Fincantieri vede un peso sempre maggiore della divisione Difesa nel suo business futuro e mira a ottenere almeno 20 miliardi di euro dalle ricadute dei piani industriali europei per il rilancio delle spese militari. Lo ha dichiarato l’amministratore delegato Pierroberto Folgiero parlando con Bloomberg, sottolineando come il colosso italiano della cantieristica intenda sfruttare il “forte vantaggio derivante dalla gigantesca opportunità di un’impennata della spesa in Europa e all’estero”, concentrando in Italia la produzione di naviglio a usi militari, dato che “possiamo facilmente aumentare la capacità militare e semplicemente riallocare la capacità produttiva civile esistente altrove nel nostro vasto sistema”.
Fincantieri a tutto campo
La divisioni navi militari di Fincantieri dovrebbe, secondo i piani industriali, aumentare il suo impatto sul fatturato del gruppo dal 20% del 2024 al 30% del 2027, mentre quello delle navi da crociera è dato in discesa dal 44% al 35%.
, secondo i piani industriali, aumentare il suo impatto sul fatturato del gruppo dal 20% del 2024 al 30% del 2027, mentre quello delle navi da crociera è dato in discesa dal 44% al 35%.
Sono momenti pieni di affari per il gruppo navale triestino partecipato dallo Stato via Cdp Equity: pochi giori fa Fincantieri ha incassato un contratto da 700 milioni di euro dalla Marina Militare per costruire due pattugliatori polivalenti d’altura (Ppa) entro il 2029-2030 per sostituire due unità destinate all’Indonesia. In parallelo procedono i progetti per le fregate Fremm, mentre Fincantieri a febbraio ha firmato un contratto da mezzo miliardo di euro col governo degli Emirati Arabi Uniti per assistenza alla sua flotta e ha lanciato un partenariato con l’Arabia Saudita.
Inoltre, di recente Il Sole 24 Ore ha sottolineato che Fincantieri potrebbe essere in prima linea per rafforzare la United States Navy desiderosa di rilanciare la sua produzione cantieristica nel quadro di un piano che vuole aggiungere 100 navi in 30 anni, tramite la controllata di oltre Atlantico Fincantieri Marine Group che opera tramite 3mila dipendenti in tre cantieri navali in Wisconsin: Fincantieri Marinette Marine, Fincantieri Bay Shipbuilding, Fincantieri Ace Marine.
Le prospettive strategiche
Fincantieri, che dal 2022 a oggi ha quintuplicato il suo valore borsistico, al contempo sottolinea che vuole portare a 800 milioni di euro il margine della divisione sottomarina recentemente lanciata, quasi il 10% del fatturato, e, nota Bloomberg, starebbe pensando a un riassetto organizzativo: se la svolta verso il settore militare si consolidasse, esso diverrebbe il core business dei cantieri navali italiani, mentre “la Romania otterrebbe più lavoro nella fabbricazione dell’acciaio per le navi da crociera e il sito di Vung Tau in Vietnam che si occuperebbe di volumi più elevati di navi specializzate, dati i suoi costi favorevoli”, in un contesto in cui “l’assemblaggio finale dello scafo e l’allestimento delle navi da crociera di Fincantieri rimarranno negli stabilimenti italiani di Monfalcone, Marghera, Ancona e Genova”.
La domanda globale di navi da crociera, salita da una quota di 4,8 milioni di tonnellate nel 2023 a 6,6 milioni nel 2024 (67 navi), resta lontana dal picco pre-Covid di 9,5 milioni del 2019 e attori come Fincantieri devono giocare in parallelo puntando al maggior valore aggiunto e alle prospettive che la campagna di aumento delle spese militari può garantire. Grandi aziende strategiche, capaci di scalare industrialmente le politiche volte a aumentare la spesa militare e le capacità di deterrenza dei Paesi europei (e non solo) saranno fondamentali per trasformare in risultati concreti le importanti politiche di investimento proposte. E in campo navale, Fincantieri ha scelto di puntare a essere l’avanguardia europea assieme al sistema-Italia.
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