sabato 28 settembre 2024

pc 28 settembre - Il diritto d’aborto non si tocca! da MILANO, PALERMO, TARANTO - dal blog femminismorivoluzionario


MILANO Lottiamo unite contro il governo Meloni e la sua ideologia fascista di Dio-Patria-Famiglia
Il 28 settembre è la giornata internazionale per un aborto sicuro, voluta in Sud America nel 1990 e stabilita nel 2011 dal Women's Global Network for Reproductive Rights come giornata mondiale per un aborto sicuro, libero e gratuito.

In Italia la depenalizzazione dell'aborto avvenne con la legge 194 nel 1978, dopo una lunga e dura battaglia del movimento delle donne che dovette scontrarsi con leggi risalenti al periodo fascista.

Molte critiche vennero fatte dal movimento delle donne alla legge 194, una legge chiaramente strappata al legislatore dalla pressione sociale che il movimento era riuscito a mettere in campo, una legge che pur depenalizzando l'aborto, riconosceva ai medici il diritto d'obiezione e non citava, quindi non riconosceva, il diritto all'autodeterminazione riproduttiva delle donne.

E oggi a che punto siamo?

..Bisogna dirlo, in questo paese le donne non sono libere di abortire, senza cedere sotto il peso della tagliola del giudizio, dello stigma sociale e familiare…. in cui le donne che scelgono di abortire continuano ad essere tacciate, oggi dal Papa, domani dalla ministra di turno, dopodomani ancora dai familiari, amici, partner e parenti, di essere delle assassine. E’ inutile continuare a parlare di leggi, diritti e dati se non continuiamo a interrogarci concretamente sul peso che lo stigma sociale assume sulla scelta delle donne. Gli antiabortisti giudicanti ce li abbiamo in casa, negli ospedali, nei consultori, in politica, ovunque, la riprovazione sociale e culturale sono i primi strumenti di controllo sui corpi e sulle scelte delle donne. Il diritto all’autodeterminazione delle donne è sotto attacco. Il governo, oltre a procedere nello smantellamento del servizio sanitario pubblico, nella carenza strutturale di consultori e personale medico rispetto ai percorsi sulla salute di genere, elargisce consistenti finanziamenti alle associazioni antiabortiste. L’ultima mossa è la creazione della“stanza dell’ascolto” inaugurata dall’ospedale pubblico Sant’Anna di Torino. Si tratta di uno sportello gestito da volontari/e di un’associazione antiabortista, il “movimento per la vita”, senza nessuna competenza scientifica, con lo scopo di fornire una presunta assistenza alle donne che vogliono interrompere la propria gravidanza e – nel caso in cui non lo facessero – un sostegno economico. La “stanza dell’ascolto” riceve soldi pubblici che vengono elargiti ad associazioni che entrano nei luoghi pubblici con l’unico scopo di iniziare un lavaggio del cervello della donna. Lotteremo perché lo spazio della sanità rispetti il diritto di scelta delle donne sulla propria vita e sul proprio corpo; combatteremo il tabù dell’aborto rompendo il silenzio che affligge questo tema, oggi più che mai.”

(dall’articolo “Le conseguenze dello stigma dell’aborto” https://femminismorivoluzionario.blogspot.com)

Il diritto all'autodeterminazione riproduttiva è un diritto fondamentale della donna ed è un diritto individuale e collettivo , come ben sapevano le rivoluzionarie e i rivoluzionari russi all'inizio del secolo scorso: l'abolizione del

capitalismo e l'instaurazione del socialismo non possono avvenire senza la completa liberazione della donna (diritto d'aborto compreso) e una completa liberazione della donna non può avvenire senza la rivoluzione del metodo di produzione, l'abolizione delle classi e l'avvento del socialismo.

Non è un caso che il primo paese in assoluto in cui fu depenalizzato l'aborto fu proprio la Russia Sovietica nel 1920 e, soprattutto,

le donne rivoluzionarie, con Aleksandra Kollontaj in prima fila, conducono la battaglia anche all'interno del partito stesso per affermare che la libertà di scelta della maternità riguarda l'intera società che la deve garantire anche nei fatti: la maternità e l'aborto non possono essere considerati solo all'interno dell'egoistico nucleo familiare, che prima o poi deve essere abolito, ma è la collettività socialista a cui interessa la libera scelta della donna.

Il ruolo della donna nel regime capitalista è quello di riproduzione di forza lavoro per il capitale, pertanto la scelta dell'autodeterminazione non riguarda solo il proprio privato ma va a intaccare i meccanismi stessi su cui si regge il sistema che ha bisogno dei 'figli' da sfruttare nel lavoro per il profitto e da mandare in guerra.

Non è nemmeno un caso che al giorno d'oggi, nell'epoca di imperialismo, colonialismo e in Italia del moderno fascismo, ci sia di nuovo un pesante attacco al diritto d'aborto e di nuovo la propaganda tenti di mettere sullo stesso piano il diritto della madre e il diritto del nascituro: l'abbiamo già detto: l'autodeterminazione delle donne va ad intaccare i meccanismi di sfruttamento e di doppia oppressione su cui si regge il sistema.

E in Italia proprio il governo Meloni attacca fortemente il diritto d’aborto e spende fiumi di soldi per l’ingresso dei pro-life nei consultori mentre è complice nel genocidio che sta compiendo lo stato sionista d’Israele dove vengono uccise a migliaia donne e bambini, dove fra i primi obiettivi militari c’è la distruzione degli ospedali…...

Il diritto d’aborto non si tocca!

Lottiamo unite contro il governo Meloni e la sua ideologia fascista di Dio-Patria-Famiglia

Ci trovi il giovedì dalle 17 alle 19.30 c/o il Punto libreria militante Metropolis, in via Transiti, 28 MM1Pasteur oppure puoi

 contattarci all’indirizzo: mfpr.mi1@gmail.com. Mfpr-Milano.

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L’attacco al diritto d’aborto richiede non solo la lotta ma comprensione teorica, politica, ideologica della natura dell’attacco di quello che significa per le donne ma anche per il movimento proletario rivoluzionario. Per questo invitiamo a leggere gli opuscoli del mfpr 



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PALERMO

lavoratrici a Palermo 
TARANTO/BARI 
Il testo che segue è stato parte dell'intervento di una compagna del Mfpr di Taranto alla manifestazione di Bari alla Fiera del Levante di oggi, per la Palestina, contro le guerre imperialiste, contro il governo Meloni.
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Il 28 settembre si celebra la giornata internazionale dell'aborto libero sicuro e garantito.
Un diritto che bisogna dare sempre meno per scontato, in Europa infatti si stima che più di 20 milioni di donne non abbiano ancora accesso all'aborto libero e sicuro. In Polonia per esempio non si può accedere all’IVG nemmeno in caso di malformazione del feto mentre a Malta è possibile abortire solo in caso di pesanti rischi per la gestante.
In Italia sebbene l'aborto sia legale, le donne sono spesso costrette a percorsi lunghi e complicati a causa dell'enorme diffusione dell'obiezione di coscienza tra il personale medico. Oggi infatti sono 11 le regioni italiane in cui c'è almeno un ospedale con il 100% di obiettori di coscienza, questo si traduce in attesa e spostamenti, vessazioni e incontri con le associazioni antiabortisti e rappresenta un grande rischio per la salute mentale e corporea delle donne. Proprio pochi giorni fa a Montecitorio è stato presentato un report dal titolo “aborti e ostacoli” che raccoglie decine di testimonianze di donne italiane che hanno incontrato difficoltà e subìto violenze psicologiche e persino ci sono donne a cui è stato impedito di fatto l'accesso a un diritto. Sotto il governo Meloni infatti l'accesso all'aborto sta diventando sempre più un percorso a ostacoli. All'obiezione di coscienza si è aggiunta la progressiva istituzionalizzazione delle associazioni antiabortiste che appoggiate e finanziate dalle istituzioni portano avanti una vera e propria politica di deterrenza minando un diritto acquisito da oltre quarant'anni.
Dobbiamo riaffermare il diritto di decidere sui nostri corpi e sulla nostra sessualità. La legge 194 è un testo controverso che non garantisce un diritto di scelta e di interruzione di gravidanza, un diritto che è impedito anche alle persone trans, non binarie, intersex e alle persone migranti per le limitazioni in cui incorrono se possiedono il visto turistico. Un diritto che in questo modo diventa sempre più privilegio di classe. Dal suo insediamento il governo Meloni ha sostenuto apertamente di non voler toccare la legge ma ha sfruttato le sue debolezze assegnando fondi economici, dando legittimità politica a movimenti anti scelta e antiabortisti aumentando gli ostacoli per accedere all’IVG. Proprio di questi giorni è la notizia dell'apertura della stanza per l'ascolto presso l'ospedale Sant’Anna di Torino. 
Contemporaneamente nel dibattito pubblico ha preso sempre più spazio la retorica a favore della difesa della vita e dell'embrione, contro ogni principio di autodeterminazione: dalla proposta di disegno di legge di Gasparri con l'intento di “riconoscere capacità giuridica al concepito” al tour italiano di Pro-vita e Famiglia, aspramente criticato da collettivi e realtà dei territori dove finora è approdato. Il governo Meloni sostiene campagne per la natalità che nei fatti oltre a non supportare materialmente i genitori, promuovono discorsi razzisti e omofobi per cui si difende solo un tipo di famiglia tradizionale, eterosessuale e bianca. Noi invece vogliamo una difesa della genitalità tutta, libera, consapevole desiderata supportata e mai imposta. 
Tutto ciò si inserisce in un quadro desolante di tagli alla sanità pubblica in favore di quella privata, in un'ottica di aziendalizzazione del servizio sanitario che mette al centro i profitti e non la cura il benessere delle persone. In tale contesto si scrive l'approvazione della legge per l'autonomia differenziata che andrà ad aumentare il divario già enorme tra nord e sud del paese e lo smantellamento dei consultori pubblici, fondamentali presidi territoriali per la tutela della salute pubblica
L'aborto è una pratica medica essenziale: deve essere gratuita, sicura e accessibile a tutti.
Abbiamo sempre abortito e sempre abortiremo: pretendiamo però di farlo in condizioni di sicurezza, senza subire giudizi e discriminazioni, anche di natura paternalista, razzista, abilista, transfobica, grassofobica e ageista. Vogliamo che sia una scelta autodeterminata, chiediamo che l'aborto farmacologico sia disponibile in tutti i consultori familiari come sancito dalla legge, che la RU 486 si possa assumere fino alla 12esima settimana come dalle linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che chi vuole ne abbia la possibilità possa abortire a casa, in telemedicina o in autogestione. Ma senza consultori per tutte, tutto questo resta lettera morta.
Non abbiamo bisogno di associazioni antiabortiste che cerchino di dissuadere le persone esercitando violenza psicologica. Abbiamo bisogno di finanziamenti pubblici ai percorsi di maternità, contraccezione, aborto e prevenzione già forniti dai consultori che vengono però gestiti con difficoltà e fatica dal personale sanitario ormai stremato a causa di tagli e definanziamenti continui e con rabbia ricominceremo a ribadire che il corpo è mio e lo gestisco io!

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