Le RSU hanno ripreso le solite lamentele, per adesso sul
servizio mensa che gli operai non considerano soddisfacente.
Non agire in maniera forte per dare una svolta a questa
situazione allucinante significa di fatto lasciare nelle mani della “controparte”,
dei dirigenti della Fincantieri, le decisioni sul presente e sul futuro dello
stabilimento e degli operai. Non basta più, oramai da tempo, la vecchia “minaccia”
di iniziative e scioperi se da un lato le decisioni importanti si sono lasciano
nelle mani degli altri, delle istituzioni mentre dall’altro lato i padroni
hanno imparato da tempo a valutare i rapporti di forza!
Gli operai, se vogliono riprendere la lotta, sono costretti
a liberarsi dei vecchi vincoli di ogni tipo, sindacali e aziendali!
***
Fincantieri. Le due strutture sono abbandonate e la loro
condizione limita lo sviluppo dello stabilimento. In una lettera chiesto
l’affidamento alle imprese dell’indotto
Bacini di carenaggio, appello alla Regione per
ristrutturarli
Bacini di carenaggio a perdere. Le due infrastrutture
galleggianti da 19 e 52 mila tonnellate all’interno del Cantiere navale, da
tempo inagibili, rimangono sotto il sole a marcire.
Una fine segnata ma con un futuro ancora da scrivere, perché
almeno il 52mila tonnellate potrebbe essere trasformato in un bacino moderno e
di stazza maggiore, mentre per il 19 mila tonnellate si son
fatti avanti le piccole e medie imprese metalmeccaniche e gli operatori marittimi, cioè l’indotto Fincantieri, che hanno chiesto al presidente della Regione la ristrutturazione e l’affidamento del bacino.
fatti avanti le piccole e medie imprese metalmeccaniche e gli operatori marittimi, cioè l’indotto Fincantieri, che hanno chiesto al presidente della Regione la ristrutturazione e l’affidamento del bacino.
Come hanno più volte denunciato i sindacati, il nodo delle
infrastrutture, soprattutto la mancata costruzione di un nuovo bacino galleggiante,
sta limitando lo sviluppo dello stabilimento palermitano. Ma questo nodo, adesso,
rischia di strangolare il Cantiere, in un periodo in cui le commesse di lavoro
arrivano con il contagocce. A soffrire oltre le tute blu di Fincantieri, sono
soprattutto le cooperative storiche e le imprese dell’indotto che sviluppano l’attività
in simbiosi con quella dello stabilimento e occupano oltre duemila lavoratori.
Le imprese vorrebbero rendere produttivo il bacino da 19mila
tonnellate sfruttando la domanda inevasa di riparazioni e costruzioni navali di
medio e piccolo tonnellaggio che oggi, secondo or, finisce nei cantieri fuori
dalla Sicilia. l’obiettivo è quello di riunirsi in consorzio.
La lettera inviata a Crocetta riporta in calce una trentina
di firme. “Chiediamo alla Regione, proprietaria del bacino da 19mila tonnellate
– scrivono gli imprenditori – che lo stesso venga ristrutturato e messo in
condizione di potere operare. Successivamente, che venga affidato alle imprese
dell’indotto, che rappresentano una realtà viva e attiva capace di attrarre commesse
e di essere competitive sul mercato mediterraneo e mondiale”.
Affidare il bacino potrebbe significare per la Regione
mettere a reddito una struttura che da molti anni è un peso morto. Ma tutto ciò
dovrà andare di pari passo con gli altri interventi che il governo crocetta dovrebbe
varare ma che al momento rimangono solo carta sul tavolo della giunta.
Da tre mesi infatti il governo avrebbe dovuto discutere il
progetto preliminare e più dare il via libera agli uffici tecnici per predisporre
quello esecutivo e gli atti di gara sui lavori di trasformazione del vecchio
bacino da 52 mila tonnellate in uno più grande da 90mila. Si tratta della
strada più breve, visto che non è possibile percorrere quella del progetto di
finanza. I soldi sono disponibili, circa 50 milioni, ma la giunta ancor
nicchia.
L’intenzione è quella di passare da una geometria
rettangolare, con dimensioni di 54,60 x 285 metri, ad una, sempre rettangolare,
di 118,20 x 166,25 metri, aumentando così la capacità complessiva da 52mila a
80/90mila tonnellate.
La nuova configurazione consentirebbe di ospitare la manutenzione
di quasi tutte le piattaforme offshore operanti nel mondo.
Sotto il profilo amministrativo l’attività è configurabile
come “Servizio di manutenzione straordinaria”, poiché si riutilizzano
integralmente i singoli componenti dell’originario bacino ed anche i materiali
ricavati non più utilizzati.
GdS 4/9/16
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