Nella battaglia contro il governo
della fascista Meloni complice del genocidio in Palestina si inseriscono anche
le attività di alcuni gruppi di avvocati che hanno presentato esposti e denunce
vere e proprie come riporta un articolo del manifesto del 13 dicembre.
L’esposto “chiede un’indagine
sulle responsabilità del governo italiano nel sostegno militare e politico al
genocidio portato avanti da Israele nella striscia di Gaza”. Gli avvocati
firmatari dell’esposto sono “l’ex magistrato e sindaco di Napoli Luigi de
Magistris, Raffaele Cardin, professore di Diritto internazionale alla Sapienza
di Roma, Giacinto Signori, ex presidente della Corte di cassazione e
l’avvocato Gianluca Vitale.”
Quest’ultimo – continua il
quotidiano – “è uno dei 4 legali che, insieme all’avvocato
gazawi Salahaldin Abdalaty, in aprile hanno presentato al Tribunale
di Roma un ricorso che cita in giudizio il governo italiano per
«corresponsabilità civile» nelle «violazioni ai diritti umani commesse a Gaza
dalle autorità israeliane».”
L’avvocato Vitale “racconta
che il processo sta proseguendo con scarsi risultati. Ad oggi il procedimento
va avanti con diverse sentenze che non danno in nessun modo ragione della
denuncia di complicità mossa al governo italiano.”
“Simile ma diverso è invece l’iter che l’esposto, per il quale è stata convocata l’assemblea di ieri, sta seguendo. Le 29 pagine presentate da una squadra di avvocati, tra i quali ieri presenti vi erano Fabio
Marcelli, Claudio Giangiacomo e Arturo Salerni, non lasciano nulla al caso e tramite la descrizione dei fatti e delle scelte dal Governo, sostanziano l’accusa di complicità dell’Italia nel genocidio in corso a Gaza. Sono molti i punti su cui le accuse vengono mosse all’esecutivo: «Parliamo dei responsabile delle scelte dell’Italia a livello governativo, quindi presidente del Consiglio e ministri di Difesa ed Esteri» specifica Fabio Marcelli. Le accuse di sostegno militare, economico e politico a Israele da parte dell’Italia sono sostenute da dati dell’Istat che contraddicono le parole del ministro degli Esteri Tajani che in diversi incontri con la stampa ha sempre ribadito che Roma non vende più armi ad Israele dal 7 ottobre. I dati dell’Istat però evidenziano come invece armi italiane siano arrivate in Israele anche dopo il 7 ottobre, per un totale di 817.836 euro solo nei mesi di ottobre e novembre dello scorso anno, e come i contratti in essere con il governo di Tel Aviv non siano ad oggi sospesi.”“Questo commercio è regolamentato
dalla legge 185 del 1990 che vieta espressamente la vendita di armi e forniture
militari a paesi impegnati in un conflitto in contrasto con l’articolo 51 della
Carta delle Nazioni unite e a paesi in cui si configurano gravi violazioni
delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani accertate dai
competenti organi delle Nazioni unite. Alla vendita di armi si aggiungono le
scelte politiche dell’Italia in sede Onu, come le ripetute astensioni sulle
votazioni che richiedevano il cessate il fuoco a Gaza e la fine
dell’occupazione israeliana, ma anche la scelta di tagliare i fondi all’Agenzia
Onu per i profughi palestinesi (Unrwa). L’esposto poi vuole mettere in evidenza
come sono molteplici le risoluzioni delle Nazioni unite che hanno provato a
punire la condotta di Israele negli ultimi 75 anni, risoluzioni alle quali però
Tel Aviv non ha mai dato seguito. Un comportamento che secondo quanto scritto
nell’esposto in questione «costituisce l’humus su cui è cresciuta malapianta
del genocidio». Quindi la condotta dell’Italia sulla questione «appare del
tutto inadeguata e integra anzi in modo palese gli estremi della complicità nei
confronti delle rilevate condotte genocide».”
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