lunedì 29 luglio 2019
pc 29 luglio - CONTRO OGNI AUTONOMIA DIFFERENZIATA - CONTRO IL GOVERNO FASCIOPOPULISTA E IL PARLAMENTO DA ESSI CONTROLLATO
INTERVENTO MASSIMO VILLONE - assemblea nazionale roma 7 luglio
(sbobinato da Alba Siena)
Grazie per l’invito a partecipare ai lavori di questa assemblea di questa mattina.
Non intendo farvi il riassunto delle molte cose che ho scritto sul regionalismo differenziato: le trovate tutta sulla mia pagina Facebook o in un instant book, il cui titolo è “L’Italia divisa e diseguale”, scaricabile gratuitamente dal sito dell’editore. L’ultimo articolo è uscito stamattina su Repubblica Napoli.
Se qualcuno si vuole documentare ha tutto il modo di farlo, perché parte delle cose che dirò sembreranno apodittiche e quindi rinvio per la dimostrazione ad altri strumenti di lettura.
Partirei da una considerazione: si sta chiudendo la finestra delle elezioni anticipate e man mano che si chiude questa finestra cresce la probabilità che si avvii davvero la battaglia per il regionalismo differenziato. E quindi la nostra necessità di oggi non è quella di fare un seminario di costituzionalisti, ma di scrivere il Manuale tattico della battaglia che verrà.
Io la vedo così.
Allora che cosa dobbiamo guardare?
Anzitutto bisogna capire, quando si va in battaglia, chi è il nemico e quali obiettivi si pone, quali strumenti mette in campo e cosa si può fare per resistere.
Tre punti.
Allora il nemico chi è e che vuole?
Vedete ci sono due disegni politici fondamentali oggi in questo paese: il primo scommette sull’Italia unita, il secondo scommette sull’Italia divisa.
Il primo è in continuità con quello che la Costituente ha deciso nel ‘48 e scrisse nella Costituzione. Il secondo è il frutto degli ultimi 25 anni della politica italiana.
È bene comprendere questo: c’è una parte del Paese, una parte del Paese forte, un pezzo dell’Italia che decide, che pensa che l’Italia unita non ce la fa ad agganciarsi all’Europa che corre di più e che quindi bisogna in realtà favorire il pezzo forte del Paese, che può correre più in fretta, perché quel pezzo si agganci all’Europa.
Significa anche altre cose: lasciare la prospettiva di una funzione mediterranea del Paese, significa tralasciare tutto ciò che era alla base di un’architettura costituzionale costruita sull’uguaglianza.
Ma, comunque, è un’idea,badate. non banale. Noi non stiamo più guardando al secessionismo della Padania, alla Prima Lega. Noi siamo in un contesto che non ha più a che fare con la banalità dell’egoismo leghista di un tempo, che era un nemico molto più facile da affrontare, questo è un nemico molto più difficile. E il fatto che ci sia ci fa capire perché un governo a guida Pd, Gentiloni, firma a quattro giorni dal voto un preaccordo che non avrebbe mai dovuto firmare, perché era un governo di ordinaria amministrazione e perché nella pattuglia di testa c’è l’Emilia Romagna.
Io sono vicinissimo all’ANPI ed è nel mio cuore l’ANPI, ma non a caso la presidente dell’ANPI cita soltanto la Lombardia e il Veneto, ma omette di dire che sul punto delle risorse la formula dell’Emilia Romagna è tale e quale a quella della Lombardia e del Veneto.
E allora la buona autonomia dell’Emilia Romagna dove sta?
E quindi bisogna andare dentro le cose per capire che qui stiamo parlando di un contesto in cui alla Padania si è sostituito il Grande Nord.
Non a caso il neo eletto presidente del Piemonte dice che chiederà la stessa autonomia di Lombardia e Veneto. Toti in Liguria fa lo stesso. Il Friuli, l’altro giorno ha avviato forme di 1
regionalizzazione della scuola. Giusto perché lo sappiate. Il Grande Nord esiste già, è già nei fatti, perché nelle competenze da trasferire ci sono anche le possibilità relative all’istituzione di uffici strutture comuni.
La macroregione del Nord non c’è nemmeno bisogno di istituirla, si fa nei fatti, con il coordinamento che è già, come dire?, nel dibattito politico del Nord, perché se leggete i giornali del Nord trovate il coordinamento alpino, dell’arco alpino.
Questa è la prospettiva, quindi questo è l’avversario col quale voi avrete a che fare: un avversario che vuole staccare il paese con l’idea che in questo modo almeno un pezzo del Paese ce la farà a correre e l’altro pezzo si arrangia.
Come? Quali strumenti?
Beh gli strumenti sono quelli che attaccano ovviamente l’unità. Perché poi in fondo c’è questo come obiettivo: frantumare l’unità.
E come si frantuma l’unità?
Si frantuma attaccando i fondamenti diciamo immateriali e materiali dell’Unità.
I fondamenti immateriali sono quelli dell’eguaglianza dei diritti.
Se non ci sono diritti uguali che unità ci può mai essere reale?
Questo è intuitivo credo per tutti. Quindi sanità, scuola e quello che avete sentito.
Ma anche i fondamenti materiali sono importanti. La costruzione di una cultura dell’unità. Questo sottolinea perché la scuola sia centrale in tutto ciò. Ma su questo tornerò dopo.
E questi fondamenti si attaccano ovviamente attraverso lo strumento delle risorse, perché quando voi parlate di diritti parlate di qualcosa che poi non si realizza senza risorse.
Voi pensate all’istruzione, alla sanità, se non avete un servizio per l’istruzione o un servizio per la sanità e se non avrete attribuzione di risorse sull’uno e sull’altro, quelli sono diritti che rimangono puramente nelle parole.
E allora trovate meccanismi che privilegiano la parte forte del Paese e questo non a caso li trovate già nei preaccordi firmati dal Governo Gentiloni, da Bressa e da Gentiloni, dove addirittura si diceva in modo esplicito che si collegavano i fabbisogni a quello che era il gettito riferibile al territorio. Quindi si stabiliva il principio che i territori più ricchi avevano, comunque, diritto a essere, come dire, quelli meglio dotati di servizi, ancor più.
Quindi, capovolgendo completamente le prospettive di solidarietà e di riduzione del divario nel Paese.
Ma tutto questo, appunto, si spiega, quando voi avete un personaggio come Padoan, che io cito spesso quando parlo del tema, che è stato per quattro anni ministro nel governo prima Renzi e poi Gentiloni, che sponsorizza la tesi secondo cui quello che fa correre Milano ritarda Napoli, che può essere ovviamente capovolta tal e quale e dire che tutto ciò che fa correre Napoli ritarda Milano e quindi è bene per il Paese che il divario rimanga, perché sennò Milano non corre e non si aggancia all’Europa.
Ora, questo discorso, poi, tocca anche i fondamenti materiali dell’unità, perché se voi andate a guardare il trasferimento delle competenze che viene richiesto dalle Regioni, e anche qui le tre regioni, badate, non le due più una, no, le tre, trovate tutte le infrastrutture.Trovate la richiesta di regionalizzare le autostrade, le strade, i porti, gli aeroporti, le ferrovie, che sono le infrastrutture della unità nazionale.
Per capirci, se fosse stata vigente un’architettura di questo tipo, in questo Paese l’Autostrada del Sole non l’avremmo mai costruita, come non avremmo l’alta velocità da Milano a Napoli e non avremmo domani o non avremo domani l’alta velocità da Napoli a Reggio Calabria. Perché se voi regionalizzate i grandi sistemi di comunicazione e di trasporto è chiaro che tutto quello che poi potete mettere in campo è un accordo interregionale, non una politica nazionale per. E questo è nelle richieste, non è che sto parlando di cose ipotetiche. No, questo sta scritto nelle richieste e non sappiamo cosa sta scritto nelle intese che la ministra sempre vorrebbe portare nel Consiglio dei Ministri, perché quelle carte la ministra Stefani non le molla, non le fa vedere.
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Allora l’attacco ai fondamenti immateriali, l’attacco ai fondamenti materiali.
Come?
Col segreto e col bavaglio al Parlamento. Così spieghiamo perché questo attacco tutto palesemente incostituzionale alla possibilità che il Parlamento emendi le Intese e così spieghiamo com’è che ancora non riusciamo a vedere le Intese.
Ma possibile mai che dopo mesi e mesi in cui se ne discute, noi siamo ancora con le anticipazioni di stampa di cui non sappiamo quanto coincidano con il reale?
Ma vi pare possibile che una cosa che tocca tutti i sessanta milioni di cittadini italiani non è messa in chiaro e non viene discussa?
Come si spiega?Si spiega, perché se si spiegasse probabilmente noi avremmo le dimostrazioni della gente per strada. Ecco perché! Quindi è un segreto funzionale all’obiettivo. Poi tutto questo ha degli effetti collaterali, perché se dovesse partire per alcune regioni, supponiamo che parta per le tre e poi forse dopo si aggiunge il Piemonte e la Liguria, avremmo già l’arco del Nord, con tre regioni speciali e quattro Regioni ordinarie, dalla Liguria al Friuli con l’aggiunta dell’Emilia Romagna.
Se questo accadesse, ovviamente, non si potrebbe che avere un effetto di contagio sul resto del sistema. Perché non è possibile che poi ci sia un pezzo di ceto politico che dispone di ferrovie, strade, autostrade, porti e aeroporti, che gestisce decine di migliaia di insegnanti e poi altri pezzi del sistema politico, per capirci i governatori di Puglia, Campania, Calabria o quello che è, che non hanno nulla di tutto ciò, che divengono automaticamente personaggi di serie C del sistema politico. È chiaro che pretenderanno di avere anche loro la loro parte. Diranno anche: io voglio gli stessi poteri. Non sarà possibile rispondere di no perché intanto li avranno dati ad altri. Quindi questo è l’inizio di una fase di disgregazione.
Se parte questo meccanismo il paese si disgrega e si disgrega in modo irreversibile.
Con quale effetto? Finalmente è stato capito, solo da ultimo, chi può perdere tutto in questa vicenda: l’ultimo corpo intermedio che è rimasto in questo Paese, che è il sindacato, corpo intermedio di valenza nazionale, perché, ovviamente, se voi frammentate il Paese in tutto,che senso ha più un sindacato nazionale? Che senso più ha un contratto nazionale, se poi tutto si va a gestire su base regionale?
Badate che fra le materie si chiedono - io rinvio la dimostrazione data ad altrove - ci sta il lavoro, la tutela della sicurezza del lavoro, la previdenza integrativa, la retribuzione integrativa, le assunzioni, l’incentivo alle imprese e quindi tutto l’oggetto vero della contrattazione sindacale è tutto spostato sul lato regionale.
E allora un contratto nazionale a che serve più?
Nel migliore dei casi diventa una cornice assolutamente vuota.
Questo il sindacato l’ha finalmente capito che si giocava una partita di vita e di morte e lo ha detto a Reggio Calabria qualche giorno fa. Come sapete c’è stata una presa di posizione, una presa di posizione per la prima volta molto netta, tardiva, ma netta.
Ora che cosa si può fare?Passiamo al terzo punto. Questi sono gli strumenti che l’avversario mette in campo.
Che cosa si può fare?
E poi dico una parola in particolare per la scuola. Che cosa si può fare?
Intanto tutto quello che si può fare lo si deve fare adesso, perché per chi avversa questo disegno il campo di battaglia migliore è il Parlamento.
Perché? Perché dopo può essere difficile o quasi impossibile attivare meccanismi di garanzia formale. Se, per esempio, andassero avanti i meccanismi previsti attualmente nelle Intese, che demandano a comitati paritetici Ministero Regione la definizione delle materie da trasferire, di che cosa si trasferisce, quando e con quali costi, questo avverrebbe attraverso decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri. Questa è la previsione. Ed essendo i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri atti amministrativi, non passano per le mani al capo dello Stato, quindi sono sottratti al 3
controllo di garanzia del Capo dello Stato e sono quasi impossibili da portare alla Corte Costituzionale.
Ci si dovrebbe arrivare attraverso un meccanismo di conflitto di attribuzione tra Stato e Regione, ma se le Regioni avessero aderito a questo andazzo, è chiaro che non farebbero mai ricorso.
Ci si potrebbe arrivare forse in futuro e in un futuro lontano attraverso un normale giudizio amministrativo.
Ma stiamo parlando di strade lente lunghe e del tutto incerte.
Quindi non si può fare conto su quelle che sono le garanzie apprestate in una normalità istituzionale che in questo caso non viene rispettata.
Adesso forse si può intervenire, perché essendo richiesta la maggioranza assoluta dei componenti per approvare la legge che approva le Intese, la prima cosa che si può cercare di fare è cercare di evitare che si raggiunga quella maggioranza, dopo di che la vicenda muore.
Soprattutto pensando che in Senato il margine della maggioranza sono pochi i voti e quindi può darsi che ci sia una possibilità.
Una seconda possibilità è data dal ricorso dei singoli parlamentari, per conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale, qualora attivino il meccanismo della inemendabilità delle intese, perché questo, si potrebbe affermare, lede i diritti dei parlamentari, dei singoli parlamentari come tali.
E questa è una cosa che ho già segnalato ai parlamentari e che spero vogliano considerare. So che qualcuno l’ha già considerato e lo farà. Se dovesse accadere questo.
Poi quello che potete fare è fare pressione dal basso, quello che fate, quello che siete.
Attivare ogni forma di dibattito pubblico, essere presenti in ogni momento, considerando che il terreno di battaglia sarà prevalentemente il Sud.
Nel senso che sarà il Sud da abbandonare o da mantenere per le singole forze politiche. Sarà il Sud da consolidare, per la Lega. Il Sud da difendere, per il Movimento 5 Stelle. Il Sud da riconquistare, per il Pd.
Quindi quelli che vivono al Sud probabilmente qui troveranno un’occasione utile.
Un’ultima parola sulla scuola: la scuola è centrale nel disegno della secessione. Io credo che voi siate in gran parte scuola. Bene, voi siete proprio al centro del problema. Perché? Intanto perché siete una realtà di massa. La realtà di massa interessa ai politici.
Perché un presidente di Regione che mette le mani sulla vostra carriera e sulla vostra vita troverà il potere di gestire decine di migliaia di persone di produttori di consenso, quindi siete un boccone appetibile ricchissimo. Mi dispiace per voi. Io non lo sono, ma voi sì. Siete in prima linea che lo vogliate o no, per questa ragione e poi siete in prima linea per una ragione più nobile, perché voi siete parte essenziale della produzione dell’identità del Paese, della cultura del Paese.
Vedete bisogna tenere ben presente una cosa, che quando parliamo dell’unità di un Paese, chi ne parla in genere ne parla al passato. Io quando parlo dell’Unità d’Italia e dico che sono un paese unito, dico una cosa che rifletta la mia storia.
Come dire? Le mie motivazioni sono quelle del secolo scorso, perché io sono persona del secolo scorso. Sono quello dei miei padri. Ma il problema vero è i millenians: che pensano dell’Unità d’Italia? Perché loro tra 10 15 anni saranno quelli che decideranno questa.
La cultura dei Millennians la costruite voi. Perciò siete centrali. Vedete in Catalogna, secondo un’analisi, la vicenda catalana ha raggiunto il punto di rottura dopo che per due decenni era stata insegnata una cultura secessionista nelle scuole catalane. Capite?
Quindi noi dobbiamo ragionare, quando parliamo di scuola, in termini di generazioni.
Cosa succederà quando io che insegno vedrò i miei studenti, i miei allievi, che diventano adulti e gestiscono la cosa pubblica? Perciò voi siete centrali, perché lì siete insostituibili. Questa cosa sta in mano a voi e quindi se la controllate voi, è decisivo, poi, chi controlla voi.
Vedete, ci sono già delle sperimentazioni in atto.
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Da ultimo sono andato a Brescia e ho appreso di slides dei vostri colleghi trentini che vi consiglio di vedere e che spiegano benissimo perché vi dovete sottrarre a qualunque ipotesi di controllo regionale delle vostre vite e della vostra carriera.
Vi consiglio caldamente di farlo. Do io il compito a casa a voi. Anche in Friuli Venezia Giulia pare che si stia avviando la stessa cosa.
Ora siete centrali, ma avete una fortuna.
Questo è l’ultimo pensiero che voglio consegnare, perché, vedete, voi vi troverete in questa battaglia a combattere per voi stessi, proprio come persone, per la vostra carriera, per i vostri stipendi, per la vostra condizione di lavoro.
Sarà una battaglia per il vostro interesse personale, ma avrete una grande fortuna: il vostro interesse personale coinciderà con l’interesse del Paese.
Non accade mica sempre, anzi forse accade molto di rado, ma nel vostro caso è così: la vostra battaglia per voi stessi è anche la battaglia per tutti noi.
Quindi mettetecela tutta questo lo dico alle amiche agli amici, alle compagne e ai compagni della scuola, mettetecela tutta. Vi ringrazio.
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