Di Pietro: "Non si comprende cosa si stia aspettando per chiedere ai carabinieri di far eseguire le sentenze della magistratura, scortando in fabbrica i tre lavoratori e costringendo la Fiat a rispettare, come tutti, la legge italiana".
"I licenziamenti dei tre operai della Fiat di Melfi rappresentano “nulla più che misure adottate per liberarsi di sindacalisti che avevano assunto posizioni di forte antagonismo” con “conseguente immediato pregiudizio per l’azione e la libertà sindacale”. Lo scrivono, nelle motivazioni della sentenza, i giudici di Potenza a proposito della vicenda dei tre lavoratori dello stabilimento lucano. Il responsabile della linea produttiva – si legge – nella notte tra il 6 e il 7 luglio 2010 ha tenuto un atteggiamento “provocatorio” rapportandosi agli operai in un modo “che non è stato così tranquillo e pacato come la società sostiene”: i giudici fanno riferimento al colloquio avvenuto quella notte davanti ai carrelli bloccati che avrebbero impedito, secondo la Fiat, il prosieguo della produzione, da cui è scaturito poi il licenziamento" - dalla Motivazione della sentenza che ordina il reintegro al lavoro dei 3 operai della Fiat Sata.
Per una volta siamo costretti ad essere d'accordo con Di Pietro.
Noi l'avevamo detto fin dalla prima sentenza: Giovanni, Antonio e Marco dovevano rientrare al loro posto di lavoro o con le buone o con le cattive.
Ora è una necessità imprescindibile, per i tre operai, ma soprattutto per cambiare il clima interno di paura tra gli operai.
la Fiom non può affidarsi alla magistratura (anche quando era la mobilitazione operaia che poteva e doveva avere la principale parola)e ora non andare fino in fondo perchè la sentenza venga applicata.
sabato 24 marzo 2012
venerdì 23 marzo 2012
pc 23-24 marzo - ATTACCO ART. 18: GLI EFFETTI CONCRETI SULLA CONDIZIONE DEI LAVORATORI
L'attacco del governo Monti/Fornero all'art.18, si è denunciato più volte in queste settimane, significa togliere ogni freno e dare un chiaro segnale di via libera alla libertà di licenziamento da parte delle aziende; ma è nell'analizzare gli effetti concreti che si vede tutta la sua portata di attacco ai lavoratori. Le condizioni per cui può scattare il licenziamento per “motivi economici” sono tante e tanto generiche da far stare tutti gli operai e i lavoratori permanentemente sotto una “spada di Damocle”.
Infatti, il licenziamento potrebbe scattare, a parte per crisi aziendale, per:
- soppressione della mansione cui era addetto il lavoratore – questo può non centrare nulla con i problemi economici bensì rientrare nella “normale” legge dei padroni di tagliare il costo del lavoro per es. accorpando mansioni;
- cancellazione del reparto o dell'ufficio in cui lavora il dipendente da licenziare – anche in questo caso sarebbe gioco facile peri padroni far passare una ristrutturazione o riorganizzazione produttiva, per “motivi economici”;
- introduzione di macchinari che fanno risparmiare sul lavoro umano – quindi altro che “motivi economici”! Ma solo la classica e sempre attuale legge del capitale di aumentare la produttività e i suoi profitti riducendo l'occupazione, facendo, con l'introduzione di macchinari, lavorare un operaio al posto di due/tre attraverso aumento dei carichi, dei tempi di lavoro;
- affidamento di servizi alle imprese esterne – se non fosse tragico qui ci sarebbe da ridere: sempre più le grandi aziende esternalizzano servizi ma non certo perchè in crisi, ma unicamente per abbattere costi, per avere gli stessi lavori senza dover garantire salari, diritti;
- chiusura dell'attività produttiva – salvo poi andare a ritrovare all'estero la stessa ditta.
E non basta. E' evidente che la formula, volutamente generica, di “motivi economici”, è fatta a posta per mascherare licenziamenti sindacali, licenziamenti politici, dove di “economico” sta solo nel senso di difesa dei profitti aziendali liberandosi della presenza di “teste calde” che “pretendono” di difendere gli interessi operai.
Per questo oggi la difesa dell'art. 18 assume una funzione importante e concreta, oltre che politica, di discriminante tra il fronte che difende i profitti dei capitalisti e il fronte di classe che difende gli interessi dei lavoratori.
Infatti, il licenziamento potrebbe scattare, a parte per crisi aziendale, per:
- soppressione della mansione cui era addetto il lavoratore – questo può non centrare nulla con i problemi economici bensì rientrare nella “normale” legge dei padroni di tagliare il costo del lavoro per es. accorpando mansioni;
- cancellazione del reparto o dell'ufficio in cui lavora il dipendente da licenziare – anche in questo caso sarebbe gioco facile peri padroni far passare una ristrutturazione o riorganizzazione produttiva, per “motivi economici”;
- introduzione di macchinari che fanno risparmiare sul lavoro umano – quindi altro che “motivi economici”! Ma solo la classica e sempre attuale legge del capitale di aumentare la produttività e i suoi profitti riducendo l'occupazione, facendo, con l'introduzione di macchinari, lavorare un operaio al posto di due/tre attraverso aumento dei carichi, dei tempi di lavoro;
- affidamento di servizi alle imprese esterne – se non fosse tragico qui ci sarebbe da ridere: sempre più le grandi aziende esternalizzano servizi ma non certo perchè in crisi, ma unicamente per abbattere costi, per avere gli stessi lavori senza dover garantire salari, diritti;
- chiusura dell'attività produttiva – salvo poi andare a ritrovare all'estero la stessa ditta.
E non basta. E' evidente che la formula, volutamente generica, di “motivi economici”, è fatta a posta per mascherare licenziamenti sindacali, licenziamenti politici, dove di “economico” sta solo nel senso di difesa dei profitti aziendali liberandosi della presenza di “teste calde” che “pretendono” di difendere gli interessi operai.
Per questo oggi la difesa dell'art. 18 assume una funzione importante e concreta, oltre che politica, di discriminante tra il fronte che difende i profitti dei capitalisti e il fronte di classe che difende gli interessi dei lavoratori.
pc 23-24 marzo - DICHIARAZIONE DEI MAOISTI INDIANI SULL’ARRESTO DEI 2 TURISTI
LE DICHIARAZIONI DEI MAOISTI SULL’ARRESTO DEI DUE TURISTI ITALIANI
“Orissa: il turismo imperialista per lo ‘spettacolo tribale’ in zone di guerra, di repressione e di resistenza”
PCI (Maoista) - Stato dell’Orissa, Comitato Organizzatore di Stato
Dichiarazione, 16 marzo 2012
Il governo - sia a livello centrale che dello Stato dell’Orissa - ha ridotto gli indigeni a meri oggetti da esposizione nel tentativo di attirare turisti nazionali e stranieri. Da un lato, il governo invita i capitalisti multinazionali a saccheggiare le risorse naturali e minerali nel cuore della terra degli indigeni e tenta di reprimere con le armi le espressioni della resistenza scatenando l’Operazione Green Hunt [Battuta di caccia, N. d. T.] contro gli indigeni e la gente. Dall’altro lato, intensifica gli sforzi per trasformare gli indigeni innocenti in oggetti da esposizione. Le affermazioni del governo che sostiene di aver modificato le cosiddette leggi nel febbraio 2012 per porre alcuni controlli ai turisti che visitano le aree indigene sono falsità eclatanti. In modo perfettamente ipocrita i centri di potere a Delhi e Shahid Nagar, mentre attuano l’industrializzazione di cui si parla tanto e mentre mettono in atto con le armi le leggi che costringono le popolazioni ad abbandonare le loro terre, mandano i turisti nelle aree indigene a fotografare gente nuda, mercificando queste aree di modo che i turisti ci si trovino a loro agio. È un modo di agire disumano, che si pratica a Ganjam e Kandhamal con il consenso non scritto della polizia distrettuale corrotta e complice dei governi di Orissa e dell’India. È sempre lo stesso governo quello che manda le forze di polizia in queste aree a bruciare foreste, a bruciare mucchi di foglie di curcuma secche [la curcuma è una pianta usata a scopo alimentare e officinale, N. d. T.], a distruggere le proprietà della gente e a uccidere, e che manda turisti stranieri a scattare foto su colline brulle e corpi nudi di indigeni: questo è un insulto per il popolo.
A causa di tutto questo, abbiamo arrestato due turisti italiani (uno di loro è un operatore del turismo autorizzato dal governo dello Stato):
1. Bosusco Paolo, Borgo Pralesio 10, Condove (Val di Susa), Italia
2. Claudio Colangelo, via Di Frascati, 215, 00040 Rocca Di Papa, Italia
In questo modo, noi facciamo vedere qual’e il vero volto di governo che non ha un minimo di umanità, che considera le zone indigene merce per il turismo, come posti dove abitano scimmie e scimpanzé. Chiediamo alle masse popolari di far sentire la loro voce contro la trasformazione delle aree indigene in merce per il turismo. Abbiamo arrestato i due italiani colpevoli, e abbiamo anche rilasciato due loro schiavi locali - Santosh e Kartik.
Se il governo davvero vuole a liberare questi due visitatori, le autorità centrali e statali dovranno come condizione primaria interrompere ogni forma di repressione e le operazioni di rastrellamento nello stato dell’Orissa entro il 18 marzo 2012, e farsi avanti per discutere delle nostre richieste. Se non lo fanno, non possiamo prendere questo governo sul serio, e non saremo responsabili se i due visitatori perderanno la vita. Lo saranno invece il governo che sta scatenando il terrore senza tenere le nostre richieste in alcuna considerazione e l’apparato statale che manda avanti una industria del turismo illegale.
Le nostre richieste
1. Gli indigeni non sono merci per il turismo e le aree indigene non sono luoghi ricreativi per i turisti. Ditelo chiaramente e arrestate chi viola questa norma.
2. Fermate la repressione che avete chiamato Operazione Battuta di Caccia. Smantellate tutti i campi di polizia presenti nelle zone remote, ad eccezione delle thanas [stazioni di polizia normali, N. d. T.]. Create uno spazio adeguato per il dialogo con i rivoluzionari sui problemi del popolo.
3. Abrogate la messa al bando del PCI (Maoista) e di altre organizzazioni di massa nello stato dell’Orissa.
4. Arrestate e mettete sotto accusa per omicidio e stupro la Polizia Speciale e altre forze di polizia coinvolti in pretesi scontri a fuoco [la polizia uccide gli arrestati e poi afferma di averlo fatto durante scontri a fuoco, N. d. T.] e le morti in carcere di Lalit Dehuri, Junesh Badaraita, Pradeep Majhi e altri, e quelli coinvolti nello stupro di gruppo di Arati Majhi. Ritirate tutte le accuse contro Arati Majhi e liberatela.
5. Rilasciate Ashutosh, Kamalakanta Sethi, Sujata, Kishor Jena, Pratap, Manjulata, e tutte le persone arrestate in connessione con l’attacco al deposito di armi di Nayagarh.
6. Smettete di creare nuove accuse false per tenere in carcere quelli che vengono assolti dai tribunali. Liberate quindi senza condizioni Subhashree Das e Lalit dal Rayagada insieme a tutti gli altri che sono stati arrestati di nuovo o che sono in carcere.
7. Liberate Shatrughna Biswal, Uttam, Shekhar, Sudarshan Mandal, Ramesh Nayak, Lata, Bijal, Ratna insieme a tutti gli altri innocenti da Rayagada, Gajapati, Kandhamal, Ganjam, Nayagarh, Sambalpur, Mayurbhanj, Kendujhar, ed altri distretti, che sono stati messi in carcere accusati di essere maoisti.
8. Non abrogate lo ‘status di indigeni’ per Jhodia, Kanda Dora, Acha Kui, Gauda Kui, Kumbhar Kui, Saora, Odia Kandha, Khaira, e altre comunità indigene, e riconoscete lo ‘status di indigeni’ di molte altre comunità simili.
9. Fornite l’accesso all’acqua potabile nei villaggi in tutte le parti dello Stato dell’Orissa, provvedete a irrigare i terreni agricoli, portate l’assistenza sanitaria gratuita in tutte le Panchayats [assemblee popolari amministrative, N. d. T.] e istituite strutture educative gratuite fino al liceo.
10. Interrompete la repressione poliziesca contro tutti i movimenti che si oppongono alle espulsioni delle popolazioni dai loro territori, che si oppongono alle multinazionali POSCO e Vedanta e agli insediamenti industriali pianificati a Kalinganagar da Tata Steel. Rilasciare tutti i leader di questi movimenti e gli attivisti come Abhay Sahu, Narayan Reddy, e altri.
11. Rilasciate Gananath Patra, ex amministratore distrettuale a Daringbadi, fratello di Nachika Linga, e i due studenti insieme ad altri leader dei movimenti di massa e movimenti contro la repressione che sono stati arrestati per vendetta dalle forze di polizia. Smettete di costruire senza fine nuove accuse false nei confronti delle persone che fanno parte del Mandrabaju, Nedingpadar, Gudari e dei movimenti per i diritti alla terra di Narayanpatna. Rilasciate coloro che sono stati implicati in casi analoghi e che sono in carcere nonostante tutte le accuse siano state ritirate.
12. Istituite inchieste indipendenti sulle storie che lo stato sponsorizza e mette in scena basate sulle false dichiarazioni di gente che si è arresa e che è stata sottoposta a pressioni e minacce, e sulla campagna che si conduce sotto copertura contro la Rivoluzione. Istituite una inchiesta da parte di organismi indipendenti e prendete le dovute iniziative contro la polizia di Kendujhar per la detenzione di Sangeet Pradhan per anni dopo che si è arreso, e per la frattura alla mano a causa delle torture della polizia.
13. Provvedete a soddisfare tutte le richieste poste durante l’arresto dell’Esattore di Malkangiri da parte dei maoisti e che ancora non avete soddisfatto.
Facciamo appello alle masse popolari a sostenere e mobilitarsi per queste richieste giuste e democratiche e costringere il governo a intavolare i colloqui.
Sunil, Segretario, PCI (maoista)
Comitato Organizzatore dello Stato dell’Orissa
“Orissa: il turismo imperialista per lo ‘spettacolo tribale’ in zone di guerra, di repressione e di resistenza”
PCI (Maoista) - Stato dell’Orissa, Comitato Organizzatore di Stato
Dichiarazione, 16 marzo 2012
Il governo - sia a livello centrale che dello Stato dell’Orissa - ha ridotto gli indigeni a meri oggetti da esposizione nel tentativo di attirare turisti nazionali e stranieri. Da un lato, il governo invita i capitalisti multinazionali a saccheggiare le risorse naturali e minerali nel cuore della terra degli indigeni e tenta di reprimere con le armi le espressioni della resistenza scatenando l’Operazione Green Hunt [Battuta di caccia, N. d. T.] contro gli indigeni e la gente. Dall’altro lato, intensifica gli sforzi per trasformare gli indigeni innocenti in oggetti da esposizione. Le affermazioni del governo che sostiene di aver modificato le cosiddette leggi nel febbraio 2012 per porre alcuni controlli ai turisti che visitano le aree indigene sono falsità eclatanti. In modo perfettamente ipocrita i centri di potere a Delhi e Shahid Nagar, mentre attuano l’industrializzazione di cui si parla tanto e mentre mettono in atto con le armi le leggi che costringono le popolazioni ad abbandonare le loro terre, mandano i turisti nelle aree indigene a fotografare gente nuda, mercificando queste aree di modo che i turisti ci si trovino a loro agio. È un modo di agire disumano, che si pratica a Ganjam e Kandhamal con il consenso non scritto della polizia distrettuale corrotta e complice dei governi di Orissa e dell’India. È sempre lo stesso governo quello che manda le forze di polizia in queste aree a bruciare foreste, a bruciare mucchi di foglie di curcuma secche [la curcuma è una pianta usata a scopo alimentare e officinale, N. d. T.], a distruggere le proprietà della gente e a uccidere, e che manda turisti stranieri a scattare foto su colline brulle e corpi nudi di indigeni: questo è un insulto per il popolo.
A causa di tutto questo, abbiamo arrestato due turisti italiani (uno di loro è un operatore del turismo autorizzato dal governo dello Stato):
1. Bosusco Paolo, Borgo Pralesio 10, Condove (Val di Susa), Italia
2. Claudio Colangelo, via Di Frascati, 215, 00040 Rocca Di Papa, Italia
In questo modo, noi facciamo vedere qual’e il vero volto di governo che non ha un minimo di umanità, che considera le zone indigene merce per il turismo, come posti dove abitano scimmie e scimpanzé. Chiediamo alle masse popolari di far sentire la loro voce contro la trasformazione delle aree indigene in merce per il turismo. Abbiamo arrestato i due italiani colpevoli, e abbiamo anche rilasciato due loro schiavi locali - Santosh e Kartik.
Se il governo davvero vuole a liberare questi due visitatori, le autorità centrali e statali dovranno come condizione primaria interrompere ogni forma di repressione e le operazioni di rastrellamento nello stato dell’Orissa entro il 18 marzo 2012, e farsi avanti per discutere delle nostre richieste. Se non lo fanno, non possiamo prendere questo governo sul serio, e non saremo responsabili se i due visitatori perderanno la vita. Lo saranno invece il governo che sta scatenando il terrore senza tenere le nostre richieste in alcuna considerazione e l’apparato statale che manda avanti una industria del turismo illegale.
Le nostre richieste
1. Gli indigeni non sono merci per il turismo e le aree indigene non sono luoghi ricreativi per i turisti. Ditelo chiaramente e arrestate chi viola questa norma.
2. Fermate la repressione che avete chiamato Operazione Battuta di Caccia. Smantellate tutti i campi di polizia presenti nelle zone remote, ad eccezione delle thanas [stazioni di polizia normali, N. d. T.]. Create uno spazio adeguato per il dialogo con i rivoluzionari sui problemi del popolo.
3. Abrogate la messa al bando del PCI (Maoista) e di altre organizzazioni di massa nello stato dell’Orissa.
4. Arrestate e mettete sotto accusa per omicidio e stupro la Polizia Speciale e altre forze di polizia coinvolti in pretesi scontri a fuoco [la polizia uccide gli arrestati e poi afferma di averlo fatto durante scontri a fuoco, N. d. T.] e le morti in carcere di Lalit Dehuri, Junesh Badaraita, Pradeep Majhi e altri, e quelli coinvolti nello stupro di gruppo di Arati Majhi. Ritirate tutte le accuse contro Arati Majhi e liberatela.
5. Rilasciate Ashutosh, Kamalakanta Sethi, Sujata, Kishor Jena, Pratap, Manjulata, e tutte le persone arrestate in connessione con l’attacco al deposito di armi di Nayagarh.
6. Smettete di creare nuove accuse false per tenere in carcere quelli che vengono assolti dai tribunali. Liberate quindi senza condizioni Subhashree Das e Lalit dal Rayagada insieme a tutti gli altri che sono stati arrestati di nuovo o che sono in carcere.
7. Liberate Shatrughna Biswal, Uttam, Shekhar, Sudarshan Mandal, Ramesh Nayak, Lata, Bijal, Ratna insieme a tutti gli altri innocenti da Rayagada, Gajapati, Kandhamal, Ganjam, Nayagarh, Sambalpur, Mayurbhanj, Kendujhar, ed altri distretti, che sono stati messi in carcere accusati di essere maoisti.
8. Non abrogate lo ‘status di indigeni’ per Jhodia, Kanda Dora, Acha Kui, Gauda Kui, Kumbhar Kui, Saora, Odia Kandha, Khaira, e altre comunità indigene, e riconoscete lo ‘status di indigeni’ di molte altre comunità simili.
9. Fornite l’accesso all’acqua potabile nei villaggi in tutte le parti dello Stato dell’Orissa, provvedete a irrigare i terreni agricoli, portate l’assistenza sanitaria gratuita in tutte le Panchayats [assemblee popolari amministrative, N. d. T.] e istituite strutture educative gratuite fino al liceo.
10. Interrompete la repressione poliziesca contro tutti i movimenti che si oppongono alle espulsioni delle popolazioni dai loro territori, che si oppongono alle multinazionali POSCO e Vedanta e agli insediamenti industriali pianificati a Kalinganagar da Tata Steel. Rilasciare tutti i leader di questi movimenti e gli attivisti come Abhay Sahu, Narayan Reddy, e altri.
11. Rilasciate Gananath Patra, ex amministratore distrettuale a Daringbadi, fratello di Nachika Linga, e i due studenti insieme ad altri leader dei movimenti di massa e movimenti contro la repressione che sono stati arrestati per vendetta dalle forze di polizia. Smettete di costruire senza fine nuove accuse false nei confronti delle persone che fanno parte del Mandrabaju, Nedingpadar, Gudari e dei movimenti per i diritti alla terra di Narayanpatna. Rilasciate coloro che sono stati implicati in casi analoghi e che sono in carcere nonostante tutte le accuse siano state ritirate.
12. Istituite inchieste indipendenti sulle storie che lo stato sponsorizza e mette in scena basate sulle false dichiarazioni di gente che si è arresa e che è stata sottoposta a pressioni e minacce, e sulla campagna che si conduce sotto copertura contro la Rivoluzione. Istituite una inchiesta da parte di organismi indipendenti e prendete le dovute iniziative contro la polizia di Kendujhar per la detenzione di Sangeet Pradhan per anni dopo che si è arreso, e per la frattura alla mano a causa delle torture della polizia.
13. Provvedete a soddisfare tutte le richieste poste durante l’arresto dell’Esattore di Malkangiri da parte dei maoisti e che ancora non avete soddisfatto.
Facciamo appello alle masse popolari a sostenere e mobilitarsi per queste richieste giuste e democratiche e costringere il governo a intavolare i colloqui.
Sunil, Segretario, PCI (maoista)
Comitato Organizzatore dello Stato dell’Orissa
proletari comunisti riprenderà da domenica il suo funzionamento normale come quotidiano comunista
contro la riforma del lavoro e l'art.18
contro il governo monti e il fascismo padronale targato fiat
a fianco del movimento NOTAV NOF35
per l'unità internazionale delle lotte operaie e proletarie
per il sostegno alla guerra popolare in india e a tutte le lotte antimperialiste e guerre popolari nel mondo
proletari comunisti -PCm Italy
23 marzo 2012
contro il governo monti e il fascismo padronale targato fiat
a fianco del movimento NOTAV NOF35
per l'unità internazionale delle lotte operaie e proletarie
per il sostegno alla guerra popolare in india e a tutte le lotte antimperialiste e guerre popolari nel mondo
proletari comunisti -PCm Italy
23 marzo 2012
giovedì 22 marzo 2012
pc 22 marzo - FILIPPINE: Il Nuovo Esercito del Popolo prepara le celebrazioni del 43° anniversario
Il PCF fa appello all’attività di massa per celebrare il prossimo 43° anniversario del NEP
Partito comunista delle Filippine
13 Marzo 2012
Il Partito Comunista delle Filippine ( PCF ) ha esortato oggi il popolo filippino e le forze rivoluzionarie ad intraprendere attività di massa nelle settimane seguenti, in preparazione delle celebrazioni del prossimo 43° anniversario del Nuovo Esercito Popolare ( NEP ).
"C'è attesa diffusa per il prossimo anniversario della fondazione del Nuovo Esercito del Popolo dato che sempre più persone sono attratte dalla via della lotta rivoluzionaria armata di fronte al peggioramento della crisi socioeconomica e rapido deterioramento dei livelli di vita del popolo", ha dichiarato il PCF.
"La necessità e giustezza della resistenza armata rivoluzionaria è ulteriormente sottolineata dal rifiuto ostinato del regime USA-Aquino di soddisfare le richieste del popolo che invece scatena una guerra di repressione, nel tentativo di porre un freno alla lotta per crescita democratica e patriottica del popolo".
"Il 29 marzo, segniamo il 43° anniversario del NEP, celebrando le vittorie dell'anno passato e rafforzando la nostra determinazione a portare la guerra popolare alla situazione di equilibrio strategico nei prossimi anni", ha detto il PCF. "Facciamo eco alla richiesta del popolo filippino, specialmente i giovani, di aderire al NEP".
"Promuoviamo la rivoluzione agraria e la militanza delle masse contadine per intraprendere lotte antifeudale e altre lotte democratiche. Espandiamoci ulteriormente e galvanizziamo le organizzazioni democratiche di massa nelle campagne che servono come il nucleo e il fondamento del governo democratico del popolo", ha aggiunto il PCF .
Il PCF ha invitato il popolo filippino e tutte le forze rivoluzionarie ad intraprendere attività culturali, di educazione e propaganda nelle prossime due settimane per celebrare l'anniversario del NEP . "Organizziamo manifestazioni di piazza, manifesti con lettere cubitali, affissioni, dipinti murali, scrivere nuove poesie e cantare nuove canzoni," ha detto il PCF. Ha inoltre invitato tutte le unità del NEP e delle milizie popolari a prepararsi per le parate militari e le attività culturali per celebrare l’anniversario con il popolo.
Il PCF ha detto che diverse migliaia di persone, tra cui studenti, lavoratori e persone provenienti da comunità urbane povere, si pensa si uniranno alle unità del NEP, alle milizie popolari e le organizzazioni contadine rivoluzionarie in decine di fronti di guerriglia in tutto il paese.
Il Nuovo Esercito del Popolo è stato organizzato dal ricostituito Partito Comunista delle Filippine il 29 marzo 1969 con solo 60 combattenti rossi armati di solo nove fucili automatici e 26 armi più piccole (fucili e pistole ad un colpo). Il NEP conta ora diverse migliaia di combattenti rossi a tempo pieno con fucili ad alta potenza ed è ulteriormente incrementato da unità di milizie popolari.
Portando avanti la rivoluzione agraria con le masse contadine, il NEP può godere del loro sostegno profondo e ampio e reclutare combattenti rossi tra i loro ranghi. Il NEP ha anche il sostegno della classe operaia e della piccola borghesia urbana. Seguendo la linea strategica di accerchiare le città dalle campagne, il NEP è stato in grado di condurre la guerra di guerriglia estensiva ed intensiva e di portare la guerra popolare a nuove vette storiche.
Importante sentenza: “Niente Cie se nati in Italia”
di Annalisa Dall'Oca | Modena | 22 marzo 2012
il fatto quotidiano
Liberi i fratelli prigionieri da mesi a Modena Lo ha stabilito il giudice di pace con una sentenza che azzera di fatto il dibattito politico che si era creato da mesi. Anche per quello che riguarda la cittadinanza Andrea e Senad sono liberi e già oggi, 22 marzo, potrebbero lasciare il Cie. A stabilirlo con un’ordinanza il coordinatore dei giudici di pace di Modena, Giandomenico Cavazzuti, che con una sentenza di 15 pagine ha di fatto annullato il decreto di espulsione emesso dal prefetto di Modena e riconosciuto la non applicabilità della legge Bossi – Fini, la 286/98, al caso dei due ragazzi di origini straniere, nati però in Italia. Andrea e Senad, quindi, figli di genitori bosniaci rimasti senza lavoro e, per questo, non in regola con il permesso di soggiorno, rinchiusi nel centro di identificazione e di espulsione da oltre un mese, potranno tornare a casa. A Sassuolo, dove sono cresciuti e dove vivono con la loro famiglia.
“E’ una sentenza storica – ha commentato la decisione l’avvocato difensore dei due ragazzi, Luca Lugari – il giudice ha riconosciuto loro lo ius soli stabilendo un precedente che sicuramente aiuterà a chiarire la situazione di moltissimi giovani come Andrea e Senad, che erano finiti in quello che si potrebbe descrivere come un vuoto normativo”.
Uno status caratterizzato dalla non appartenenza ad alcun paese, senza patria quindi. Nati in uno stato che non concede loro la cittadinanza eppure non riconosciuti dalla nazione d’origine dei genitori, perché non registrati all’ambasciata di riferimento entro i 18 anni. “Meno che apolidi” insomma, senza la possibilità di vivere regolarmente in Italia, ma senza nemmeno poter essere espulsi, perché privi di un luogo a cui essere riconsegnati.
“I ragazzi erano allo stremo delle forze ormai, temevano di rimanere chiusi al Cie per i 18 mesi previsti come termine di trattenimento e se il giudice non fosse intervenuto, avrebbero intrapreso lo sciopero della fame” racconta l’avvocato. I loro appelli, infatti, rivolti in primis al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e alla Corte europea per i diritti dell’uomo avevano raccolto numerose adesioni. Sia tra gli esponenti della politica italiana, sia tra le associazioni locali e nazionali. Tuttavia, la discussione sulla loro “pericolosità sociale” sollevata dal senatore Carlo Giovanardi, con un’interpellanza al presidente del consiglio Mario Monti, e la diffusione dei dati relativi ai loro precedenti penali, sembrava aver messo in discussione il rilascio.
“Questa vittoria – ha aggiunto Lugari – è stata conseguita anche grazie all’aiuto di quelle associazioni in difesa dei diritti civili che per giorni hanno manifestato, sensibilizzando l’opinione pubblica su un tema che in Italia necessita di una nuova regolamentazione”. Tra le numerose espressioni di solidarietà suscitate dalla vicenda di Andrea e Senad S., 23 e 24 anni, tra le iniziative de “l’Italia sono anch’io”, che solo a Modena ha raccolto 7.189 firme, consegnate con le altre 109mila al Parlamento, anche Laura Boldrini, responsabile dell’Unhcr, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati, si era interessata al procedimento in corso. Un procedimento che solo lunedì, durante la seconda udienza davanti al giudice di pace, sembrava senza soluzione, se non quella di un intervento diretto da Roma.
“Siamo pronti ad accoglierli calorosamente non appena usciranno da quella struttura – ha aggiunto Cécile Kynege, del comitato 1 marzo – La sentenza del giudice di pace non solo ha sancito che anche per l’Italia è arrivato il momento di adeguare il quadro normativo a un fenomeno, l’immigrazione, che ormai costituisce la normalità. Ma ricorda anche che utilizzare i precedenti di una persona come strumento per tenerla rinchiusa al Cie non è legittimo, perché per giudicare i reati esistono i tribunali. Ora speriamo che anche questo paese si adegui agli standard europei”.
pc 22 marzo - Palermo paralizzata dalla protesta dei lavoratori Gesip
Protesta della Gesip, traffico bloccato
Giornale di Sicilia online
I lavoratori hanno organizzato una serie di presidi in tutta la città: nella zona del porto, tra via Roma e Corso Vittorio Emanuele, e sulla circonvallazione, in direzione dell'autostrada per Trapani
PALERMO. Nuova protesta dei dipendenti Gesip a Palermo, il cui contratto con il Comune scade il 31 marzo prossimo. I lavoratori hanno organizzato una serie di presidi in tutta la città, paralizzando il traffico. In particolare lungo via Crispi, nella zona del porto; ai quattro canti, tra via Roma e Corso Vittorio Emanuele, e sulla circonvallazione, in direzione dell'autostrada per Trapani.
Intanto le segreterie di Uiltucs-Uil, Filcams-Cgil, Alba, Conflavoratori, Cisal, Fisascat-Cisl e Ugl hanno proclamato per venerdì 23 marzo uno sciopero dei lavoratori della Gesip, «considerato che - scrivono, in una nota - nessuna risposta è pervenuta dopo gli incontri con il Comune di Palermo e in relazione alla manifestata volontà di trovare soluzioni, idonee a garantire la prosecuzione delle attività dei richiamati lavoratori dopo il 31 marzo prossimo». I sindacati hanno inoltre proclamato «l'immediato stato di agitazione di tutte le maestranze, con la riserva di proclamare ulteriori iniziative di lotta a sostegno della vertenza». Le iniziative, hanno spiegato in una nota i sindacati, «potranno essere tempestivamente revocate a fronte di un riscontro sulle ipotesi di un significativo prolungamento delle attività lavorative che permettano di riattivare tavoli nazionali».
Proteste anche per Multiservizi e Biosphera, partecipate dalla Regione: è stato proclamato uno sciopero per il 29 marzo. Tra i motivi della protesta l'imminente scadenza dei contratti di servizio e «l'ennesimo confronto mancato per l'assenza, da parte dell'impresa, di una interlocuzione.
AGGIORNAMENTO DELLE 12.48. Circa duecento operai della Gesip, società che si occupa di servizi per il Comune di Palermo stanno presidiando palazzo delle Aquile, sede del Municipio, mentre gruppi di operai stanno bloccando il raffico in diverse zone della città, dal Porto a corso vittorio Emanuele, dalla circonvallazione a Corso dei Mille. I manifestanti hano anche dato fuoco ad alcuni cassonetti dei rifiuti. Sono circa 1700 i dipendenti della società ai quali il 31 marzo scadrà il contratto con il Comune. "Chiediamo - dice Piero Giannotta della Cisal - la proroga del contratto di servizio purché supportata da un processo di ristrutturazione di tutte le società partecipate. Ieri abbiamo incontrato il commissario Latella - aggiunge il sindacalista - abbiamo appreso che ci sono 2 milioni e 400 mila euro residue per servizi non resi di Gesip disponibili, cosa che lascia intravedere la possibilità di una proroga del contratto per altre due settimane e dopo cosa succederà?". Intanto i sindacati hanno proclamato per domani una giornata di sciopero generale, mentre alle 15 è in programma un incontro al Comune tra i sindacati e il commissario straordinario Luisa Latella sulla vertenza. "Accettiamo la proroga - dice Charlie Biondolillo della Filcams Cgil - solo se supportata da parametri precisi. Siamo in piazza per dimostrare il disagio davanti alla possibilità di perdere il posto di lavoro, ci scusiamo con la città ma non abbiamo scelte".
pc 22 marzo - Ancora lotte contro la riforma Monti/Fornero/Cis/Uil.... a difesa dell'art. 18
Art.18: la protesta parte dal Nord
A Torino e in Liguria e Toscana si registrano i primi scioperi e manifestazioni contro le modifiche all'articolo 18 decise dal governo. Anche le tute blu iscritte a Uil e Cisl al fianco della Cgil. Occupata la Fincantieri
di rassegna.it
Sull'articolo 18, al tavolo della riforma del lavoro, le posizioni dei sindacati sembrano piuttosto distanti. Nelle aziende, sui posti di lavoro, invece, paiono avvicinarsi clamorosamente. La protesta dei lavoratori parte dal nord Italia e si sta velocemente allargando all'intero Paese.
A Torino, oggi, si registrano scioperi unitari e manifestazioni contro le modifiche all'articolo 18 decise dal governo. Circa 800 impiegati e tecnici dell'Alenia Aeronautica e dell'ex Alenia Spazio di corso Marche sono usciti in corteo dalla fabbrica e hanno bloccato il traffico in corso Francia. Lo sciopero è stato indetto unitariamente dai delegati di Fim, Fiom e Uilm in difesa dell'articolo 18. Uno sciopero è stato indetto anche all'Avio di Rivalta, dove alcune centinaia di lavoratori sono usciti dallo stabilimento. In questo caso la protesta è indetta da Fiom e Fim.
La stessa cosa sta succedendo in Liguria. Questa mattina i lavoratori di Fincantieri Muggiano della Spezia si sono riuniti in assemblea ed hanno deciso di proclamare uno sciopero unitario e di occupare lo stabilimento per protestare contro lo smantellamento dell’Art 18 voluto dal governo Monti". Lo riferisce in una nota la Cgil Liguria. "In questo momento - si legge nel comunicato diramato intorno alle ore 9.00 - circa 300 lavoratori stanno stazionando di fronte ai cancelli della fabbrica. Da sottolineare che la protesta vede impegnati la Rsu e non solo la Fiom, ma anche Fim e Uilm
Lorenzo Cimino, segretario generale della camera del lavoro della Spezia, presente sul posto dichiara: "E’ solo l’inizio, lotteremo contro questa riforma di Monti-Fornero che mira soltanto alla libertà di licenziamento, nell’esclusivo interesse dei mercati e della finanza. L’art 18 non si tocca, il suo effetto deterrente e la sua valenza culturale sono fondamentali. Ancora una volta, come sulle pensioni, si vuole fare pagare la crisi ai lavoratori".
Inoltre, l'Ansa comunica che anche a Genova è in corso uno sciopero unitario dei lavoratori e degli impiegati degli stabilimenti di Fincantieri di Riva Trigoso. Lo ha reso noto La Cgil, precisando che l'adesione allo sciopero, indetti da Fim, Fiom, Uilm, "è molto alta".
Gli operai della Piaggio di Pontedera (Pisa), infine, hanno scioperato e hanno raggiunto in corteo la superstrada Firenze-Pisa-Livorno bloccando il traffico in tutti e due i sensi di marcia all'altezza dello svincolo per Ponsacco con la formazione di lunghe code. L'astensione dal lavoro ha visto un'alta adesione di tute blu dello stabilimento di Pontedera allo sciopero indetto per protestare contro "la soppressione dell'articolo 18".
pc 22 marzo - Siamo tutti No Tav... 23 Marzo interventi nei posti di lavoro
Via il governo antioperaio e antiproletario Monti/Fornero dell'attacco alla vita degli
operai, dei lavoratori e delle masse popolari
via il governo del profitto, della speculazione e della devastazione ambientale al
servizio di padroni e benchieri
Intervento in fabbrica, Cantieri Navali
Intervento nei posti di lavoro, scuole, policlinico, coop sociali...
Volantinaggio/raccolte firme
Slai Cobas per il sindacato di classe Palermo
operai, dei lavoratori e delle masse popolari
via il governo del profitto, della speculazione e della devastazione ambientale al
servizio di padroni e benchieri
Intervento in fabbrica, Cantieri Navali
Intervento nei posti di lavoro, scuole, policlinico, coop sociali...
Volantinaggio/raccolte firme
Slai Cobas per il sindacato di classe Palermo
pc 22 Marzo - continuano i tentativi di criminalizzazione del movimento No TAV
da www.infonotav.it
MUSY E IL NO TAV a proposito di una provocazione-attacco al movimento del quotidiano
Pubblichiamo qui una parziale foto web dell’apertura mattutina del sito online LaStampa.it inviataci da un nostro lettore che purtroppo è riuscito a fare un salvataggio solo parziale della schermata allucinante che si è ritrovato sul monitor.
Notizia del giorno è l’aggressione a Musy, ex candidato sindaco di Torino alle scorse elezioni vinte dal deputato pd Fassino. In questa foto appare Musy durante la sua campagna elettorale, nella giornata in cui aveva scelto la val di Susa per dichiarare la sua posizione di sostegno al progetto tav Torino Lione (non che gli altri candidati avessero posizioni differenti, escluso Bertola del movimento 5 stelle anche lui presente in quella giornata a dire il contrario e Juri Bossutto della federazione della sinistra).
Insime a Musy nella foto appare anche Alberto Perino che in un momento di dibattito con una bandiera no tav in spalla risponde al candidato.
In un mondo fatto di immagini e messaggi veloci aprire la testata di informazione con questa immagine associandola al titolo in cui si descrive l’aggressione possiamo definirla un’associazione faziosa e fuorviante .
Un messaggio fin troppo chiaro per lasciare spazio a dei dubbi, ferito, aggressione, no tav. Non possiamo che notare come ormai sia in atto una azione totale di delegittimazione e distorsione dell’immagine del movimento no tav.
Dove non arrivano le ruspe, dove non arrivano le compensazioni o le manette ci prova l’informazione-casta mainstream.
Poco conta il fatto in sè, molto conta invece il ricavato in interesse economico o spostamento di opinione che l’editore o il gruppo di pressione economica richiedono.
Insomma tutto fa brodo o tutto è buono per dire che tanto è colpa dei no tav.
UN MESSAGGIO DA LUCA!
22 marzo 2012
A poco più di tre settimane dai fatti accorsi in Clarea il lunedì 27 febbraio scorso, mi sembra opportuno comunicare a tutti gli amici e compagni che mi sono vicini alcune notizie più precise sul mio stato di salute.
Come già si sa da qualche giorno sono fuori pericolo di vita, ma seppur la situazione vada migliorando le mie condizioni risultano ancora abbastanza serie.
Le ferite maggiori che mi trovo a dover guarire sono la conseguenza delle ustioni provocate dal folgoramento da corrente elettrica, i danni da caduta sono ormai in via di miglioramento definitivo.
Nei prossimi giorni subirò ulteriori interventi di chirurgia plastica per sistemare le aree del corpo ancora soggette a ustioni.
Mi trovo tuttora ad essere inchiodato a letto e non auto sufficiente nei movimenti degli arti e quindi dipendente da infermieri e familiari per le mansioni quotidiane.
Desidero comunque ringraziare tutti coloro che finora mi sono stati vicini e che mi hanno fatto sentire la loro presenza e solidarietà.
Chiedo a tutti ancora un po’ di pazienza (il primo ad averne dovrò essere io), per potervi riabbracciare e salutare in piena forma.
Un ringraziamento particolare va ai miei familiari e alla mia compagna Emanuela che hanno dovuto superare un momento non facile, anche per questo chiedo a tutti di allentare la pressione nei suoi confronti visto che si trova già a gestire molteplici ruoli di questa vicenda.
Sarà mia cura contattarvi personalmente nel momento in cui le cose si fossero messe al meglio per potervi incontrare e abbracciare con più calma.
In questo momento sono giustamente sottoposto alle severe disposizioni dei “reparti speciali” del CTO di Torino e quindi con forti limitazioni alle visite, riservate a parenti ed amici stretti.
Chiedo che questo scritto possa girare tra tutte le varie situazioni che hanno seguito l’evolversi della mia vicenda sperando però che non diventi oggetto di speculazione giornalistica. Sono ben contento di ricevere notizie e contatti vostri ma non garantisco di rispondere a tutti entro breve.
L’indirizzo cui scrivere è: Frazione Cels Ruinas 27 – 10050 Exilles (TO)
Da un letto di ospedale, 21.03.2012
Forza e gioia a tutti.
Luca Abbà
"Botte dai carabinieri per ore". Pantelleria, 13 militari indagati
"Mi hanno portato in caserma per un alcol test. Poi senza motivo hanno cominciato a picchiarmi". Tredici carabinieri indagati per aggressione. Secondo l'accusa hanno picchiato un fermato. Non sarebbe l'unico caso. La vittima della presunta violenza, un 42enne incensurato, racconta la sua storia ad Affaritaliani.it: "Non avevo mai avuto niente a che fare con loro. Erano in cinque, e mi hanno malmenato per ore. Per fortuna non ho mai reagito". Intanto le indagini sono in dirittura d'arrivo. Una fonte: "Mancano solo pochi tasselli del mosaico per arrivare alla verità"
mercoledì 21 marzo 2012
Il fascismo padronale alla Marcegaglia.
Ma contro l'accordo sul salario d'ingresso a Forlì vince il NO operaio (nonostante ricatti, pressioni e il voto degli impiegati 141 i NO e 168 i SI).
Nelle giornate in cui la padrona Marcegaglia sottoscriveva l'accordo nazionale che cancella cassaintegrazione e art.18 assieme al governo Monti- Fornero e a cisl e uil, è passato l'accordo separato sul salario d'ingresso proprio alla Marcegaglia di Forlì, con la firma delle rsu fim e uilm.
Delle 20 assunzioni previste, saranno riconfermati 12 operai interinali se accettano l'accordo, cioè il taglio del salario (niente indennità turno, niente premi di produzione e 14ma mensilità, riduzione di stipendio pari a 27.000 euro sui sei anni).
I 4 delegati della fiom non lo hanno sottoscritto sostenuti in questo dalla cgil.
E' un contratto che prevede il sottoinquadramento, il sottosalario, la sottocontribuzione.
Con la contrattazione aziendale la padrona Marcegaglia ha portato a casa l'attacco al salario e alle leggi nazionali.
Oggi a Forlì la fiom ha organizzato un'assemblea pubblica perchè spera di riaprire la trattativa con la mediazione delle istituzioni.
Questo è un accordo anticostituzionale e le stesse istituzioni sono le prime a violare la costituzione quando questa tutela i lavoratori.
E' stato detto che questo accordo è una piccola Pomigliano per un'azienda che non è in crisi: stessi ricatti, stessi diktat, stesso referendum-farsa col terrorismo di capi e capetti.
Da quì parte il lavoro che porteremo avanti nel sito di Forlì come Slai cobas per il sindacato di classe di Ravenna e come circolo di proletari comunisti.
Serve una mobilitazione prolungata degli operai contro la riforma del lavoro
sole 24 ore
«Articolo 18, questione chiusa»: la nuova norma si applica a tutti i lavoratori
La riforma del mercato del lavoro va avanti con il consenso di tutte le parti sociali tranne la Cgil, che conferma il suo dissenso dalla soluzione trovata per la riforma dell'articolo 18. «Per il Governo la questione è chiusa» ha scandito il presidente del Consiglio, Mario Monti, che ha poi annunciato per domani, alle 16, l'incontro finale con tutti i partecipanti al negoziato per la chiusura del testo.
«Né oggi né giovedì ci sarà un accordo firmato dal Governo con le parti sociali» ha aggiunto Monti, perché dopo una consultazione che ha dato contributi «nel merito» ora l'interlocutore diventa il Parlamento: «Il dialogo è importantissimo ma non riflettiamo una cultura consociativa di un passato lontano».
Le nuove regole sui licenziamenti individuali sono state illustrate nel dettaglio dal ministro Elsa Fornero e confermano le anticipazioni degli ultimi giorni. Restano nulli i licenziamenti discriminatori per tutti i lavoratori, viene previsto solo l'indennizzo (da 15 a 27 mensilità) per i licenziamenti per motivi economici (o ragioni oggettive), mentre per i licenziamenti disciplinari (o ragioni soggettive) la scelta tra l'indennizzo o il reintegro spetterà al giudice.
Le nuove regole sui licenziamenti individuali sono state illustrate nel dettaglio dal ministro Elsa Fornero e confermano le anticipazioni degli ultimi giorni. Restano nulli i licenziamenti discriminatori per tutti i lavoratori, viene previsto solo l'indennizzo (da 15 a 27 mensilità) per i licenziamenti per motivi economici (o ragioni oggettive), mentre per i licenziamenti disciplinari (o ragioni soggettive) la scelta tra l'indennizzo o il reintegro spetterà al giudice.
Il ministro ha poi confermato l'impegno a introdurre misure per rendere certi i tempi delle cause lavoristiche e ha ribadito che le nuove regole varranno per tutti i lavoratori, non solo per i neo-assunti. «Si tratta di una soluzione che non va contro nessuno – ha sottolineato il ministro – ma si inserisce in un ridisegno complessivo del nostro mercato del lavoro. Si rendono meno blindati i contratti a tempo indeterminato e si rende più oneroso il ricorso ai contratti flessibili».
Lo schema riformatore illustrato al termine della lunga riunione in sala verde, cui hanno partecipato anche i ministro Corrado Passera e Francesco Profumo, il viceministro Vittorio Grilli e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà, conferma la centralità dei rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Lo schema riformatore illustrato al termine della lunga riunione in sala verde, cui hanno partecipato anche i ministro Corrado Passera e Francesco Profumo, il viceministro Vittorio Grilli e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà, conferma la centralità dei rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
A questa forma contrattuale «dominante», ha spiegato Fornero, si dovrà arrivare principalmente tramite i contratti a causa mista di apprendistato, che dovranno assicurare una formazione «certificata» e per il cui rilancio il Governo lavorerà d'intesa con le regioni.
Nessun contratto flessibile viene cancellato, tranne il forte ridimensionamento dell'associazione in partecipazione (valido solo per i casi di aziende familiari) ma su tutti arriverà una «bonifica» per evitare gli abusi. Dopo 36 mesi per i contratti a termine reiterati scatterà l'assunzione definitiva, regole più stringenti sulle collaborazioni a progetto, i contratti di inserimento e le somministrazioni. Stretta anche sulle partite Iva: se si lavora per più di sei mesi con lo stesso committente scatta la sanzione, ancora da definire ma che potrebbe tradursi in un obbligo di assunzione: «Le associazioni datoriali hanno accettato» ha detto Fornero «e il contrasto sarà secco e severo». Su questo fronte d'intervento il confronto all'interno del Governo è ancora aperto e alcuni ministri vogliono attenuare i nuovi oneri amministrativi ipotizzare.
Nessun contratto flessibile viene cancellato, tranne il forte ridimensionamento dell'associazione in partecipazione (valido solo per i casi di aziende familiari) ma su tutti arriverà una «bonifica» per evitare gli abusi. Dopo 36 mesi per i contratti a termine reiterati scatterà l'assunzione definitiva, regole più stringenti sulle collaborazioni a progetto, i contratti di inserimento e le somministrazioni. Stretta anche sulle partite Iva: se si lavora per più di sei mesi con lo stesso committente scatta la sanzione, ancora da definire ma che potrebbe tradursi in un obbligo di assunzione: «Le associazioni datoriali hanno accettato» ha detto Fornero «e il contrasto sarà secco e severo». Su questo fronte d'intervento il confronto all'interno del Governo è ancora aperto e alcuni ministri vogliono attenuare i nuovi oneri amministrativi ipotizzare.
Giro di vite anche sugli stage gratuiti dopo un primo periodo di formazione e confermate le norme «inclusive» mirate a elevare in quantità e qualità il tasso di occupazione femminile. Si spazia da misure sulla conciliazione, con i congedi di paternità obbligatori, per arrivare alle norme annunciate sulla partecipazione delle donne ai consigli di amministrazione (con estensione alle partecipate); infine la misura «riscritta» contro l'odiosa pratica delle dimissioni in bianco.
La riforma si completa con la transizione ai nuovi ammortizzatori sociali universali (si veda altro articolo a pagina 6), che funzioneranno a regime dal 2017 e che il Governo finanzierà con una «dote» strutturale di 1,7-1,8 miliardi. Elsa Fornero ha sottolineato la complementarietà tra la riforma delle pensioni e quella del lavoro: «Se con la prima abbiamo detto ai lavoratori che pagheranno le loro pensioni con i contributi versati, con la seconda diciamo che avranno un sistema che li protegge nella ricerca di un nuovo lavoro e non li tiene più attaccati a un posto di lavoro che non ha più futuro».
La riforma si completa con la transizione ai nuovi ammortizzatori sociali universali (si veda altro articolo a pagina 6), che funzioneranno a regime dal 2017 e che il Governo finanzierà con una «dote» strutturale di 1,7-1,8 miliardi. Elsa Fornero ha sottolineato la complementarietà tra la riforma delle pensioni e quella del lavoro: «Se con la prima abbiamo detto ai lavoratori che pagheranno le loro pensioni con i contributi versati, con la seconda diciamo che avranno un sistema che li protegge nella ricerca di un nuovo lavoro e non li tiene più attaccati a un posto di lavoro che non ha più futuro».
L'Esecutivo deciderà oggi quale veicolo normativo scegliere per il varo della riforma: l'orientamento è per una legge delega ma Monti ha spiegato che ne parlerà con il Capo dello Stato. Le due ipotesi alternative restano decreti delegati, possibili in virtù di deleghe aperte fino a fine novembre, o un decreto legge. Monti ha informato Giorgio Napolitano del «buon esito della riforma» e in chiusura della conferenza stampa ha ribadito di aver ricercato fino alla fine la possibilità di un accordo con tutte le sigle sindacali. «Avevamo deciso di chiudere entro marzo e abbiamo chiuso».
pc 21 Marzo - senza lavoro, ennesimo suicidio di un giovane
un altro suicidio per la disperazione per la mancanza di un lavoro che si aggiunge al lungo elenco dei tanti che in questi ultimi periodo si sono tolti la vita per colpa di un sistema sociale che arriva ad annientare la vita stessa dei proletari pur di salvagurdare solo e solo i suoi interessi.
Governo, padroni, banchieri...pagherete caro pagherete tutto!
*****
Scorrano.
La paura di non farcela a tirare avanti, dopo aver perso il suo primo lavoro, che gli consentiva di aiutare la madre, rimasta vedova e il fratello più piccolo, di non trovare più un lavoro fisso a 29 anni.Erano questi gli incubi che da un paio di mesi assillavano un giovane artigiano ventinovenne di Scorrano. Incubi che, molto probabilmente, lo avevano gettato nelle spire di una brutta depressione, per una situazione, il dramma della disoccupazione, che deve essergli sembrata insostenibile e senza vie d'uscita. Al punto che il giovane ha deciso di uccidersi, impiccandosi a Scorrano, nel Salento.La madre, vedova, può contare solo su un assegno di invalidità di poche centinaia di euro al mese. Una somma assolutamente insufficiente per poter far fronte alle spese di una famiglia. Fino a qualche mese fa il giovane era impiegato in una cava di pietra leccese, nei dintorni di Maglie e per arrotondare quello che percepiva, aveva anche iniziato a creare piccoli manufatti in pietra leccese. Ma poi aveva perso il lavoro a causa della crisi ed ogni tentativo di trovare una nuova occupazione era fallito. Disperato, ha deciso di farla finita legandosi una corda intorno al collo. A dare l'allarme e' stato il fratello del 29enne ma ogni tentativo per riuscire a rianimare il giovane e' risultato vano.
pc 21 marzo - Mobilitazione 27 marzo lavoratori scuola a Milano contro Formigoni e la sua giunta
Appello per una mobilitazione generale il 27 marzo contro la Legge Formigoni/Aprea sulla Chiamata Diretta e regionalizzazione scuola pubblica
Sottoscrivete l'appello, partecipate al presidio di Milano o organizzate mobilitazioni nelle vostre città e regioni. Questo scempio deve essere fermato!
per adesioni: coordinamento3ottobre@gmail.com
MARTEDI 27 MARZO
giornata di mobilitazione generale contro la chiamata diretta e i progetti di regionalizzazione e privatizzazione della scuola pubblica e statale.
Per il completo ritiro dei tagli della Legge 133 e lo sblocco in tutta Italia delle assunzioni a tempo indeterminato di tutte/i le/i lavoratrici e lavoratori precari inseriti nelle graduatorie ad esaurimento.
A Milano dalle 17 alle 20,30
PRESIDIO REGIONALE SOTTO IL PIRELLONE
(nel piazzale sotto il Pirellone di fronte piazza Duca d'Aosta MM Stazione Centrale)
per adesioni: coordinamento3ottobre@gmail.com
APPELLO PER COSTRUIRE UNA FORTE MOBILITAZIONE GENERALE CONTRO LA CHIAMATA DIRETTA DEL PdL FORMIGONI, CONTRO I TAGLI ALLA SCUOLA, PER L'ASSUNZIONE DI TUTTI I LAVORATORI PRECARI DELLA SCUOLA, IN DIFESA DI UNA SCUOLA STATALE, LAICA E DI TUTTI
La Scuola Pubblica Statale Italiana versa ormai da tempo in condizioni gravissime a causa delle politiche scolastiche dissennate degli ultimi dieci anni e in modo particolare dell'ultimo governo Berlusconi che, con motivazioni puramente ideologiche e rispondenti a logiche di carattere economico-aziendalista ha tagliato circa 150.000 posti di lavoro tra docenti ed Ata e circa 8 miliardi di finanziamenti.
Cambiato il governo la situazione è sempre la stessa, anzi il ministro Profumo, ben lontano dal proporre un necessario rifinanziamento e il ritiro dei tagli, prosegue sulla stessa linea di distruzione della Scuola Statale.
Il neoministro intende infatti mettere in discussione i diritti acquisiti dai precari presenti nelle graduatorie ad esaurimento e di quanti lavorano nella scuola da anni ventilando un fantomatico concorso per una manciata di posti. Inoltre nel “decreto Semplificazioni” è stata potenziata l’autonomia scolastica attraverso la creazione di reti territoriali di scuole e “organico dell'autonomia”. Questi provvedimenti sono perfettamente in sintonia con il progetto di Legge Aprea e prefigurano la chiamata diretta dei presidi, primo passo verso la completa aziendalizzazione della scuola pubblica.
In questo panorama disastroso Formigoni intende assumere il ruolo di battistrada, come risulta evidente dall'approvazione da parte della Giunta regionale della Lombardia della Proposta di Legge “Misure per la crescita, lo sviluppo e l'occupazione” per modificare l'attuale legge regionale n.19/6. L'art. 8 di tale proposta di legge prevede espressamente che “a partire dall’anno scolastico 2012/2013, le istituzioni scolastiche statali possano organizzare concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi, al fine di reclutare personale docente necessario a svolgere le attività didattiche annuali” e che sia “ammesso a partecipare alla selezione il personale docente del comparto scuola che conosca e condivida il progetto e il patto per lo sviluppo professionale, che costituiscono parte integrante del bando di concorso di ciascun istituto scolastico”.
Come lavoratori della scuola troviamo assolutamente inaccettabile la proposta di legge della Giunta Formigoni e l'avvallo dato a questo progetto dal ministro Profumo che si è detto disponibile a “sperimentare nuovi modelli di reclutamento”. Tali “Misure per la crescita, lo sviluppo e l'occupazione” non sono in realtà altro che un modo assolutamente incostituzionale per introdurre la chiamata diretta nelle scuole lombarde ed esautorare il sistema di reclutamento nazionale basato sulle graduatorie provinciali (uniche a garantire trasparenza e merito), limitare la libertà d'insegnamento dei docenti asservendoli a un non ben specificato “progetto e patto per lo sviluppo professionale”, nonché ai Dirigenti scolastici dei singoli istituti che avrebbero diritto di “vita e di morte” sui docenti neoassunti sempre più precarizzati. Sarebbe inoltre fortissimo il rischio di un aumento dei fenomeni di clientelismo e nepotismo di cui sono maestri il governatore lombardo e il movimento di cui è uno dei massimi esponenti, come ben sa qualsiasi cittadino lombardo.
Per questi motivi ESPRIMIAMO UN NO DECISO :
- a qualsiasi progetto di REGIONALIZZAZIONE e AZIENDALIZZAZIONE del sistema d'istruzione della Lombardia e in qualsiasi altra parte d'Italia;
- ad un sistema di reclutamento dei docenti basato sulla CHIAMATA DIRETTA (o concorsi locali) da parte dei singoli istituti;
- al nuovo concorso nazionale finché tutti i lavoratori precari non verranno assunti;
- ai tagli dei finanziamenti alla scuola pubblica.
PRETENDIAMO:
- IL RITIRO IMMEDIATO dell'art. 8 del PDL FORMIGONI.
- L’immediato SBLOCCO del TURN OVER e L'ASSUNZIONE di TUTTI i precari.
- L’utilizzo delle GRADUATORIE AD ESAURIMENO come UNICO SISTEMA DI RECLUTAMENTO
- Un serio piano di RIFINANZIAMENTO che restituisca le risorse tagliate dalla finanziaria 133 del 2008.
FACCIAMO quindi APPELLO alla società civile tutta, lavoratori, studenti, genitori, cittadini, associazioni, partiti politici affinché aderiscano a questo appello e facciano propria la lotta per la DIFESA della SCUOLA PUBBLICA che deve rimanere STATALE, LAICA, NAZIONALE, BENE COMUNE di tutti e per tutti!
CHIEDIAMO a TUTTI i sindacati di utilizzare tutti gli strumenti che hanno a disposizione, compreso lo sciopero, per opporsi al progetto di legge della Giunta Formigioni e a qualsiasi tentativo di attuare la chiamata diretta e la regionalizzazione dell'istruzione.
CHIEDIAMO a TUTTE le forze politiche di opposizione presenti nei Consigli regionali e nel Parlamento di promuovere interpellanze e mozioni contrarie a questa iniziativa di legge INCOSTITUZIONALE e lesiva dei principi di un’Istruzione pubblica, laica e statale.
Promuove:
Coordinamento Lavoratori Scuola Milano
coordinamento3ottobre@gmail.com
http://www.facebook.com/groups/69004533073/
http://coordinamentoscuola3ottobre.blogspot.com
Adesioni:
Movimento Scuola Precaria Milano
Coordinamento Precari scuola Mantova
Coordinamento Precari scuola Novara
Coordinamento Precari Torino
Coordinamento Precari scuola Roma
Comitato d'agitazione permanente delle scuole biellesi
Coordinamento Precari scuola Ravenna
Collettivo Lambretta
Collettivo studentesco autonomo del Virgilio
Coordinamento Precari FLC Cgil Milano
Retescuole Milano
Retescuole Crema
Slai Cobas per il Sindacato di Classe Lombardia
USB Scuola Lombardia
Cobas Scuola Milano
Sindacato Sisa
Cub Scuola Milano
FIC Cgil Milano
Unicobas Scuola
Rifondazione comunista Lombardia
Gruppo lombardia di Sinistra Ecologia e Libertà
Movimento 5 stelle – Novara
Sottoscrivete l'appello, partecipate al presidio di Milano o organizzate mobilitazioni nelle vostre città e regioni. Questo scempio deve essere fermato!
per adesioni: coordinamento3ottobre@gmail.com
MARTEDI 27 MARZO
giornata di mobilitazione generale contro la chiamata diretta e i progetti di regionalizzazione e privatizzazione della scuola pubblica e statale.
Per il completo ritiro dei tagli della Legge 133 e lo sblocco in tutta Italia delle assunzioni a tempo indeterminato di tutte/i le/i lavoratrici e lavoratori precari inseriti nelle graduatorie ad esaurimento.
A Milano dalle 17 alle 20,30
PRESIDIO REGIONALE SOTTO IL PIRELLONE
(nel piazzale sotto il Pirellone di fronte piazza Duca d'Aosta MM Stazione Centrale)
per adesioni: coordinamento3ottobre@gmail.com
APPELLO PER COSTRUIRE UNA FORTE MOBILITAZIONE GENERALE CONTRO LA CHIAMATA DIRETTA DEL PdL FORMIGONI, CONTRO I TAGLI ALLA SCUOLA, PER L'ASSUNZIONE DI TUTTI I LAVORATORI PRECARI DELLA SCUOLA, IN DIFESA DI UNA SCUOLA STATALE, LAICA E DI TUTTI
La Scuola Pubblica Statale Italiana versa ormai da tempo in condizioni gravissime a causa delle politiche scolastiche dissennate degli ultimi dieci anni e in modo particolare dell'ultimo governo Berlusconi che, con motivazioni puramente ideologiche e rispondenti a logiche di carattere economico-aziendalista ha tagliato circa 150.000 posti di lavoro tra docenti ed Ata e circa 8 miliardi di finanziamenti.
Cambiato il governo la situazione è sempre la stessa, anzi il ministro Profumo, ben lontano dal proporre un necessario rifinanziamento e il ritiro dei tagli, prosegue sulla stessa linea di distruzione della Scuola Statale.
Il neoministro intende infatti mettere in discussione i diritti acquisiti dai precari presenti nelle graduatorie ad esaurimento e di quanti lavorano nella scuola da anni ventilando un fantomatico concorso per una manciata di posti. Inoltre nel “decreto Semplificazioni” è stata potenziata l’autonomia scolastica attraverso la creazione di reti territoriali di scuole e “organico dell'autonomia”. Questi provvedimenti sono perfettamente in sintonia con il progetto di Legge Aprea e prefigurano la chiamata diretta dei presidi, primo passo verso la completa aziendalizzazione della scuola pubblica.
In questo panorama disastroso Formigoni intende assumere il ruolo di battistrada, come risulta evidente dall'approvazione da parte della Giunta regionale della Lombardia della Proposta di Legge “Misure per la crescita, lo sviluppo e l'occupazione” per modificare l'attuale legge regionale n.19/6. L'art. 8 di tale proposta di legge prevede espressamente che “a partire dall’anno scolastico 2012/2013, le istituzioni scolastiche statali possano organizzare concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi, al fine di reclutare personale docente necessario a svolgere le attività didattiche annuali” e che sia “ammesso a partecipare alla selezione il personale docente del comparto scuola che conosca e condivida il progetto e il patto per lo sviluppo professionale, che costituiscono parte integrante del bando di concorso di ciascun istituto scolastico”.
Come lavoratori della scuola troviamo assolutamente inaccettabile la proposta di legge della Giunta Formigoni e l'avvallo dato a questo progetto dal ministro Profumo che si è detto disponibile a “sperimentare nuovi modelli di reclutamento”. Tali “Misure per la crescita, lo sviluppo e l'occupazione” non sono in realtà altro che un modo assolutamente incostituzionale per introdurre la chiamata diretta nelle scuole lombarde ed esautorare il sistema di reclutamento nazionale basato sulle graduatorie provinciali (uniche a garantire trasparenza e merito), limitare la libertà d'insegnamento dei docenti asservendoli a un non ben specificato “progetto e patto per lo sviluppo professionale”, nonché ai Dirigenti scolastici dei singoli istituti che avrebbero diritto di “vita e di morte” sui docenti neoassunti sempre più precarizzati. Sarebbe inoltre fortissimo il rischio di un aumento dei fenomeni di clientelismo e nepotismo di cui sono maestri il governatore lombardo e il movimento di cui è uno dei massimi esponenti, come ben sa qualsiasi cittadino lombardo.
Per questi motivi ESPRIMIAMO UN NO DECISO :
- a qualsiasi progetto di REGIONALIZZAZIONE e AZIENDALIZZAZIONE del sistema d'istruzione della Lombardia e in qualsiasi altra parte d'Italia;
- ad un sistema di reclutamento dei docenti basato sulla CHIAMATA DIRETTA (o concorsi locali) da parte dei singoli istituti;
- al nuovo concorso nazionale finché tutti i lavoratori precari non verranno assunti;
- ai tagli dei finanziamenti alla scuola pubblica.
PRETENDIAMO:
- IL RITIRO IMMEDIATO dell'art. 8 del PDL FORMIGONI.
- L’immediato SBLOCCO del TURN OVER e L'ASSUNZIONE di TUTTI i precari.
- L’utilizzo delle GRADUATORIE AD ESAURIMENO come UNICO SISTEMA DI RECLUTAMENTO
- Un serio piano di RIFINANZIAMENTO che restituisca le risorse tagliate dalla finanziaria 133 del 2008.
FACCIAMO quindi APPELLO alla società civile tutta, lavoratori, studenti, genitori, cittadini, associazioni, partiti politici affinché aderiscano a questo appello e facciano propria la lotta per la DIFESA della SCUOLA PUBBLICA che deve rimanere STATALE, LAICA, NAZIONALE, BENE COMUNE di tutti e per tutti!
CHIEDIAMO a TUTTI i sindacati di utilizzare tutti gli strumenti che hanno a disposizione, compreso lo sciopero, per opporsi al progetto di legge della Giunta Formigioni e a qualsiasi tentativo di attuare la chiamata diretta e la regionalizzazione dell'istruzione.
CHIEDIAMO a TUTTE le forze politiche di opposizione presenti nei Consigli regionali e nel Parlamento di promuovere interpellanze e mozioni contrarie a questa iniziativa di legge INCOSTITUZIONALE e lesiva dei principi di un’Istruzione pubblica, laica e statale.
Promuove:
Coordinamento Lavoratori Scuola Milano
coordinamento3ottobre@gmail.com
http://www.facebook.com/groups/69004533073/
http://coordinamentoscuola3ottobre.blogspot.com
Adesioni:
Movimento Scuola Precaria Milano
Coordinamento Precari scuola Mantova
Coordinamento Precari scuola Novara
Coordinamento Precari Torino
Coordinamento Precari scuola Roma
Comitato d'agitazione permanente delle scuole biellesi
Coordinamento Precari scuola Ravenna
Collettivo Lambretta
Collettivo studentesco autonomo del Virgilio
Coordinamento Precari FLC Cgil Milano
Retescuole Milano
Retescuole Crema
Slai Cobas per il Sindacato di Classe Lombardia
USB Scuola Lombardia
Cobas Scuola Milano
Sindacato Sisa
Cub Scuola Milano
FIC Cgil Milano
Unicobas Scuola
Rifondazione comunista Lombardia
Gruppo lombardia di Sinistra Ecologia e Libertà
Movimento 5 stelle – Novara
pc 21 marzo - IL "SEGRETO" DEI CAPITALISTI: MANODOPERA A BASSO COSTO SEMPRE
Lavoro a basso costo: è sempre questo il segreto di pulcinella del successo di ogni capitalista che si riempie la bocca di capacità di gestione, di investimento ecc. ecc...
Per tenere basso il livello dei salari i padroni devono avere meno leggi, meno vincoli (come li chiamano loro) possibili da rispettare; nel nostro paese questo prende la forma della guerra del governo e dei padroni contro i diritti dei lavoratori conquistati con le lotte degli anni 60 e 70 che imposero ai padroni lo statuto dei lavoratori; la cancellazione dell'articolo 18 vuole essere l'atto finale di una vendetta maturata per anni, una resa dei conti con quelle conquiste. I padroni avrebbero così mano libera nei licenziamenti e nel mantenere di conseguenza i salari bassi per la pressione che viene dalla paura di perdere il posto di lavoro e dalla aumentata disoccupazione.
E questo avviene in tutto il mondo: in Asia, in particolare, tutte le grandi multinazionali hanno saccheggiato risorse e sfruttato fino all'inverosimile le popolazioni operaie.
Ma da alcuni anni proprio l'aumento del numero dei nuovi operai e delle loro lotte sta portando a dei cambiamenti, i salari aumentano e i padroni prendono provvedimenti. Ma uno dei risultati è, per dirla con il giornalista dell'articolo che riportiamo, “Per chi è cresciuto solo grazie allo sfruttamento altrui, i posti dove fuggire iniziano a scarseggiare.”
E' anche per questo che nei paesi industrializzati, nei paesi ricchi, imperialisti, c'è un accanimento contro i diritti dei lavoratori...
***
VILLAGGIO GLOBALE
COSTO DEL LAVORO FINISCE L’ERA DELL’ASIA A BUON MERCATO
L’aumento del costo del lavoro nell’ultimo anno ha fatto impennare l’inflazione in Cina, innescando la prima delocalizzazione all’estero della storia da parte di migliaia di imprese. La pressione sui salari dilaga però ora in tutta l’Asia e le multinazionali sono costrette a rivedere piani di produzione e di sviluppo. Le rivoluzioni scoppiate nell’Africa mediterranea e in Medio Oriente allarmano i governi asiatici. Per evitare che focolai di agitazioni sindacali si trasformino in sommosse popolari e magari nella miccia di rivoluzioni politiche, le autorità delle potenze produttive emergenti impongono così ai produttori aumenti di stipendi senza precedenti. La Malesia ha appena approvato la legge sul suo primo salario minimo: in vista delle elezioni ha aumentato le paghe del 30%, portandole tra 264 e 297 dollari al mese. Anche Thailandia e Indonesia hanno fatto lo stesso: con i primi di aprile Bangkok concederà aumenti del 40% (9,8 dollari al giorno), mentre chiedono salari più alti anche i sindacati di Cambogia, Sri Lanka e Bangladesh. In Indonesia, in pochi mesi, gli operai hanno strappato adeguamenti del 23%. L’esempio è quello cinese. Da gennaio Pechino ha alzato gli stipendi minimi dell’8,6%, portandoli a 199 dollari al mese. Shenzhen però, capitale mondiale hitech, è stata costretta ad aumenti fino al 14%, mentre l’esplosione del porto di Tianjin entro la primavera costringerà i datori di lavoro ad aumenti salariali del 13%. I livelli assoluti restano ben al di sotto delle retribuzioni medie delle regioni industriali sviluppate in Europa e Usa, ma gli amministratori delegati delle multinazionali ormai si guardano in giro. Lo sguardo si spinge verso nuovi distretti alternativi: America centrale e del Sud, Haiti, Egitto e Giordania, oppure il Vietnam. Il business industriale, osservano gli analisti, diventa sempre più mobile e ruota attorno ai Paesi in via di sviluppo più convenienti. I benefìci, secondo i produttori, non sono solo delle aziende: creano lavoro nelle nazioni più povere, generano lavoratori abili e distretti organizzati, stimolano la crescita di infrastrutture e la nascita di aziende capaci poi di convertirsi all’elettronica. Nell’Asia abituata allo sfruttamento di masse di schiavi, promosso oggi dalle imprese straniere, prevale però per ora l’allarme sull’aumento del costo del lavoro. I governi sperano che stipendi meno iniqui favoriscano un aumento dei consumi interni e scoraggino disordini sociali. Temono però che la crescita dei costi energetici e dell’inflazione non sia compensata dall’aumento delle esportazioni, che Europa ed Usa non possono più garantire. Le associazioni industriali del Sudest asiatico lanciano così l’allarme: un brusco aumento dei minimi salariali – sostengono – invece di garantire stabilità, favorirà nuove crisi. Lo spettro, già affacciatosi in Cina, è la perdita netta di posti di lavoro, la chiusura di migliaia di imprese e la loro fuga verso regioni ancora costrette ad offrire manodopera a basso costo. In Asia la nazione emergente è appunto il Vietnam. Nel 2011 gli aumenti salariali hanno seguito il trend cinese, ma le paghe nette rimangono più basse. Prima di scegliere delocalizzazioni in nuovi continenti, i colossi mondiali di Taiwan, Giappone e Corea del Sud fanno dunque oggi rotta su Hanoi, dove tasse e incentivi non hanno concorrenti. A penalizzare la Cina e altri Stati fabbrica dell’Asia, si aggiunge poi un elemento nuovo: la crescita dei consumi interni favorisce la moltiplicazione di piccoli business locali, si creano posti di lavoro nelle regioni periferiche e i lavoratori non sono più disposti a emigrare verso i grandi distretti delle coste. Per chi è cresciuto solo grazie allo sfruttamento altrui, i posti dove fuggire iniziano a scarseggiare.
Per tenere basso il livello dei salari i padroni devono avere meno leggi, meno vincoli (come li chiamano loro) possibili da rispettare; nel nostro paese questo prende la forma della guerra del governo e dei padroni contro i diritti dei lavoratori conquistati con le lotte degli anni 60 e 70 che imposero ai padroni lo statuto dei lavoratori; la cancellazione dell'articolo 18 vuole essere l'atto finale di una vendetta maturata per anni, una resa dei conti con quelle conquiste. I padroni avrebbero così mano libera nei licenziamenti e nel mantenere di conseguenza i salari bassi per la pressione che viene dalla paura di perdere il posto di lavoro e dalla aumentata disoccupazione.
E questo avviene in tutto il mondo: in Asia, in particolare, tutte le grandi multinazionali hanno saccheggiato risorse e sfruttato fino all'inverosimile le popolazioni operaie.
Ma da alcuni anni proprio l'aumento del numero dei nuovi operai e delle loro lotte sta portando a dei cambiamenti, i salari aumentano e i padroni prendono provvedimenti. Ma uno dei risultati è, per dirla con il giornalista dell'articolo che riportiamo, “Per chi è cresciuto solo grazie allo sfruttamento altrui, i posti dove fuggire iniziano a scarseggiare.”
E' anche per questo che nei paesi industrializzati, nei paesi ricchi, imperialisti, c'è un accanimento contro i diritti dei lavoratori...
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VILLAGGIO GLOBALE
COSTO DEL LAVORO FINISCE L’ERA DELL’ASIA A BUON MERCATO
L’aumento del costo del lavoro nell’ultimo anno ha fatto impennare l’inflazione in Cina, innescando la prima delocalizzazione all’estero della storia da parte di migliaia di imprese. La pressione sui salari dilaga però ora in tutta l’Asia e le multinazionali sono costrette a rivedere piani di produzione e di sviluppo. Le rivoluzioni scoppiate nell’Africa mediterranea e in Medio Oriente allarmano i governi asiatici. Per evitare che focolai di agitazioni sindacali si trasformino in sommosse popolari e magari nella miccia di rivoluzioni politiche, le autorità delle potenze produttive emergenti impongono così ai produttori aumenti di stipendi senza precedenti. La Malesia ha appena approvato la legge sul suo primo salario minimo: in vista delle elezioni ha aumentato le paghe del 30%, portandole tra 264 e 297 dollari al mese. Anche Thailandia e Indonesia hanno fatto lo stesso: con i primi di aprile Bangkok concederà aumenti del 40% (9,8 dollari al giorno), mentre chiedono salari più alti anche i sindacati di Cambogia, Sri Lanka e Bangladesh. In Indonesia, in pochi mesi, gli operai hanno strappato adeguamenti del 23%. L’esempio è quello cinese. Da gennaio Pechino ha alzato gli stipendi minimi dell’8,6%, portandoli a 199 dollari al mese. Shenzhen però, capitale mondiale hitech, è stata costretta ad aumenti fino al 14%, mentre l’esplosione del porto di Tianjin entro la primavera costringerà i datori di lavoro ad aumenti salariali del 13%. I livelli assoluti restano ben al di sotto delle retribuzioni medie delle regioni industriali sviluppate in Europa e Usa, ma gli amministratori delegati delle multinazionali ormai si guardano in giro. Lo sguardo si spinge verso nuovi distretti alternativi: America centrale e del Sud, Haiti, Egitto e Giordania, oppure il Vietnam. Il business industriale, osservano gli analisti, diventa sempre più mobile e ruota attorno ai Paesi in via di sviluppo più convenienti. I benefìci, secondo i produttori, non sono solo delle aziende: creano lavoro nelle nazioni più povere, generano lavoratori abili e distretti organizzati, stimolano la crescita di infrastrutture e la nascita di aziende capaci poi di convertirsi all’elettronica. Nell’Asia abituata allo sfruttamento di masse di schiavi, promosso oggi dalle imprese straniere, prevale però per ora l’allarme sull’aumento del costo del lavoro. I governi sperano che stipendi meno iniqui favoriscano un aumento dei consumi interni e scoraggino disordini sociali. Temono però che la crescita dei costi energetici e dell’inflazione non sia compensata dall’aumento delle esportazioni, che Europa ed Usa non possono più garantire. Le associazioni industriali del Sudest asiatico lanciano così l’allarme: un brusco aumento dei minimi salariali – sostengono – invece di garantire stabilità, favorirà nuove crisi. Lo spettro, già affacciatosi in Cina, è la perdita netta di posti di lavoro, la chiusura di migliaia di imprese e la loro fuga verso regioni ancora costrette ad offrire manodopera a basso costo. In Asia la nazione emergente è appunto il Vietnam. Nel 2011 gli aumenti salariali hanno seguito il trend cinese, ma le paghe nette rimangono più basse. Prima di scegliere delocalizzazioni in nuovi continenti, i colossi mondiali di Taiwan, Giappone e Corea del Sud fanno dunque oggi rotta su Hanoi, dove tasse e incentivi non hanno concorrenti. A penalizzare la Cina e altri Stati fabbrica dell’Asia, si aggiunge poi un elemento nuovo: la crescita dei consumi interni favorisce la moltiplicazione di piccoli business locali, si creano posti di lavoro nelle regioni periferiche e i lavoratori non sono più disposti a emigrare verso i grandi distretti delle coste. Per chi è cresciuto solo grazie allo sfruttamento altrui, i posti dove fuggire iniziano a scarseggiare.
martedì 20 marzo 2012
Forza Luca!
Simonetta Zandiri
Oggi sono stata un paio d'ore con Luca. Sono passate quasi due settimane da quel dannato 27 febbraio, eppure mi sembrava un'eternità... Ho realizzato, all'improvviso, che queste ultime due settimane ad "alta intensità" ci hanno visti per così tanto tempo in azione, e senza sosta, da toglierci il tempo per pensare. Entrare in quel reparto, molto ben tenuto, con personale cordiale e attento, ma così... "freddo" (proprio per le gravi condizioni dei pazienti) mi ha quasi costretta a fermare il tempo. E quell'ansia, quella velocità, quella rabbia... sono svanite, per un istante. Lasciando posto alla grande emozione di stringere nella mia mano quella di Luca, di guardare i suoi occhi, sempre scintillanti e intensi, di sentire le sue parole... Ho trattenuto le lacrime, perché penso che chi sta male abbia bisogno di sentire forza intorno a sé, ma sarebbero state lacrime di gioia, perché rivederlo così "vivo" e forte, nonostante una condizione davvero difficile (e, credo, anche dolorosa), è stata per me una gioia immensa!
Luca è lo stesso di sempre, affaticato e messo a dura prova dal dolore causato anche dalle ustioni, ma sempre con il sorriso e con la curiosità di capire cosa è successo e cosa sta succedendo intorno a noi. Ho provato a spiegargli che quel suo gesto, per molti considerato "folle", ha dato una grande spinta non soltanto al movimento in Valsusa, ma in tutta Italia. Ho cercato di dirgli che, pur sapendo che lui cercava di guadagnare un po' di tempo perché altri compagni raggiungessero la baita il giorno dello sgombero, in realtà ha raggiunto risultati ben al di là di questo obiettivo, purtroppo mettendo a rischio la sua stessa vita. E così, con Emanuela, abbiamo ripercorso queste ultime due settimane, abbiamo raccontato quante manifestazioni, quanti blocchi, quante occupazioni, quante contestazioni, quanta solidarietà, quanto spazio dedicato anche dai media alle nostre ragioni, quanti VIP prima indifferenti alla nostra lotta ora si schierano dalla nostra parte e quanto, grazie a lui, ci sentiamo più forti.
Gli ho detto che, anche se dobbiamo ancora imparare a meritarcelo, ciascuno di noi ha compreso che senza rischiare qualcosa della propria vita, delle proprie finte certezze, non si otterrà nulla. E la straordinaria reazione e partecipazione alle tanti manifestazioni dimostra che stiamo tutti imparando a metterci in gioco e a rischiare.
Semplicemente perché sappiamo che è la cosa giusta da fare. Sapeva che ci stiamo organizzando per dare un caloroso benvenuto a Monti, sapeva che i folletti dei boschi avevano di nuovo bloccato la A32, oggi, e sa che gli stessi folletti torneranno a pulire i sentieri del Clarea.
Decisamente "preso bene" spera che la festa a Monti sia il successo che merita. Perché se è vero che per il movimento NO TAV non ci sono governi amici, è pur vero che questo è forse il peggiore dalla storia del movimento. Nonostante la sua condizione non è mancato il suo pensiero speciale per gli arrestati, per quelli ancora ai domiciliari, per tutti , insomma. Perché Luca è Luca!
Gli si chiudevano gli occhi... ma non mollava.
Ho spento prima una luce, poi l'altra. Ascoltava ancora Radioblackout.... attentissimo... ho spento anche quella.
"Si, forse è meglio se dormo un po'", ha detto.
"Direi di si, Luca. Abbi cura di te, ti vogliamo bene.. "
"Anch'io vi voglio bene, dillo a tutti...."
"Lo sappiamo, Luca. Lo sappiamo!"
Sono uscita da quella stanza con un dubbio.
Non so se sono andata a portargli un po' della mia forza, oppure il contrario. Forse , ancora una volta, è stato lui a passarmi un po'
della sua forza.
Quel che è certo è che sente la nostra solidarietà e vicinanza, e non vede l'ora di salutarci tutti.... ci vorrà ancora un po' di tempo, ma sentiamo i suoi pensieri, sentiamo la sua energia....continuiamo, insieme, a trasmettergli la nostra.
Because every day is a FORZA LUCA day! :-)
P.S. un abbraccio speciale alla sua compagna, Emanuela... davvero una donna speciale!
MARCHIONNE: «SENZA MONTI NON CI SAREBBE PIANO MIRAFIORI»
Marchionne: «Piano Mirafiori grazie a Monti»
L'amministratore delegato sul futuro:«Ristrutturazioni dolorose».
Una ristrutturazione dolorosa per tutto il comparto europeo dell'auto, che avrebbe anche ripercussioni sull'occupazione. Solo così però si uscirà dalla crisi in atto. A sostenerlo è Sergio Marchionne, amministratore delegato Fiat-Chrysles, durante una conferenza stampa a Bruges.
Per il numero uno del Lingotto alle aziende automobilistiche europee è «necessario un processo di transizione doloroso» di almeno 24 mesi.
«SENZA MONTI NON CI SAREBBE PIANO MIRAFIORI». Se in Europa il futuro non è rosa, per l'Italia all'orizzonte ci sarebbero almeno delle schiarite dopo l'incontro dei vertici Fiat con il premier: «Non avremmo implementato con facilità il piano per mantenere la produzione a Mirafiori se non ci fossero state le misure del governo Monti» ha sottolineato Marchionne. Senza l'attuale premier a Palazzo Chigi quindi l'investimento a Mirafiori non sarebbe stato portato avanti facilmente.
Martedì, 20 Marzo 2012
A Pioltello è scattata la rappresaglia padronale con lo sgombero poliziesco
Sgomberato questa mattina il presidio a Pioltello dei lavoratori della cooperativa Safra che lavora per conto di Esselunga. All’alba sono arrivati al presidio polizia municipale e carabinieri che hanno fatto uscire a spintoni i tre lavoratori che si trovavano all’interno della tenda allestita per la lotta.
Per i lavoratori si tratta di una vera e proprio ritorsione dell’azienda, in accordo con il sindaco di Pioltello, in seguito alla vittoria ottenuta la scorsa settimana in tribunale. Il giudice infatti aveva stabilito che due lavoratori licenziati nei mesi scorsi dalla cooperativa, dovessero essere reintegrati sul posto di lavoro.
pc 20 marzo - INDIA: LA VIOLENZA DELLO STATO E DELLE MULTINAZIONALI IN ORISSA
Di seguito una delle tante descrizioni di come agisce lo Stato indiano nei confronti delle popolazioni in lotta...
***
Odisha: Migliaia di manifestanti contro l’esproprio delle terre attaccati dagli scagnozzi della sicurezza
Posted by redpines il 2 marzo 2012
La seguente dichiarazione comune sta circolando online. Vi si descrive la repressione di massa contro i manifestanti inermi perpetrata dalle forze di sicurezza private dell’acciaieria Jindal, di proprietà di una delle famiglie più ricche dell'India. Il 25 gennaio, migliaia protestavano per chiedere il risarcimento che era stato promesso loro (sia dal Gruppo OP Jindal che dal governo dello stato dell'Odisha) per la terra strappata con la forza per costruire l'impianto. Centinaia sono stati i feriti segnalati e ricoverati in ospedale. Le masse in questa regione, parte del "Corridoio rosso" del potere rivoluzionario nell’India centrale, hanno anche dovuto affrontare il peso della repressione terroristica da parte delle forze di polizia dello Stato e dei gruppi paramilitari durante l’operazione anti-maoista Green Hunt. Grazie all’organizzazione “Donne contro la violenza sessuale e repressione di Stato”. [Introduzione di Joe]
Brutale attacco della multinazionale ai manifestanti pacifici nello stato dell'Odisha
6 Febbraio 2012
Siamo estremamente scioccati e addolorati per la barbara violenza disumana contro i manifestanti pacifici in particolare donne da parte delle guardie di sicurezza e sicari prezzolati dell’impianto siderurgico Jindal in Angul, stato dell'Odisha. Ci sono stati serie di attacchi contro inermi manifestanti pacifici che manifestavano contro il sequestro forzato di terreni in tutto lo stato dell'Odisha. Il 25 gennaio 2012, quando l'intera Nazione si stava preparando per le celebrazioni del giorno della Repubblica e le classi dirigenti indiane, i grandi affaristi e i media delle multinazionali erano impegnati a strombazzare l'approdo dell’India tra le maggiori potenze economiche, queste ricorrenti violenze brutali dei sicari multinazionali contro i movimenti di massa nello stato dell'Odisha mostrano la vacuità delle dichiarazioni dei nostri governanti quando sostengono che l'India è la più grande democrazia del mondo.
Il 25 gennaio 2012 circa quattromila uomini e donne si erano recate presso la fabbrica Jindal Steel, di Angul per chiedere un giusto risarcimento per la terra strappata loro con la forza e anche per i richiedere i posti di lavoro che erano stati loro promessi, sia da parte della Società che del governo dello stato dell'Odisha. Quando il corteo è arrivato davanti la fabbrica le guardie di sicurezza e i mercenari della Jindal Steel Company hanno brutalmente attaccato uomini e donne, soprattutto le donne, che si trovavano in prima linea nella lotta. La scena barbara è difficile da spiegare a parole. Di fronte a un drappello di grandi dimensioni della polizia i sicari assoldati nelle guardie di sicurezza della Multinazionale li hanno attaccati con tondini di ferro e bastoni. Feriti oltre duecento uomini e donne, molti di loro si trovano ora presso il SCB Medical College, Cuttack e diversi ospedali di Angul. Le donne sono state picchiate brutalmente con sbarre di ferro, i loro abiti sono stati strappati, sanguinavano fortemente, la bestialità dei sicari ha raggiunto limiti più scioccanti e terrificanti, quando alcuni di essi hanno inserito tondini di ferro nelle parti intime delle donne. Non c'è molto da dire dopo questa storia sul grande annuncio del primo ministro dello stato dell'Odisha circa la cosiddetta grande industrializzazione pacifica dell'Odisha.
Quando una commissione d'inchiesta si è presentata presso la locale stazione di polizia, nessuno dei dirigenti della società tra cui l'amministratore delegato è stato arrestato; c'è stato solo un finto arresto del responsabile della sicurezza. Questo incidente è un orribile indicatore dei crescenti attacchi dello stato e delle multinazionali al movimento di massa pacifico dell'Odisha. Nel novembre del 2011, i sicari prezzolati della POSCO davanti a un grosso contingente di uomini della polizia hanno attaccato i manifestanti pacifici della lotta Anti-POSCO nel distretto di Jagatsinghpru distretto dell'Odisha, uccidendone uno con le bombe e ferendone molti altri.
Condanniamo fermamente questo attacco vile contro i pacifici manifestanti che protestano contro la Jindal Steel Company nello stato dell'Odisha, chiediamo l'arresto immediato del CEO e di altri dirigenti della fabbrica Jindal, iniziare un procedimento penale contro di loro per il brutale attacco e il ferimento di uomini e donne. Chiediamo il licenziamento e il processo per tutti i poliziotti che erano presenti durante il disumano vergognosa attacco, compreso il dirigente della polizia del distretto.
Facciamo appello a tutti i progressisti, democratici, organizzazioni dei diritti umani e delle donne a condannare questi avvenimenti e chiedere di agire contro i colpevoli.
(Sostenete questa dichiarazione e inviate a asit1917@gmail.com
http://southasiarev.wordpress.com/2012/03/02/odisha-thousands-of-land-grab-protesters-attacked-by-security-thugs/
pc 20 marzo - FERMARE I SAFARI UMANI! Fermare la guerra contro le popolazioni dell'India!
[Le rivendicazioni in occasione di un precedente sequestro di un Esattore delle imposte dell'India]
Le dichiarazioni dei maoisti sull'arresto dei due turisti italiani
"Orissa: il turismo imperialista per il 'divertimento tribale' in zone di guerra di repressione e di resistenza" (parte sesta)
PCI (Maoista) - Stato dell'Odisha Comitato Organizzatore a livello Statale –
Dichiarazione, 16 mar 2012
Il governo - sia a livello Centrale che dello Stato dell'Odisha - ha ridotto gli adivasi a meri oggetti da esposizione nel tentativo di attirare turisti nazionali e stranieri. Da un lato, il governo mentre invita i capitalisti multinazionali a saccheggiare le risorse naturali e minerali nel cuore adivasi sta cercando di reprimere le voci di resistenza scatenando l'Operazione Green Hunt contro gli adivasi e le masse popolari armi in pugno, e, dall'altro, sta intensificando gli sforzi per trasformare gli innocenti adivasi in oggetti da esposizione. Anche se il governo sostiene di aver modificato le cosiddette leggi nel febbraio 2012 per mettere alcuni controlli sui turisti che visitano aree adivasi, tutto ciò si è rivelato una menzogna palese. Nello stesso momento in cui i centri di potere a Delhi e Shahid Nagar stanno attuando la tanto discussa industrializzazione e le leggi sullo spostamento forzato [delle popolazioni] armi in pugno, mandano i turisti nelle aree adivasi a scattare foto di adivasi nudi, trasformando queste aree in merce per turismo confortevole. A Ganjam e Kandhamal, queste attività disumane sono in corso attraverso l'autorizzazione non scritta della polizia del distretto in corrotta connivenza con i suddetti centri di potere. Lo stesso governo che invia le forze di polizia in queste zone a bruciare foreste, bruciare mucchi di foglie di curcuma secche, e distruggere le proprietà e le vite del popolo, manda turisti stranieri a scattare foto su colline brulle e corpi nudi di adivasi: questo è un insulto per il popolo.
A causa di tutto questo, abbiamo arrestato due turisti italiani (uno di loro è un operatore del turismo autorizzato dal governo dello Stato):
1. Bosusco Paolo, B, Pralesio 10, Condove (TO), Italia
2. Clavdio Colangelo, via Di Frascati, 215, 00040 Rocca Di Papa, Italia
In questo modo, stiamo mostrando il vero volto del governo privo di ogni briciolo di umanità che considera le zone adivasi come merce per il turismo, come se questi luoghi fossero l'habitat di scimmie e scimpanzé. Stiamo chiedendo alle masse popolari di far sentire la voce contro la trasformazione in merce per il turismo delle aree adivasi. Abbiamo arrestato questi due italiani colpevoli, e abbiamo anche rilasciato due loro schiavi Odia - Santosh e Kartik.
Se il governo è seriamente intenzionato a liberare queste due visitatori, i governi centrali e statali dovrebbero come condizione primaria fermare ogni forma di repressione e le operazioni di rastrellamento nello stato dell'Odisha entro il 18 marzo 2012, e iniziare una discussione sulle nostre richieste. Se questo non viene fatto, non possiamo avere fiducia in questo governo, e noi non saremo responsabili per la perdita delle vite dei due visitatori, ma invece lo sarà il governo che sta scatenando il terrore senza badare alle nostre richieste e l'apparato statale che incoraggia una industria del turismo illegale.
Le nostre richieste
1. Gli Adivasi non sono merci per il turismo e le aree Adivasi non sono luoghi ricreativi per i turisti. Annunciatelo in modo chiaro e arrestate coloro che violano questo.
2. Fermare la repressione che porta il nome di Operazione Green Hunt. Smantellare tutti i campi di polizia presenti nelle zone remote, ad eccezione delle thanas [normali stazioni di polizia]. Creare uno spazio adeguato per il dialogo con i rivoluzionari sui problemi del popolo.
3. Abrogare la messa al bando del PCI (Maoista) e di altre organizzazioni di massa nello stato dell'Odisha.
4. Arrestare e mettere sotto accusa per omicidio e stupro la Polizia Speciale e altre forze di polizia coinvolti nei falsi scontri e le morti in custodia di Lalit Dehuri, Junesh Badaraita, Pradeep Majhi, e gli altri nel caso di stupro di gruppo di Arati Majhi. Ritirare tutte le accuse contro Arati Majhi e suo rilascio.
5. Rilasciare Ashutosh, Kamalakanta Sethi, Sujata, Kishor Jena, Pratap, Manjulata, e tutte le persone arrestate in connessione con l'attacco al deposito di armi di Nayagarh.
6. Fermare la creazione di nuove false accuse e la detenzione di coloro che vengono assolti dai tribunali. In questo contesto, liberare incondizionatamente Subhashree Das e Lalit dal Rayagada insieme a tutti gli altri ri-arrestati o detenuti.
7. Rilasciare Shatrughna Biswal, Uttam, Shekhar, Sudarshan Mandal, Ramesh Nayak, Lata, Bijal, Ratna insieme a tutti gli altri innocenti da Rayagada, Gajapati, Kandhamal, Ganjam, Nayagarh, Sambalpur, Mayurbhanj, Kendujhar, ed altri distretti, che sono stati messi in carcere accusati di essere maoisti.
8. Non abrogare lo 'status adivasi' per Jhodia, Kanda Dora, Acha Kui, Gauda Kui, Kumbhar Kui, Saora, Odia Kandha, Khaira, e altre comunità adivasi, e riconoscere lo 'status adivasi' di molte altre comunità simili.
9. Fornire l'accesso all'acqua potabile nei villaggi in tutte le parti dello Stato dell'Odisha, irrigazione di terreni agricoli, l'assistenza sanitaria gratuita in tutte le Panchayats [assemblee popolari] e strutture educative libere fino al liceo.
10. Fermare la repressione della polizia su tutti i movimenti anti-spostamento forzato di massa, come anti-POSCO, anti-Vedanta, e i movimenti Kalinganagar. Rilasciare tutti i leader anti-spostamento forzato e gli attivisti come Abhay Sahu, Narayan Reddy, e altri.
11. Rilasciare Gananath Patra, l'ex presidente della Daringbadi e Sonepur Sarpanch Swami, fratello di Nachika Linga, e i due studenti insieme ad altri leader dei movimenti di massa e movimenti contro la repressione che sono stati arrestati per vendetta dalle forze di polizia. Fermare le infinite nuove false accuse nei confronti delle persone che fanno parte del Mandrabaju, Nedingpadar, Gudari e dei movimenti per i diritti alla terra di Narayanpatna. Rilasciare coloro che sono stati implicati in casi analoghi e che sono in carcere nonostante il ritiro di tutte le accuse.
12. Istituire inchieste indipendenti sulle messinscena, sponsorizzate dallo stato, di pubblicazione di false dichiarazioni sotto pressione e minaccia nei momenti della resa [di alcune persone], e la creazione di una campagna segreta contro la Rivoluzione. Istituire una inchiesta da parte di organismi indipendenti e prendere le dovute iniziative contro la polizia di Kendujhar per la detenzione di Sangeet Pradhan per anni dopo che si è arreso e ha subito una frattura alla mano a causa delle torture della polizia.
13. Venire incontro a tutte le richieste non soddisfatte poste durante l'arresto dell'Esattore di Malkangiri da parte dei maoisti.
Facciamo appello alle masse popolari a sostenere e mobilitarsi per queste giuste e democratiche richieste e costringere il governo a intavolare i colloqui.
Sunil, Segretario, PCI (maoista)
Comitato Organizzatore dello Stato dell'Odisha
http://revolutionaryfrontlines.wordpress.com/2012/03/19/what-maoists-say-orissa-imperialist-tourism-for-tribal-entertainment-in-war-zones-of-repression-and-resistance-part-six/
La Questura di Ravenna manda la polizia a schedare i partecipanti all'assemblea No Tav!
Proletari comunisti, che fa parte del movimento No Tav romagna, denuncia il clima da stato di polizia intorno alla vicenda Tav/CMC a Ravenna e chiede le dimissioni del Questore.
Dopo i reiterati divieti, prescrizioni e diffide, ieri sera anche la schedatura dei partecipanti alla riunione No Tav allo Spartaco di Ravenna, con polizia, carabinieri e digos davanti all'ingresso del centro sociale a chiedere documenti!
E' mai possibile che in questa città la Questura debba sospendere la democrazia e il diritto di manifestare con l'intimidazione se si contrastano Tav e CMC?
Nessun organo di stampa, nessuna forza politica, nessun sindacato, confederale o di base (eccetto lo Slai cobas per il sindacato di classe) ha detto o fatto qualcosa per contrastare questa azione repressiva intimidatoria della Questura nonostante le ripetute denunce del movimento No Tav.
Non accettiamo che la Questura debba decidere dove manifestare!
Nella riunione è stato deciso di rispondere a tutto questo con una mobilitazione cittadina per il 23 marzo, in occasione dello sciopero generale in Val Susa, e di portare avanti una campagna che denunci il ruolo della multinazionale del profitto e della devastazione ambientale che si chiama CMC e una mozione da fare circolare tra i lavoratori a sostegno del movimento No Tav.
Il 23 tutti in piazza contro Stato di polizia, complicità della politica di palazzo e dei media asserviti, per la libertà dei compagni No Tav arrestati e per il ritiro dai lavori di un'opera inutile, costosa, dannosa per la salute delle popolazioni valsusine, che sottrae risorse pubbliche ai lavoratori, studenti, pensionati, ai servizi sociali, all'ambiente per favorire il profitto di alcune aziende e della mafia che ha messo le mani sui subappalti.
La repressione non ferma ma alimenta la ribellione....À SARÀ DÜRA!
proletari comunisti Ravenna
ravros@libero.it
lunedì 19 marzo 2012
Marcegaglia (Forlì), firmato accordo separato su salario d'ingresso. La posizione della fiom e quella dello Slai cobas sc di Ravenna
Dopo il licenziamento dei 12 operai precari e nessuna proroga per quelli in scadenza, dalle rsu Fim e Uilm viene l'accordo che è una resa che apre l'attacco più generale al salario e ai diritti a partire dalle fabbriche della padrona di Confindustria.
A Ravenna la Marcegaglia ci aveva già provato ma è stata condannata per comportamento antisindacale e la Fiom provinciale ha dimesso metà della rsu Fiom perchè avevano firmato l'accordo infame.
La linea suicida della Fiom ora punta alla riapertura della trattativa premendo sulle istituzioni "nello spirito del “patto per la crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva” condiviso da tutte le forze sociali della Regione Emilia Romagna" (dal comunicato della FIOM CGIL territorio di Forlì e dei delegati FIOM CGIL stabilimento Marcegaglia Forlì).
L'attacco antioperaio di governo e padronato ha bisogno di lotte vere da portare avanti non certo con le forme tradizionali perchè davanti abbiamo la linea del fascismo padronale che porta avanti una guerra di classe.
Lo Slai cobas per il sindacato di classe di Ravenna nei giorni scorsi aveva portato la sua linea davanti ai cancelli del sito di Forlì: gli operai devono passare con lo Slai cobas per il sindacato di classe, ci vogliono scioperi e blocchi della produzione. Non basta un presidio di denuncia come questo organizzato dalla FIOM a Forlì, serve la mobilitazione degli operai. La via giudiziaria da sola non paga (se vince a Ravenna l'accordo passa comunque altrove), come perdente è la trattativa stabilimento per stabilimento.
Il problema è fare saltare il potere dei confederali, puntello essenziale del neocorporativismo nelle fabbriche.
L'alternativa è la linea è la lotta su basi di classe, che parta dal basso per ricostruire un nuovo sindacato basato sui COBAS!
Slai Cobas per il sindacato di classe- Ravenna
cobasravenna@libero.it tel. 339/8911853
È stato siglato oggi alla Marcegaglia di Forlì l’ipotesi di accordo separato per il salario di ingresso. Il testo è stato sottoscritto dai rappresentanti dell’azienda e dalle Rsu di Fim e Uilm. La Fiom, come già annunciato nei giorni scorsi, non ha firmato. “Questo accordo – dice Mirco Rota, segretario generale Fiom Cgil Lombardia e coordinatore nazionale per la Fiom del Gruppo Marcegaglia – non accoglie nemmeno quello che chiedevano le istituzioni locali che si aspettavano 2.000 nuove assunzioni. Invece ne arriveranno soltanto 20, tra le quali 12 di persone che già lavorano per l’azienda. E non ci sono nemmeno impegni per quanto riguarda eventuali esternalizzazioni. È chiaro che si tratta una presa in giro”.
Domani è previsto il referendum sull’accordo. “Una vera e propria farsa – spiega Rota – perché sarà l’azienda ad avere l’ultima parola. Se vincerà il sì, l’azienda si porterà a casa il salario di ingresso. Se vincerà il no, l’azienda non cambierà i piani. Quindi, perché fare votare i lavoratori? Noi non solo non voteremo, ma ci impegneremo in azioni sindacali e legali per modificare quest’accordo che diventerà un pericoloso precedente per la provincia di Forlì. Nelle prossime settimane, infatti, si corre il rischio che altre aziende chiedano il salario di ingresso in cambio di quasi niente, come è successo in Marcegaglia”.
pc 19 marzo - Ancora morti per amianto... ancora Casale Monferrato... un crimine contro l'umanità
È morto Marco Giorcelli, 51 anni, direttore de "Il Monferrato". Un anno fa la diagnosi di mesotelioma. La redazione è in lutto. L'ultimo scritto di Marco Casale Monferrato | 16/03/2012 — Alle 8 di giovedì mattina si è spento nella sua abitazione Marco Giorcelli, 51 anni, da 19 direttore de "Il Monferrato". La redazione è in lutto e si stringe attorno ai famigliari in questo difficile momento. A gennaio dello scorso anno gli era stato diagnosticato il mesotelioma pleurico,
malattia causata dall'amianto. Il rosario sarà recitato venerdì 16 alle 20,30 nella chiesa dei Frati di Porta Milano mentre il funerale verrà celebrato sabato 17, sempre a Porta Milano, alle ore 9. La camera ardente sarà aperta da giovedì 15 alle ore 16 presso l'abitazione di via Cagliero 8.
L'ultimo scritto del direttore Marco Giorcelli: «Malato d'amianto, ora casalese doc!»
Mesotelioma maligno epiteliomorfo. Il verdetto sta lì, in tre parole. Con la terza - mi hanno spiegato - che sa di speranza, perché indica la forma meno aggressiva di questo tumore. Il tumore dell’amianto. Quella che meglio si può provare a combattere, con maggiori speranze di sopravvivenza. E io ci proverò.
Ma quelle tre parole, così nitide su un referto medico che non ha bisogno di aggiungere troppe spiegazioni, da martedì 25 gennaio sono la mia stella di David, il segno di una diversità -
chiamiamola malattia - che dentro di me ha cambiato tutto.
Fino alla vigilia di Natale, un mese prima, ho lavorato e vissuto a testa bassa: con frenesia, fretta, con la passionaccia benedetta e maledetta di un lavoro che ti tiene incollato in redazione anche 14 ore al giorno.
Poi, proprio alla sera della vigilia, una tosse insistente ha fatto suonare il primo campanello. Un’influenza banale, solo un po’ insistente, come quella che va di moda quest’anno? Il prossimo anno sarà meglio fare il vaccino?
No, non era influenza. E il vaccino giusto ancora non esiste. Mesotelioma pleurico. È quello che si è portato via prima centinaia di lavoratori dell’Eternit, poi centinaia di cittadini, di età diverse.
«Esposizione di tipo ambientale», conclude l’oncologa. Certo. Mica ho lavorato mai l’amianto. Ma a Casale Monferrato, questa città sfortunata, devastata, che però non posso certo smettere di amare, ci ho vissuto sempre.
Cinquant’anni, esclusi appena i periodi ferie, a respirare a pieni polmoni l’aria di questa città che mi ha cresciuto: ad annusare le violette della primavera, a sfidare l’afa dell’estate, a lasciare entrare nelle ossa la nebbia e il fumo delle caldarroste, a mangiare la neve. Studi, amori, amicizie, famiglia, lavoro: tutto qui. A Casale Monferrato e sulle colline intorno: morbide mammelle che ho imparato a conoscere fin da ragazzino, in piedi sulla vespa di papà, che scavallava i bricchi e si fermava a prender fiato sui punti più panoramici, da dove riconoscevamo i campanili, i paesi, il profilo
delle Alpi.
Mi sono sempre considerato un casalese doc. Da martedì 25 gennaio, lo sono più che mai. Anch’io porto il segno più profondo della casalità di questi ultimi cinquant’anni: il tumore dell’amianto. Come migliaia di persone che non ci sono più, come centinaia che combattono la stessa battaglia.
Noi di Casale Monferrato. Una piccola Hiroshima, una piccola Nagasaki, una piccola Chernobyl.
Ma quanto piccola? Certo siamo compagni di sventura, e se raccogliessimo le tute di coloro che
hanno lavorato l’amianto e d’amianto sono morti, ne potremmo fare un cumulo enorme, come ad Auschwitz. E, in un altro mucchio, le scarpe, le borse, i libri di coloro che l’amianto non l’hanno lavorato mai, ma che sono morti ugualmente per questa fibra maledetta.
Finora, dal 25 gennaio, non ho ancora provato rabbia, dico un sentimento personale risentito, per coloro che hanno disseminato la città di quella malapolvere che ha portato via tanti di noi. E tanti amici e persone che ho conosciuto personalmente: Mauro Cavallone, che mi seguiva con la
benevolenza di un fratello maggiore, il quale quasi non ha avuto nemmeno il tempo di combattere e che mi ha aspettato per l’ultimo respiro; Luisa Minazzi, che ha tenuto a bada per qualche anno proprio la varietà meno aggressiva, e che forse ha respirato polverino in quel cortile vicino all’argine nel quale giocavo anch’io, da ragazzo: ma saranno passati quasi 45 anni; Giorgio Cozio, che ha sofferto nella stanza accanto alla mia e se ne è andato in silenzio, in una notte;
Alessandro Prosio, che un giorno è venuto da me in redazione con un bigliettino con su scritto: «Maledetto amianto. Grazie Eternit» e che qualche mese dopo si è arreso. E tanti, tanti, troppi altri: mio zio Valente, mia zia Anna.
O meglio, vorrei dire, per ora non mi si è aggiunto - forse perché il dolore fisico mi ha finora risparmiato - nessun ulteriore sentimento di rabbia, per il fatto di essermi trovato cucita anch’io, sulla pelle, questa stella di David fatta con una parola, mesotelioma. Perché la rabbia la provo da anni: non per gli imputati del maxiprocesso che si sta celebrando a Torino, il più grande mai aperto in Italia per una strage sul lavoro, ma per tutto quel cumulo di crudeltà, menzogne, sotterfugi, connivenze, che ha consentito ai «signori dell’amianto» di costruire, a Casale e nel mondo, una
mostruosa macchina per produrre potere e denaro, denaro e potere: una fuoriserie con piccolo, forse - per loro - trascurabile difetto, quello di consumare carburante umano: dignità, vite e famiglie spezzate.
Trasformate in polvere prima che il loro destino fosse compiuto.
Onestamente, prima del maxiprocesso in corso a Torino, pensavo che all’origine del disastro ci fossero atteggiamenti gravemente colpevoli, ma soprattutto irresponsabili: una terribile leggerezza, una tremenda sottovalutazione del rischio. Ciò che è emerso al processo, che ha rilevato l’esistenza addirittura di manuali della menzogna e dunque una atroce consapevolezza di quanto si stava facendo e causando, mi ha atterrito. Dei colpevoli ci sono sicuramente e il loro è stato un delitto contro l’umanità. Gli imputati hanno diritto a un processo giusto e auguro loro di non essere colpevoli: altrimenti per loro si dovrebbe provare pena, più che rabbia, per come hanno negato il senso dell’umanità nel nome del profitto, del potere.
Certo, noi di Casale Monferrato chiediamo giustizia. Per i nostri morti, per le nostre sofferenze, per le nostre famiglie sconquassate come se sul nostro cielo si fosse combattuta, nel ventesimo secolo, un’altra guerra.
Lunghissima, estenuante. E senza possibilità di difenderci. Un crimine contro l’umanità.
malattia causata dall'amianto. Il rosario sarà recitato venerdì 16 alle 20,30 nella chiesa dei Frati di Porta Milano mentre il funerale verrà celebrato sabato 17, sempre a Porta Milano, alle ore 9. La camera ardente sarà aperta da giovedì 15 alle ore 16 presso l'abitazione di via Cagliero 8.
L'ultimo scritto del direttore Marco Giorcelli: «Malato d'amianto, ora casalese doc!»
Mesotelioma maligno epiteliomorfo. Il verdetto sta lì, in tre parole. Con la terza - mi hanno spiegato - che sa di speranza, perché indica la forma meno aggressiva di questo tumore. Il tumore dell’amianto. Quella che meglio si può provare a combattere, con maggiori speranze di sopravvivenza. E io ci proverò.
Ma quelle tre parole, così nitide su un referto medico che non ha bisogno di aggiungere troppe spiegazioni, da martedì 25 gennaio sono la mia stella di David, il segno di una diversità -
chiamiamola malattia - che dentro di me ha cambiato tutto.
Fino alla vigilia di Natale, un mese prima, ho lavorato e vissuto a testa bassa: con frenesia, fretta, con la passionaccia benedetta e maledetta di un lavoro che ti tiene incollato in redazione anche 14 ore al giorno.
Poi, proprio alla sera della vigilia, una tosse insistente ha fatto suonare il primo campanello. Un’influenza banale, solo un po’ insistente, come quella che va di moda quest’anno? Il prossimo anno sarà meglio fare il vaccino?
No, non era influenza. E il vaccino giusto ancora non esiste. Mesotelioma pleurico. È quello che si è portato via prima centinaia di lavoratori dell’Eternit, poi centinaia di cittadini, di età diverse.
«Esposizione di tipo ambientale», conclude l’oncologa. Certo. Mica ho lavorato mai l’amianto. Ma a Casale Monferrato, questa città sfortunata, devastata, che però non posso certo smettere di amare, ci ho vissuto sempre.
Cinquant’anni, esclusi appena i periodi ferie, a respirare a pieni polmoni l’aria di questa città che mi ha cresciuto: ad annusare le violette della primavera, a sfidare l’afa dell’estate, a lasciare entrare nelle ossa la nebbia e il fumo delle caldarroste, a mangiare la neve. Studi, amori, amicizie, famiglia, lavoro: tutto qui. A Casale Monferrato e sulle colline intorno: morbide mammelle che ho imparato a conoscere fin da ragazzino, in piedi sulla vespa di papà, che scavallava i bricchi e si fermava a prender fiato sui punti più panoramici, da dove riconoscevamo i campanili, i paesi, il profilo
delle Alpi.
Mi sono sempre considerato un casalese doc. Da martedì 25 gennaio, lo sono più che mai. Anch’io porto il segno più profondo della casalità di questi ultimi cinquant’anni: il tumore dell’amianto. Come migliaia di persone che non ci sono più, come centinaia che combattono la stessa battaglia.
Noi di Casale Monferrato. Una piccola Hiroshima, una piccola Nagasaki, una piccola Chernobyl.
Ma quanto piccola? Certo siamo compagni di sventura, e se raccogliessimo le tute di coloro che
hanno lavorato l’amianto e d’amianto sono morti, ne potremmo fare un cumulo enorme, come ad Auschwitz. E, in un altro mucchio, le scarpe, le borse, i libri di coloro che l’amianto non l’hanno lavorato mai, ma che sono morti ugualmente per questa fibra maledetta.
Finora, dal 25 gennaio, non ho ancora provato rabbia, dico un sentimento personale risentito, per coloro che hanno disseminato la città di quella malapolvere che ha portato via tanti di noi. E tanti amici e persone che ho conosciuto personalmente: Mauro Cavallone, che mi seguiva con la
benevolenza di un fratello maggiore, il quale quasi non ha avuto nemmeno il tempo di combattere e che mi ha aspettato per l’ultimo respiro; Luisa Minazzi, che ha tenuto a bada per qualche anno proprio la varietà meno aggressiva, e che forse ha respirato polverino in quel cortile vicino all’argine nel quale giocavo anch’io, da ragazzo: ma saranno passati quasi 45 anni; Giorgio Cozio, che ha sofferto nella stanza accanto alla mia e se ne è andato in silenzio, in una notte;
Alessandro Prosio, che un giorno è venuto da me in redazione con un bigliettino con su scritto: «Maledetto amianto. Grazie Eternit» e che qualche mese dopo si è arreso. E tanti, tanti, troppi altri: mio zio Valente, mia zia Anna.
O meglio, vorrei dire, per ora non mi si è aggiunto - forse perché il dolore fisico mi ha finora risparmiato - nessun ulteriore sentimento di rabbia, per il fatto di essermi trovato cucita anch’io, sulla pelle, questa stella di David fatta con una parola, mesotelioma. Perché la rabbia la provo da anni: non per gli imputati del maxiprocesso che si sta celebrando a Torino, il più grande mai aperto in Italia per una strage sul lavoro, ma per tutto quel cumulo di crudeltà, menzogne, sotterfugi, connivenze, che ha consentito ai «signori dell’amianto» di costruire, a Casale e nel mondo, una
mostruosa macchina per produrre potere e denaro, denaro e potere: una fuoriserie con piccolo, forse - per loro - trascurabile difetto, quello di consumare carburante umano: dignità, vite e famiglie spezzate.
Trasformate in polvere prima che il loro destino fosse compiuto.
Onestamente, prima del maxiprocesso in corso a Torino, pensavo che all’origine del disastro ci fossero atteggiamenti gravemente colpevoli, ma soprattutto irresponsabili: una terribile leggerezza, una tremenda sottovalutazione del rischio. Ciò che è emerso al processo, che ha rilevato l’esistenza addirittura di manuali della menzogna e dunque una atroce consapevolezza di quanto si stava facendo e causando, mi ha atterrito. Dei colpevoli ci sono sicuramente e il loro è stato un delitto contro l’umanità. Gli imputati hanno diritto a un processo giusto e auguro loro di non essere colpevoli: altrimenti per loro si dovrebbe provare pena, più che rabbia, per come hanno negato il senso dell’umanità nel nome del profitto, del potere.
Certo, noi di Casale Monferrato chiediamo giustizia. Per i nostri morti, per le nostre sofferenze, per le nostre famiglie sconquassate come se sul nostro cielo si fosse combattuta, nel ventesimo secolo, un’altra guerra.
Lunghissima, estenuante. E senza possibilità di difenderci. Un crimine contro l’umanità.