Intervista che abbiamo riportato il 27 gennaio con Ore12
Radio Onda d’urto: siamo in collegamento telefonico con Romana Rubeo, caporedattrice di Palestine Chronicle.
Ci sono tante cose da dire ma inizierei dalla Cisgiordania occupata dove l'aggressione israeliana continua senza fine in quella che non è una tregua ma è uno spostamento di aggressione, una guerra aperta contro la popolazione della West Bank. L'occupante infatti si scatena ormai da giorni nei territori della Cisgiordania occupata, con irruzioni e raid in particolar modo nel campo profughi di Jenin, roccaforte della resistenza palestinese. Inizio da qui, chiedendoti un aggiornamento è un'analisi della situazione.
Romana Rubeo
Sì, continua l'offensiva che in massima parte è appunto concentrata a Jenin per le ragioni che tutti conosciamo. Bene, appunto, come tu dicevi Jenin, è la roccaforte della resistenza in quell'area, ma una resistenza che chiaramente non può essere comparata – e questo io l'ho ripetuto molte volte - né per numeri, né per l'intensità, né per grado di supporto popolare da parte della popolazione a quella che è la resistenza di Gaza. Ed è proprio qui che scatta da parte di Israele la valutazione che probabilmente quello che non è riuscito a fare a Gaza potrebbe riuscire invece a farlo nella Cisgiordania occupata che è già occupata, per cui quel territorio è fiaccato militarmente dalla presenza massiccia delle truppe militari, ma è fiaccato, paradossalmente, anche dalle azioni portate avanti dalla stessa Autorità Nazionale Palestinese nel corso degli anni, di questi 15 mesi e particolarmente nelle ultime settimane. Cioè non si può svincolare l'operazione che paradossalmente veniva chiamata “Proteggo la mia patria” da parte dell'Autorità Nazionale Palestinese con quella che è l'operazione “muro di ferro” che
Israele ha iniziato in questi giorni. Abbiamo visto come le modalità anche dell'aggressione siano simili e abbiamo visto come ad esempio nel campo profughi di Jenin sia entrata anche una squadra sotto copertura dell’ANP e questa mattina all'alba è stato arrestato Al Atrash che è un giornalista che stava coprendo i fatti di Jenin, ed è stato appena portato in un tribunale di Hebron. Quindi diciamo che Israele vede nella Cisgiordania un punto più debole su cui poter esercitare il controllo dopo quella che ha percepito come la sconfitta di Gaza. E questo per le debolezze che ormai sono diventate intrinseche, dovute alla doppia azione della presenza militare e dell'azione dell'Autorità Nazionale Palestinese.Radio Onda d’urto: al
centro dell'aggressione israeliana chiamata “muro di ferro” c'è Jenin come
ricordavi, già attaccata da settimane dall’ANP, in cui tra l'altro viene
registrato anche un altro episodio gravissimo di collaborazione della polizia
della ANP con gli occupanti e infatti i medici dell'ospedale Razi hanno
denunciato che gli agenti armati palestinesi hanno fatto irruzione nelle corsie
dell'ospedale, arrestando giovani e feriti ricercati dall'esercito israeliano.
A questo si aggiunge agli arresti, ai fermi di alcuni giornalisti del Jazeera che
stavano coprendo il momento in cui venivano rilasciati i prigionieri di guerra
israeliani e gli scorsi giorni, durante gli atti precedenti alla tregua - si
parlava anche del futuro dell'amministrazione della Striscia di Gaza - si ipotizzava di un governo tra Onu e ANP
anche se sappiamo che la ANP ha perso vertiginosamente i consensi. Quindi ti
chiedo un commento su questo.
Romana Rubeo
Sì, è davvero
difficile ormai da parte della ANP giustificare con i soliti cliché, i soliti
mantra che abbiamo sentito per così tanto tempo, addirittura molto spesso la ANP
ha cercato di coprire le sue azioni sostenendo che fosse una forma di
prevenzione – e sono riusciti a dirlo anche durante questa fase - e chiaramente
questo non ha nulla a che fare con la prevenzione. Vediamo appunto come tu hai
sottolineato che le tattiche sono le stesse, sia a livello militare come dal
punto di vista della “psicologia” dell'azione di repressione perché quando, per
esempio qualche settimana fa è stata uccisa la giovane giornalista, che
peraltro non era neanche nell'esercizio delle sue funzioni, ma era soltanto
fuori dalla sua abitazione e la ANP ha detto che sono stati gli uomini armati
della resistenza a farlo. La stessa scusa che Israele ha usato nel caso più
eclatante di Shireen Abu Akleh ma non solo, anche in moltissimi altri casi come
l'irruzione negli ospedali per rapire i feriti e intimidire i medici, i fermi
dei medici e del personale medico, tutte tattiche molto simili. Questo perché
semplicemente la ANP viene addestrata con soldi statunitensi con le stesse
tattiche e le stesse modalità. Questa è una cosa che si fa da anni, che molti
giornalisti e intellettuali palestinesi denunciano da anni e che chi ha
denunciato dall'interno della Palestina come Nizar Banat ha pagato un prezzo
molto alto, con addirittura la tortura e la morte da parte delle forze di
sicurezza dell'Autorità Nazionale Palestinese.
Esiste questo piano di
coordinamento che negli anni si sta rivelando per quello che è: cioè sta
manifestando nel modo più eclatante possibile il fatto che la ANP agisca sin
dalla sua fondazione negli anni 90, in seguito agli accordi di Oslo, come
agente coloniale nella regione. Questo si è visto in moltissime forme di
esperienze coloniali nel mondo e quindi non è neanche una novità nel quadro del
colonialismo. L’ANP, che peraltro è stata silente durante i 15 mesi del
genocidio, era “appollaiata” e ora spera, con grande probabilità - lo ha
dichiarato anche Abbas - di essere pronta a riprendere il controllo della Striscia
di Gaza.
Chiaramente queste
sono solo parole perché se l'esercito israeliano per 15 mesi non è riuscito -
la dico con una metafora – a scendere dai carri armati perché fondamentalmente
l'unica presenza dentro Gaza è quella sui carri armati, non sono riusciti a
conquistare un territorio grande come un fazzoletto di terra, dubito fortemente
che qualsiasi promessa fatta all'Autorità Nazionale Palestinese potrà avere un
seguito perché la resistenza all'interno di Gaza sarebbe davvero molto forte e
l'appoggio militare di cui godono le forze organizzate della resistenza in
questo momento è molto, molto forte, nonostante il genocidio e anche a causa
del genocidio, quindi queste sono teorizzazioni che si stanno facendo,
speculazioni e anche “wishful thinking” (un pio desiderio), ma non è
assolutamente detto che questo poi si tradurrà in fatti.
Radio Onda d’urto
Prima di spostarci
nella Striscia di Gaza vorrei fare un focus rimanendo nella Cisgiordania, sui
prigionieri palestinesi liberati negli scorsi giorni da Tel Aviv che sono una
novantina, meno di quelli però nuovamente imprigionati negli stessi giorni, e
quindi sembra proprio una tattica di Israele quella di liberare i prigionieri
palestinesi ma arrestarne altrettanti.
Romana Rubeo
Sì, i palestinesi
sanno benissimo che c'è sempre un prezzo alle loro azioni, sanno che questo sia
il cammino verso la liberazione, un cammino reso particolarmente difficile
dall'isolamento con cui i palestinesi lo stanno compiendo, cioè un isolamento
molto forte, al di là delle considerazioni sull'asse della resistenza che,
vorrei ribadirlo, è ancora in piedi e resta come realtà, ma io quando parlo di
isolamento parlo del fatto che non c'è un consenso ampio da parte della
comunità internazionale per fermare le aberrazioni che in questo secolo stiamo
vedendo da parte di Israele ai danni dei palestinesi, e cioè uno scenario in
cui chiaramente il sud globale è più attento ma non c'è neanche in questo caso
un risveglio da parte del Sud globale tale da poter garantire ai palestinesi
quel grado di protezione di cui hanno goduto altre forze nel cammino della loro
liberazione. E quindi questo cammino è particolarmente difficile e i
palestinesi, che non sono affatto ingenui, lo sanno benissimo, ma per i
palestinesi quella liberazione ha una valenza anche simbolica molto forte e qui
mi rifaccio a un articolo scritto tempo fa dall'intellettuale palestinese Ramzy
Baroud che diceva che “non può essere fatto per noi palestinesi un calcolo
meramente numerico, perché per noi palestinesi l'obiettivo da raggiungere è più
alto e lo raggiungeremo anche con queste forme”, tant'è vero che è proprio per
questo che, per esempio, Israele era molto spaventato dalle celebrazioni, dai
festeggiamenti, e ha cercato in ogni modo di impedire che si festeggiassero le
liberazioni dei palestinesi, perché quella ha una valenza simbolica forte. Dobbiamo
ricordare che se l'accordo andrà come deve andare e procederà secondo tutte le
fasi, verrà liberato un numero molto alto di prigionieri palestinesi che
volutamente è stato scaglionato da tutte le parti: Israele perché non voleva
l'impatto di liberare migliaia di prigionieri palestinesi e di avere in cambio
un numero molto più esiguo e una cosa che viene sottolineata poco e cioè che
non solo il numero dei prigionieri israeliani è molto più esiguo, ma si parla
di vivi e morti. Lo scarto anche visivo di impatto ci sarà quando, anziché
vedere come abbiamo visto nel primo giorno dello scambio, tre donne vive,
peraltro sorridenti, in ottime condizioni, al contrario del rilascio degli
ostaggi palestinesi che invece sono stati rilasciati in condizioni terribili e
nessuno ovviamente nei media ne ha parlato, ma ovviamente quando vedremo invece
rientrare bare con la bandiera di Israele perché alcuni sono morti e sono stati
uccisi dai bombardamenti israeliani questo nel paese avrà un impatto notevole.
Una guerra di liberazione, dice il professor Richard Falk, non è fatta tutta di
potenza militare a confronto, ma è fatta anche di quella che lui chiama la
legittima “ psy-war” con tutto quel corredo simbolico anche di immagini di
impatto psicosociale, che peraltro è uno dei motivi per cui Israele in questo
momento si sta accanendo con la West Bank, proprio per non avere quell'impatto di
sconfitta così forte e così netto da demoralizzare completamente la nazione.
Quindi, al di là del mero numero, c'è una forza simbolica, evocativa, generata
da questo scambio che sicuramente avrà un contributo in quello che è il cammino
della liberazione dei palestinesi.
Radio Onda d’urto
Mi sposto ora nella
Striscia di Gaza dove Israele continua a bombardare in violazione al cessate il
fuoco, nel campo profughi vicino a Rafa, un drone ha ucciso una persona,
ferendone 5. Al Jazeera parla anche di spari dal mare sulla costa di Gaza City
per impedire ai pescatori palestinesi di uscire in mare. Altri spari invece dai
cecchini lungo il cosiddetto corridoio Netzarim. Ti chiedo un commento degli
aggiornamenti su questo fronte.
Romana Rubeo
Sì, ci sono delle
violazioni che sono state ampiamente attese - Israele ha sempre violato tutti i
cessate il fuoco, anche tutte le operazioni che sono state portate avanti da
Israele negli anni erano in violazione di precedenti cessate il fuoco: tra il
2021 e il 2023 era vigente un cessate il fuoco, quindi Israele come viola
sistematicamente il diritto internazionale così viola sistematicamente anche i
cessate il fuoco.
Era importantissimo raggiungere
questo accordo anche nelle dimensioni attuali, per tutta una serie di ragioni
che erano sotto gli occhi di tutti: serviva l'ingresso di aiuti umanitari nella
Striscia, serviva ovviamente un'interruzione dei bombardamenti a tappeto e
dell'artiglieria pesante che stava uccidendo decine e decine di persone ogni
giorno. Israele continua a giustificare queste violazioni dicendo che c'è un
pericolo. Per esempio quelli che avvengono lungo il corridoio di Netzarim gli
israeliani sostengono che i militari avevano avvertito un pericolo. Chiaramente
sono sciocchezze, stiamo parlando di civili che stanno cercando di tornare alle
loro case, peraltro di tornare alle loro case distrutte e demolite dalle
operazioni selvagge di Israele di questi 15 mesi, nel caso anche
dell'artiglieria a Rafah è stato detto che appunto si percepiva un pericolo.
Ovviamente sono tutte sciocchezze tese a coprire la volontà di mantenere quel
grado di paura per la popolazione civile e anche di controllo, per così dire, perché
in realtà il controllo non è stato mantenuto. Stessa cosa con il drone. Loro sostengono
che queste operazioni sano tese a “neutralizzare” - è il termine che loro usano
- dei pericoli specifici, delle minacce specifiche ma invece sappiamo che Israele
non ha nulla di “chirurgico” nelle operazioni che compie e che il suo obiettivo
fondamentale resta in questo momento la pulizia etnica, ma non c’è riuscito.
Andrà visto come
evolve prima di tutto questo accordo, la cosa più importante in questo momento
è che le forze di resistenza guidate da Hamas all'interno della Striscia stiano
ragionando in questo modo. Ma la cosa più importante in questo momento è garantire
che vi sia continuità tra la prima e la seconda fase e che questa continuità che
potrebbe interrompersi, motivo meramente dettato dalla politica interna
israeliana: Netanyhau teme che Smotrich possa allontanarsi dal governo così come
ha fatto Ben Gvir questo diventerebbe un problema troppo serio per lui da
gestire per garantire la sua sopravvivenza. Però va detto che ci sono tutta una
serie di ragioni che spingono Netanyahu a dover accettare ob torto collo così
come ha accettato la prima fase anche la seconda.
Quindi in questo
momento quello che è più importante sarà garantire la continuità tra la prima e
la seconda fase dell'accordo e poi ovviamente si augura anche la terza fase e di questo accordo.
E se la resistenza non sta rispondendo a queste violazioni è perché in questo
momento ha in mente questa priorità.
Radio Onda d’urto
Prima di salutarci ti
chiedo se c'è qualcos'altro che vuoi aggiungere che non abbiamo ancora detto.
Romana Rubeo
La cosa che veramente
ci tengo a dire è che Gaza ha dato – e questo è veramente al di fuori della
retorica - delle lezioni di umanità, ma anche ha dato delle lezioni di diritto
internazionale, di gestione delle emergenze, che ci lascia davvero a
bocca aperta. Quindi l'unica cosa che mi sento di dire è esprimere
nuovamente tutta la mia solidarietà verso il popolo palestinese e soprattutto
verso il popolo di Gaza che in questi mesi ha resistito e ci ha fatto vedere
qual è il vero volto della resistenza. Vedere le donne che escono il primo
giorno del cessate il fuoco e dicono “ricostruiremo la nostra casa” e spazzano
via le macerie e cercano di risistemare ciò che resta delle loro abitazioni ci
fa pensare che il compito che Israele si è dato, quello di distruggere il
popolo palestinese, sia veramente molto difficile e troppo ambizioso. La
popolazione di Gaza ci ha dimostrato più di chiunque altro che la superiorità
militare non è l'unica chiave per domare, conquistare un territorio e un
popolo.
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