domenica 24 novembre 2024
pc 24 novembre - La decisione della CPI costituisce una importante vittoria diplomatica e politica palestinese, araba e internazionale
La decisione della Corte Penale Internazionale costituisce, una nuova fase qualitativa, nel chiedere conto a Israele, per i suoi atti e le sue responsabilità davanti alla comunità internazionale e nel classificare i suoi leader come criminali di guerra e autori di crimini contro l’umanità.
La decisione costituisce un sostegno fondamentale alla causa del Sudafrica e di diversi paesi partner davanti alla Corte internazionale di giustizia, che sta invece indagando sugli atti di genocidio commessi da Israele.
Parallelamente, la decisione costituisce la base per sentenze contro centinaia di ufficiali israeliani, contro i quali la Corte penale e i tribunali nazionali in Occidente stanno valutando la possibilità di emettere mandati di arresto.
L’impatto della decisione è lungi dall’essere limitato all’aspetto puramente legale e giudiziario, ma costituisce piuttosto un evento ad effetto continuo con profondità palestinesi, arabe e internazionali.
La decisione costituisce la più importante vittoria diplomatica e politica palestinese, araba e internazionale a sostegno dei diritti dei palestinesi. Una decisione che restituisce credibilità alle istituzioni internazionali. Dall’altra parte, Israele si troverà di fronte al dilemma dei suoi piani in corso nella Striscia di Gaza, in particolare nel nord della Striscia, e del processo di pulizia etnica, fame, sete e divieto delle cure, e il suo governo potrebbe essere costretto a ritirarsi in questo riguardo.
È molto probabile che Israele cercherà di adottare un approccio “fare pagare il prezzo” nei confronti dell’Autorità Palestinese, approfondendo le procedure per il saccheggio finanziario dei fondi dovuti alla Palestina, e stringendo il cappio su di essa nel tentativo di indebolirla, nel quadro dell’intensificazione del progetto di insediamento e di annessione della Cisgiordania da un lato e nel cambiare lo status di Gerusalemme, Al-Aqsa e nella Moschea Ibrahimi ( Abramo) a Hebron .
Netanyahu, troverà dalla sua parte un consenso nazionalista sionista che condanna la Corte Penale Internazionale e, come previsto, ripeterà la retorica accusa di antisemitismo contro la Corte che lo sta prendendo di mira mentre conduce la “guerra esistenziale israeliana”, che potrebbe aumentare la sua popolarità, almeno tra la destra, usando il suo populismo e dipingendosi come se fosse una vittima delle sue vittime, ossia i palestinesi e i loro sostenitori nel mondo.
La risoluzione della Corte Penale Internazionale mette sotto assedio la posizione americana, complice a pieno titolo nei crimini di guerra, che il 19 novembre scorso ha posto il Veto nel Consiglio di Sicurezza per contrastare un progetto di risoluzione volto a fermare la guerra.
Non sarebbe improbabile che gli Stati Uniti cercassero vendetta contro il Tribunale internazionale e facciano pressione su molti paesi affinché smettano di finanziarlo.
La decisione della Corte Penale farebbe diminuire ulteriormente le ambizioni di normalizzazione di Israele e limiterebbe le relazioni di molti paesi occidentali con Israele e i suoi leader. Costituirebbe anche uno strumento legale nelle mani dei movimenti di solidarietà e delle organizzazioni per i diritti umani in molti paesi per interrompere le forniture a Israele di armi, munizioni e persino con il congelamento di molti aspetti della cooperazione con esso.
Tuttavia, il governo di occupazione ha precedentemente indicato che Israele, come gli Stati Uniti, non è un membro della Corte penale internazionale e sostiene che questa corte non ha giurisdizione per esaminare qualsiasi caso ad essa correlato, ma la corte conferma la richiesta della giurisdizione della corte sui Territori Palestinesi Occupati nel 1967, anche se Israele ha rifiutato l’esistenza di questa giurisdizione, che permette alla corte di processare funzionari che hanno commesso crimini nei territori palestinesi.
pc 24 novembre - Ampio reportage da Roma e Palermo delle manifestazioni contro la violenza sessuale sulle donne - Info da MFPR
Le parole d'ordine principali portate dal Mfpr in queste manifestazioni nazionali:
pc 24 novembre - "A pieno regime", una chiamata alla lotta contro il Ddl Sicurezza - info
Il 16 novembre 2024 si è radunata la prima assemblea della rete “A pieno regime”, che ha indetto un corteo nazionale per il 14 dicembre.
Una chiamata alla lotta, più che una semplice assemblea, per “i custodi della Costituzione”, come ha definito Gianna Fracassi – segretaria generale di Flc Cgil – il blocco ampio e unitario contro la legge che costituisce uno sfregio alla Costituzione della nostra Repubblica antifascista. Sfregio stigmatizzato dal professor Luigi Ferrajoli, che ci ricorda le ragioni che determinano l’urgenza di una mobilitazione di massa contro questo Ddl che, oltre a minacciare alle sue fondamenta la libertà di protesta, “colpisce gravemente la libertà di riunione, il più importante strumento per la manifestazione del pensiero per le persone comuni”. Sempre secondo Ferrajoli il governo Meloni dimostra “disprezzo per i diritti delle persone, mostrandoci, attraverso la disumanità ostentata a livello istituzionale, la fascistizzazione del senso comune, che ottiene consenso punendo i più deboli. Il Premierato è il punto di arrivo di questo processo che personalizza il sistema politico e lo riduce al semplice voto di un’autocrazia elettiva, subalterna nei confronti dei mercati”.
pc 24 novembre - Solidarietà agli studenti di Pisa colpiti dalla repressione
Sono stati emanati 13 avvisi di garanzia ai danni dei partecipanti alla manifestazione studentesca per la Palestina del 23 febbraio scorso a Pisa repressa con le manganellate.
La violenza in quella piazza l’abbiamo vista tutti: nelle manganellate delle forze di polizia e subito dopo nelle parole degli esponenti del Governo Meloni, che attraverso il ministro Piantedosi ha subito criminalizzato la manifestazione studentesca, giustificando nei fatti le teste spaccate degli studenti per un “mancato preavviso”.
Nonostante l’art. 17 della Costituzione preveda che “i cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso”, il governo ha provato a far passare il messaggio per cui in piazza si può scendere solo previa “autorizzazione”,