In
corsa per gli Oscar c’è un film che in Italia sarà estremamente
difficile vedere, si tratta di “Sobibor”. Il film è diretto da
Konstantin Khabensky, artista molto popolare in Russia, ma quasi
sconosciuto al pubblico occidentale. Nel cast spicca il nome di
Christopher Lambert nel ruolo di un ufficiale nazista, ma è Khabensky a
interpretare il ruolo del protagonista: Alexander Pechersky, un soldato
ebreo dell’Armata Rossa.
Il
film racconta l’unico caso di fuga di massa da un campo di sterminio
nazista, quello di Sobibor (Polonia) ed espone in maniera estremamente
cruda ed efficace il funzionamento del sistema di morte messo a punto
dai nazisti, lo ricostruisce in tutta la sua perfidia.
La
storia di Sobibor è emblematica, infatti a differenza di tutti gli
altri lager la rivolta fu vittoriosa per via del fatto che vi vennero
internati dei soldati (ebrei) dell’Armata Rossa che con la loro
preparazione e la loro determinazione riuscirono a guidare la lotta.
Infatti
la rivolta di Sobibor fu la lucida pianificazione di un progetto per liberare tutti i prigionieri del lager, non si trattava di una fuga, ma di un’azione militare autorganizzata finalizzata a portare alla conquista del campo per poter liberare tutti i prigionieri. Questa azione venne guidata dagli internati dell’Armata Rossa, una verità storica che stride fortemente con la propaganda revisionista a cui siamo sottoposti da decenni.
la rivolta di Sobibor fu la lucida pianificazione di un progetto per liberare tutti i prigionieri del lager, non si trattava di una fuga, ma di un’azione militare autorganizzata finalizzata a portare alla conquista del campo per poter liberare tutti i prigionieri. Questa azione venne guidata dagli internati dell’Armata Rossa, una verità storica che stride fortemente con la propaganda revisionista a cui siamo sottoposti da decenni.
Purtroppo
la storia ci racconta anche che il piano non funzionò bene, infatti
solo qualche centinaio di persone riuscì a scappare e la maggior parte
venne uccisa nella fuga o poco dopo.
Un
particolare che ci riporta all’attualità è che nel lager di Sobibor le
feroci guardie erano perlopiù collaborazionisti ucraini (volontari che
si prestavano al servizio dei nazisti in funzione anti-sovietica),
proprio quelli che oggi vengono glorificati come eroi dal governo di
Kiev.
Particolarmente
interessante la maniera in cui il regista traccia i profili psicologici
dei vari personaggi, tanto i nazisti in preda ai loro deliri di
onnipotenza, quanto i prigionieri vittime di quella immane ingiustizia.
Sobibor,
seppur non impeccabile nella ricostruzione storica, non si allinea
minimamente al filone revisionista filo-americano che sparge menzogne
sul ruolo dell’Unione Sovietica nella Seconda Guerra Mondiale. Menzogne
che in Italia vediamo riproposte anche dal servizio pubblico nazionale
(l’ultimo patetico caso è quello di Alberto Angela che ha divulgato
falsità sull’Olocausto per infamare l’URSS). Nel film di Khabensky i
riferimenti all’URSS sono costanti, ma ce ne sono anche a Stalin.
Il
film riafferma in maniera estremamente chiara che l’abominio nazista è
il male assoluto e che bisogna combatterlo. Non c’è alternativa. Dopo la
visione si ha un rinnovato odio verso il nazismo, il film lo rigenera
in maniera estremamente efficace non lasciando spazi a buonismi o alla
speranza nella provvidenza.
In
definitiva, nonostante alcune pecche nella ricostruzione storica, si
tratta sicuramente del miglior film sull’Olocausto che sia mai stato
prodotto, eppure non è nelle sale italiane. Un film che avrebbe un forte
valore pedagogico, che andrebbe fatto vedere ai giovani e a tutti
quelli che non sanno cosa sia il nazismo. I messaggi più importanti che
il film ci lancia sono sostanzialmente tre: ci ricorda l’orrore del
nazismo, ci spiega che per la lotta servono competenze specifiche (che
bisogna accumulare prima dello scontro per non arrivare impreparati), ma
soprattutto ci dice che di fronte all’ingiustizia ci si deve ribellare.
Per questi motivi Sobibor è un film che parla anche della nostra
attualità e che ci può insegnare molto.
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