domenica 27 ottobre 2024

pc 27 ottobre - "Questo mondo diventa sempre più mostruoso... costruiamo le condizioni per rovesciarlo..." - 1° PARTE

Discorso tenuto dal dirigente di proletari comunisti/PCm alla riunione a Bergamo per la costruzione del circolo politico di operai - 1° PARTE

Se non sei in grado di difendere i tuoi diritti, i tuoi salari, il tuo lavoro, evidentemente non puoi pensare di cambiare il mondo. Siamo di fronte a un mondo che purtroppo ci costringe a guardare altrove. Nel senso che non possiamo fare un l'eterna lotta per difendere semplicemente il fatto che dobbiamo esistere. Non possiamo essere coloro che vogliono “svuotare il mare con un secchiello”. Non lo possiamo fare, perché non è giusto che si debba tutta la vita fare la lotta per tutelare i diritti alimentari. Siamo in un mondo spaccato in due, da una parte i ricchi, padroni, le multinazionali, le banche, i loro governi, i loro Stati, dall'altra parte le masse popolari, i tantissimi lavoratori, proletari, i tanti senza lavoro e reddito.

Questo mondo diviso in due è diventato sempre di più mostruoso.

Però dove c'è sfruttamento c'è ribellione, dove c'è oppressione c'è ribellione. La storia è una continuo scontro tra oppressori e oppressi. Dai tempi di Spartaco, degli schiavi, continuamente il popolo ha cercato di mettere in discussione questo assetto del mondo, a volte lo ha rovesciato e altre volte ha perso. Perché, come si dice anche Carlo Marx - il primo dei nostri maestri che ha analizzato questo mondo, offrendoci degli strumenti scientifici per leggere il sistema sociale in cui viviamo – i proletari in generale perdono, ma a volte vincono. E a questo tipo di vittoria che dobbiamo puntare.

Non possiamo assistere e ascoltare tutti i giorni il genocidio in Palestina, è una cosa che fa male al cuore, oltre che ingiusta, inumana. Non è possibile che uno Stato sionista di di Israele, sostenuto dai miliardi e dagli armamenti di tutto il mondo imperialista, possa fare al popolo tutto quello che vuole. Possa bombardarlo, massacrarlo, possa considerarlo meno che animali, può uccidere dei combattenti, li può umiliare, e se ne può vantare.

Ma chiaramente la Palestina sembra il paradigma di tutti gli oppressori e gli oppressi del mondo.

Sì, al peggio non c'è mai fine. A questo orrore senza fine bisogna mettere fine. Non ci può essere un

altro scopo della lotta dei lavoratori, perché altrimenti, ripeto, siamo al “secchiello con cui vogliamo svuotare il mare”. Noi dobbiamo metterci in condizione di avere una possibilità di rovesciarlo.

In questo mondo non è niente sicuro. Chi si aspettava che ti esplodeva in mano il telefonino? Chi si aspettava che col sistema dei droni ti venissero a uccidere in casa o in un tunnel? Chi se lo aspettava che fosse possibile utilizzare tutta la tecnologia e il suo sviluppo, non solo per spendere miliardi su miliardi sottratti al lavoro, alla sanità, alla salute e a tutto quello che ci manca, ma per uccidere le persone? Il progresso, tutte queste belle parole, la scienza, il lavoro, dovrebbe servirà a far progredire il mondo, a far progredire la condizione dei lavoratori, di tutta l'umanità. Perché tutte le oppressioni devono essere eliminate, le oppressioni razziali, le oppressioni di genere, l'oppressione delle donne, l'oppressione dei contadini, l’oppressione verso gli intellettuali che devono essere irreggimentati, l'oppressione dei giovani, giovani che in questi paesi studiano per anni e poi devono andare in un call center, se gli va bene o essere sfruttati e ultra precari in fabbrica.

Questa oppressione si porta dietro un cumulo di barbarie che non si erano mai viste così continue. Non solo i femminicidi, ma le barbarie di strada, il teppismo, ecc. Tutto ciò che c'è di brutto, che uno pensa che sia brutto, succede. Ma davvero arriveremo peggio? Sì, arriveremo. Certo, la gente che non ce la fa e ruba, però dove sta che uno va a rubare un “gratta e vinci” e viene ucciso a forbiciate? Siamo proprio a un imbestialimento del sistema sociale. Non c’è soltanto sfruttamento, c’è la riduzione a barbarie della società.

Bisogna riuscire a mettere fine a tutto questo. Bisogna provarci… È un'aspirazione in termini ideali che sta nel cuore di tutti. Nessuno vuole un mondo così. Ma un'aspirazione per concretizzarsi ha bisogno di una forza materiale. La forza materiale ci sarebbe, i milioni e milioni di operai e lavoratori, di sfruttati, di masse povere, di masse bombardate - non solo realmente con le bombe, ma con un lavaggio del cervello per farci accettare un mondo impossibile.

Le masse sono milioni di milioni, unite in una forza materiale possono cambiarlo questo mondo. Quando hanno provato ci sono riusciti, quando ci sono riusciti per anni hanno mantenuta questa speranza. Non è un'utopia che dobbiamo coltivare, ma un mondo reale che dobbiamo trasformare. Per trasformarlo la via è la rivoluzione. La rivoluzione non è soltanto una parola, un'aspirazione, ma è mezzo materiale. La cosa più concreta per cercare di cambiare è la rivoluzione.

Sempre Marx ci dice che la rivoluzione serve innanzitutto a noi, perché nel fare una rivoluzione ci trasformiamo noi stessi. Perché le persone così come sono non possono fare nessuna rivoluzione e né possono cambiare il mondo. Per cambiare il mondo devono cambiare un pò se stessi. Ma non si cambia perché uno ti fa un corso di psicologia, ma perché siamo dentro un movimento collettivo che riesce a guardare più in là del proprio io e della propria lotta.

Quindi la rivoluzione è una necessità storicamente oggettiva. Si basa sulle lotte dei lavoratori, sulle lotte dei popoli, le grandissime lotte dei contadini, dei tanti movimenti della gioventù (quando ci si mettono, gli studenti del Bangladesh hanno buttato giù il governo in due mesi, eppure era un governo dittatoriale anche quello, controllava tutto, aveva la sua polizia, il suo esercito, aveva il controllo delle persone, ecc. Eppure è stato rovesciato in pochi mesi).

Le classi non sono acqua, la classe dominante non è fatta solo da chi sfrutta, da chi guadagna, ma anche da chi pensa a come far guadagnare, da quegli intellettuali che si sentono una casta. Il sistema di casta non c'è solo in India, altrove le “caste” esistono anche se non si chiamano tali.

Quindi noi dobbiamo rovesciare questo sistema capitalista. Non siamo né i primi né gli ultimi che lo devono dire. Però ognuno ci deve provare con le sue idee e con le sue possibilità.

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