I/le docenti dovrebbero essere, per definizione, i migranti del
sapere, i liberi migranti delle culture,
portati ad amare porti aperti, muri abbattuti e babeliche parretie
dialoganti e antirazziste. È l’esercizio prima di tutto della
dignità umana, non secondariamente di quella professionale, a dare
senso alla loro attività; è il rivendicare una particolare
attenzione ogni volta che si fa strame di valori fondativi della
persona, ogni volta che si tenta l’attacco alle intelligenze e al
senso critico, a dare lustro alla loro azione.
Tale dev’essere la concezione di sé, come docente, della
professoressa Rosa Maria Dell’Aria, sospesa e decurtata di parte
del suo stipendio, per avere permesso ai “suoi” studenti a Palermo
di accostare leggi razziali e razzismo d’oggi; tale lo spirito,
l’aura di libertà entro cui hanno potuto operare i “suoi” stessi
studenti.
Non diversa dev’essere la concezione di sé della maestra Lavinia
Flavia Cassaro, licenziata per aver urlato contro la polizia ad un
presidio contro le razziste Casapound e Forza Nuova nel 2018 a
Torino. Nel 2019 ha perso il ricorso: un'insegnante non può
macchiarsi di lesa polizia! Paga perciò il conto proprio ‘in
qualità di’ insegnante, non di comune cittadino, e viene
licenziata. L’esercizio del controllo dall’alto si estende qui ad
un comportamento esterno alla scuola, applicando sulla docente una
concezione ‘morale’ statalizzata che evidenzia il controllo sul
‘tipo di persona’, sulle sue idee, ed esaltando nella docenza il
carattere di ‘pubblica ufficialità’, per giunta in ogni luogo, non
certo quello dei fondamenti di scienza e coscienza!
La vicenda dell’istituto Vittorio Emanuele III di Palermo merita
attenzione perché è una vicenda la cui “colpa” è, per il ministero
e per le sue ossequiose gerarchie, la libera attività didattica di
un’insegnante e lo studio senza guinzaglio di gioventù pensante.
Ci chiediamo: che cosa è un insegnamento che non segni e uno
studio che non appassioni e interessi?
Invece il tutto è stato fatto oggetto di occhiute delazioni o di
zelanti carrierismi e di sospensioni da insegnamento e stipendio,
anziché considerare che questo paese, per esempio, ancora non ha
fatto i conti col razzismo.
Svoltosi in campo diverso dal precedente, cioè fuori dalla scuola,
qui la prima particolarità già posta in evidenza, è il caso della
maestra, cui non è permesso, e a che prezzo!, neppure fuori dai
‘sacri’ muri della scuola, di contestare l’operato della polizia,
la quale sempre più spesso non solo si fa unica detentrice della
violenza, ma, come nell’occasione, qui la seconda particolarità,
opera a copertura di fascisti in tempi in cui lo stravolgimento di
senso fa sì che il fascismo sarebbe divenuto solo un’opinione!!!
Quanto succede nella scuola è il riflesso speculare della
ristrutturazione del modello societario in atto: è la governance,
che prevede la santificazione della superstizione securitaria per
blindare il conflitto sociale attraverso la leva dell'emergenza,
del verticismo patriarcale e della criminalizzazione di ogni
critica o dissenso.
Non possiamo non dirci sodali e solidali con Lavinia Flavia e con
Rosa Maria e la “sua” classe.
Non possiamo non dirci ostili agli ignobili provvedimenti
disciplinari.
Ciò che occorre è la loro revoca, ristabilendo formalmente il
principio di evidenza e libertà.
Ogni docente e ogni studente dovrebbe rivendicare per sé e per
ognuno lo spazio delle libertà e dirsi “colpevole” al pari delle
interessate nelle due vicende.
Per parte nostra, si sa, Franti è “Il Colpevole” per antonomasia,
dunque siamo tutti e tutte tutt’altro che immeritevoli di tali
medaglie.
Franti
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franti@inventati.org
@ilFranti