(SARDEGNA)
RUMORI DAL CONFINO: TESTO DEL COMPAGNO ANARCHICO MICHELE.
La notte tra il 20 e il 21 aprile 2016, durante
un ‘’controllo’’ di polizia su due persone che zitte zitte se
la pisciavano in un’ aiuola nel buio desolante di Lungarno Generale
Dalla Chiesa a Rovezzano (FI), un gruppo di persone, decise a non
sottostare più al controllo da parte degli aguzzini dello stato, si
oppone a questi ultimi e in qualche modo riesce ad evitare che i
propri amici e compagni vengano portati via. Di li a poco (con una
celerità che ha dell’incredibile), di fronte al locale dove il
gruppo di compagni si gode un concerto, si materializzano una decina
di volanti tra carabinieri, polizia e municipalotti (e, ovviamente,
anche la DIGOS, immancabile in questi casi). Come è loro consueto
fare, si scaraventano fuori dalle volanti, già col manganello in mano, e si lanciano sulle prime persone che incontrano (palesemente feriti nell’ orgoglio per il mancato arresto dei due pisciatori anonimi). Quello che forse non si aspettano è di trovarsi di fronte persone decise a resistere all’ ennesima operazione sbirresca, pronte a tutto pur di opporsi alla prepotenza dei cani da guardia dello stato. Ne scaturisce ovviamente uno scontro, Michele viene subito buttato in terra e ammanettato, e poco dopo caricato in volante. Il bilancio parla di 14 sbirri feriti e 3 compagni anarchici arrestati: Michele, e subito dopo Alessio e Francesca, presenti anche loro ad assistere a quel teatrino di ordinaria repressione. Le accuse: Resistenza pluriaggravata, Lesioni a pubblico ufficiale, Oltraggio e Danneggiamento aggravato.
fare, si scaraventano fuori dalle volanti, già col manganello in mano, e si lanciano sulle prime persone che incontrano (palesemente feriti nell’ orgoglio per il mancato arresto dei due pisciatori anonimi). Quello che forse non si aspettano è di trovarsi di fronte persone decise a resistere all’ ennesima operazione sbirresca, pronte a tutto pur di opporsi alla prepotenza dei cani da guardia dello stato. Ne scaturisce ovviamente uno scontro, Michele viene subito buttato in terra e ammanettato, e poco dopo caricato in volante. Il bilancio parla di 14 sbirri feriti e 3 compagni anarchici arrestati: Michele, e subito dopo Alessio e Francesca, presenti anche loro ad assistere a quel teatrino di ordinaria repressione. Le accuse: Resistenza pluriaggravata, Lesioni a pubblico ufficiale, Oltraggio e Danneggiamento aggravato.
Ma la notte non finisce con le sirene che
corrono verso la Questura di Firenze. Mentre i tre erano intenti a
prendere schiaffoni in questura, 4 molotov contro la stazione dei
carabinieri di Rovezzano illuminano la notte fiorentina,
danneggiandone parzialmente la facciata. A seguito di ciò, i tre
venivano portati nel carcere di Sollicciano la mattina dopo, dove
Alessio e Francesca soggiorneranno per 3 giorni, mentre Michele
spenderà due settimane.
Rumore dal confino
“Sono passati quasi sei mesi da quella notte,
e ad oggi le misure di custodia cautelare restano invariate. Dopo
carcere e domiciliari, arriva l’obbligo di dimora, una misura
cautelare non diversa dal confino.
Le accuse sono chiare esattamente come
l’intento dell’accusa: Dividere i compagni per mandarli il più
lontano possibile dai propri solidali, e renderli così ‘’innocui’’.
In merito a ciò, nell’ arco di sei mesi, le istanze di
scarcerazione vengono respinte adducendo le scuse più disparate, dal
pericolo di reiterazione considerata la premeditazione, al ‘’mancato
pentimento’’ da parte dei tre.
Il 10 ottobre c’è stata l’udienza di
apertura del processo per i fatti di Rovezzano, di fronte al giudice
Di Girolamo e al PM Ledda, quest’ultimo agguerritissimo e più che
deciso ad opporsi alla revoca delle misure di custodia cautelare che,
in questo caso specifico, potrebbero protrarsi per 2 anni.
Detto ciò, mi sento di fare un paio di
doverose considerazioni. Hanno parlato di ‘’pericolo di
reiterazione’’ e ‘’mancato pentimento’’, e per quanto mi
riguarda hanno assolutamente ragione. Quella notte a Rovezzano ho
opposto resistenza, ho cercato di impedire alla sbirraglia di
compiere ‘’il proprio lavoro’’, dal momento che il loro
lavoro non è altro che l’espressione violenta della funzione
repressiva dello stato, consiste nel limitare la nostra libertà, ed
eliminare chi, con caparbietà e rabbia, cerca giorno per giorno di
ribaltare la realtà attuale, andando contro stato e potenti, sempre
a testa alta e senza temere le conseguenze repressive. E’ una
pratica che nel tempo ho fatto mia, che sento giusta e necessaria,
oggi più che mai, e alla quale mai rinuncerò.
Il mio è un appello a tutti per la complicità,
perché la pratica dell’opposizione al controllo da parte del
braccio armato (e non) della macchina repressiva dello stato diventi
consuetudine, che ai manganelli venga risposto con i bastoni e le
bottiglie e che le nostre notti siano illuminate di mille fuochi.
Che sappiano che nulla spegnerà il fuoco che
ho in corpo, che so aspettare, e che tornerò al fianco dei miei
compagni, più deciso che mai a mettere a ferro e fuoco tutto ciò
che di marcio esiste intorno a noi.
E che guardie e governanti si ricordino che La
mia Passione per la Libertà, è più forte di ogni autorità.
E che tremino a questo pensiero.”
Michele (dal
Confino in Sardegna)
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