Nella prima parte di
questo capitolo abbiamo visto che la trasformazione
del denaro in capitale non può avvenire nella sfera della circolazione dove
si scambiano equivalenti e perciò, dice Marx, il cambiamento “può derivare soltanto dal valore d'uso
della merce come tale, cioè dal suo consumo. Per estrarre valore dal consumo
d'una merce, il nostro possessore di denaro dovrebbe esser tanto fortunato da scoprire,
all'interno della sfera della circolazione, cioè sul
mercato, una merce il cui valore d'uso
stesso possedesse la peculiare qualità d'esser fonte di valore; tale dunque che il suo consumo reale fosse, esso
stesso, oggettivazione di lavoro, e
quindi creazione di valore. E il possessore di denaro trova sul mercato
tale merce specifica: è la capacità di lavoro, ossia la forza-lavoro.”
“Per
forza-lavoro o capacità di lavoro intendiamo l'insieme delle attitudini fisiche e
intellettuali che esistono nella corporeità, ossia nella personalità vivente
d'un uomo, e che egli mette in movimento ogni volta che produce valori d'uso di
qualsiasi genere.”
“Dunque,
per trasformare il denaro in capitale il possessore di denaro deve
trovare sul mercato delle merci il
lavoratore libero; libero nel
duplice senso che disponga della propria forza lavorativa come propria merce, nella sua qualità di
libera persona, e che, d'altra parte, non abbia da vendere altre merci, che sia
privo ed esente, libero di tutte le cose
necessarie per la realizzazione della sua forza-lavoro.”
La vendita della
forza-lavoro deve avvenire “sempre e soltanto per un tempo determinato; poiché se la vende in blocco, una volta per
tutte, vende se stesso, si trasforma da libero in schiavo, da possessore di
merce in merce.” E questo lavoratore, come detto, deve essere proprio “libero”
da tutto, non deve avere “la possibilità di vendere merci nelle quali si sia oggettivato il suo lavoro, ma anzi, sia costretto a mettere in vendita, come
merce, la sua stessa forza-lavoro, che esiste soltanto nella
sua corporeità vivente.” Deve vivere, quindi, e perciò ha bisogno di mezzi di
sussistenza che lo mettano in condizioni di poter lavorare.
“Per il possessore di
denaro, che trova il mercato del lavoro come sezione particolare del mercato
delle merci, non ha alcun interesse il problema del perché quel libero
lavoratore gli si presenti nella sfera della circolazione. E per il momento non
ha interesse neppure per noi.”
“Una cosa è evidente, però. - Aggiunge Marx - La natura non produce da
una parte possessori di denaro o di merci e dall'altra puri e semplici
possessori della propria forza lavorativa.”
“Questo rapporto (tra
il possessore di denaro e il possessore solo della propria vita) non è un
rapporto risultante dalla storia naturale
e neppure un rapporto sociale che sia
comune a tutti i periodi della storia. Esso stesso è evidentemente il risultato
d'uno svolgimento storico precedente, il prodotto di molti rivolgimenti
economici, del tramonto di tutta una serie di formazioni più antiche della
produzione sociale.” E l’attuale formazione della produzione sociale è “un modo
di produzione assolutamente specifico … il modo
di produzione capitalistico.”
Ora che abbiamo visto
che nel sistema capitalistico esiste una “merce particolare”, la forza-lavoro, dice Marx, vediamo che valore ha e come viene determinato
questo valore.
“Il valore della forza-lavoro, come quello di ogni altra merce, è determinato dal tempo di lavoro necessario alla produzione e, quindi anche alla
riproduzione, di questo articolo specifico. In quanto valore, anche la
forza-lavoro rappresenta soltanto una quantità determinata di lavoro sociale
medio oggettivato in essa. La
forza-lavoro esiste soltanto come attitudine naturale dell'individuo vivente.
Quindi la produzione di essa presuppone l'esistenza dell'individuo. Data
l'esistenza dell'individuo, la produzione della forza-lavoro consiste nella
riproduzione, ossia nella conservazione di esso. Per la propria conservazione
l'individuo vivente ha bisogno di una certa somma di mezzi di sussistenza.
Dunque il tempo di lavoro necessario per la produzione della forza-lavoro si
risolve nel tempo di lavoro necessario per la produzione di quei mezzi di
sussistenza; ossia: il valore della forza-lavoro è il valore dei mezzi di sussistenza necessari
per la conservazione del possessore della forza-lavoro. Però, la
forza-lavoro si realizza soltanto per mezzo della sua estrinsecazione, si attua
soltanto nel lavoro. Ma
nell'attuazione della forza-lavoro, nel lavoro, si ha dispendio di una certa
quantità di muscoli, nervi, cervello, ecc. umani, la quale deve a sua volta
esser reintegrata. Questo aumento d'uscita esige un aumento d'entrata. Se il
proprietario di forza-lavoro ha lavorato oggi, deve esser in grado di ripetere
domani lo stesso processo, nelle stesse condizioni di forza e salute. La somma
dei mezzi di sussistenza deve dunque essere sufficiente a conservare
l'individuo che lavora nella sua normale vita, come individuo che lavora. I
bisogni naturali, come nutrimento, vestiario, riscaldamento, alloggio ecc.,
sono differenti di volta in volta a seconda delle peculiarità climatiche e
delle altre peculiarità naturali dei vari paesi. D'altra parte, il volume
dei cosiddetti bisogni necessari, come pure il modo di soddisfarli, è
anch'esso un prodotto della storia,
dipende quindi in gran parte dal grado d'incivilimento di un paese e, fra
l'altro, anche ed essenzialmente dalle condizioni, quindi anche dalle abitudini
e dalle esigenze fra le quali e con le quali si è formata la classe dei liberi
lavoratori. Dunque la determinazione del
valore della forza-lavoro, al contrario che per le altre merci, contiene un
elemento storico e morale. Ma per un determinato paese, in un determinato
periodo, il volume medio dei mezzi di
sussistenza necessari, è dato.”
Marx continua: “Il
proprietario della forza-lavoro è mortale. Dunque, se la sua presenza sul mercato dev'essere continuativa, come presuppone
la trasformazione continuativa del denaro in capitale, il venditore della
forza-lavoro si deve perpetuare, ‘come si perpetua ogni individuo vivente, con
la procreazione’. Le forze-lavoro
sottratte al mercato dalla morte e dal logoramento debbono esser continuamente
reintegrate per lo meno con lo stesso numero di forze-lavoro nuove. Dunque, la somma dei mezzi di sussistenza necessari
alla produzione della forza-lavoro include i mezzi di sussistenza delle forze
di ricambio, cioè dei figli dei lavoratori, in modo che questa razza di
peculiari possessori di merci si perpetui sul mercato.”
“Per modificare la natura umana generale in modo da farle raggiungere
abilità e destrezza in un dato ramo di lavoro, da farla diventare
forza-lavoro sviluppata e specifica, c'è bisogno d'una certa preparazione o
educazione, che costa a sua volta una somma maggiore o minore di equivalenti di
merci. Le spese di formazione della forza-lavoro differiscono a seconda ch'essa
ha carattere più o meno complesso. Queste spese di istruzione, infinitesime per
la forza-lavoro ordinaria, entrano dunque nella cerchia dei valori spesi per la
produzione della forza-lavoro.”
E
fino a qui abbiamo 1. che il valore della forza-lavoro è determinato dal tempo
di lavoro necessario alla sua produzione; 2. che la sua produzione, e cioè la
sua sopravvivenza, è data dai mezzi di sussistenza e quindi dal valore di cibo,
vestiti, alloggio…; 3. che a questi mezzi bisogna aggiungere quelli per i
figli, se questa classe si deve perpetuare e quelli della formazione perché sia
sempre adatta a funzionare.
E ancora: “Il valore
della forza-lavoro si risolve nel valore
d'una certa somma di mezzi di sussistenza. Quindi varia col valore di quei mezzi di sussistenza, cioè con la
grandezza del tempo-lavoro richiesto dalla loro produzione.”
“Posto”, dice Marx, “che
in questa massa di merci necessaria (cibo, vestiti, riscaldamento, alloggio…)
per la giornata media siano incorporate sei
ore di lavoro sociale, (ai tempi di Marx la ‘giornata media’ di lavoro era
di circa 12 ore) nella forza-lavoro si
oggettiva giornalmente una mezza
giornata di lavoro sociale medio; cioè: per la produzione giornaliera della forza-lavoro si richiede una mezza
giornata lavorativa. Tale quantità di lavoro richiesta per la sua
produzione giornaliera costituisce il valore
giornaliero della forza-lavoro, ossia il valore della forza-lavoro
giornalmente riprodotta.” Quindi, se una mezza giornata di lavoro sociale medio
si rappresenta ammettiamo oggi in 20 euro, il prezzo corrispondente al valore giornaliero della forza-lavoro è di
20 euro. “Se il possessore della forza-lavoro l'offre in vendita” per 20 euro
al giorno, “il suo prezzo di vendita
è uguale al suo valore, e il
possessore del denaro, smanioso di trasformare in capitale” i suoi 20 euro “paga, secondo il nostro presupposto, questo valore.”
Ma fin dove può
arrivare questo valore? “L'ultimo limite, dice Marx, o limite minimo, del valore della forza-lavoro è costituito dal
valore di una massa di merci” che permettono al lavoratore di “rinnovare il suo
processo vitale; dunque, dal valore dei mezzi di sussistenza fisiologicamente
indispensabili. Se il prezzo della forza-lavoro scende a questo minimo, scende al disotto del suo valore, perché a questo
modo la forza-lavoro si può conservare e sviluppare solo in forma ristretta e ridotta. Ma il valore di ogni merce è determinato dal tempo-lavoro
necessario per fornirla di bontà normale.”
Quando la forza-lavoro “non
è venduta, quella capacità non serve
niente al lavoratore, anzi in tal caso questi sentirà come crudele
necessità di natura il fatto che la sua capacità di lavoro ha richiesto, per
esser prodotta, una certa quantità di mezzi di sussistenza e continua a
richiederla, per essere riprodotta.”
“La natura peculiare di
questa merce specifica, la forza-lavoro, ha per conseguenza che, quando è
concluso il contratto fra compratore e venditore, il suo valore d'uso non è ancor passato realmente nelle mani del
compratore. Il suo valore era
determinato, come quello di ogni altra merce,
prima ch'essa entrasse in
circolazione, poiché per produrla era stata spesa una determinata quantità di
lavoro sociale, ma il suo valore d'uso”
si mette in moto dopo la sua vendita.
La vendita della forza-lavoro e il suo effettivo mettersi in moto “sono dunque
fatti distaccati nel tempo.” Ma come per tutte le merci che vengono vendute e
il loro uso “è distaccato nel tempo dalla consegna reale al compratore, il
denaro di questo ultimo funziona per lo più come mezzo di pagamento. In tutti i paesi dove domina il modo di
produzione capitalistico la forza-lavoro
viene pagata soltanto dopo che ha già
funzionato durante il periodo fisso stabilito nel contratto: per esempio
alla fine di ogni settimana. Dunque il lavoratore anticipa dappertutto al
capitalista il valore d'uso della forza-lavoro; la lascia consumare dal
compratore prima che gliene sia stato pagato
il prezzo: dunque il lavoratore fa credito dappertutto al capitalista.
Che questo far credito non sia vuota
fantasia non ce lo mostra soltanto l'occasionale
perdita del salario, del quale
l'operaio ha fatto credito, quando il capitalista fa bancarotta...”. Ma ciò non
toglie che formalmente c’è stato uno scambio di merci: denaro contro
forza-lavoro. “Il prezzo della forza-lavoro è stabilito per contratto, benché
venga realizzato solo in un secondo tempo, come il canone d'affitto di una
casa. La forza-lavoro è venduta benché venga pagata soltanto in un secondo
tempo.”
E infine Marx conclude:
“Conosciamo ora il modo di determinare il valore
che viene pagato dal possessore del denaro al possessore di quella merce
peculiare che è la forza-lavoro. Il valore d'uso che il possessore del
denaro riceve, per parte sua, nello scambio, si mostra soltanto nel consumo reale, nel processo di consumo della forza-lavoro. Il possessore del denaro compera sul mercato tutte le cose necessarie a
questo processo, come materie prime ecc., e le paga al loro prezzo intero. Il processo
di consumo dalla forza-lavoro è allo stesso tempo processo di produzione di merce e di plusvalore. Il consumo
della forza-lavoro, come il consumo di ogni altra merce, si compie fuori del mercato ossia della sfera
della circolazione.” Cioè una volta comprata la “merce”, il compratore se la
porta “a casa” e la utilizza. “Quindi, assieme al possessore di denaro e al
possessore di forza-lavoro, lasciamo questa sfera rumorosa che sta alla
superficie ed è accessibile a tutti gli sguardi, per seguire l'uno e l'altro
nel segreto laboratorio della produzione sulla cui soglia sta scritto: No admittance except on business. (il
noto “vietato l’accesso ai non addetti ai lavori”). Qui si vedrà non solo come
produce il capitale, ma anche come lo si produce, il capitale.
Finalmente ci si dovrà svelare l'arcano della fattura del plusvalore.”
E questo laboratorio è
ben altra cosa dalla “sfera della
circolazione” dice Marx. Al confronto si può dire che questa era “in realtà
un vero “Eden dei diritti innati
dell'uomo. Quivi regnano soltanto Libertà,
Eguaglianza, Proprietà... Libertà!
Poiché compratore e venditore d'una merce, per esempio della forza-lavoro, sono determinati solo
dalla loro libera volontà. Stipulano
il loro contratto come libere persone,
giuridicamente pari. Il contratto è
il risultato finale nel quale le loro volontà si danno una espressione
giuridica comune. Eguaglianza! Poiché essi entrano in
rapporto reciproco soltanto come possessori
di merci, (uno possiede il denaro e l’altro la forza-lavoro) e scambiano
equivalente per equivalente. Proprietà!
Poiché ognuno dispone soltanto del proprio…”
“Nel separarci da
questa sfera della circolazione semplice” dice Marx, per entrare in quella
della produzione del plusvalore, “la
fisionomia delle nostre dramatis personae
sembra già cambiarsi in qualche cosa. L'antico possessore del denaro va avanti
come capitalista,
il possessore di forza-lavoro lo segue come suo
lavoratore; l'uno sorridente con
aria d'importanza e tutto affaccendato, l'altro timido, restìo, come qualcuno
che abbia portato al mercato la propria pelle e non abbia ormai da aspettarsi
altro che la... conciatura.”
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