lunedì 26 dicembre 2016
pc 26 dicembre - ACCORDO ALMAVIVA: PARLANDO CON UN COMPAGNO DI NAPOLI CHE HA SEGUITO FIN DALL'INIZIO LA LOTTA.
Cosa prevede l'accordo di Almaviva e in che senso è un grave precedente?
L'accordo Almaviva prevede 3 mesi di cassintegrazione a partire dal 1 gennaio. Sarà a 0 ore il primo mese, al 70% il secondo mese, al 50% il terzo.
Questo andamento risponde a due esigenze, la prima di permettere nel primo mese all'azienda di organizzare la flessibilità e l'andamento della cig, che accompagnerà molto i flussi di chiamata - per es. Febbraio è notoriamente un mese importante per volume di chiamate - tre mesi, quindi, perchè ci possa essere un intervento, concertato tra le parti, sul controllo delle prestazioni individuali dei lavoratori e sul taglio del costo del lavoro; la seconda esigenza è continuare da parte dell'azienda a tenere i lavoratori lontani dal posto di lavoro nella fase più calda post accordo, e questo chiaramente in termini di lotta pesa molto.
Secondo lo stesso accordo, pertanto, questi tre mesi servono programmaticamente a raggiungere i desiderata dell'azienda.
Tanto è vero che l'accordo stesso prevede il ricatto, affermando esplicitamente, che il congelamento degli esuberi nei tre mesi, in caso di mancato accordo, sarà reso inefficace in soli 15 giorni, senza, quindi, neanche i 75 giorni che sono normalmente previsti.
Questo è scritto in un accordo che, per la prima volta, contiene in sé esplicitamente la “clausola” del licenziamento se non passano i piani dell'azienda! Si tratta di un vero e proprio ricatto che vuole agire sui lavoratori in questi tre mesi, e un grave precedente per tutti i lavoratori di questo settore.
Questo accordo riguarda Napoli. A Roma com'è la situazione?
Nelle altre resta la situazione di prima, sempre sul negativo, per esempio, a Palermo c'è ancora in ballo la questione dei trasferimenti.
La vera incognita è Roma. Le Rsu romane non hanno firmato questo accordo, perchè firmando avrebbero di fatto ratificato la presenza di esuberi e la possibile soluzione attraverso licenziamenti e/o il taglio del costo del lavoro.
E allo stato attuale, a Roma, essendo scaduta la procedura dei 75 giorni, con mancato accordo l'azienda è libera di mandare le lettere di licenziamento – cosa che per ora non ha fatto.
Questa differenza tra Napoli e Roma da cosa è dovuta?
Dal fatto che nonostante l'animo dei lavoratori a Napoli fosse contrario a questo accordo e i sindacalisti sono stati continuamente attaccati, incalzati nelle assemblee, allontanati, insultati, ecc., nonostante una pressione occupazionale davvero impellente, i sindacati hanno cercato di compattare l'unità tra le sigle, proprio per questa manifesta sfiducia, perdita di qualsiasi forma di consenso e credibilità tra i lavoratori, e, purtroppo, sono rimasti loro, i sindacati confederali, ad essere l'unica sponda vertenziale, l'unico canale di informazione di ciò che succedeva nei Tavoli, sia pur in maniera distorta e da “terrorismo aziendalista”. Per certi versi, la perdita di consenso non ha preoccupato i sindacati, non avendo, i lavoratori, al di là di loro, nessuna sponda, che non fossero forme spurie di coordinamento dei lavoratori, o di solidali.
Diversa è la situazione a Roma, dove, sia pur dal punto di vista mobilitativo i numeri siano da sempre stati ridotti, la memoria di una serie di vertenze avvenute in passato su Roma, e/o l'esistenza, sia pur piuttosto velleitaria, di una possibile sponda concreta alle rivendicazioni dei lavoratori più combattivi (i cobas), hanno fatto sì che i rappresentanti sindacali dei confederali fossero, fin dalla vertenza chiusasi a maggio, meno arrendevoli e più attenti alle voci dei lavoratori. E questo, di riflesso, arrivava fino ai delegati Uil. A Napoli, invece, la cgil sembrava la cisl, la cisl sembrava la uil e la uil sembrava l'Ugl...
Le segreterie sindacali hanno accettato per tutti i siti l'accordo, ma a Roma è mancata la condizione dell'approvazione delle Rsu, e i rappresentanti sindacali sembrano quasi scusarsi sulla stampa nell'essere stati costretti ad obbedire al mandato dei lavoratori.
Il 23 dicembre c'è stata un'infuocata assemblea a Roma, in cui vi era da una parte chi diceva che la dignità non si poteva contrattare sul tavolo, e la maggioranza dei lavoratori non più silenziosa (mai vi era stata una partecipazione così grande nel corso della lotta) ad urlare: che cosa avete fatto, non potete firmare la perdita del posto di lavoro, al posto nostro.
La Cgil è corsa ai ripari e ha proclamato a Roma un referendum. Ma questo referendum, che si tiene il 27 dicembre, rischia di essere un boomerang.
In questa lotta dei lavoratori Almaviva c'è stata la presenza di sindacati di base?
Non sono stati particolarmente attivi, a Roma è presente il cobas confederazione, chiaramente escluso dai tavoli.
Forme di autorganizzazione tra i lavoratori nate nella prima fase della lotta, sono in parte continuate in quasi tutte le sedi, ma non sono riuscite ad essere influenti e incisive, specie dopo l'accordo di maggio.
Guardando ora alla situazione tra i lavoratori, perchè non si è riusciti a ostacolare questo tipo accordo?
Il discredito verso i sindacati confederali è di duplice natura, da una parte, di sinistra, critico verso la linea dei sindacati confederali, particolarmente filo aziendali, disarmanti e impegnati a disinnescare la lotta, fino all'accusa di essere dei veri e propri venduti, asserviti all'interesse, considerato “più generale”, dell'azienda.
Questo ha prodotto le forme di rifiuto, di discredito, sfiducia, dei lavoratori verso i sindacati, e indirettamente anche le forme di autorganizzazione, coordinamento, ma in molti casi poco più che embrionali.
Dall'altra, in realtà una della parte della critica ai sindacati è di tipo grillino, cioè attacca la stessa forma sindacale organizzata, non fa differenza tra sindacati e forme di autorganizzazione sindacale. Si colgono chiaramente elementi di verità: il sindacato come casta legata ad azienda e governo, le segreterie come caste impegnate a mantenere i legami politici, molte Rsu come portaborse di personaggi che hanno fatto carriera, o fatte da lavoratori parassiti che non stanno mai “in cuffia”, ma ripeto, questa denuncia tende poi ad estendersi all'organizzazione sindacale toutcourt.
Da maggio in poi, forti di questa sentimento critico diffuso verso i sindacati confederali, le avanguardie dei lavoratori erano una maggioranza di fatto e la loro critica al sindacato erano in sintonia con la quasi totalità dei lavoratori. E questo resta valido tuttora.
Nella precedente fase per tutto il tempo i lavoratori hanno tentato di imporre la proprie decisioni alle rappresentanze sindacali, per spingere le Rsu a rispettare la volontà dei lavoratori (anche il referendum era stato lanciato perchè vi era la pressione dei lavoratori). I lavoratori hanno fatto varie iniziative, chiesto, per esempio, che salissero i rappresentanti diretti dei coordinamenti dei lavoratori ai Tavoli. Ma poi i sindacati hanno firmato e i lavoratori hanno perso e la massa dei lavoratori si è sentita tradita.
A Napoli, i lavoratori più combattivi, forti del fatto che avevano avuto ragione su tutto, a maggio avevano ben presente che la loro vertenza non era finita. Continuano ad attaccare i sindacati confederali, e continuano ad essere portatori della rabbia e insegnamenti di maggio.
Ma qui le avanguardie, alla luce del fatto di essere espressione del sentire della massa dei lavoratori, non costruiscono una sponda formalizzata, organizzata di questo sentimento diffuso, perchè lo considerano già acquisito nella coscienza dei lavoratori.
Al riscoppiare della vertenza che, come volevasi dimostrare riscoppia anche peggio delle previsioni dei lavoratori più coscienti, si torna al grado zero, maggio sembra dimenticato, e tutte le acquisizioni di coscienza acquisite durante la vertenza sono da rifare da zero come se nulla fosse successo e senza la possibilità di agire a un livello superiore nel corso della vertenza. E si arriva all'attuale accordo.
Certo, durante quest'ultima fase della vertenza, ci sono stati presidi, contestazioni, striscioni contro i sindacalisti, azienda, solidarietà con lavoratori di Roma, ecc.
Ma tutti i lavoratori sono fuori dall'azienda da due settimane, perchè l'azienda ha usato tutto: ferie, permessi, permessi a suo carico per lasciare fuori i lavoratori finchè non subentra la cig. L'azienda l'unica cosa che temeva era probabilmente l'occupazione di Almaviva, un reale modo dei lavoratori di pesare ai Tavoli del Ministero, tenendo in “ostaggio” il capitale fisso (a dir la verità comunque molto esiguo) dell'azienda. Si era visto che i presidi sotto al Mise non avevano la possibilità di incidere sui Tavoli e le occupazioni stradali e altre forme di lotta non riuscivano al grado di conflittualità che riuscivano ad esprimere ad entrare effettivamente in attrito con i piani di attacco sociale di Almaviva né a diventare un problema di ordine pubblico tale da far correre ai ripari il Governo. L'azienda ha cercato in tutti i modi di scongiurare concretamente l'occupazione.
E' possibile ripartire, da dove, come?
La vertenza, con questo accordo, è persa su tutta la linea e nella maniera peggiore.
I lavoratori che ne usciranno più coscienti potrebbero definitivamente accorgersi degli scarsi margini nei sindacati confederali e tentare di costruire una forza organizzata, che ora verrebbe a porsi all'interno di un nuovo scenario, dove si sono già spuntati gli strumenti per resistere in questi tre mesi all'introduzione del controllo individuale e del taglio del salario. Quindi, si tratta di una battaglia che è giusto fare ma avendo presente la fase attuale di un ricatto occupazionale mai così feroce, immediato.
E' difficile una prospettiva di ripresa della lotta nel breve periodo. Il rinnovo del CCNL delle telecomunicazioni potrebbe incidere, nell'estensione verso l'insieme dei lavoratori delle contraddizioni, dato che l'accordo Almaviva farà da apripista, la piattaforma dei padroni è l'accordo Alamaviva. E' “la Fiat di Marchionne delle telecomunicazioni”.
La rabbia organizzata a Roma è un potenziale polo alternativo ai sindacati confederali. Se a Napoli si fosse fatto il cobas si sarebbe opposto un ostacolo più rilevante all'azione dei sindacati e all'accordo, sarebbe stato più difficile la dilapidazione della lotta e dei risultati del referendum.
Ma anche a Roma c'è un grosso problema nel movimento dei lavoratori. Torna ad avere voce la maggioranza silenziosa, che se nel primo referendum è uscita sconfitta, perchè era ancora un referendum che vedeva nell'inazione dei sindacati dei margini di vittoria, di proseguimento della trattativa, ora invece agisce in presenza di un ricatto occupazionale forte e già in atto.
L'altro problema è il “grillismo” sindacale. Questo fa il leone su facebook ma poi, con la critica generica e qualunquista, è impotente e deviante nei fatti.
A Roma nella fase precedente sono tutti 5 Stelle e aspettano l'elezione di Virginia Raggi come soluzione di tutti i mali.
Il cobas confederazione è sì uno spauracchio nel parlamentino delle Rsu, ma resta solo un aggregatore potenziale, un pò per responsabilità loro, un pò per ideologia diffusa tra i lavoratori “da 5 Stelle” che attaccano anche il cobas equiparandolo ai sindacati confederali. Mentre le Rsu dei confederali, che sanno benissimo che il grillismo sindacale è una smobilitazione dei lavoratori, avevano più paura dei cobas che non delle forme di contestazione dei lavoratori e del consenso perso (fino a una determinata soglia ovviamente).
Ora il referendum del 27 dicembre rischia di essere un plebiscito di Sì all'accordo e quindi Sì al fatto che esistono degli esuberi tra i lavoratori, Sì che questi esuberi vadano gestiti coi licenziamenti nel caso non si riesca ad arrivare all'imposizione del controllo individuale e al taglio del salario. Le Rsu che avevano detto NO, rischiano di essere sconfessate dai lavoratori.
Tripi e Antonelli in ogni caso per ora vincono. Gli unici che potrebbero riaprire la partita sono loro, solo per ulteriormente peggiorarla. Almaviva ha gestito la vertenza con un'”arte della guerra”, ha mandato lettere di contestazione i lavoratori per ciò che avevano scritto sulla propria pagina facebook, ha messo in alcuni momenti in difficoltà anche il governo. Fino all'ultimo ha fatto la “guerra”: ha accettato la cig a tre mesi alle ore 23; alle 23,30, quando mancava solo mezz'ora alla scadenza della procedura, si fa una “ristretta” in cui sembra che tutti sono d'accordo, poi si va alla riunione con le Rsu, e Tripi aggiunge: sì, ma con il controllo individuale.
Oggi si costringe i lavoratori a lottare come cassintegrati, poi vogliono costringere i cassintegrati a lottare come futuri disoccupati...
In questa situazione, per ripartire, è necessaria tra i lavoratori una effettiva presa di coscienza delle contraddizioni e un bilancio di questa lotta, dei suoi aspetti positivi ma anche dei suoi limiti, debolezze, tra cui fondamentale resta il problema dell'organizzazione sindacale di classe.
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