Questi centri infernali per i migranti sono disumani e
illegali e vanno chiusi immediatamente!
Si è svolta presso il Tribunale di Potenza l’udienza
preliminare del processo penale sul “sistema” del Centro di permanenza per il
rimpatrio (Cpr) di Palazzo San Gervasio che vede sul banco degli imputati
avvocati, medici, agenti di polizia dell’ufficio immigrazione della questura di
Potenza nonché il direttore del centro e la società che lo gestiva su appalto
della prefettura.
I reati contestati dalla procura riguardano tutte le figure
professionali chiamate a intervenire per la gestione e il funzionamento del
centro di detenzione. L’indagine farebbe emergere un sistema criminale che
aveva lo scopo di massimizzare i profitti dalla filiera delle deportazioni.
Gli stranieri detenuti, grazie alla compiacenza degli agenti di polizia e degli operatori del centro,
venivano costretti a nominare avvocati “amici” che si preoccupavano di restituire il favore con denaro o altri doni. La detenzione avveniva in assenza dei servizi minimi che avrebbero dovuto essere garantiti dall’ente gestore come previsto dal contratto di appalto del valore di centinaia di migliaia di euro. Meno servizi si offrono, minore è la spesa per la gestione, maggiore è il margine di guadagno per il privato.Tutto questo sarebbe accaduto in una struttura che molti
descrivono simile a «un pollaio» o a «un canile» composto da un ampio cortile
sterrato dove si affacciano le gabbie in cui sono ristrette le persone in
attesa del rimpatrio. Come unica forma di comunicazione i detenuti hanno quella
di gridare le proprie esigenze e sperare che l’operatore di passaggio nel
cortile capisca la loro lingua e raccolga la richiesta.
L’assenza di servizi, gli abusi, il cibo scadente, a Palazzo
San Gervasio come negli altri Cpr d’Italia, hanno provocato e provocano rivolte
e proteste represse con interventi della polizia in tenuta anti sommossa, fiumi
di psicofarmaci e sedativi prescritti dai medici del centro e somministrati
anche con la forza. Proprio per un tale episodio alcuni agenti di polizia in
servizio nel Cpr sarebbero indagati per maltrattamenti e tortura. Un quadro
raccapricciante ai danni di persone in condizione di vulnerabilità, prive di
permesso di soggiorno, recluse in un paese straniero.
Situazione denunciata da anni da associazioni e movimenti e
che sarebbe comune a tutti i centri di detenzione, da Gradisca di Isonzo a
Caltanissetta.
Al di là delle gravi responsabilità penali che dovranno
essere accertate dai Tribunali in lunghi e complessi processi, quello che
emerge è che il Cpr sono non-luoghi criminogeni e patogeni per chiunque li
attraversi.
Lo scopo dei centri di permanenza per il rimpatrio è quello
di detenere le persone in attesa di un probabile rimpatrio verso il paese di
origine, nessuno sa quando e se avverrà il rimpatrio.
Questa condizione di per sé è disumana. È una pena detentiva
senza delitto e senza processo.
All’udienza di ieri celebratasi a Potenza il giudice
dell’udienza preliminare ha ammesso le associazioni Asgi, Le Carbet, Spazi
circolari e Cild che hanno chiesto di costituirsi parti civili in quanto enti
esponenziali dei diritti dei migranti. Il procedimento, che vede 27 imputati
per 27 capi d’imputazione, è solo all’inizio e continuerà ancora a lungo.
È evidente però che ad essere sotto accusa, non solo a
Potenza ma in tutti Italia, è il «sistema Cpr» che disumanizza non solo le
persone detenute ma chiunque vi entri in contatto, avvocati, agenti di polizia,
sanitari e mediatori compresi. È ormai accertato che i centri per il rimpatrio,
introdotti nell’ordinamento italiano nel 1998, producono violenza, reati,
traumi e patologie.
I procedimenti penali sui Cpr che si stanno celebrando a
Potenza, Milano e Torino suggeriscono che l’Italia e l’Europa si trovano ad un
bivio importante: decidere di adattare gli ordinamenti giudiziari per
«legalizzare» la disumanità dei Cpr o accettare che la libertà di movimento è
un diritto fondamentale che non può e non deve essere limitato e quindi che i
centri di detenzione per le persone prive di permesso di soggiorno non hanno
senso di esistere.
(notizia e denuncia tratta dal manifesto di oggi17/1/25)
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