mercoledì 11 aprile 2012
pc 11 aprile - Ddl RIFORMA MERCATO DEL LAVORO - 3° PARTE
IL BLUFF DELLA FORNERO SULLE DONNE
Sull’abolizione delle dimissioni in bianco, spacciata dalla Fornero come sostegno alle donne, la realtà mostra tutta la sua pochezza. Le dimissioni in bianco sono la forma per le aziende per liberarsi di lavoratrici incinta o prossime alla maternità, di lavoratrici che sono costrette ad utilizzare assenze per assistenza dei figli o di anziani (visto che pesa tutto su di loro), di donne che non ce la fanno (non per debolezza fisica ma soprattutto perché già esaurite dal doppio lavoro che normalmente fanno) a sostenere i ritmi e carichi produttivi, ecc. La riforma dice che l’azienda che abusi del foglio firmato in bianco dalle lavoratrici sarà punita con una sanzione da 5 mila a 30mila euro. Primo, va notato che si parla di un “abuso” dell’azienda, quindi se è fatta solo una volta, non è sanzionabile?; secondo la riforma non dice che in questi casi il licenziamento è nullo.
D’altra parte questo è solo un palliativo. La riforma del mercato del lavoro, se passa, sarà
drammatica nei suoi effetti e per le donne lo sarà non solo in termini di lavoro, di reddito, ma di generale peggioramento in termini di vita, di aumento delle condizione di discriminazione, di oppressione, di peso della famiglia. Tutti i contratti precari che restano e che precarizzano ogni giorno l'esistenza, riguardano soprattutto le donne che faticheranno come e più di prima a trovare anche uno straccio di lavoro precario, mentre non troveranno nessuno ostacolo ad essere cacciate dal lavoro (pur senza dover ricorrere alle ‘dimissioni in bianco’, tanto c’è il ‘motivo economico’).
Con i licenziamenti per "motivi economici", i casi delle operaie dell'Omsa diventeranno decine e decine, visto che tra i motivi economici c'è la "chiusura dell'attività produttiva"; così come tante operaie, soprattutto delle grandi fabbriche, a partire dalla Fiat, saranno le prime ad essere mandate a casa perchè, tra i motivi economici, vi è l'introduzione di macchinari per risparmiare lavoro; o saranno cacciate le operaie con Ridotte Capacità Lavorative, cioè ammalate, invalidate a causa dello sfruttamento sul lavoro e del doppio lavoro in casa. Le lavoratrici saranno poi tra le prime ad essere licenziate nei licenziamenti collettivi camuffati da licenziamenti individuali per motivi economici, l’unica loro salvezza sarà se costano di meno all’azienda, appunto perché donne.
Infine, il bluff diventa enorme quando si vuole far passare per “cultura di maggior condivisione dei compiti di cura dei figli all'interno della coppia”, il fatto che il “il padre lavoratore dipendente entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, ha l'obbligo di astenersi dal lavoro per un periodo di... tre giorni, anche continuativi, dei quali due giorni in sostituzione della madre...”, ma deve avvisare l'azienda almeno 15 giorni prima”. Della serie: che fa la Fornero, sfotte le donne? Tutta la condivisione si riduce a 3 gg? E, quasi a modificare una spinta “troppo in avanti” del governo, si dice che questa estensione è solo in via sperimentale per gli anni 2013/2015...
GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI CONTRO MOBILITA' E IN FUTURO CONTRO LA CIGS
Sugli ammortizzatori sociali, la riforma è inversamente proporzionale alle montagne di dichiarazioni della Fornero, di Monti, circa il suo riassetto universalistico, l’estensione a tutti coloro che sono senza lavoro. La realtà è che invece di estendere gli ammortizzatori sociali ai settori che attualmente ne sono privi, soprattutto i disoccupati di lunga durata, in una situazione in cui le percentuali di disoccupazione sono cresciute soprattutto al sud e cresceranno paurosamente con la chiusura di aziende, si taglia l’indennità a chi ce l’ha.
A tutti i lavoratori che perdono il lavoro verrà corrisposta una nuova forma di indennità l’Aspi (assicurazione sociale per l’impiego). Per averla i lavoratori devono avere almeno 52 contributi settimanali nel biennio precedente la data di licenziamento (13 settimane negli ultimi 12 mesi per la mini Aspi).
Questa indennità sostituirà l’indennità di mobilità e tutte le diverse tipologie di disoccupazione oggi esistenti (quella ordinaria, quella con requisiti ridotti e quella speciale edile), con una durata di 12 mesi (18 per chi ha più di 55 anni) e un tetto massimo di 1.119,32 euro, ma vi sarà una riduzione dopo i primi sei mesi e un’altra dopo altri 6 mesi, entrambe del 15%.
In questo modo viene attuato un pesante taglio della indennità di mobilità che ora arriva, soprattutto al sud, fino a 36 mesi.
Viene fortemente limitato l’uso della cassintegrazione straordinaria, che porterà inevitabilmente le aziende a procedere, al posto delle attuali cigs, ai licenziamenti. La cigs, per il momento mantenuta, cesserà definitivamente nel 2016, lasciando solo il licenziamento e l'indennità dell’Aspi. L’effetto per i lavoratori sarà devastante soprattutto nella grandi aziende che oggi ricorrono spesso alla cigs; vorrà dire perdita di centinaia, migliaia di posti di lavoro.
Viene poi tolta la cassintegrazione per le aziende non coperte dal cigs, sostituita da un fondo di solidarietà.
Per le aziende non c’è un aggravio contributivo, visto che in generale non è stata elevata l’aliquota già prevista. L’unico incremento è per i contratti a tempo determinato, in cui vi è un aliquota aggiuntiva del 1,40% (ma anche qui, come abbiamo visto, vi sono delle deroghe). Gli ammortizzatori in deroga saranno finanziati (a rischio) ogni anno, ma con le nuove regole spariranno; in alcune realtà e settori questo equivale al licenziamento di centinaia di lavoratori soprattutto donne, in particolare nel sud e in settori come quello delle pulizie, o, pur mantenendo il posto d lavoro, ad una riduzione delle ore di lavoro e del salario sotto ogni limite (esempi già in corso sono di 1,30 ora di lavoro al giorno e 200 euro al mese). In più vi è la beffa che i soldi risparmiati dagli ammortizzatori in deroga serviranno a coprire l’Aspi e la cassa integrazione fino al 2016. Vale a dire, l’Aspi verrà pagata dagli stessi lavoratori.
CERTO MARCEGAGLIA E LA CONFINDUSTRIA SONO ARRABBIATI.
Volevano di più, soprattutto vogliono la certezza e la libertà dei licenziamenti e la sola parola “reintegro” – pur se non avrà alcuna efficacia nella pratica – diventa per loro inaccettabile.
I capitalisti dichiarano senza infingimenti, in maniera spudorata, che il loro diritto di sfruttare, di disporre in termini “usa e getta” della forza lavoro non deve trovare davanti alcun ostacolo; che i lavoratori, gli operai non contano, non sono essere umani, ma solo merce particolare che gli permette di fare profitti e oggi di uscire dalla crisi indenni.
Ma nello stesso tempo sono i padroni che fanno tornare in “vita” Marx: se il rapporto operai/capitale si svela per quello che è, allora anche le conseguenze sono quelle che scriveva Marx: il capitale stesso produce inevitabilmente il proprio becchino: il proletariato.
8.4.12
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