La campagna lanciata da Je
sò pazzo per una lista "potere al popolo" ha avuto un successo relativo e diseguale.
Assemblee e incontri in tutt'Italia hanno toccato almeno 50 province,
in alcune città vi sono state assemblee molto partecipate e
rappresentative, in altre invece è stata una partecipazione più
limitata. Comunque l'iniziativa ha avuto successo. Je sò pazzo è
riuscita a mobilitare i suoi quadri e attivisti e in particolare la
rete Clash City Workers, che alla resa dei conti ha dimostrato
un'espansione maggiore del previsto e un'interlocuzione larga.
Il messaggio del centro
sociale è apparso “forte e chiaro” e ha colto la situazione in
un momento in cui la sinistra riformista era nella fase di chiusura
dei giochi nelle sue due varianti coagulate intorno alla candidatura
Grasso, e la sinistra rivoluzionaria sostanzialmente non aveva preso
in considerazione le elezioni (a parte la lista dei trotskisti puramente autoprapagandista che unisce il Pcl e falcemartello).
Quindi, quella di Je sò pazzo è risultata l'unica proposta in
campo, che ha attratto l'attenzione di tutti coloro che pensavano
alla presentazione alle elezioni e non si ritrovavano in nessuna
delle proposte e sentivano la sterilità di una presentazione
testimoniale.
Questo è sostanzialmente
il successo dell'operazione.
Va considerato che Je sò
pazzo godeva comunque di fama trasversale, sia per l'impegno profuso
socialmente a Napoli su alcuni temi abbastanza esemplari: immigrati,
lavoro nero, sia per il sostegno da movimento che aveva sviluppato in
occasione della campagna elettorale locale per De Magistris.
Quest'insieme di
questione, compreso lo slogan già utilizzato ma sempre “buono”
di “potere al popolo”, ha portato effettivamente ad assemblee
molto partecipate e a volte intense per dibattito, rappresentazione
di lotte ed esperienze.
Chiaramente pesa anche
molto che questa proposta, la sua rappresentazione è portata avanti
da giovani.
Quindi, le assemblee hanno
preparato il buon successo dell'assemblea nazionale che dovrebbe
concludere la fase di appello “movimentista” e andare ad una
strutturazione delle liste, della campagna elettorale e dei metodi e
mezzi per condurla.
La nostra posizione sulla
proposta è stata sin dall'inizio di critica frontale, in un certo
senso in continuità con la critica che avevamo fatto in occasione
dell'appoggio alla lista De Magistris.
Allora noi abbiamo fatto
una critica non solo teorica, dal punto di vista di comunisti,
marxisti, sinistra rivoluzionaria, ma anche politica e pratica; una
critica che non siamo, però, riusciti a valorizzare, sia per il
clima generale esistente, per posizioni nel campo dei comunisti ora
sterili ora di sottovalutazione della realtà, sia per la debolezza
del nostro insediamento organizzativo nazionale.
Poco prima che l'attuale
proposta di presentazione di una lista venisse lanciata, avevamo già
preso atto di trovarci di fronte ad un cambio di natura di Je sò
pazzo, non si tratta più di un centro sociale
rivoluzionario e di giovani attivisti comunisti del genere del ex collettivo Cau, ma di un centro sociale riformista radicale, capace di intercettare e di promuovere settori di massa e gioventù non organizzata proveniente in maniera diretta o indiretta da precedenti esperienze sociali.
rivoluzionario e di giovani attivisti comunisti del genere del ex collettivo Cau, ma di un centro sociale riformista radicale, capace di intercettare e di promuovere settori di massa e gioventù non organizzata proveniente in maniera diretta o indiretta da precedenti esperienze sociali.
Questa struttura, tra
l'altro, non ha prodotto nessun documento né sulla valutazione della
campagna De Magistris, né su come questa Giunta sta amministrando e
trattando le questioni che toccano più le realtà proletarie:
lavoro, la condizione nei quartieri, il “disastro” Bagnoli, ecc.
Al di là delle apparenze,
d'altra parte, questa struttura ha un'organizzazione interna molto
chiusa che non rende pubblico il suo dibattito interno, non produce
documenti sulle esperienze che fa – la stessa decisione di lanciare
ora la campagna per la lista “potere al popolo” non ha a
premessa, a parte l'appello, un documento pubblico; ciò non vuol
dire che non ci sia un dibattito interno, ma che non esce all'esterno
e lascia che un centro sociale apparentemente di massa in realtà sia
gestito da un gruppo ristretto, che se è sempre sulla strada
dell'impegno sociale e delle iniziative, è oscuro ora sia nella sua
matrice sia nella sua prospettiva reale.
Questo è sempre stato uno
dei caratteri fondanti dell'opportunismo ed è uno degli elementi più
difficili da snidare.
Se abbiamo messo in luce i
lati forti dell'iniziativa, sono altrettanto evidenti i lati deboli,
che sono fondamentalmente due.
La proposta di lista non
può raccogliere come interlocutori alla fine che “vecchie
cariatidi” dell'estrema sinistra elettoralista (Da Rifondazione ai
trotskisti, ecc.) la cui forza più consistente è la Rete dei
comunisti-Eurostop, e di realtà di movimento non può che
raccogliere quelle aree che si sono già presentate nelle ultime
elezioni al carro di questa o quest'altra lista o che avevano
civettato col grillismo. Di conseguenza, è con queste aree che alla
fine il gruppo di Je sò pazzo dovrà contrattare contenuti reali e
liste, anche se le parole di Je sò pazzo vogliono essere diverse da
quelle dei suoi interlocutori, benchè il programma poi non lo sia.
Il secondo dato debole
della proposta è che essa ha scarsissime possibilità di incidere
nelle aree dell'astensionismo e questo oltre che pesare sul risultato
finale elettorale, porta a pescare nell'area che sostanzialmente ha
votato in tutti questi anni.
D'altra parte mentre è
chiaro che lo slogan “potere al popolo” in contrapposizione a
tutto il resto vuole avere il senso di una polarizzazione, in nessuna
maniera però essa è in condizione di esserlo in una effettiva
campagna elettorale, dove la polarizzazione è e rimane quella di
tutti i partiti e liste che cercano il voto e il rifiuto del voto di
masse popolari estese e con una grande composizione operaia e
proletaria al suo interno.
In questo senso la
proposta di Je sò pazzo rappresenta un successo effimero fino alle
elezioni e un'inconsistenza pratica con la conclusione delle
elezioni.
Ma, tenendo conto di come
Je sò pazzo ha affrontato il problema De Magistris questo non vuol
dire affatto che dall'esito delle elezioni, Je sò pazzo potrà
trarre una lezione tale che varrebbe la tradizionale tattica
leninista di guidarne l'esperienza concreta e la verifica.
Per questo è impossibile
per noi in questa occasione avere la posizione politica che pur
abbiamo avuto in occasione delle elezioni napoletane – che fu di
critica radicale degli argomenti usati da Je sò pazzo nel sostegno a
De Magistris, ma dentro una realtà in cui tatticamente anche noi
davamo indicazioni di voto per De Magistris vista l'allora effettiva
polarizzazione che vi era tra tutte le liste presenti a Napoli e De
Magistris, dentro la più evidente polarizzazione tra governo Renzi e
De Magistris, e tenendo conto infine della matrice di sinistra del
fronte raccolto da De Magistris, compresa parte della sinistra
sociale.
Infine, va considerato che
l'analisi del gruppo che ispira la campagna ci deve servire anche per
capire che quella di Je sò pazzo non è solo un'operazione
momentanea perchè essi ragionano come gruppo politico strutturato
“così ci conoscono nazionalmente”, “così si aggregano alla
nostra azione” - diremmo anche “nostra linea, nostra analisi”,
ecc.; ovvero, ragionano esattamente come un partito che è disposto a
raccogliere come risultato anche semplicemente la sua affermazione
nazionale e propagandistica. Ma in questo senso si tratterebbe di un
partito opportunista di destra, che prende il posto delle varie
varianti dell'ex sinistra ex parlamentare, di tipo revisionista, fusa
con l'economicismo e il populismo.
Queste sono tutte le
ragioni che motivano una necessaria contrapposizione frontale
teorica, politica,
ideologica, verso l'opportunismo elettoralista e il riformismo e le
sue attuali forme riverniciate.
La nostra “campagna
elettorale” è tutt'altro. Essa punta a sviluppare la
contrapposizione tra masse e Stato, tra masse e partiti di governo e
parlamentari; mette l'accento sulla necessità di contrastare il
fascismo dichiarato e il moderno fascismo del capitale che invece
unisce tutto il resto del fronte parlamentare, e ad attaccare come
“mosche cocchiere” della borghesia, dello Stato moderno fascista
tutti coloro che vogliono far rientrare nel gioco truccato della
democrazia elettorale i proletari e le masse.
Dobbiamo lavorare per dire
chiaramente ai proletari che l'astensionismo senza organizzazione,
lotta e progetto di un altro potere è assolutamente impotente a
mettere in discussione il potere borghese, è impotente a bloccarne
la marcia moderno fascista, è impotente a difendere le condizioni di
vita e di lavoro, è impotente a dare agli operai e ai proletari una
speranza e un futuro.
Questo tipo di campagna
elettorale la facciamo alle fabbriche, nei quartieri popolari e
richiede messaggi di verità e di certezza, una chiamata all'appello
che deve contribuire a rafforzare il lavoro per la costruzione del
partito comunista rivoluzionario e delle organizzazioni di lotta di
massa collegate.
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