Adesso con i finanziamenti europei ed italiani la parola d'ordine é "rimpatrio volontario": i migranti sgomberati e derubati dalla polizia di denaro ed effetti personali, sono invogliati a raggiungere nuovamente la capitale e ad unirsi ai voli di rimpatrio verso i propri paesi.
Questo è stato l'oggetto principale di discussione tra le due parti. Per quanto riguarda questo punto, ancora una volta Saied incassa gli elogi e allo stesso tempo replica con le lamentele circa la scarsità di risorse e presenta la Tunisia come un paese vittima di un'ipotetica immigrazione massiccia (in realtà i dati ufficiali parlano di una presenza di circa 25.000 immigrati in un paese di 11 milioni e mezzo di persone) riaffermando la volontà che la Tunisia non diventi un "hub dell'immigrazione" e quindi chiedendo sempre più risorse.
Risorse finanziarie che l'imperialismo italiano negli ultimi anni ha elargito non solo sotto forma di pagamenti ma anche tramite la consegna di mezzi militari alla guardia costiera e alla guardia nazionale tunisina per meglio controllare le frontiere e respingere i migranti (causandone spesso la morte).
Evidentemente l'asse Meloni-Saied sulla questione migratoria converge su una stessa cornice ideologica che si basa sulla narrazione di un ipotetico complotto delle "plutocrazie" contro i due paesi e che giustifica qualsiasi mezzo portando come conseguenza lo sviluppo di sentimenti razzisti in entrambi i paesi.
Allo stesso tempo pero' l'Italia ha bisogno di manodopera tunisina a basso costo, allora alla condanna della "migrazione clandestina" e alla "tratta di esseri umani" il discorso complementare riguarda la formazione di tale manodopera in Tunisia (esternalizzando di fatto tale servizio ed abbassando i costi), al fine di "favorire l'immigrazione legale".
Una parte dei finanziamenti per questa operazione proviene dal progetto "Tunisie professionnelle" sponsorizzato dalle Nazioni Unite. L'ingresso dei tunisini in Italia é quindi vincolato dal fatto se tali persone siano utili o meno al capitalismo italiano in termini di produttività ed in tal senso il governo italiano al servizio dei padroni prova a minimizzare più che puo' i costi con la complicità del regime tunisino e delle istituzioni internazionali.
In tal senso é alquanto ridicolo sentire agitare da Saied il concetto di difesa della sovranità in materia migratoria quando il suo regime é al servizio degli interessi imperialisti italiani sia per quanto riguarda i migranti subsahriani che per quelli tunisini.
Gli altri punti abbordati fanno parte come sempre della retorica legata al cosiddetto "Piano Mattei", che più che un piano altro non si tratta che della politica estera imperialista e neocoloniale italiana nell'area del Mediteranneo e nelle aree che l'Italia vorrebbe che fossero di propria influenza.
E' stata ribadita nuovamente l'importanza del progetto Elmed, il cavo energetico sottomarino che collegherà i due paesi permettendo una maggiore esportazione di energia dalla Tunisia all'Italia (vedi nostri articoli precedenti). Il tutto ovviamente condito da una retorica sull'energia verde e rinnovabile, mentre ultimamente dei ricercatori tunisini stanno lavorando proprio sull'impatto negativo che avranno gli investimenti italiani e di altri paesi imperialisti sull'ambiente (prossimamente pubblicheremo un articolo dettagliato su questo).
Il terzo e ultimo punto riguarda invece un finanziamento italiano di 400 milioni di euro per il triennio 2025-2027 per i settori dell'agricoltura, dell'istruzione e per il già ricordato piano di formazione dei lavoratori.
In particolare per l'agricoltura è stato menzionato per la prima volta il progetto Tanit che si basa su due assi: la creazione di un "centro regionale di formazione agricola" ed il riutilizzo di acque reflue per l'irrigazione di campi agricoli. Sembra quindi che il capitale italiano voglia aumentare la propria presenza ed influenza anche nel settore agricolo del paese.
In Tunisia la propoganda di regime ha presentato la visita come un'occasione per Saied di "ricordare" alla Meloni il genocidio in corso a Gaza, tematica che invece non é stata nemmeno menzionata nello stringato comunicato ufficiale del governo italiano. Alcuni media e giornalisti tunisini oltre che a mettere in luce tale contraddizione hanno anche criticato il governo per non essere stati informati di tale incontro bilaterale: nessuna conferenza stampa é stata organizzata e la visita del primo ministro italiano é stata annunciata solo pochissime ore prima da un paio di testate giornalistiche. Inoltre mentre l'ufficio stampa della presidenza del consiglio italiana pubblicava il proprio resoconto poche ore dopo, la pagina facebook della presidenza della repubblica tunisina (unico organo ufficiale di tale istituzione) rendeva noto al pubblico l'avvenuta visita solo alle 22:00 locali, riprendendo grosso modo il comunicato italiano.
Con l'aumento della presenza nel paese di investimenti cinesi e russi, nel prossimo futuro la Tunisia potrebbe essere al centro di contraddizioni interimperialistiche per il controllo del Mediterraneo centrale da parte di Francia, Italia, USA, Russia e Cina.
Tunisia, il pugno duro di Saied attira le potenze mondiali: la Cina investe, la Russia esporta. E l’Europa si allontana

Il quarto anniversario della stretta autoritaria voluta dal Presidente tunisino Kais Saied è stata segnato da proteste e dimostrazioni, relativamente contenute. A Tunisi centinaia di persone, come ricordato dal Al Jazeera, hanno chiesto la liberazione dei molti prigionieri politici, tra cui ci sono attivisti, giornalisti, avvocati ed esponenti dell’opposizione, rinchiusi nelle carceri del Paese per la violazione delle leggi anti-cospirazione ed anti-terrorismo. Il 25 luglio del 2021 Saied, eletto alle elezioni presidenziali svoltesi alcuni mesi prima, ha sciolto il Parlamento, costretto il primo ministro alle dimissioni ed iniziato a governare per decreto ponendo fine, di fatto, al primo esperimento democratico nato in seguito ai moti della Primavera Araba del 2011. La democrazia tunisina, criticata da alcuni per aver dato vita ad una fase di instabilità politica e di crisi economica, era comunque stata caratterizzata dal pluralismo politico e da un miglioramento nella tutela dei diritti umani rispetto alla lunga dittatura guidata dall’ex Capo di Stato Ben Alì. La Tunisia ricopre una posizione strategica nello scacchiere mediterraneo e la svolta autoritaria di Saied ha, in un certo senso, semplificato il quadro politico nazionale ed anche l’interlocuzione con le grandi potenze regionali e mondiali. La Cina ha tratto vantaggio dalla situazione e, come altrove in Africa, ha potenziato le relazioni bilaterali con Tunisi siglando un accordo di partnership strategica nel maggio 2024 mentre la nazione nordafricana aveva già aderito, nel 2018, all’iniziativa commerciale della Nuova Via della Seta voluto da Pechino. Il commercio bilaterale ha registrato, malgrado le difficoltà legate alla distanza geografica, una crescita significativa nel 2023 mentre nel 2024 ha fatto segnare un +8 per cento rispetto all’anno precedente. Le aziende cinesi hanno investito in settori strategici dell’economia tunisina, come quello minerario, hanno fornito alle controparti locali prodotti di tecnologia avanzata. Pechino sfrutta l’intensificarsi delle relazioni commerciali ed economiche per rafforzare, in maniera progressiva ma decisa, la propria presenza nelle nazioni amiche a discapito di quella delle altre grandi potenze preferendo il peso dell’economia a quello dell’espansione tramite la forza

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