PRETENDIAMO CHIAREZZA INTRANSIGENZA E CONTINUITA’.
giovedì 9 giugno 2016
pc 9 giugno - Qualcuno spieghi ai sindacalisti di "Sindacatoaltracosa" perchè in Italia non si fa come in Francia e perchè essi stessi sono parte del problema e non della soluzione - allegato articolo dal n. di proletari comunisti di giugno - richiedi a pcro.red@gmail.com
9-10 giugno, metalmeccanici. Si faccia come in Francia o sarà a un contratto a perdere
PRETENDIAMO CHIAREZZA INTRANSIGENZA E CONTINUITA’.
In Italia è giusto manifestare in tutte le forme la solidarietà ai lavoratori, ai giovani francesi in lotta contro il Jobs act alla francese. Lo scontro in Francia è una trincea per tutta l’Europa, deve vincere e consolidarsi innanzitutto in Francia per irradiare tutta la forza del suo messaggio ai proletari e alle masse popolari. Tra due cose che vengono dette in Italia: “facciamo come in Francia”, “la Francia è lontana”, noi riteniamo più vera la seconda. In Italia non si può ancora “fare come in Francia”, perchè l’attuale sindacalismo nel suo insieme, con al centro la Cgil di Camusso, la Fiom di Landini, è da parecchio e tuttora l’anello di congiunzione degli interessi dei padroni e delle politiche del governo con il movimento dei lavoratori. Giustamente, si è segnalato che in una delle giornate campali dello scontro in Francia, i tre segretari sindacali confederali uscivano “giulivi cantando” da un incontro con Poletti e Fabbricini – oscuri burocrati di Renzi che gestiscono la politica antiproletaria e antipopolare del governo – che gli avevano testè comunicato un nuovo attacco alle pensioni all’ordine del giorno. Nel nostro paese non si può “fare come in Francia”, senza una acuta “guerra civile” nelle fabbriche, nei posti di lavoro e nel paese, tra le masse e gli agenti dei padroni e del governo nella fila dei lavoratori. Per fare come in Francia, bisogna che si faccia prima come si è fatto in Italia, nell’Italia della cacciata di Lama, nella stagione dei “bulloni” e di alcuni momenti di lotta importanti, nelle fabbriche Fiat ein altri settori di lavoratori. Senza riorganizzare le fila operaie e proletarie, non si creano le condizioni per una grande esplosione sociale, per un braccio di ferro su alcuni provvedimenti esemplari di padroni e governo, e per un contagio capace di unire tutte le lotte su tutti i terreni. Per questo “la Francia è lontana”, e bisogna lottare per avvicinarsi alla Francia. L’esempio francese aiuta perchè mostra che è possibile sbarrare la strada al governo del Jobs act, dell’art. 18, dell’attacco alle pensioni, al diritto di sciopero, ai contratti di lavoro, e al fascismo padronale lanciato da Marchionne e divenuto politica ufficiale dell’intera Confindustria. Oggi fare questo significa non incolonnarsi a firmare i referendum di Camusso/Landini, e non dichiarare un ennesimo sciopero generale “all’Italiana”, all’Usb maniera “la settimana prima del referendum costituzionale di ottobre”. Se non ci liberiamo nelle file del movimento operaio e di massa di queste posizioni, di questo modo di fare sindacato, noi non possiamo avere nessuna Francia. Pur con linguaggio diverso, noi siamo portati a condividere quanto scritto in un editoriale di Infoaut: “L’antropologia sindacale in Italia è infatti permeata dalla logica concertativa che non ha segnato solo la lunga infame stagione dei confederali, che ha finito per pervadere la forma mentis anche di coloro che contestano Cgil, Cisl, Uil. Pure tra i sindacati di base vediamo spesso radicarsi il virus dello scambio tra tessere e conflitto. Anche quelli che hanno avuto la capacità e l’intelligenza di mettersi a disposizioni dell’autonomia delle lotte, presto o tardi , sembrano entrare nel mercato della gestione di bottega. La riproduzione del proprio esistente è una ragione sufficiente per evitare con cura un conflitto che possa mettere in discussione gli equilibri rappresentativi guadagnati con la controparte. Così il calendario si riempie di inutili date rituali e si svuota di occasioni di lotta, che, come è noto, non avvengono mai dando ampio preavviso al padrone”. Sarebbe bene, però, che chi scrive ci mettesse qualche nome e cognome per rendere chiaro di chi si parla e perchè non sia un guardare appollaiato sul ramo di un albero la situazione, posizione altrettanto facile e rituale. Il sindacalismo di classe è lo strumento necessario, indispensabile, irrinunciabile della lotta di base di operai, precari, disoccupati, senza casa, senza lavoro, senza diritti. Il Partito di classe è il centro del coagulo delle avanguardie rivoluzionarie, necessario a dare ritmo e rotta. Il Fronte unito è la vera unità permanente rispetto al coordinamento contingente. La militarizzazione del pensiero e dell’azione delle lotte permette ad esse di resistere ed esistere nel loro cammino fatto di flussi e riflussi inevitabili. Senza questo progetto e questi strumenti è lontana l’uscita del movimento attuale dall’impasse che ora non ci permette di essere neanche come la Francia.
PRETENDIAMO CHIAREZZA INTRANSIGENZA E CONTINUITA’.
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