lunedì 23 novembre 2015
pc 23 novembre - Lo stato terrorista di Israele intensifica l'occupazione della Cisgiordania così come la mattanza quotidiana dei palestinesi
Protagoniste di un attacco al mercato di Gerusalemme Ovest due cugine del campo profughi di Qalandiya di 16 e 14 anni, che hanno ferito un altro palestinese residente a Betlemme. Un 18 enne israeliano ucciso sulla 443 Road dove è stato poi ucciso il suo aggressore. Un terzo palestinese è stato ucciso al posto di blocco di Huwara. Estrema destra chiede una operazione militare in Cisgiordania.
AGGIORNAMENTO ORE 16.15
A una stazione di rifornimento sulla statale 443 da Gerusalemme per Tel Aviv un israeliano 18enne è stato ucciso a coltellate da un palestinese che dopo qualche attimo è stato poi ammazzato subito dai colpi sparati da un altro israeliano. Un altro palestinese, Alaa Hashah, 16 anni è stato ucciso al posto di blocco di Huwara (Nablus).
AGGIORNAMENTO ORE 13 – UN’ADOLESCENTE PALESTINESE UCCISA A GERUSALEMME, UN’ALTRA IN GRAVI CONDIZIONI DOPO ATTACCO CON FORBICI
Una ragazzina palestinese di 14 anni, Hadil Wajiya Awad, del campo profughi di Qalandiya, è stata uccisa a colpi d’arma da fuoco nel mercato centrale di Gerusalemme Mahane Yehuda dopo che, assieme alla cugina, aveva pugnalato al torace con delle forbici un palestinese di 70 anni residente a Betlemme.
della redazione
Roma, 23 settembre 2015, Nena News – Un altro week end di sangue, quello appena trascorso nei
Territori palestinesi occupati, con un bilancio di tre palestinesi e un israeliano uccisi solo ieri. Nella Cisgiordania settentrionale, nei pressi di Nablus, una ragazzina palestinese di 16 anni è stata uccisa, secondo fonti della polizia israeliana, “poco prima di compiere un accoltellamento”. Ashraqat Qatanani era al check-point di Huwwara quando Gershon Masika, famoso colono ex leader del Consiglio regionale della Samaria, l’avrebbe vista “tirare fuori un coltello”: quindi le si sarebbe avventato contro con l’auto, facendola volare in un fosso e finendola a colpi d’arma da fuoco una volta uscito dalla macchina, sostenuto dal fuoco dell’esercito.
Nel pomeriggio di ieri, invece, un’israeliana di 21 anni è stata accoltellata da un palestinese presso il blocco di insediamenti di Gush Etzion, nella Cisgiordania meridionale. L’assalitore è stato ucciso sul posto dai soldati di Tel Aviv, mentre la donna, identificata come Hadar Buchris, è morta poco dopo il trasporto in ospedale per le gravi ferite riportate. Poco prima, di fronte all’insediamento di Kfar Adumim, sulla strada tra Betlemme e Ramallah, un tassista palestinese di 32 anni di nome Shadi Hassib è stato ucciso da un colono con un colpo di pistola dopo un incidente automobilistico. Non è chiaro se l’incidente fosse stato intenzionale, ma il portavoce della polizia israeliana Micky Rosenfeld ha dichiarato che dopo lo scontro l’uomo “è sceso dall’auto brandendo un coltello”.
Mentre il bilancio della violenza nei territori occupati sale a 89 palestinesi uccisi – molti dei quali in circostanze poco chiare e con un uso “non necessario e sproporzionato della forza”, secondo alcune organizzazioni per i diritti umani – e 16 israeliani accoltellati a morte dal primo ottobre – la maggior parte coloni, la strategia del governo israeliano per fermare l’escalation si concentra tutta sull’intensificazione dell’occupazione della Cisgiordania: blocchi stradali e divieti ai palestinesi di circolare nelle aree “più sensibili”, ovvero intorno ai maggiori blocchi colonici illegali, oltre a una ripresa delle costruzioni negli insediamenti.
Il Consiglio regionale di Gush Etzion, nello specifico, ha annunciato che oggi non sarà permesso ai lavoratori palestinesi di entrare in tutti i centri del blocco illegale, mentre ieri decine di coloni hanno manifestato a Gerusalemme per chiedere che ai palestinesi sia vietato il passaggio sulle “loro” stesse strade in Cisgiordania. Lo stesso Consiglio regionale ha proposto che alcuni volontari armati scortino i bambini agli autobus scolastici per fornire “una prima risposta” in caso di attacchi.
Ieri si è fatto sentire pure il premier israeliano Benjamin Netanyahu che, nella sua eterna battaglia all’equiparazione dell’Intifada al terrore generato dall’Isis, ha proposto la revoca della cittadinanza a quei palestinesi cittadini di Israele che pianificano di unirsi al “Califfato” e vanno a combattere in Siria. La misura, annunciata strategicamente a una settimana dagli attentati di Parigi, è stata presa in considerazione dopo che una mezza dozzina di palestinesi era stata arrestata con l’accusa di prepararsi a partire per la Siria un mese fa. L’indagine era stata avviata dopo che il 24 ottobre scorso un palestinese di 23 anni era entrato in Siria dalle Alture del Golan occupate da Israele a bordo di un parapendio. Nena News
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