Acido, Martina è diventata madre: separata dal figlio subito dopo la nascita. La nonna: "Un'atrocità"
La decisione
del tribunale in attesa di decidere sul futuro del piccolo. Durante il parto la
giovane è stata assistita dalla madre mentre al compagno era stato negato il
permesso di recarsi in clinica
di
ALESSANDRA CORICA
15 agosto
2015
Martina
Levato Cinque minuti, poi madre e figlio sono stati separati: il neonato
in una delle 80 culle della Mangiagalli di Milano, la madre in una delle stanze
della clinica, piantonata dagli agenti della polizia penitenziaria, un uomo e
una donna in borghese. Il figlio di Martina Levato e Alexander Boettcher - i
due amanti condannati a 14 anni di
carcere per aver
sfigurato con l'acido Pietro Barbini - è nato con un taglio cesareo poco prima
dell'una e pesa 3,5 chili. Subito dopo il parto, su decisione del tribunale dei
minori, il bambino è stato separato dalla madre che non gli ha potuto dare
neanche la prima poppata: dopo il parto, al quale ha potuto assistere solo la
nonna materna, al momento del taglio ombelicale i medici le hanno appoggiato il
bimbo sul seno, permettendole così di conoscerlo. Subito dopo però - dopo il
bagnetto e i controlli di routine - non è più stato portato alla madre. La
decisione è stata presa dal tribunale dei minori che ha dato apposite
istruzioni all'ospedale. I giudici dovranno esprimersi entro metà della
settimana prossima sul futuro del piccolo che potrebbe essere dichiarato
adottabile oppure affidato ai nonni materni o, ancora sistemato in una
struttura di custodia attenuata. "Quella che è avvenuta è un'atrocità -
dice Patrizia Ravasi, la nonna paterna - Martina è stata condannata solo in
primo grado. Non farle vedere il bambino è una lesione dei suoi diritti
fondamentali. In più mio figlio, a cui è stato per due volte negato il permesso
di poter assistere al parto, credo abbia saputo della nascita del suo bambino
dalla televisione. Non è giusto".
Il termine della gravidanza era lunedì
17, ma il travaglio è iniziato
venerdì mattina verso le
11, grazie a una leggera induzione medicale fatta dai ginecologi: nel tardo
pomeriggio Levato è stata poi trasferita in sala parto, dove è rimasta fino
alla nascita del piccolo, alla quale ha potuto assistere la nonna materna.
Nelle scorse settimane anche Boettcher, padre del bambino, aveva chiesto di
essere presente. I giudici avevano però rigettato la domanda. Allo stesso modo,
il Riesame nei giorni
scorsi ha detto no alla richiesta presentata da Levato di trascorrere ai domiciliari i primi
sei mesi di vita del piccolo. Il rigetto è stato motivato visto il rischio di
"reiterazione" del reato. Levato, in ogni caso, dopo il parto non
tornerà a San Vittore: andrà all'Icam, l'istituto "a custodia
attenuata" senza sbarre alle finestre e con guardie che non
indossano la divisa, dove la mamme detenute possono restare con i figli fino ai
tre anni di vita dei piccoli. L'ex bocconiana vi rimarrà in attesa della decisione
del Tribunale dei minori, che dovrà stabilire se il bambino potrà restare con
la madre (che in questo caso rimarrà all'Icam per i prossimi anni), oppure se
dovrà essere affidato ai nonni o dichiarato adottabile. Levato dal 18 settembre
dovrà anche affrontare un secondo processo, con rito abbreviato, insieme con
Andrea Magnani, il bancario che secondo gli inquirenti sarebbe stato il
complice della cosiddetta 'coppia diabolica'. Al centro del processo ci sono
altre due aggressioni con l'acido, entrambe dello scorso novembre: la prima ai
danni di Stefano Savi, vittima di uno "scambio di persona" e, per
questo, rimasto sfregiato. E l'altra ai danni del fotografo Giuliano
Carparelli, la vittima "prescelta" di Levato e Boettcher (Savi
sarebbe stato, secondo l'accusa, scambiato proprio per lui) che però riuscì a
salvarsi dal liquido corrosivo che gli era stato scagliato addosso
proteggendosi con un ombrello. Anche a Boettcher la Procura di Milano muove le
stesse accuse: il broker però non ha scelto l'abbreviato ma il rito ordinario,
e per questo sarà imputato in un altro procedimento.
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