sabato 1 febbraio 2025

pc 1 febbraio - Intervista a Romana Rubeo di Palestine Chronicle a Radio Onda d'urto

Intervista che abbiamo riportato il 27 gennaio con Ore12

https://proletaricomunisti.blogspot.com/2025/01/pc-20-gennaio-ore-12-controinformazione_066846785.html

Radio Onda d’urto: siamo in collegamento telefonico con Romana Rubeo, caporedattrice di Palestine Chronicle. 

Ci sono tante cose da dire ma inizierei dalla Cisgiordania occupata dove l'aggressione israeliana continua senza fine in quella che non è una tregua ma è uno spostamento di aggressione, una guerra aperta contro la popolazione della West Bank. L'occupante infatti si scatena ormai da giorni nei territori della Cisgiordania occupata, con irruzioni e raid in particolar modo nel campo profughi di Jenin, roccaforte della resistenza palestinese. Inizio da qui, chiedendoti un aggiornamento è un'analisi della situazione.

Romana Rubeo

Sì, continua l'offensiva che in massima parte è appunto concentrata a Jenin per le ragioni che tutti conosciamo. Bene, appunto, come tu dicevi Jenin, è la roccaforte della resistenza in quell'area, ma una resistenza che chiaramente non può essere comparata – e questo io l'ho ripetuto molte volte - né per numeri, né per l'intensità, né per grado di supporto popolare da parte della popolazione a quella che è la resistenza di Gaza. Ed è proprio qui che scatta da parte di Israele la valutazione che probabilmente quello che non è riuscito a fare a Gaza potrebbe riuscire invece a farlo nella Cisgiordania occupata che è già occupata, per cui quel territorio è fiaccato militarmente dalla presenza massiccia delle truppe militari, ma è fiaccato, paradossalmente, anche dalle azioni portate avanti dalla stessa Autorità Nazionale Palestinese nel corso degli anni, di questi 15 mesi e particolarmente nelle ultime settimane. Cioè non si può svincolare l'operazione che paradossalmente veniva chiamata “Proteggo la mia patria” da parte dell'Autorità Nazionale Palestinese con quella che è l'operazione “muro di ferro” che

Israele ha iniziato in questi giorni. Abbiamo visto come le modalità anche dell'aggressione siano simili e abbiamo visto come ad esempio nel campo profughi di Jenin sia entrata anche una squadra sotto copertura dell’ANP e questa mattina all'alba è stato arrestato Al Atrash che è un giornalista che stava coprendo i fatti di Jenin, ed è stato appena portato in un tribunale di Hebron. Quindi diciamo che Israele vede nella Cisgiordania un punto più debole su cui poter esercitare il controllo dopo quella che ha percepito come la sconfitta di Gaza. E questo per le debolezze che ormai sono diventate intrinseche, dovute alla doppia azione della presenza militare e dell'azione dell'Autorità Nazionale Palestinese.

Radio Onda d’urto: al centro dell'aggressione israeliana chiamata “muro di ferro” c'è Jenin come ricordavi, già attaccata da settimane dall’ANP, in cui tra l'altro viene registrato anche un altro episodio gravissimo di collaborazione della polizia della ANP con gli occupanti e infatti i medici dell'ospedale Razi hanno denunciato che gli agenti armati palestinesi hanno fatto irruzione nelle corsie dell'ospedale, arrestando giovani e feriti ricercati dall'esercito israeliano. A questo si aggiunge agli arresti, ai fermi di alcuni giornalisti del Jazeera che stavano coprendo il momento in cui venivano rilasciati i prigionieri di guerra israeliani e gli scorsi giorni, durante gli atti precedenti alla tregua - si parlava anche del futuro dell'amministrazione della Striscia di Gaza - si ipotizzava di un governo tra Onu e ANP anche se sappiamo che la ANP ha perso vertiginosamente i consensi. Quindi ti chiedo un commento su questo.

Romana Rubeo

Sì, è davvero difficile ormai da parte della ANP giustificare con i soliti cliché, i soliti mantra che abbiamo sentito per così tanto tempo, addirittura molto spesso la ANP ha cercato di coprire le sue azioni sostenendo che fosse una forma di prevenzione – e sono riusciti a dirlo anche durante questa fase - e chiaramente questo non ha nulla a che fare con la prevenzione. Vediamo appunto come tu hai sottolineato che le tattiche sono le stesse, sia a livello militare come dal punto di vista della “psicologia” dell'azione di repressione perché quando, per esempio qualche settimana fa è stata uccisa la giovane giornalista, che peraltro non era neanche nell'esercizio delle sue funzioni, ma era soltanto fuori dalla sua abitazione e la ANP ha detto che sono stati gli uomini armati della resistenza a farlo. La stessa scusa che Israele ha usato nel caso più eclatante di Shireen Abu Akleh ma non solo, anche in moltissimi altri casi come l'irruzione negli ospedali per rapire i feriti e intimidire i medici, i fermi dei medici e del personale medico, tutte tattiche molto simili. Questo perché semplicemente la ANP viene addestrata con soldi statunitensi con le stesse tattiche e le stesse modalità. Questa è una cosa che si fa da anni, che molti giornalisti e intellettuali palestinesi denunciano da anni e che chi ha denunciato dall'interno della Palestina come Nizar Banat ha pagato un prezzo molto alto, con addirittura la tortura e la morte da parte delle forze di sicurezza dell'Autorità Nazionale Palestinese.

Esiste questo piano di coordinamento che negli anni si sta rivelando per quello che è: cioè sta manifestando nel modo più eclatante possibile il fatto che la ANP agisca sin dalla sua fondazione negli anni 90, in seguito agli accordi di Oslo, come agente coloniale nella regione. Questo si è visto in moltissime forme di esperienze coloniali nel mondo e quindi non è neanche una novità nel quadro del colonialismo. L’ANP, che peraltro è stata silente durante i 15 mesi del genocidio, era “appollaiata” e ora spera, con grande probabilità - lo ha dichiarato anche Abbas - di essere pronta a riprendere il controllo della Striscia di Gaza.

Chiaramente queste sono solo parole perché se l'esercito israeliano per 15 mesi non è riuscito - la dico con una metafora – a scendere dai carri armati perché fondamentalmente l'unica presenza dentro Gaza è quella sui carri armati, non sono riusciti a conquistare un territorio grande come un fazzoletto di terra, dubito fortemente che qualsiasi promessa fatta all'Autorità Nazionale Palestinese potrà avere un seguito perché la resistenza all'interno di Gaza sarebbe davvero molto forte e l'appoggio militare di cui godono le forze organizzate della resistenza in questo momento è molto, molto forte, nonostante il genocidio e anche a causa del genocidio, quindi queste sono teorizzazioni che si stanno facendo, speculazioni e anche “wishful thinking” (un pio desiderio), ma non è assolutamente detto che questo poi si tradurrà in fatti.

Radio Onda d’urto

Prima di spostarci nella Striscia di Gaza vorrei fare un focus rimanendo nella Cisgiordania, sui prigionieri palestinesi liberati negli scorsi giorni da Tel Aviv che sono una novantina, meno di quelli però nuovamente imprigionati negli stessi giorni, e quindi sembra proprio una tattica di Israele quella di liberare i prigionieri palestinesi ma arrestarne altrettanti.

Romana Rubeo

Sì, i palestinesi sanno benissimo che c'è sempre un prezzo alle loro azioni, sanno che questo sia il cammino verso la liberazione, un cammino reso particolarmente difficile dall'isolamento con cui i palestinesi lo stanno compiendo, cioè un isolamento molto forte, al di là delle considerazioni sull'asse della resistenza che, vorrei ribadirlo, è ancora in piedi e resta come realtà, ma io quando parlo di isolamento parlo del fatto che non c'è un consenso ampio da parte della comunità internazionale per fermare le aberrazioni che in questo secolo stiamo vedendo da parte di Israele ai danni dei palestinesi, e cioè uno scenario in cui chiaramente il sud globale è più attento ma non c'è neanche in questo caso un risveglio da parte del Sud globale tale da poter garantire ai palestinesi quel grado di protezione di cui hanno goduto altre forze nel cammino della loro liberazione. E quindi questo cammino è particolarmente difficile e i palestinesi, che non sono affatto ingenui, lo sanno benissimo, ma per i palestinesi quella liberazione ha una valenza anche simbolica molto forte e qui mi rifaccio a un articolo scritto tempo fa dall'intellettuale palestinese Ramzy Baroud che diceva che “non può essere fatto per noi palestinesi un calcolo meramente numerico, perché per noi palestinesi l'obiettivo da raggiungere è più alto e lo raggiungeremo anche con queste forme”, tant'è vero che è proprio per questo che, per esempio, Israele era molto spaventato dalle celebrazioni, dai festeggiamenti, e ha cercato in ogni modo di impedire che si festeggiassero le liberazioni dei palestinesi, perché quella ha una valenza simbolica forte. Dobbiamo ricordare che se l'accordo andrà come deve andare e procederà secondo tutte le fasi, verrà liberato un numero molto alto di prigionieri palestinesi che volutamente è stato scaglionato da tutte le parti: Israele perché non voleva l'impatto di liberare migliaia di prigionieri palestinesi e di avere in cambio un numero molto più esiguo e una cosa che viene sottolineata poco e cioè che non solo il numero dei prigionieri israeliani è molto più esiguo, ma si parla di vivi e morti. Lo scarto anche visivo di impatto ci sarà quando, anziché vedere come abbiamo visto nel primo giorno dello scambio, tre donne vive, peraltro sorridenti, in ottime condizioni, al contrario del rilascio degli ostaggi palestinesi che invece sono stati rilasciati in condizioni terribili e nessuno ovviamente nei media ne ha parlato, ma ovviamente quando vedremo invece rientrare bare con la bandiera di Israele perché alcuni sono morti e sono stati uccisi dai bombardamenti israeliani questo nel paese avrà un impatto notevole. Una guerra di liberazione, dice il professor Richard Falk, non è fatta tutta di potenza militare a confronto, ma è fatta anche di quella che lui chiama la legittima “ psy-war” con tutto quel corredo simbolico anche di immagini di impatto psicosociale, che peraltro è uno dei motivi per cui Israele in questo momento si sta accanendo con la West Bank, proprio per non avere quell'impatto di sconfitta così forte e così netto da demoralizzare completamente la nazione. Quindi, al di là del mero numero, c'è una forza simbolica, evocativa, generata da questo scambio che sicuramente avrà un contributo in quello che è il cammino della liberazione dei palestinesi.

Radio Onda d’urto

Mi sposto ora nella Striscia di Gaza dove Israele continua a bombardare in violazione al cessate il fuoco, nel campo profughi vicino a Rafa, un drone ha ucciso una persona, ferendone 5. Al Jazeera parla anche di spari dal mare sulla costa di Gaza City per impedire ai pescatori palestinesi di uscire in mare. Altri spari invece dai cecchini lungo il cosiddetto corridoio Netzarim. Ti chiedo un commento degli aggiornamenti su questo fronte.

Romana Rubeo

Sì, ci sono delle violazioni che sono state ampiamente attese - Israele ha sempre violato tutti i cessate il fuoco, anche tutte le operazioni che sono state portate avanti da Israele negli anni erano in violazione di precedenti cessate il fuoco: tra il 2021 e il 2023 era vigente un cessate il fuoco, quindi Israele come viola sistematicamente il diritto internazionale così viola sistematicamente anche i cessate il fuoco.

Era importantissimo raggiungere questo accordo anche nelle dimensioni attuali, per tutta una serie di ragioni che erano sotto gli occhi di tutti: serviva l'ingresso di aiuti umanitari nella Striscia, serviva ovviamente un'interruzione dei bombardamenti a tappeto e dell'artiglieria pesante che stava uccidendo decine e decine di persone ogni giorno. Israele continua a giustificare queste violazioni dicendo che c'è un pericolo. Per esempio quelli che avvengono lungo il corridoio di Netzarim gli israeliani sostengono che i militari avevano avvertito un pericolo. Chiaramente sono sciocchezze, stiamo parlando di civili che stanno cercando di tornare alle loro case, peraltro di tornare alle loro case distrutte e demolite dalle operazioni selvagge di Israele di questi 15 mesi, nel caso anche dell'artiglieria a Rafah è stato detto che appunto si percepiva un pericolo. Ovviamente sono tutte sciocchezze tese a coprire la volontà di mantenere quel grado di paura per la popolazione civile e anche di controllo, per così dire, perché in realtà il controllo non è stato mantenuto. Stessa cosa con il drone. Loro sostengono che queste operazioni sano tese a “neutralizzare” - è il termine che loro usano - dei pericoli specifici, delle minacce specifiche ma invece sappiamo che Israele non ha nulla di “chirurgico” nelle operazioni che compie e che il suo obiettivo fondamentale resta in questo momento la pulizia etnica, ma non c’è riuscito.

Andrà visto come evolve prima di tutto questo accordo, la cosa più importante in questo momento è che le forze di resistenza guidate da Hamas all'interno della Striscia stiano ragionando in questo modo. Ma la cosa più importante in questo momento è garantire che vi sia continuità tra la prima e la seconda fase e che questa continuità che potrebbe interrompersi, motivo meramente dettato dalla politica interna israeliana: Netanyhau teme che Smotrich possa allontanarsi dal governo così come ha fatto Ben Gvir questo diventerebbe un problema troppo serio per lui da gestire per garantire la sua sopravvivenza. Però va detto che ci sono tutta una serie di ragioni che spingono Netanyahu a dover accettare ob torto collo così come ha accettato la prima fase anche la seconda.

Quindi in questo momento quello che è più importante sarà garantire la continuità tra la prima e la seconda fase dell'accordo e poi ovviamente si augura anche la terza fase e di questo accordo. E se la resistenza non sta rispondendo a queste violazioni è perché in questo momento ha in mente questa priorità.

Radio Onda d’urto

Prima di salutarci ti chiedo se c'è qualcos'altro che vuoi aggiungere che non abbiamo ancora detto.

Romana Rubeo

La cosa che veramente ci tengo a dire è che Gaza ha dato – e questo è veramente al di fuori della retorica - delle lezioni di umanità, ma anche ha dato delle lezioni di diritto internazionale, di gestione delle emergenze, che ci lascia davvero a bocca aperta. Quindi l'unica cosa che mi sento di dire è esprimere nuovamente tutta la mia solidarietà verso il popolo palestinese e soprattutto verso il popolo di Gaza che in questi mesi ha resistito e ci ha fatto vedere qual è il vero volto della resistenza. Vedere le donne che escono il primo giorno del cessate il fuoco e dicono “ricostruiremo la nostra casa” e spazzano via le macerie e cercano di risistemare ciò che resta delle loro abitazioni ci fa pensare che il compito che Israele si è dato, quello di distruggere il popolo palestinese, sia veramente molto difficile e troppo ambizioso. La popolazione di Gaza ci ha dimostrato più di chiunque altro che la superiorità militare non è l'unica chiave per domare, conquistare un territorio e un popolo.

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