Un
editoriale di Marco Bertolini apparso oggi su La Stampa “Quello che
serve all’Italia in Niger”, spiega, senza peli sulla lingua, cosa
è realmente questa “missione” (decisa tra l’altro a Camere
sciolte) e cosa deve comportare per l’Italia.
“L’operazione
in Niger… per l’addestramento di forze addette al terrorismo e al
controllo dei suoi confini settentrionali, attraverso i quali trafila
buona parte del flusso migratorio che arriva in Italia…”. Secondo
Gentiloni – scrive l’editorialista – non dovrebbe trattarsi di
un’operazione di combattimento, in rinforzo alle attività francesi
nell’Africa subsahariana”.
Ma...
questa operazione che “dovrebbe implicare l’impiego iniziale di
120 uomini, da portare a 470 in sei mesi”, gli “addestratori”
sarebbero appena qualche decina “mentre il resto avrà funzioni di
supporto (a cosa e a chi?) e sicurezza”.
E
qui si sciorinano i numeri, ben oltre la decina:
per
la sicurezza, una “componente di fanteria inferiore ai 100 uomini
in caso di schieramento in una base nel sud del paese già presidiata
dai locali, mentre potrebbe triplicare in caso di schieramento in una
base indipendente in pieno Sahara… “; per la logistica,
“aumenterà di peso”.
Poi
si passa ai bollettini sui mezzi militari:
“la
componente aerea includerà alcuni elicotteri NH-90, e,
auspicabilmente, almeno un aereo da trasporto tattico… gli
elicotteri dovranno essere mantenuti a piè d’opera delle unità
terrestri, sia per consentire eventuali spostamenti tattici delle
unità di manovra, in caso di minaccia, sia per effettuare eventuali
evacuazioni sanitarie d’urgenza”.
Per
l’attività sanitaria – che evidentemente in una situazione di
guerra è centrale – si “dovrà prevedere un presidio di primo
intervento di capacità adeguate a garantire la stabilizazione di
eventuali feriti, dal quale trasportarli in più idonee strutture in
tempi ristretti, anche appoggiandosi ai reparti francesi, tedeschi o
Usa...”.
Lo
stesso giornalista deve dire, a conclusione, di questo bollettino di
necessità di intervento bellico vero e proprio: “Come si vede, le
variabili della pianificazione in questione sono notevoli anche per
un’operazione che si vorrebbe di solo addestramento e – aggiunge
– mal si combinano con la necessità di definire l’entità dello
sforzo complessivo (= risorse finanziarie da impiegare, senza stare a
sottilizzare con le “nostre esigenze di politica interna e
finanziaria”) col bilancino del farmacista...” - perché,
conclude alla fine, lì si spara e noi dobbiamo sparare!
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