La strategia dell’esagerazione della questura: foglio di via per corteo antifascista a Pavia
In
questi giorni abbiamo appreso che a un compagno di Bergamo è arrivato
un foglio di via da Pavia della durata di tre anni in seguito ai fatti
avvenuti il 7 febbraio, giorno in cui scendemmo in strada per opporci
alla presenza in città di una cinquantina di fascisti di Casa Pound
accorsi da molte città vicine per una manifestazione regionale, a sole
due settimane di distanza dall’agguato squadrista al csa Dordoni di
Cremona in cui Emilio rimase gravemente ferito.
Quel pomeriggio una piazza determinata e compatta, unita dal comune ripudio verso coloro che predicano odio e violenza contro il diverso, decise di muoversi e sfilò per le vie del centro cittadino, nonostante assurde prescrizioni imposte dalla Questura di Pavia, dando una forte risposta a tutti coloro che volevano far passare sotto silenzio il fatto che gli aggressori di Emilio erano in città e tacere la complicità delle istituzioni. Tra gli antifascisti accorsi, ce n’erano anche molti di fuori Pavia e tra questi il compagno colpito da questa misura repressiva che negli anni abbiamo ben imparato a conoscere.
A lui va il nostro ringraziamento per esserci stato quel giorno e la nostra massima solidarietà.
Questa misura repressiva, del tutto iniqua e gratuita visto come si svolse quella giornata, non fa altro che mettere ancor più in evidenza la volontà delle Istituzioni, in particolare della Questura, di ridurre l’antifascismo a una questione di ordine pubblico e di spianare la strada ai neofascisti, con le manganellate come accaduto proprio lo scorso 7 febbraio o con provvedimenti repressivi come avviene oggi. I sinceri antifascisti, pavesi e non, si oppongono all’infiltrazione strisciante dei neofascisti in città sia con la pratica quotidiana che con piazze determinate e non pacificate come quella voluta dal PD il 7 febbraio. Continueremo nella pratica antifascista nonostante denunce, fogli di via o manganelli.
L’antifascismo non si processa
Chiudere la sede di Casapound
Quel pomeriggio una piazza determinata e compatta, unita dal comune ripudio verso coloro che predicano odio e violenza contro il diverso, decise di muoversi e sfilò per le vie del centro cittadino, nonostante assurde prescrizioni imposte dalla Questura di Pavia, dando una forte risposta a tutti coloro che volevano far passare sotto silenzio il fatto che gli aggressori di Emilio erano in città e tacere la complicità delle istituzioni. Tra gli antifascisti accorsi, ce n’erano anche molti di fuori Pavia e tra questi il compagno colpito da questa misura repressiva che negli anni abbiamo ben imparato a conoscere.
A lui va il nostro ringraziamento per esserci stato quel giorno e la nostra massima solidarietà.
Questa misura repressiva, del tutto iniqua e gratuita visto come si svolse quella giornata, non fa altro che mettere ancor più in evidenza la volontà delle Istituzioni, in particolare della Questura, di ridurre l’antifascismo a una questione di ordine pubblico e di spianare la strada ai neofascisti, con le manganellate come accaduto proprio lo scorso 7 febbraio o con provvedimenti repressivi come avviene oggi. I sinceri antifascisti, pavesi e non, si oppongono all’infiltrazione strisciante dei neofascisti in città sia con la pratica quotidiana che con piazze determinate e non pacificate come quella voluta dal PD il 7 febbraio. Continueremo nella pratica antifascista nonostante denunce, fogli di via o manganelli.
L’antifascismo non si processa
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