martedì 24 giugno 2025

pc 24 giugno - Cicli mestruali: un incubo silenzioso per le donne sfollate a Gaza


La maggior parte dei palestinesi uccisi da Israele a Gaza sono donne e bambini.

"Ciò che dovrebbe essere un aspetto naturale della vita di ogni donna è diventato un incubo" -  scrive Shaimaa Eid.

A Gaza, la guerra non si limita ai boati delle esplosioni, alla vista del sangue o alle macerie causate dai carri armati e dagli attacchi aerei, ma si estende in profondità, nei dettagli intimi della vita quotidiana, dove anche i bisogni più elementari diventano una lotta estenuante per la dignità e la sopravvivenza. Per molte donne e ragazze, l’avvicinarsi del ciclo mestruale non rappresenta più un problema personale, ma un incubo ricorrente amplificato da sfollamenti, povertà e guerra. Gli assorbenti igienici, largamente disponibili in gran parte del mondo, sono diventati un lusso inaccessibile nei campi profughi di Gaza. Una grave carenza, unita ai prezzi saliti alle stelle, lascia migliaia di donne senza accesso ai prodotti per l’igiene mestruale. Con la guerra in corso e la perdita dei mezzi di sussistenza, gran parte della popolazione di Gaza vive ora al di sotto della soglia di povertà, rendendo perfino impossibile accedere ad un minimo di igiene personale. Costrette dalle circostanze, le donne stanno ricorrendo a metodi rudimentali e poco sicuri per gestire il proprio ciclo mestruale, ad esempio riutilizzando ritagli di stoffa, spesso senza accesso ad acqua pulita, carta igienica o prodotti per l’igiene personale. Queste condizioni hanno provocato un gran numero di complicanze per la salute, molte delle quali impossibili da curare a causa dell’attuale assedio e del collasso del sistema sanitario di Gaza. Ma il problema non riguarda solo l’accesso agli assorbenti. Riguarda la dignità stessa delle donne.

Privacy “inesistente”.

La privacy è praticamente inesistente nei campi profughi sovraffollati dove, in molti casi, centinaia di persone condividono un unico bagno. Ragazze e donne devono attraversare lunghe file di persone in attesa per poter accedere ai bagni, cercando di nascondere ciò che portano in mano. L’umiliazione e l’ansia associate a questi momenti sono solo un aspetto di una crisi molto più ampia. In uno dei sovraffollati rifugi gestiti dalle Nazioni Unite a Khan Younis, Rawaan, 25 anni, siede in silenzio accanto alla madre, cercando di nascondere il suo disagio. Parla a bassa voce: “Mi vergogno e ho paura ogni volta che mi viene il ciclo. Non c’è un posto privato per la doccia, né assorbenti igienici. A volte sono costretta a usare vecchi panni o fazzoletti. Ho sempre paura che qualcuno possa accorgersene o sentire l’odore di qualcosa. Quello che dovrebbe essere un aspetto naturale della vita di ogni ragazza per noi è diventato un incubo”. Ma Rawaan non è l’unica. Centinaia di giovani donne sfollate lottano contro l’ansia e la totale mancanza di privacy in rifugi privi persino dei più elementari standard di igiene e cura personale. Questo trasforma un normale processo biologico in una fonte di profonda sofferenza psicologica e fisica.

Ansia e terrore.

Anche gli antidolorifici, comunemente usati per alleviare i dolori mestruali, sono scomparsi dalle farmacie a causa del devastante blocco israeliano che ha paralizzato la fornitura di medicinali a Gaza dall’intensificarsi della guerra, dopo il 7 ottobre 2023. Per molte donne sfollate, l’attesa del prossimo ciclo mestruale è pervasa dal terrore, che si aggiunge alla già lunga lista di orrori quotidiani: il ronzio costante dei droni, l’odore di morte per le strade, la scarsità di cibo e acqua e le estenuanti attività per la sopravvivenza dall’alba al tramonto. Immaginate di dover sopportare dolore fisico e sconvolgimenti emotivi in condizioni disumane, senza privacy, assistenza medica o persino la tranquillità psicologica necessaria per elaborare ciò che sta accadendo. Nel disperato tentativo di sopprimere completamente il ciclo mestruale, alcune donne e ragazze hanno fatto ricorso alla pillola anticoncezionale per ritardarlo pur sapendo che l’uso prolungato e non controllato di questi farmaci comporta gravi rischi per la salute. Tuttavia, la maggior parte delle donne risponde a questi rischi con un’amara frase: “Scegliamo il male minore”.

Negazione di un diritto fondamentale.

Questa non è semplicemente una storia sulla mancanza di assorbenti igienici. È una lotta più profonda per la dignità delle donne e il loro diritto a prendersi cura del proprio corpo in un modo che onori la loro dignità. A ogni donna sfollata a Gaza viene negato un diritto fondamentale che dovrebbe essere garantito a tutte le donne, indipendentemente dalla posizione geografica in cui vivono o dalle circostanze. E in una società conservatrice dove questi argomenti sono spesso avvolti dal silenzio, molte soffrono per la vergogna, incapaci di esprimere i propri bisogni o di chiedere aiuto. Le donne sfollate di Gaza sono anche costrette a sopportare problemi psicologici estremamente gravosi. Hanno perso la casa, ogni fonte di reddito e spesso i loro cari. Molte segnalano un peggioramento dell’ansia e della depressione, sintomi che incidono direttamente sulla loro salute generale e sulla loro resilienza. Servono urgentemente sistemi di supporto completi, sia psicologici che fisici. Tra questi, uno degli interventi più urgenti riguarda l’accessibilità ai prodotti per l’igiene mestruale che siano poco costosi, trattandosi di una necessità fondamentale, non di un lusso.

Il peso delle responsabilità.

In moltissime famiglie le donne sono diventate le uniche a provvedere al sostentamento dopo la morte o la scomparsa dei loro padri, mariti e fratelli. Queste donne portano sulle spalle il peso di intere famiglie. Lavorano dentro e fuori dalle tende, raccogliendo acqua in contenitori pesanti, facendo lunghe file per il pane o per gli aiuti alimentari, il tutto mentre proteggono i loro figli dal dolore insopportabile della fame, dalla paura e dalle immense sofferenze. In un edificio parzialmente distrutto a Deir al-Balah, Umm Mahmoud, 39 anni, utilizza coperte logore per coprire i suoi cinque figli. Parla con voce stanca: “Soffro di cisti ovariche e i miei dolori mestruali sono insopportabili”. “Prima della guerra, prendevo regolarmente farmaci e antidolorifici. Ora non ho più niente. A volte prendo antidolorifici per bambini, oppure sopporto il dolore in silenzio. Non c’è acqua calda, non c’è un bagno pulito e ho il terrore di contrarre un’infezione”, aggiunge. Dopo un lungo sospiro, Umm Mahmoud continua: “Noi, le donne di Gaza, stiamo sopportando un doppio dolore: non solo per la guerra e la distruzione, ma anche per cose che nessuno vede e di cui nessuno parla”.

Grida per la dignità.

Le donne sfollate di Gaza stanno soffrendo una doppia agonia, fisica e psicologica, sopportando in silenzio. Eppure questo silenzio non è una resa, anzi, è un grido di dignità, un appello per i diritti fondamentali che nessuna forza occupante è autorizzata a cancellare. Le voci delle donne e delle ragazze di Gaza devono essere amplificate poiché quello che chiedono non è un problema marginale, ma è una crisi umanitaria estremamente urgente. L’accesso all’assistenza sanitaria per le donne non può essere un diritto facoltativo ma irrinunciabile. Ogni mancata garanzia dei diritti è un’ulteriore violazione che si aggiunge alla lunga lista di abusi inflitti alla popolazione di Gaza. E nel cuore di questa sofferenza, sono le donne a sopportare il fardello più pesante.

Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi

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