sabato 11 giugno 2011

pc 11-12 giugno - Gli operai della "isola dei cassintegrati" lasciano l'Asinara con le congratulazioni di Napolitano

Dopo 15 mesi che si oppongono allo smantellamento degli impianti, gli operai della
Vinyls hanno lasciato l'Asinara, l'ultimo giorno sono stati ricevuti da Napolitano che si è congratulato con loro.

“La battaglia per il lavoro va avanti” dicono, sulla Torre aragonese di Porto Torres,
che per l'occasione diventerà, citiamo testualmente da “La Nuova Sardegna”: “Il
laboratorio politico dove cassintegrati, lavoratori, sindacati, istituzioni e
associazioni continueranno a riunirsi, fino quando non ci sarà qualcosa di concreto”.

Alla luce dei fatti, dobbiamo dire che quella dell'"isola dei cassintegrati" è stata una pessima forma di lotta, molto propagandata e sostenuta da PD, riformisti e mass
media, che ha dato molto lustro a chi ne parlava e niente agli operai.
I dirigenti sindacali di questa lotta l'hanno vantata in contrapposizione e in alternativa a blocchi, occupazioni,scioperi duri, cioè alla necessaria e indispensabile uso della forza per i lavoratori.
Ora a 15 mesi di distanza zero risultati e forti congratulazioni...


Proletari comunisti

pc 11-12 giugno - Nepal. La sinistra del PCNU maoista attacca le 18 deviazioni della direzione revisionista Prachanda--Battarai

18 'deviazioni' del Presidente Dahal (Prachanda)

KATHMANDU, 11 giugno: In una chiara manifestazione dell'ampliarsi della lotta tra le due linee all'interno del partito, la sinistra del PCNUmaoista capeggiata da Baidya Mohan - Kiran - ha accusato il Presidente Pushpa Kamal Dahal - Prachanda -di gravi "deviazioni" ideologiche e morali e ha lanciato una campagna contro di lui e la sua linea all'interno del partito.
La sinistra ha recentemente diffuso un documento tra i ranghi del partito, che descrive 18 "deviazioni" di Dahal. Il documento sta circolando tra i quadri della sinistra del partito fino al livello dei comitati di distretto e anche i distaccamenti del partito nei vari paesi.

"Sul fronte politico, [Dahal] marcia verso il riformismo di destra e capitolazionismo pur presentandosi come opportunismo centrista", afferma il secondo punto del documento.
Contro la linea della 'pace e della costituzione' per la linea della rivolta e di conquista dello stato- questa è la sostanza dello scontro.

Il documento, intitolato "Problemi di deviazioni del compagno presidente", accusa inoltre Dahal di irregolarità finanziarie e uso improprio delle risorse.
"In tema di disciplina finanziaria, [Dahal] tende alla corruzione. [Dahal] si vede ha la tendenza a fare qualsiasi cosa - sia morale che immorale - per mantenere il potere, il denaro e il prestigio. [Dahal] ha deliberatamente lasciato il partito senza un sistema di contabilità e usando impropriamente i mezzi finanziari e le risorse in modo individualista ", afferma il punto n. 18 del documento.

Sul fronte dell'organizzazione del partito, la sinistra del partito ha accusato Dahal di "tendenza individualistica auto-centrica", intolleranza verso coloro che dissentono e uso del suo potere per mettere a tacere le loro voci.
Il documento sostiene che il presidente ha sviluppato una "tendenza fascista" e accusa Dahal di estendere le relazioni con le agenzie di intelligence indiana.

Sul processo di pace, la sinistra lancia dure critiche contro Dahal per aver portato l'EPL sotto il controllo del Comitato speciale e lo ha accusato di disarmare l'EPL e per lo svuotamento degli acquartieramenti, in nome del "raggruppamento" senza forgiare una politica di sicurezza nazionale, controllo del confine aperto e creazione di una forza di sicurezza delle frontiere.

Dahal ha deviato dagli obiettivi ideologici del partito non lanciando programmi adeguati per contrastare il "nemico principale" della rivoluzione nepalese – l'India - anzi si accusa Dahal di estendere i rapporti con i simpatizzanti "dell'espansionismo indiano e la sua classe compradora" .

La sinistra di Kiran attacca pesantemente le mosse di Dahal anche sul fronte della elaborazione della costituzione. "Nonostante avessimo detto che saremmo andati verso un sistema federale con autonomia per le etnie, [Dahal] ha confermato il sistema unitario e centralizzato", afferma il documento.
Dahal ha deciso di andare verso la legislatura bicamerale soccombendo alla "teoria borghese della separazione dei poteri, e riducendo al minimo la partecipazione del popolo nel campo giudiziario con il pretesto dell'indipendenza della magistratura, invece di dare potere dell'Assemblea Popolare". Il documento critica anche Dahal per aver accettato di effettuare le nomine dei giudici da parte di una commissione, e non da parte dell'Assemblea federale, come richiesto dal partito.

Il documento esprime anche insoddisfazione per la mossa del partito di andare verso una "Repubblica federale democratica" al posto della linea del partito del "Repubblica democratica federale popolare".

I rapporti tra la sinistra e la direzione del Partito si sono ulteriormente inaspriti dopo che la direzione del partito ha deciso di porre fine alla sicurezza dei leader del partito garantita dai militari dell'EPL. Oltre due dozzine di guardie dell'EPL impiegati nella sicurezza dei leader della sinistra del Partito non hanno ancora consegnato le armi e non sono rientrati negli acquartieramenti, nonostante la decisione ufficiale del partito in tal senso.


Resoconto tratto dalla stampa nepalese
Pubblicato il 2011/06/11 00:00:01

venerdì 10 giugno 2011

pc 10 giugno - Viareggio..Strage: responsabili TUTTI (A.D., presidenti, dirigenti) e TUTTE (le società)

Strage: responsabili
TUTTI (A.D., presidenti, dirigenti)
e TUTTE (le società)

la Gatx, società proprietaria del carro cisterna deragliato per la rottura di un asse che alla Procura di Lucca risulta revisionato, con tanto di esame agli ultrasuoni, solo sulla carta: le condizioni in cui era ed è, completamente arrugginito, senza la vernice azzurra da cui devono essere ricoperti a fine trattamento, i 12 minuti in luogo degli almeno 40 di tempo per i controlli, confermano che nessun serio esame è stato eseguito;

la Jungenthal, officina tedesca di proprietà della Gatx che doveva eseguire la manutenzione della sala montata (insieme dell’assile e delle due ruote): i controlli ad ultrasuoni risultano effettuati a novembre 2008, ma non risulta la fatturazione;

la Cima Riparazioni di Bozzolo (Mn) che ha montato l’assile sul carro, sostituendolo a quello precedente, senza minimamente valutare le condizioni di assenza di sabbiatura e verniciatura, mancanze che evidenziano una irregolare o non avvenuta revisione.

Accertato questo, come vogliamo ritenere la direzione delle Ferrovie dello Stato Spa?
Il carro che ha provocato il disastro, doveva essere sottoposto alla Procedura di Cabotaggio in vigore dal giugno 2003, per i carri, come quello in questione, costruito all’estero, in questo caso in Polonia, ma utilizzati all’interno del territorio nazionale.
L’impresa ferroviaria, Trenitalia, doveva richiedere l’autorizzazione e il controllo a Ce.si.fer. (Certificazione di Sicurezza imprese ferroviarie) allora dipendente da Rfi (Rete Ferroviaria Italiana) e successivamente gestito dall’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie (ANSF). Ma Trenitalia lo ha richiesto solo per il serbatoio, non per tutto il carro! E così il 19 febbraio 2009 (ma il Ce.si.fer. non era già passato alle dipendenze dell’ANSF e del suo Direttore, insediatosi a marzo 2008?) il tecnico di Rfi ha rilasciato la certificazione della prova per il solo serbatoio, non per la parte inferiore del carro, cioè per i carrelli, i freni e tutte le altre parti fondamentali per la sicurezza!
E non per sua negligenza, ma per ordini precisi!
Dunque quel carro ha viaggiato per oltre 4 anni (dal 2005 in Italia, da Trecate a Gricignano e viceversa) senza le necessarie autorizzazioni e le dovute manutenzioni.
E Ce.si.fer., che aveva il compito di controllare, non lo ha mai fatto (!)
Ecco perché riteniamo FS Spa, i suoi dirigenti e gli organismi di controllo della sicurezza responsabili!
E quanti carri merci hanno viaggiato e viaggiano nelle stesse condizioni? Quanti sono i rottami vaganti? A questo si riferiva l’A.D. ingegner Moretti quando, sul luogo del disastro, alle ore 13.30 del 30 giugno 2009 confidò ai suoi fidi “Ora dovremo controllare anche i carri provenienti dall’estero”!
07 giugno 2011 “Assemblea 29 giugno”
assemblea29giugno@gmail.com
Associazione dei familiari “Il mondo che vorrei”

pc 10 giugno - offensiva fascista del governo nella RAI...essa può essere fermata solo con il necessario esercizio della forza

La "cacciata consensuale" di Santoro dalla RAI, la decisa intenzione di proseguire nell'epurazione perfino verso l'intera rete RAI 3 per completare la trasformazione della RAI in agenzia informativa del governo, ingrossare i profitti pubblicitari di mediaset, assicurarsi il monopolio dittatoriale della Rai come tassello chiave per
rovesciare i verdetti elettorali e proseguire nella cancellazione moderno fascista della democrazia borghese e della stessa Costituzione, ripropone a tutti i proletari, le masse popolari, l'opposizione politica e sociale, i democratici del nostro paese il problema chiave: Berlusconi non accetta i verdetti elettorali e non se andrà senza un "fatto traumatico", dice il politologo Giorgio Galli su Linus di giugno.
Ecco questo fatto traumatico è assolutamente necessario, è una espressione necessaria della democrazia ed è a tutela della stessa Costituzione.
Napolitano e gli altri organi costituzionali della democrazia borghese, hanno dimostrato in tutti questi anni di non essere in grado di risolvere questo problema.
Il "conflitto di interessi" tra democrazia borghese e moderno fascismo, il voto di Milano e Napoli, l'auspicabile risultato positivo dei referendum, dimostra esserci le condizioni di consenso per il necessario e indispensabile atto di forza che rimuova Berlusconi e il suo Governo dal governo del paese.
Noi pensiamo che l'atto di forza migliore è la rivolta proletaria e popolare, è la paralisi politica e sociale del paese, per imporre la caduta e la rimozione di
Berlusconi.
La rivolta popolare mette in moto proletari e masse e costituisce una ipoteca positiva contro ogni governo dei padroni, che voglia proseguire la strada di Berlusconi sotto altre vesti

Proletari comunisti
10 giugno 2011

pc 10 giugno - tutti assolti gli studenti incriminati per gli scontri del 14 dicembre

Otto ragazzi erano finiti sotto processo per le manifestazioni avvenute in occasione del voto di fiducia al governo

.'Scontri

Tutti assolti, con la formula "per non aver commesso il fatto", gli otto ragazzi finiti sotto processo per gli scontri avvenuti a margine delle manifestazioni avvenute il 14 dicembre scorso mentre al Senato era in corso il voto di fiducia al Governo. Lo ha deciso la IV sezione del tribunale penale collegiale, presieduta da Stefano Meschini, che non ha così accolto le richieste di condanna che erano state formulate dal pm Giuseppe Corasaniti fino a un massimo di un anno e otto mesi.

La sentenza, emessa nei confronti di Sacha Montanini, Angelo De Matteis, Nicola Corsini, Gerardo Morsella, Federico Serra, Andrea Donato, Alice Niffoi e Riccardo Li Calzi, è stata accolta con applausi da alcuni amici e familiari degli imputati presenti in aula. In sostanza, quindi, per il collegio, gli otto imputati non hanno nulla a che vedere con i disordini scoppiati quel giorno nel centro. "I giudici hanno evidentemente recepito - ha commentato l'avvocato Francesco Romeo, difensore di Li Calzi - le nostre argomentazioni. Sin dall'udienza di convalida degli arresti abbiamo fatto presente che questi ragazzi non avevano fatto nulla di male, che erano stati presi per caso e nel mucchio". "Io non so se quelli fossero i colpevoli o se i responsabili siano altri: il dato che oggi risulta è che Roma non ha con chi prendersela per le devastazioni che ha subito, e questo è inaccettabile". Così il sindaco Alemanno, ha commentato la sentenza. "Non voglio entrare nel merito del procedimento giudiziario - ha aggiunto il sindaco - ma sono rimasto molto perplesso di fronte a questa sentenza: abbiamo avuto il centro storico devastato e oggi non c'è un colpevole".

http://www.roma.repubblica.it/



pc 10 giugno - Castelli una persona ignobile in TV

CASTELLI, VAFFANC...

L'ultima puntata di Annozero - che è anche la prima di Annonuovo, a giudicare dalla grafica che campeggia in alto - vede tra gli ospiti, l'ex ministro della Giustizia, l'assai poco onorevole leghista Roberto Castelli.
Questo essere ignobile - famoso per essere uno dei peggiori bugiardi in giro per il Paese - prende la parola nel suo primo intervento della serata ed esclama, a proposito di come la Rai spende i soldi che ricava dalla tassa di possesso del televisore, impropriamente definita canone televisivo: "a me dà fastidio essere costretto ad ascoltare spesso cose inudibili da gente pagata da me".
Lo schifoso essere dimentica che lui, in quanto 'rappresentante del popolo' (sic!) al Parlamento borghese, viene pagato da tutti gli italiani, quindi anche da chi non lo ha mai votato, mai lo voterà, e farebbe volentieri a meno di sentire le sue str...ate.
Le stesse put...ate che gli fruttano, poverino, 'soltanto' quarantamila Euro mensili, più la pensione maturata e prontamente incassata; alla faccia degli italiani che devono aspettare i sessantacinque anni, con quarantuno di contributi versati, per poterne godere dall'anno successivo.
Seguendo il ragionamento del legaiolo, siccome neanche io vorrei pagare qualcuno per sentirlo dire cose che non mi piacciono, allora dovrei smettere di pagare le tasse, visto che parte di queste vengono usate per versare l'appannaggio a gentaglia come lui....
Stefano Ghio - Comitato promotore Circolo Proletari Comunisti Genova

pc 10 agosto - Valencia la polizia attacca gli 'indignados' arresti e feriti


in spagnolo tratto dal blog 'odio de clase'
La Policía ha detenido a cinco personas pertenecientes al grupo de "indignados" del 15-M por desorden público, atentado a la autoridad y causar lesiones a algunos agentes, después de que propinaran puñetazos y lanzaran botellas de agua durante la carga policial registrada junto a Les Corts Valencianes.

Fuentes policiales han explicado que los activistas del movimiento 15-M que están concentrados en la calle Navellos, junto a la sede de Les Corts Valencianes, han lanzado botellas llenas de agua y unas tijeras y han propinado puñetazos a los agentes.

Además, han sustraído un intercomunicador a uno de los agentes, que posteriormente ha sido recuperado.

Esta mañana una mujer que formaba parte del grupo de "indignados" que desde anoche están concentrados ante la sede de Les Corts Valencianes ha sido detenida por la Policía Nacional acusada de "reiterada desobediencia y alteración del orden público", han informado fuentes de la Jefatura Superior de Policía.

Una vez finalizada la sesión parlamentaria se ha producido una carga policial cuando los "indignados" han intentado atravesar la zona acotada por la Policía para que no accedieran al Parlamento autonómico, en la que se han producido varios heridos, entre ellos el diputado del grupo Compromís Juan Ponce, que se había acercado a hablar con el grupo de concentrados.

Al comenzar el enfrentamiento, unos 300 activistas del movimiento 15-M, que estaban dispersados por los distintos accesos de Les Corts, se han concentrado en la calle Navellos, donde se encuentra la entrada principal del Parlamento.

La carga policial ha coincidido con el intento de salida del edificio de algunos diputados y cuando los coches oficiales de algunos de ellos estaban en la calle Conde de Trénor esperando para recogerlos.

Esa vía, en la ronda que circunvala el centro histórico de Valencia, ha sido parcialmente cortada debido a la cantidad de jóvenes que estaban concentrados.

A la salida de algunos diputados e invitados se han registrado momentos de tensión al increparles los "indignados" con gritos de "corruptos", y han tenido que ser escoltados por los agentes antidisturbios hasta que han podido alejarse de la zona.

Entre ellos se encuentran el senador territorial Joan Lerma, del PSPV, y la diputada autonómica Rosa Barrieras, del PP.

pc 10 giugno - Nepal.. l'esercito popolare di liberazione non ci sta e chiede la rivoluzione..la sinistra del PCUNm Kiran.. non consegneremo le armi


L’EPL richiede una tabella di marcia per la rivoluzione


KATHMANDU, 9 giugno: i comandanti dell'Esercito di liberazione popolare maoista (EPL)
hanno chiesto al loro partito di respingere la modalità di integrazione elaborata dall'Esercito del Nepal (NA) che ha proposto la loro trasformazione in una forza non combattente.
I comandanti dell'EPL hanno presentato osservazioni nel corso di una riunione con il presidente del partito Pushpa Kamal Dahal nella residenza di quest'ultimo a Nayabazaar mercoledì.

"Non siamo contro l'integrazione, ma rifiutiamo il modello di integrazione previsto dal NA che vuole farci diventare una forza non combattente, che significa rifiutare di consideraci come soldati”, ha detto un partecipante citando il Comandante della Quinta Divisione Raj Bahadur Budha Magar.
Magar è del parere che nessuno può essere un soldato senza armi e ha sostenuto che sarebbe un'umiliazione per l'EPL, se il partito accetta quel modello.

"Vogliamo un luogo dignitoso per servire la nazione e il popolo. Quindi non vogliamo diventare guardie forestali. Siamo contro le modalità che cancella la nostra esistenza. Perché dovremmo accettare la modalità che sono state concordate senza consultarci ", ha affermato Magar, che è vicino a Dahal.

In risposta, Dahal ha sostenuto che il suo partito ha accettato le modalità di integrazione del Nepal Army (NA) solo nello spirito - non nella sua interezza.

"E 'sbagliato dire che abbiamo accettato modalità di integrazione dell'esercito; dobbiamo ancora discutere e finalizzare i dettagli ", ha detto un comandante del PLA citando Dahal.

Il presidente maoista sta affrontando un momento difficile cercando di placare i timori dei comandanti che il partito stia "cancellando" l'esistenza del PLA, accettando il modello d'integrazione che è "umiliante" per le "guardie della rivoluzione".

I membri dell'EPL hanno anche chiesto che il comitato direttivo dovrebbe essere guidato dall'EPL, non dal NA.

L'incontro ha visto la partecipazione di circa 150 comandanti di tutti i 28 acquartieramenti. La maggior parte dei comandanti pensa che il partito non debba accettare la proposta di trasformarli in una forza non combattente.
I comandanti hanno sostenuto che il partito dovrebbe prima fare attenzione alla terribile situazione di quegli uomini dell'EPL che sono stati mutilati durante l'insurrezione.
"I membri mutilati e "non classificati" dell'EPL vagano senza lavoro. Il governo si deve occupare di loro prima di portare avanti il processo di integrazione", ha dichiarato Yam Bahadur Adhikari, primo comandante di divisione.
I comandanti dell'EPL hanno anche accusato i vertici del partito di essere stati lasciati senza alcuna tabella di marcia per la rivoluzione e di aver promosso invece il frazionismo.
"Non ci sono solo tre le fazioni, ma quattro. Nessuna della fazione riceverà il nostro sostegno. Nessuno di voi ha una tabella di marcia per la rivoluzione. Se ce l'avete, presentatecela. Siamo pronti a sacrificarci per la rivoluzione, ma non per l'auto-esaltazione dei leader ", ha detto un partecipante citando Raj Bahadur Budha Magar.

I comandanti dell'EPL hanno anche fortemente chiesto che il partito respinga la proposta di reclutare il personale dell'EPL solo tra i ranghi inferiori. "Siamo contro la decisione di violare l'ordine esistente nell'EPL dopo l'integrazione ", ha dichiarato Mahendra Shahi, Comandante della Sesta Divisione.
I comandanti hanno espresso anche il proprio disappunto sulla posizione del partito di integrare tra gli 8.000 e 10.000 uomini dell'EPL. "Allora, il resto dei nostri militari è fatto da incompetenti?" ha chiesto un comandante a Dahal. Ma Dahal ha semplicemente sviato da questa domanda.
La maggior parte dei comandanti ha domandato se il governo annuncia una "aurea stretta di mano" mentre porta avanti il processo di integrazione.

Il partito ha tenuto questa riunione per capire il punto di vista comandanti sui temi dell'integrazione.

Dahal ha respinto le accuse di aver dato le chiavi dei contenitori delle armi al governo. "E 'falso dire che noi abbiamo dato le chiavi al governo. Abbiamo fatto dei compromessi secondo le esigenze del momento. Il partito non si è discostato dagli obiettivi ideologici", ha detto un comandante citando Dahal.
Dahal ha risposto che le norme integrazione e di armonizzazione dei ranghi non sono state discusse e approvate. Questi due temi sono i più discussi nel processo di integrazione.

I comandanti di Divisione Yam Adhikari, Suk Bahadur Rokka, Dhan Bahadur Maskey Magar, Oli Bahadur Tej, Raj Bahadur Budha Magar, Mahendra Bahadur Shahi e Santu Darai sono intervenuti nel dibattito, mentre i comandanti di grado medio hanno posto le loro domande per iscritto.
Tutti i maggiori leader di rango superiore, l'incaricato militare Barshaman Pun e il capo dell'EPL Nanda Kishore Pun erano presenti alla funzione.

SSR non accettabile: Baidya
Baidya ha detto ai comandanti che il modello Smobilitazione, Sviluppo e Ricostruzione (SSR) non è accettabile per lui. "Abbiamo scritto una nota di dissenso contro la decisione del partito di accettare il modello SSR" ha detto un comandante citando Baidya.
Baidya ha scritto una nota di dissenso contro la decisione del partito di porre fine alla sicurezza per i dirigenti del partito da parte dei militari del PLA. I militari dell'EPL della fazione di Baidya non hanno consegnato le loro armi al quartier generale del partito.

Ci sono più di due dozzine di guardie dell'EPL impegnate nella sicurezza dei capi della fazione della linea dura del partito.

giovedì 9 giugno 2011

pc 9 giugno - aggressione fascista a torino contro il CS Murazzi

la nostra solidarietà antifascista militante ai compagni del CS
proletari comunisti


Il Csa Murazzi non si ferma!


Nel tardo pomeriggio di ieri un manipolo di fascistelli appartenenti a Gioventù Italiana, sezione giovanile del Pdl, ma tutti reduci di sigle quali Fuan ed Azione Studentesca, sono entrati all'interno dello storico Csa Murazzi, approfittando dell'assenza dei militanti, impegnati nell'Infoaut Festival che si sta svolgendo in questi giorni al Parco Ruffini.

Questi sordidi individui, scortati come al solito da un ingente spiegamento delle forze dell'ordine, che hanno permesso ed accompagnato l'azione, hanno forzato le porte di ingresso del centro sociale, rovinato e rubato attrezzatura musicale e, infine, vergato scritte sui muri interni inneggianti al duce e ai "martiri delle foibe".

Lo stile con cui è stata compiuta l'azione non fa che confermare la scarsa legittimità di cui godono i neofascisti nella nostra città: costretti a muoversi sempre nell'ombra e scortati dalla polizia, non possono fare altro che approfittare dell'impegno dei militanti nell'organizzazione dell'Infoaut Festival per sferrare un ridicolo attacco ad una struttura, come il Csa Murazzi, che da più di vent'anni scrive la storia della cultura torinese, con iniziative sempre all'avanguardia in campo musicale, sociale e di contro informazione.

I neofascisti capitanati da Maurizio Marrone, se da una parte cercano di indossare la maschera dei democratici entrando nel Pdl e candidandosi a posizioni istituzionali di vario tipo, sono così stupidi da calare la maschera in men che non si dica, tradendo la loro vera identità con scritte quali "Boia chi molla", "Onore ai martiri delle foibe" ed inni al duce conditi da croci celtiche.

Come compagne e compagni del Csa Murazzi, stamattina siamo rientrati nel centro sociale e abbiamo tenuto una conferenza stampa, per mostrare all'opinione pubblica l'operato di Marrone e soci.
Non ci faremo certo intimidire dall'azione di dieci fascistelli, l'importante attività portata avanti dal Csa Murazzi all'interno della nostra città prosegue, determinati come e più di prima, a non lasciare nessuno spazio a razzisti, fascisti (mascherati e non), servi e sessisti.

Csa Murazzi

pc 9 giugno - genova 2011 ..comincia per davvero .. appello per una 3 giorni alternativa

E’ TROPPO TARDI PER RESTARE CALMI ….. Verso una 3 giorni alternativa e di lotta per Genova 2011

La tensione nel Paese si alza di giorno in giorno. La lotta che viviamo incarna i disagi sociali presenti e futuri, coinvolge i lavoratori e le masse popolari che non possono più sottostare a una situazione simile. La nostra dignità ed il nostro orgoglio uniti a questa consapevolezza ci muovono a combattere l’intero sistema. La lotta ci porta ad unirci a chiunque non accetta tutto ciò: studenti, operai e disoccupati che prendono parte a una scena ribelle.

Vogliamo combattere stato e padroni senza nasconderci dietro maschere e infami accordi che vediamo mettere in pratica quotidianamente da sindacati e partiti di “sinistra” di turno..

Appoggiamo con complicità tutti gli “atti di violenza” avvenuti diffusamente nelle città italiane durante quest’ultimo periodo di lotta a partire dall’autunno studentesco fino alle recentissime proteste operaie da Genova alla Campania, sempre condannati e criticati da sindacati, partiti, ben pensanti, giornalisti e persino “eroi di carta” che vantano la stima di un’intera nazione come Saviano, che rifiutano, negano l’essenza e combattono un’intera generazione. Li appoggiamo perchè siamo convinti che è nell’azione della lotta rivoluzionaria che dobbiamo incanalare la rabbia. In questo vogliamo coinvolgere studenti, operai e disoccupati, affinchè l’azione raggiunga un senso compiuto, mandi un segnale a chi ancora non capisce, renda consapevole questo Paese di ciò che avvertiamo. Non bastano più e non sono mai servite le sfilate di “bandiere sbiadite” e gli scioperi o i cortei nazionali fatti il fine settimana.

Siamo convinti che il riformismo politico e sindacale in Italia abbia contribuito a creare questa situazione, con accordi e silenzi al soldo del padrone. Non è in loro che ci riconosciamo, non abbiamo rappresentanti politici e non ne vogliamo. Ci rivolgiamo a chi ha capito che non è questo il modo per cambiare qualcosa, non è affidarsi a chi sta in poltrona e vomita dibattiti. Il vero nemico non è una Gelmini o un Marchionne, è l’intero sistema che crea individui simili, prima della Gelmini abbiamo conosciuto la Moratti e Fioroni, il problema è radicato nell’intero sistema politico ed economico. Ci affidiamo alla nostra coscienza, al nostro disagio, non siamo più mossi dalla “gioia di stare insieme in piazza”, ma dalla rabbia che scorre in noi. Possiamo farlo senza le “bandiere” di chi vuole mettere il cappello su un movimento di lotta generazionale nato dieci anni fa, senza partitini e chiacchieroni.

Un esempio dell’espressione di questi sentimenti fu quel 14 dicembre a Roma, che già ci pare così lontano e irripetibile da quanto ci siamo soffermati a ricordarne e celebrarne il risultato, il conflitto creato.

Dopo quella trionfale giornata il movimento studentesco si è frenato e di lì a poco è morto, per l’ennesima volta. NON ABBIAMO VOLUTO fare un passo avanti, alzare ulteriormente la tensione, ampliare il conflitto e continuare un percorso che avrebbe potuto ribaltare le sorti di molte infami strategie repressive che ora, sulla nostra pelle, assaporano il gusto della vittoria, da Firenze a Palermo, da Genova a Bologna passando per Padova. E’ da qui che vogliamo ripartire, dal terribile errore di non voler convocare una assemblea nazionale subito dopo il 14 dicembre, che crediamo avrebbe potuto quantomeno dare degli strumenti al movimento studentesco indebolito dalla fase di riflusso per poter contrastare in maniera più efficace da quella attuale le azioni repressive dello stato. Vogliamo ripartire dalla necessità di confrontarci in momenti collettivi per dare delle risposte in termini di lotte e mobilitazioni unitarie.

Vogliamo tentare di ricostruire un percorso collettivo , che ponga le proprie basi su valori come l’antifascismo, l’autonomia di classe, la lotta alla precarietà e la resistenza ad una repressione che ci colpisce sempre più significativamente fiutando le nostre fragilità e i limiti della nostra determinazione.

Vogliamo comunicare con tutte le realtà che reagiscono a tutto ciò e che lottano quotidianamente, vogliamo proporre a tutti loro un’unione collettiva ed unità d’azione per quanto riguarda l’appuntamento per il decennale del g8 di genova.



E’ PER QUESTI MOTIVI CHE PROPONIAMO AL MOVIMENTO ANTAGONISTA NEL SUO INSIEME, DI ORGANIZZARE IN PRIMA PERSONA DELLE ASSEMBLEE UNITARIE E PREPARATORIE LOCALI DA TENERSI A META’ GIUGNO NELLE SINGOLE REGIONI PER LA COSTRUZIONE DI UNA 3 GIORNI ALTERNATIVA PER L’ANNIVERSARIO DEI DIECI ANNI DAL G8 DI GENOVA.

3 GIORNI ALTERNATIVA CHE PREVEDA MOMENTI ASSEMBLEARI DEI MOVIMENTI STUDENTESCO, CONTRO LA REPRESSIONE, CONTRO LA GUERRA, ANTIFASCISTA, ANTIMPERIALISTA… CHE SIANO DIFFERENTI PER METODO, PROPOSTE E FINALITA’ AI VUOTI SOCIAL FORUM, CHE CULMININO IN UNA MOBILITAZIONE DI PIAZZA COMBATTIVA E CONTRAPPOSTA ALLA SFILATA PROMOSSA DALL’ORGANIZZAZIONE UFFICIALE DI “VERSO GENOVA 2011”.

E’ il prossimo grande appuntamento al quale siamo chiamati. Per noi, un appuntamento che ha tutte le caratteristiche del 19 maggio torinese come del 14 dicembre romano. La nostra speranza è che le imminenti giornate di luglio siano anche l’occasione per rigenerare le basi e rafforzare l’ opposizione collettiva agli attacchi quotidiani che padroni e stato compiono contro i territori e le realtà in lotta a livello nazionale.

Da quei caldi giorni di dieci anni fa un intero movimento e’ mutato notevolmente, una nazione ha imparato a conoscere il sapore amaro di una repressione sempre più determinata e sistematica che si è delineate sempre più chiaramente in stato di polizia, di una crisi economica che ha messo a nudo tutte le incapacità di questo sistema che, lungi dal risolvere i problemi delle masse popolari e dei lavoratori, è causa primaria di sfruttamento, precarietà, guerra e morte. Ripartire dal G8 2001 significa, per noi, riprendere consapevolezza che, come accadde in quel luglio, se mossi dalla rabbia collettiva che non conosce interessi personali o vincoli verso i partiti della “sinistra” ufficiale e di palazzo ma ascolta il cuore e le necessità di rivendicare un ruolo attivo nella nostra esistenza allora possiamo cambiare le cose, scrivere la storia.



Non è tempo per moderazione e calma.

Non è tempo per “comprensione” e dialogo.

Il nostro obiettivo immediato è il conflitto, il nostro compito è sovvertire.



C A O S ANTIFA GENOVA

RED BLOCK PALERMO

pc 9 giugno - De magistris comincia a scegliere gli assessori .. e suoi sostenitori a lamentarsi

Narducci assessore? Chi quello che ci ha repressi?
!
Apprendiamo dalle notizie di questi giorni che il pm Narducci potrebbe ricoprire la carica di assessore alla sicurezza della nuova giunta de Magistris al Comune di Napoli. Una scelta che ci lascia davvero interdetti, avendo sostenuto l’elezione del nuovo sindaco di Napoli convinti che ogni deriva giustizialista fosse stata messa da parte alla luce di un progetto politico nuovo ed alternativo.

Narducci infatti si è distinto non solo per le inchieste che hanno coinvolto Nicola Cosentino ed il clan dei casalesi oppure Luciano Moggi nell’affare Calciopoli, ma anche per una serie di inchieste e procedimenti giudiziari contro i movimenti napoletani. In particolar modo Narducci è titolare dell’assurda inchiesta in merito alle manifestazioni contro la discarica di Chiaiano. Ancora oggi alcuni attivisti, che sono stati protagonisti dello sforzo partecipativo della campagna elettorale di Luigi de Magistris hanno gli obblighi di firma per i fatti del 23 maggio del 2008 quando la polizia di Maroni caricò pesantemente i manifestanti del presidio antidiscarica che erano semplicemente scesi in strada contro la discarica. In quell’occasione ci furono diversi feriti tra cui il giornalista Rai Romolo Sticchi. Il teorema di Narducci, già smontato nelle fasi processuali, era quello di una connivenza tra manifestanti ed ambienti della criminalità organizzata rispetto alle manifestazioni a Chiaiano. Un’accusa infamante che le prime udienze del processo hanno già smontato.

“Premettendo che il giudizio sul nuovo sindaco non si deduce dalla nomina di un assessore ma dalle risposte che saprà dare alla città, riteniamo che la scelta di Narducci sia davvero infelice” commenta Antonio Musella del centro sociale Insurgencia e portavoce della Rete Commons attiva a Chiaiano. “Del processo non parliamo, di queste cose se ne occupano gli avvocati nelle aule dei tribunali – continua Musella – ma di certo pensiamo che Narducci avrà il suo imbarazzo a dover essere parte di una giunta che pone il dialogo con i movimenti al centro della sua azione per la città”. “Ci definiva camorristi ed ora si troverà, se la scelta dovesse essere confermata, ad essere parte di un progetto politico in cui quelli che lui definiva delinquenti saranno capaci di porre le loro istanze al centro dell’azione amministrativa . Francamente non ci aspettavamo una nomina simile, ma l’imbarazzo lo lasciamo tutto al dottor Narducci, a cui ovviamente, riserveremo particolare ostilità dal primo all’ultimo giorno” conclude Musella.

Sul tema interviene anche Pietro Rinaldi consigliere comunale della Lista Civica Napoli è Tua, proprio la civica di de Magistris, ed espressione dei centri sociali e dei comitati antidiscarica : “Il sindaco evidentemente ha voluto farci un favore. Narducci andrà in aspettativa e magari il carteggio dei nostri processi passerà ad un magistrato meno carogna” commenta con ironia al vetriolo il consigliere comunale.

“D’altronde – continua Rinaldi

– il sindaco dovrebbe essere della nostra stessa opinione in merito ai procedimenti di Narducci, visto che proprio de Magistris da europarlamentare firmò l’appello di solidarietà agli attivisti colpiti dalla repressione nel marzo del 2010”.

Il sindaco ha la sua piena autonomia, così come i movimenti hanno la loro piena autonomia da tutti, a cominciare dal sindaco. Senza dubbio ci auguriamo che la presentazione ufficiale della giunta fissata per Lunedi’ 13 giugno possa riservarci delle piacevoli sorprese non comprendendo il nome di Narducci tra gli assessori.

Se invece così sarà possiamo dire da subito che il neo assessore godrà di tutta l’avversità possibile da parte dei movimenti di questa città.



Rete Commons ! – Rete dei comitati in difesa dei beni comuni


Laboratorio Occupato Insurgencia

pc 9 giugno - Melania vittima del marciume da caserma dell'Esercito ?

Benchè continui il clima omertoso sull'assassinio di Melania, ormai i dubbi iniziali su un delitto che vede l'Esercito in prima fila si vanno confermando.
Ora si "scopre" quello che tanta gente del posto sa da tempo: l'esistenza in alcuni alberghi, bed&breakfast della zona, di festini in cui i militari dell'esercito portano giovani reclute; si scopre di una "normalità" in questo ambiente militare di abusi sessuali.
Ora viene fuori che il marito di Stefania era andato più volte in questi alberghi, accompagnato da varie ragazze che facevano l'addestramento militare.
Ora sia pur timidamente alcune soldatesse cominciano a parlare.

E' possibile quindi che Melania abbia scoperto non solo i tradimenti del marito, ma questo andazzo generale, e che poteva parlare e denunciarlo. E che quindi la sua vita diventava un pericolo per "l'onorabilità dell'esercito", e allora andava messa a tacere.
Questo piega forse anche la maniera da "guanti gialli" con cui si sta indagando, il fatto che finora l'esercito in quanto tale non sia stato investito.
In questo sistema la morte di una donna val bene la difesa del corpo militare pregno per suo sistema della concezione sessista, fascista, machista.

Questo è già accaduto con altre uccisioni di donne, con altre violenze contro donne, immigrate da parte di uomini facenti parte di forze militari, dell'ordine

LA MORTE DI MELANIA, PER LEI, PER TANTE ALTRE DONNE, PRETENDE INVECE VERITA' E
GIUSTIZIA!

MFPR

pc 9 giugno - Arundhati Roy..“Stanno cercando di destabilizzarmi. Chiunque dice qualcosa è in pericolo”


abbiamo ricevuto dai carc questa intervista tradotta dal quotidiano inglese Guardian, riteniamo utile farla conoscere a tutti i sostenitori della guerra popolare in india

comitato internazionale di sostegno alla guerra popolare in india-italia
csgpindia@gmail.com

Arundhati Roy: “Stanno cercando di destabilizzarmi. Chiunque dice qualcosa è in pericolo”

La scrittrice che ha vinto il premio Booker parla del suo attivismo politico in India, del perché non condanna più la resistenza violenta – e del perché non ha importanza che scriva un altro racconto.
L’inizio non è dei migliori. Vado a sbattere contro Arundhati Roy mentre ci stiamo dirigendo entrambi verso la toilette nell’atrio del grande stabile che ospita gli uffici della sua casa editrice Penguin. Certi scrittori considererebbero inopportuna una cosa del genere, dice V. S. Naipaul. Non la Roy, che mi fa sentire subito a mio agio. Pochi minuti dopo, il suo editore ci fa accomodare in una stanza piccola e spoglia. Ci accomodiamo ai due lati di una stretta scrivania e dico che mi pare un posto da interrogatorio. Lei obietta che in India le stanze da interrogatorio sono parecchio meno salubri di questa.

La Roy ha cinquant’anni, ed è molto conosciuta per il racconto Il Dio delle piccole cose, con cui ha vinto il premio Booker nel 1997. Nell’ultimo decennio però è stata una voce critica sempre più forte contro lo Stato indiano. Ha attaccato la sua politica contro il Kasmir, la devastazione ambientale causata dal rapido sviluppo, il programma di armamento nucleare del paese e la corruzione. Come esponente di spicco dell’opposizione a qualsiasi cosa che ha a che fare con la globalizzazione sta cercando di costruire una “nuova modernità” ecosostenibile e che difenda i modi di vita tradizionali.
Il suo nuovo libro, Repubblica a pezzi, raccoglie tre saggi sul movimento della guerriglia maoista nelle foreste dell’India centrale che resiste contro i tentativi del governo di sviluppo ed estrazione mineraria nelle terre dove vivono i popoli tribali. Il saggio centrale, Camminando con i compagni, è un reportage eccezionale, che parla delle tre settimane da lei trascorse con i guerriglieri nella foresta. Suppongo che personalmente abbia corso gravi rischi, le dico. “Chiunque corre gravi rischi in quei posti, quindi non si può andare in giro sentendosi a rischio in modo speciale”, risponde lei con la sua voce piacevole e acuta. In ogni caso, dice, la violenza delle pallottole e della tortura non è peggiore della violenza della fame, della malnutrizione, e di quello che prova gente indifesa che sente di essere sotto assedio.
Il tempo che ha passato con i guerriglieri le ha lasciato un’impressione profonda. Dice che nelle notti che ha passato a dormire in terra nella foresta si sentiva in un “hotel a mille stelle”, e dice che “stare nella foresta la faceva sentire come se nel suo corpo ci fosse spazio per tutti gli organi”. Odia il tipo di indiano moderno che fa ostentazione di sé, dell’ appartenenza a una corporation, con l’ossessione di crescere. Nella foresta ha trovato un attimo di pace.
C’è una rabbia intensa nel suo libro, dico: se abbassasse i toni potrebbe trovare un pubblico più disponibile. “La rabbia è calibrata – insiste – è inferiore a quello che provo realmente.” Anche così però i suoi critici dicono che è “stridente”. “Per ogni espressione di sentimento si tira fuori la parola “stridente”. Un sistema invece ha pieno diritto di essere stridente a suo piacimento quando si tratta di sterminare il popolo.”
Il suo impegno politico deriva dalla madre, che ha messo su una scuola per ragazze a Kerala ed ha reputazione di attivista per i diritti civili? “Mia madre non è un’attivista- dice la Roy – e non capisco perché la gente continua a sostenerlo. Mia madre è come un personaggio uscito dal set di un film di Fellini.” Ride di questa sua descrizione. “Lei è un universo intero che si muove per conto suo. Gli attivisti le stanno a un miglio di distanza perché non riescono ad avere a che fare con quello che lei è.”
Vorrei stare a parlare di più di Mary Roy – e alla fine lo faremo – ma prima bisogna chiarire un punto importante. I guerriglieri praticano la violenza, generalmente contro la polizia e l’esercito, ma talvolta causano feriti e morti tra civili presi dal fuoco incrociato. Lei condanna questa violenza?” Non la condanno più – risponde – se sei un adivasi [un indiano tribale] che vive in un villaggio nella foresta, e ottocento elementi della Riserva Centrale di Polizia (CRP) arrivano, circondano il villaggio e gli danno fuoco, che cosa t’aspetti che si faccia? Uno sciopero della fame? Chi è affamato può fare uno sciopero della fame? La non violenza è una rappresentazione teatrale. Richiede un pubblico. Che si fa se non c’è pubblico? La gente ha diritto di resistere allo sterminio.”
I suoi critici l’hanno etichettata come simpatizzante maoista. È vero? “Sono una simpatizzante maoista – dice – non sono un’ideologa maoista, perché il movimento comunista nella storia è stato distruttivo quanto il capitalismo. Ma ora che l’assalto è scattato, io sento che i maoisti sono una parte molto grande della resistenza che io sostengo.”
La Roy chiama “insurrezione” questa resistenza, e ti fa sentire l’India come se fosse sulla soglia di una rivoluzione sul genere di quella russa o di quella cinese. Perché allora in occidente non si sa nulla di queste mini-guerre?” Molti corrispondenti di giornali internazionali mi hanno detto in modo del tutto esplicito che hanno direttive: nessuna informazione negativa dall’India, perché c’è chi ci ha destinato investimenti. Per questo non ne sapete nulla. Ma c’è un’insurrezione, e non è solo un’insurrezione maoista. La gente combatte in ogni parte del paese.” Trovo ridicolo supporre che esista un’ingiunzione del genere. I giornalisti stranieri in India potranno essere pigri o miopi, ma non corrotti.
Dico che mi sembra un membro di una setta religiosa, una che ha visto la luce. Non si offende. Replica: “E’ un modo di vivere, un modo di pensare. Conosco gente in India, anche tra la gioventù moderna, che capisce che qui c’è qualcosa di vivo.” E allora perché non dare via la lussuosa casa di Delhi e le apparenze mediatiche, e tornare nella foresta? “Sarei più che felice di farlo, ma per quelli della foresta sarei un peso. Le battaglie vanno combattute in modi diversi. L’aspetto militare è solo una parte. Quello che faccio io è un altro aspetto.”
Metto in discussione il suo assolutismo, la sua visione del mondo manicheista, ma ammiro il suo coraggio. Hanno preso a sassate la sua casa, il lancio in India di Repubblica a pezzi è stato interrotto da dimostranti filogovernativi che hanno devastato il palco; può essere incriminata per attività sediziosa per aver detto che il popolo del Kashmir dovrebbe avere il diritto all’autodeterminazione. “Stanno cercando di destabilizzarmi”, dice. Si sente minacciata? “Chiunque dice qualcosa è in pericolo. Centinaia di persone stanno in carcere.”
La Roy ha paragonato la differenza tra scrivere racconti e scritti polemici a quella tra danzare e camminare. Non vuole danzare più? “Certo che voglio.” Sta lavorando a un nuovo racconto? “Lo stavo facendo, ma non ho più tanto tempo”, risponde ridendo. Le dispiace che il seguito di Il dio delle piccole cose tardi tanto ad uscire? “Sono una persona molto poco ambiziosa”, dice. “Che importanza ha che un racconto esca o no? Non la vedo proprio in questo modo. Per me non c’era nulla che valesse tanto da impedirmi di andare nella foresta.”
È difficile capire se un secondo racconto ci sarà. Il dio delle piccole cose ha preso tanto dalla sua vita - la sua madre carismatica ma opprimente, un padre piantatore di tè alcolizzato che la madre ha lasciato quando la Roy era giovanissima, la sua dipartita da casa in tarda adolescenza – che potrebbe essere un pezzo unico, un libro vissuto quanto scritto. Dà risposte ambigue riguardo alla possibilità che ci sia un secondo racconto. Da un lato dice che è impegnata con il movimento di resistenza e che questo domina i suoi pensieri. Quasi nello spazio di un respiro però dice che altri hanno preso il bastone, e vorrebbe tornare alla narrativa, a danzare di nuovo.
È certo però che del secondo racconto è stato scritto poco. Preferisce non dirmi di cosa parla; dice che è davvero impossibile focalizzare il tema. “Non ho soggetti. Non è come se provassi a scrivere un racconto contro la costruzione di una diga. La narrativa è troppo bella per limitarsi a una cosa sola. Dovrebbe estendersi a tutto.” Magari sentirsi obbligata di continuare all’altezza del premio Booker che ha vinto la blocca? Dice di no. “Non siamo tutti bambini che vogliono essere i primi della classe e vincere premi. Si scrive per il piacere di farlo. Non so se sarà un buon libro, ma sono curiosa di sapere cosa e come scriverò dopo questi viaggi.”
La sua agente e il suo editore sono scontenti del fatto che ancora aspettano questo secondo racconto? “Hanno sempre saputo di non avere a che fare con una fabbrica produci-racconti – dice – cosa su cui sono sempre stata molto chiara. Non capisco il senso di queste domande. Mi è piaciuto fare quello che ho fatto. Ora sto facendo qualcos’altro. Io vivo sulla punta delle unghie delle dita, usando tutto quello che ho a disposizione. Per me è impossibile guardare alle cose politicamente o in qualsiasi modo come un progetto, per mandare avanti la mia carriera. È come essere iniettata direttamente nel sangue che scorre nel posto dove vivo e in quello che succede.”
Non ha necessità economica di scrivere un altro racconto. Con Il dio delle piccole cose, che ha venduto più di sei milioni di copie nel mondo, si è sistemata per la vita, anche se ha dato via molto del denaro. Ha rifiutato pure le offerte per i diritti cinematografici perché non vuole che nessuno interpreti il suo libro sullo schermo. “Ogni lettore ha una visione nella sua testa – dice – e non voglio che tutte queste visioni si riducano a un unico film.” Ha una volontà forte. Nel 1996, quando Il dio delle piccole cose si preparava per la pubblicazione, ha insistito per controllare l’immagine di copertina perché non voleva “una sovra copertina con tigri e donne in sari”. È la figlia indomabile di sua madre.
Insisto perché mi parli della sua madre felliniana. È come un’imperatrice, dice la Roy. Ha una quantità di bottoni dietro il letto ciascuno dei quali emette un richiamo di uccello quando lo premi. Ogni richiamo indica a uno del suo personale cosa le serve. È stata lei il centro della vita della figlia? “No. È stata il centro di un monte di conflitti nella mia vita. È una donna straordinaria, e quando siamo insieme mi sento come fossimo due potenze nucleari.” Ride forte. “Dobbiamo essere caute.” Per disinnescare le tensioni familiari, la Roy ha lasciato casa a 16 anni per studiare architettura a Delhi – anche se quello che voleva costruire era un nuovo mondo. Ha sposato un compagno di studi a 17 anni. “Era un tipo proprio simpatico e bello, ma non l’ho preso sul serio”, dice. Nel 1984 ha incontrato e sposato il produttore cinematografico Pradip-Krishen, e gli ha dato una mano a crescere le figlie che aveva avuto da un matrimonio precedente. Oggi vivono separati, anche se lei lo chiama il suo “innamorato”. Perché si sono separati, allora? “Io faccio una vita talmente da pazzi, piena di pressioni e di idiosincrasia. Non ho niente di stabilito. Non ho nessuno che media tra me e il mondo. È tutto basato solo sull’istinto.” Penso che intenda dire che al libertà conta per lei più di qualsiasi altra cosa.
Ha scelto di non avere figli perché questo avrebbe avuto influenza su questa libertà. “Per parecchio tempo non ho avuto mezzi per mantenerli – dice – e quando li ho avuti ho pensato che ero troppo poco affidabile.” Molte donne in India che combattono queste battaglie non hanno figli, perché può succedere qualsiasi cosa. Devi avere gambe e mente leggeri. Mi piace di essere una repubblica libera.”
La Roy in passato ha descritto se stessa come “una femminista nata”. Questo cosa significa? “Per causa di mia madre e del fatto che sono cresciuta senza un padre che mi seguisse, ho imparato presto la regola numero uno che consiste nel badare a se stessi. Molto di quello che posso fare e dire viene dal fatto che sono diventata indipendente da giovanissima.” La madre è nata nel Kerala in una comunità cristiana ricca e conservatrice, ma è uscita dal recinto sposando Ranjit Roy, un’indù del Bengala Occidentale. Quando è tornata nel suo stato natale dopo il divorzio aveva pochi soldi e quindi era doppiamente emarginata. Alla fine ha superato tutti gli ostacoli e la scuola che ha fondato è stata un successo, ma crescere come una outsider ha lasciato il marchio sulla figlia.
La Roy dichiara di essere sempre stata polemica, e ricorda lo scontro che ebbe con il regista Shekhar Kapur a metà degli anni Novanta riguardo al suo film Bandit Queen. Gli chiedeva che diritto aveva di portare sullo schermo uno stupro senza il consenso della donna che lo aveva subito.
Può darsi che il racconto sia l’eccezione in una vita di agitazione, anziché l’agitazione qualcosa che affiora come un corpo estraneo nella vita di una scrittrice. Non ha sacrificato troppo per la lotta – la possibilità di danzare, i figli, magari un secondo matrimonio? “Non considero sacrifici nessuna di queste cose”, dice. “Sono scelte positive. Mi sento circondata d’amore e da eccitazione. Non faccio cose da martire. Quando camminavo nella foresta con i compagni, ridevamo sempre.”

pc 9 giugno - i lavoratori, i disoccupati di Taranto votano SI

I lavoratori, i disoccupati di Taranto votano SI

pc 9 giugno - CHIUSURA IMMEDIATA DEL CIE DI S.M. CAPUA VETERE - PERMESSO DI SOGGIORNO PER TUTTI!

Quanto sta accadendo nel CIE di S.M. Capua Vetere è un vero e proprio crimine di Stato. Con forze dell'ordine e Istituzioni che con metodi da lager nazisti stanno tenendo in condizioni bestiali gli immigrati, al di fuori di ogni diritto umanitario nazionale e internazionale, portando avanti una repressione che da un momento all'altro potrebbe diventare assassinio e strage, come dimostra l'incendio provocato dal lancio di lacrimogeni di mercoledì con 25 immigrati all'ospedale con crisi respiratorie e stati di choc fino alla catatonia, ma come dimostrano anche i tanti atti di persecuzione, violenza fisica sugli immigrati già feriti per atti di autolesionismo/disperazione.

Questo crimine deve essere fermato subito a qualunque costo! I responsabili devono essere perseguitati.

Gli immigrati, tunisini, hanno la sola colpa di essere arrivati in Italia dopo il 5 aprile, dopo che il governo italiano e tunisino hanno deciso che tutti quelli venuti dopo tale data dovevano essere rimandati indietro. Così il centro si trasforma nel lager che sono di fatto i CIE, così gli immigrati possono essere trattati come bestie

Basta! Anche questi immigrati devono avere il “permesso di soggiorno”!

L'esperienza del campo di Manduria ha mostrato che è possibile e necessario opporsi allo Stato fascista, razzista. A Manduria la rabbia esistente tra gli immigrati trovò la sponda con la battaglia esterna al campo, con momenti di scontro con la polizia, per imporre con la necessaria forza la legittimità, la difesa dei diritti democratici, contro la illegittimità dell'azione di polizia, carabinieri, gestori affaristici del campo; questo intreccio diede vita alla rivolta dei tunisini del 2 aprile, a cui il governo dovette rispondere con il provvedimento straordinario di concessione di permessi temporanei per tutti.

pc 9 giugno - contro l'uso della forza poliziesca per imporre la TAV - Appello per la democrazia e il rispetto della legalità in Val di Susa

Appello per la democrazia e il rispetto della legalità in Val di Susa
Premessa
In questi giorni la Val di Susa sta vivendo momenti di tensione che ricordano quelli dell’autunno 2005 quando fu usata la forza per imporre l’apertura di un cantiere in vista della realizzazione del TAV Torino-Lione. Da allora nessun cantiere è stato aperto ma le promesse di governi di diverso colore di aprire un dialogo e un confronto con le istituzioni locali si sono dimostrate un inganno e le amministrazioni democraticamente elette, critiche sulla realizzazione della grande opera, non sono state riconosciute dal governo quali interlocutori affidabili e sono state estromesse dai tavoli di confronto.
Decine di migliaia di persone chiedono semplicemente di essere ascoltate, chiedono un confronto vero, pretendono che alle loro ragioni - scientificamente documentate - si risponda entrando nel merito. In cambio ricevono insulti e l’accusa di voler difendere il loro piccolo cortile, di volersi opporre al progresso, di non rispettare le regole: slogan e accuse infondate in risposta ad argomenti seri, a pratiche di protesta pacifica, all’utilizzo rigoroso di ogni spazio previsto da leggi e procedure.
L’opposizione al TAV Torino-Lione è diventata in questi anni un esempio di partecipazione democratica dal basso, di democrazia vera, di resistenza all’illegalità ed al sopruso in difesa dei beni comuni: un’opposizione popolare che può contare sul sostegno della comunità montana e di ben 24 consigli comunali.
Viceversa il governo e le potenti lobby che governano l’economia e la finanza, con l’appoggio di partiti di maggioranza e minoranza, non hanno esitato a stravolgere procedure, infrangere leggi e ingannare l’Unione Europea pur di assicurarsi un grande business da cui anche la grande criminalità organizzata e le mafie contano di trarre profitto. Hanno scatenato una grande campagna mediatica per nascondere le dimensioni e le ragioni dell’opposizione, per screditare il movimento notav presentandolo come covo di estremisti e sovversivi: la criminalizzazione del dissenso è un’arma micidiale a cui ricorre solo chi disprezza il confronto democratico e le regole condivise.
Oggi, fallito ogni tentativo di comprare il consenso e la benevolenza di cittadini e sindaci, il governo sta preparando una nuova prova di forza: il Prefetto assicura che “sarà il Questore a decidere tempi e modi” per installare il primo cantiere. E mentre la campagna di disinformazione si intensifica rispuntano le intimidazioni mafiose e le provocazioni che si ripetono puntuali dal 2005 ad oggi, dagli incendi dolosi dei presidi notav alle buste con le pallottole. In nessun caso indagini serie hanno portato a individuare i responsabili, ogni volta il movimento notav ha denunciato la natura mafiosa di tali gesti, ha riaffermato e rivendicato con orgoglio il carattere pacifico della propria lotta, ha invitato a cercare esecutori e mandanti tra chi ha interesse ad avviare i cantieri.
Se questo è il quadro non possiamo rimanere indifferenti, non possiamo rimanere in silenzio e ci rivolgiamo a singoli cittadini, associazioni, sindacati, movimenti, esponenti del mondo della cultura affinché si uniscano a noi in questo appello.
Appello per la democrazia e il rispetto della legalità in Val di Susa
Come singoli cittadini, associazioni, sindacati, movimenti, esponenti del mondo della cultura:

rifiutiamo l’idea che la realizzazione di una grande opera possa ridursi ad un problema di ordine pubblico

condanniamo senza riserve l’invito ad usare la forza e a militarizzare il territorio lanciato nei giorni scorsi da rappresentanti del popolo eletti in Parlamento, da alcuni partiti e da alcune associazioni di imprenditori

denunciamo il disprezzo delle più elementari regole della democrazia e pretendiamo dal governo il rispetto della legalità, il rispetto dei diritti dei cittadini, il rispetto nei confronti della amministrazioni locali democraticamente elette

respingiamo il ricatto e le strumentalizzazioni secondo cui chi si oppone al TAV non difende il lavoro: al contrario la realizzazione di questa grande opera inutile penalizzerebbe pesantemente le economie locali in cambio di pochi posti di lavorio precario e privo di tutele e di diritti, mentre un diverso utilizzo delle risorse pubbliche creerebbe numerose opportunità di nuova occupazione

le ragioni di chi si oppone a questa grande opera inutile, devastante, che sottrarrebbe enormi risorse economiche ai servizi pubblici di tutto il paese sono le nostra ragioni: non ci rassegniamo all’idea che il nostro futuro possa essere deciso da quell’intreccio perverso tra politica, affari e criminalità organizzata che governa ampie aree del nostro paese e inquina la nostra società.
Il nostro riferimento continua ad essere la Costituzione, quella Costituzione nata dalla Resistenza e oggi troppo spesso violentata. Per queste ragioni esprimiamo la nostra solidarietà alla resistenza notav e ci impegniamo a sostenerla concretamente. Invitiamo a diffondere questo appello e a raccogliere nuove adesioni (per aderire: www.notavtorino.org)
Torino, 7 Giugno 2011
Primi firmatari (tra i promotori a Torino di "Presidiare la Democrazia"):
Comitato notav Torino; Laboratorio per la Democrazia - Torino; Unione Culturale Franco Antonicelli - Torino; Ferico Bellono, segretario generale FIOM Torino; Emergency Torino; Pro Natura Torino e Piemonte; Centro Sereno Regis; Giuseppe Sergi, docente storia medievale Univ. Torino; Alessandra Algostino, docente Diritto costituzionale comparato Univ. Torino; Caffè Basaglia - Centro di animazione sociale e culturale delle comunità; CUB Piemonte; Ass. L'Interezza non è il mio forte; Fabionews; Officine Corsare; Associazione La Fonte Acquariana; Comitato di cittadinanza attiva Rivalta Sostenibile; MAG4; IK Produzioni; Mani Tese Torino

COMUNICATO STAMPA LISTE CIVICHE VALSUSA

Appresa notizia di una busta contenente un proiettile intercettata presso gli uffici postali e destinata all’Onorevole Stefano Esposito
Preso atto della strumentalizzazione di tale deprecabile circostanza e delle dichiarazioni dei vertici del P.D. provinciale e regionale in merito all’utilizzo della forza per il posizionamento di una recinzione in località Maddalena del Comune di Chiomonte in ambito realizzazione TAV TO-Lione;
Considerata la violenza mostrata contro una popolazione in lotta per il proprio futuro da parte di detti personaggi del P.D. e dell’Assessore Regionale Barbara BONINO.
Comunichiamo quanto segue :
1)Per capire la provenienza del proiettile è sufficiente chiedersi chi ne trae vantaggio. Non certo il movimento NO-TAV e tanto meno la Valle di Susa. Le uniche forze che possono utilizzare la pallottola spuntata inviata all’onorevole Esposito sono proprio quelle che il TAV lo vogliono fare a tutti i costi.
Altra possibilità è che sia il gesto di qualche sconsiderato per finalità che stanno tutte nella testa di una persona che può avere mille motivi o non averne nessuno in particolare.La Magistratura vaglierà e ci auguriamo verrà a capo del miserabile mistero. L’unica certezza è che il gesto non è ascrivibile al Movimento NO-TAV che può avere molti limiti ma di certo non quello dell’autolesionismo.
2)Nel rispetto delle reciproche posizioni in merito alle diverse e articolate vicende che ineriscono l’utilizzo di denaro pubblico, riteniamo inaccettabile che un qualsiasi partito chieda di risolvere problemi di conflittualità e opposizione con l’uso della violenza per di più giustificata con pratiche di mistificazione della realtà. La maggioranza della popolazione Valsusina e il movimento NO-TAV, dopo vent’anni di profondo studio del problema, continuano a ritenere che l’opera sia inutile, dannosa e affamatrice di denaro pubblico e di servizi. Ci può essere un’altra opinione ed è legittimo che ci sia. Chiedere però di militarizzare un territorio e di usare violenza a molti dei suoi abitanti al fine di dirimere una questione complessa e delicata per l’intera nazione, riteniamo sia atto violento, prevaricatore, inaccettabile e inquietante per l’intero impianto democratico che trova profonde e nobili radici nelle idealità dei Padri costituenti.
3)La popolazione NO-TAV della Valle di Susa che in questo momento è accusata di violenza, in vent’anni la violenza l’ha sempre subita. Le cronache sono oggettiva testimonianza di questa verità. Crediamo che a fronte di tale prevaricazione poche altre realtà hanno saputo dimostrare un così elevato livello di pazienza e determinazione ad utilizzare metodologie di lotta completamente incentrate sul concetto di non violenza. Non riteniamo debba essere considerata forma di violenza il porre pacificamente la propria persona inerme di fronte agli eventi contro cui ci si batte.
4)Chiediamo alle Donne e agli Uomini che si riconoscono nelle proposte politiche del P.D. di ragionare sulle stupidaggini urlate dai propri vertici. Personaggi come l’Onorevole Esposito che hanno fatto della politica il loro mestiere e che siamo convinti non sarebbero mai stati eletti in Parlamento se non fossero stati designati, non possono rappresentare i valori fondanti di un Partito come il P.D.
Il ruolo della politica deve essere quello di elemento mediatore tra interessi economici e interessi dei cittadini. I vertici regionali e provinciali del P.D. questo ruolo l’hanno dimenticato da tempo appiattendosi sugli interessi del potere economico. Un aspetto così importante per il futuro della libertà collettiva, al di là di come la si pensi sul TAV, l’hanno percepito moltissimi militanti, amministratori ed elettori P.D. della Valle di Susa. Persone che hanno continuato a praticare il partito rendendosi però autonomi dalle scelte imposte dall’alto e ragionando sulla specificità dei vari argomenti seguendo le linee valoriali che li hanno portati alla scelta di stare in quel partito.
5)Esprimiamo seria e fondata preoccupazione per l’evolversi della situazione e invitiamo le organizzazioni impegnate nella difesa dei diritti umani ad essere presenti in Valle di Susa così come auspichiamo l’invio di osservatori neutrali da parte della Comunità Europea. Condanniamo, con tutta la forza derivataci dal mandato elettorale ricevuto da migliaia di cittadini, gli inviti all’uso della violenza esternati dai vertici regionali e provinciali del P.D. e da rappresentanti istituzionali regionali del P.D.L. Riteniamo pacifica, non violenta e legittima la protesta dei cittadini della Valle di Susa contro un’opera dannosa, inutile e inaccettabile dal punto di vista dei costi economici e sociali.
6)Proponiamo ricorso preventivo alla Corte Europea dei Diritti dell’uomo di Strasburgo verso i comportamenti istituzionali tenuti dai Sigg.i BONINO Barbara, ESPOSITO Stefano, MERLO Giorgio, MORGANDO Gianfranco, SAITTA Antonio. Riteniamo infatti che le reiterate esternazioni e richieste di utilizzo della forza della violenza si configurino come una istigazione alla violazione delle norme previste all’articolo 2 comma 1 e all’articolo 14 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Rimettiamo ai nostri legali mandato di adire querela nei confronti dei suddetti rappresentanti istituzionali per gravissime lesioni all’immagine del movimento NO-TAV. Lesioni rafforzate in riferimento a persone specifiche che si riconoscono e vengono riconosciute quali rappresentanti pubblici di tale movimento.
Chiediamo agli stessi rappresentanti istituzionali l’immediato ritiro delle richieste di uso della violenza contro il movimento NO-TAV e i cittadini della Valle di Susa e l’altrettanto immediata correzione di giudizi in merito all’attribuzione di eventi non ascrivibili al movimento stesso.
Siamo certi che solo il ripristino delle normali condizioni di rapporto dialettico proprio della politica possa scongiurare pericolose involuzioni anti democratiche che creerebbero precedente inquietante nel quadro dei rapporti tra cittadini e stato.
In assenza di risposte alle presenti considerazioni riteniamo i rappresentanti istituzionali sopra richiamati, direttamente e personalmente responsabili di qualsiasi atto di violenza che potrà avvenire in Valle di Susa in merito all’apertura del cantiere della Maddalena. Ci riserviamo in tal senso di adire tutte le vie legali per la salvaguardia dei cittadini da noi rappresentati e per eventuali imputazioni di responsabilità sugli eventi occorrendi.

Chiomonte Lì 06.Giugno.2011
Per il Coordinamento Liste
Civiche Valsusa

pc 9 giugno - Milano .. Formigoni e Regione sponsorizzano casa pound - Pisapia dice si all'occupazione del duomo da parte dello stato sionista

e' necessario che 'il popolo del cambiamento ' dimostri nei fatti che vuole un cambiamento reale e scenda in piazza contro fascisti e regione e contro lo stato sionista d'Israele

Il Pirellone patrocina Casa Pound
"Formigoni ora spieghi il perché"La denuncia del consigliere regionale Cremonesi (Sel): "C'è il logo dell'assessorato regionale
alla Cultura sull'evento tenuto il 28 maggio scorso a Milano".
La pubblicazione del logo dell'assessorato alla Cultura della Regione Lombardia sul volantino di un'iniziativa promossa da Casa Pound Italia, in programma lo scorso 28 maggio a Milano presso l'Hotel Lombardia, suscita la protesta di Sel. Il consigliere regionale Chiara Cremonesi chiede alla giunta, in un'interrogazione urgente, di fare luce sulla vicenda. "Ci sembra un fatto particolarmente grave - scrive Cremonesi - considerato il noto carattere apertamente nostalgico e rievocativo del fascismo che contraddistingue Casa Pound, a partire da un esplicito richiamo alla sua simbologia e da un'attività spesso costellata anche da episodi violenti".
"Non è possibile che Regione Lombardia fosse all'oscuro di ciò, vista anche la recente notizia dell'apertura di una nuova sede a Quarto Oggiaro, oggetto di attenzione da parte dell'estrema destra milanese. E ci chiediamo allora perché siano stati concessi logo e patrocinio all'iniziativa di un'associazione cui, per esempio, il Comune di Bolzano ha persino negato l'iscrizione all'albo 'per i contenuti fascisti di cui è portatrice'. Da Formigoni e dall'assessore Buscemi pretendiamo ora risposte esaustive". "Non è tollerabile - prosegue l'esponente di Sel - che Regione Lombardia presti la propria immagine istituzionale a soggetti che si inscrivono al di fuori dei valori riconosciuti dalla nostra Costituzione. E ci auguriamo almeno, sollecitando pure su tale aspetto concrete precisazioni, che non siano stati assegnati a Casa Pound per questo ciclo di incontri anche soldi pubblici".
Casa Pound rivendica invece di aver avuto "a ragione e con pieno diritto" il patrocinio. Il coordinatore regionale Marco Arioli ha definito una "polemica piuttosto gretta" quella sollevata dal consigliere regionale Cremonesi. "Francamente non capiamo cosa c'entri il richiamo al fascismo e tanto meno alla violenza, che con Casa Pound non ha assolutamente a che fare - ha osservato Arioli - Era una conferenza sul tema della solidarietà, che ha visto la partecipazione di diverse realtà che operano nel campo degli aiuti umanitari e che per questo motivo ha ricevuto, e riteniamo a ragione e con pieno diritto, il patrocinio della Regione".


Milano, la 'Settimana d'Israele'
non trasloca da piazza Duomo
Il via libera per la manifestazione in programma dal 13 al 23 giugno

Si farà in piazza Duomo a Milano la rassegna 'Unexepected Israel'. La decisione è stata concordata pochi minuti fa al termine di contatti e incontri tra le istituzioni interessate. Il governo italiano aveva dato il via libera, aveva anticipato Amor Radian, portavoce dell'ambasciatore israeliano Gideon Meir, rinunciando così all'ipotesi di trasferire la manifestazione al Castello Sforzesco: .

"Si tratta di un progetto ambizioso e interessante - ha detto Radian - e vogliamo realizzarlo per il bene dei due popoli. Abbiamo scelto Milano, del resto, proprio perchè è gemellata con Tel Aviv". La kermesse, in programma dal 13 al 23 giugno, spazierà dalla tecnologia - con cinque seminari dedicati alle tecnologie idriche, i new media, la sanità, la sicurezza interna e la robotica - alla cultura, dall'economia al turismo.In programma anche una mostra sui kibbutz e, soprattutto, una grande installazione di 15 colonne con monitor su cui scorreranno le immagini di Israele. Il cuore dell'evento sarà il forum economico, che verrà inaugurato dal ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, e dal collega dell'Industria israeliano, Shalom Simhon, e consentirà a centinaia di imprese italiane e israeliane di conoscersi e confrontarsi.

"Non si può festeggiare un Paese criminale. E' una provocazione": il comitato che riunisce le associazioni contrarie alla kermesse è netto nel condannare la manifestazione. E nel farlo, Filippo Bianchetti, del Comitato varesino Palestina, si riallaccia alla storia italiana e meneghina: "Milano è città Medaglia d'oro alla Resistenza - afferma - e noi siamo per la resistenza palestinese".

pc 9 giugno - 'Buffon un fascista dichiarato" a tutela della casta dei calciatori 'di successo'

il nuovo scandalo scommesse mette il luce ancora una volta il livello di degrado economico e umano del sistema fondato su grandi affari, grandi soldi, grande strumentalizzazione politica e terreno usuale del malaffare e della corruzione
il sistema Moggi era stato messo a nudo, ora un nuova sistema viene fuori
è giusto che venga colpito fino in fondo e senza sconti
invece Buffon, già conosciuto per simpatie fasciste.. si chiacchierò molto sul numero di maglia scelto, di rimembranze naziste .. scende in campo, questa volta alla berlusconi maniera.. non certo per chiedere che si faccia pulizia, ma per coprire la casta che non deve essere sputtanata sui giornali..
il richiamo che fa a piazza loreto è però un boomerang, perchè oltre che dimostrare in maniera evidente le sue simpatie politiche, dice che la casta non vuole essere colpita come merita..
una ragione in più invece per colpirla, denunciarla e isolarla anche nell'arcipelago composito delle tifoserie
si diciamo noi.. ci vorrebbe davvero una 'piazzale loreto' per i responsabili del calcio marcio e di chi li copre !

Duro il commento di Gianluigi Buffon, che teme il rischio di processi sommari: "Siamo sempre l'Italia di piazzale Loreto, basta un nome in prima pagina e tutto viene infangato, quando il fatto per ora non è chiaro. Bisogna stare molto attenti a dare giudizi troppo veloci: anni fa ci sono passato anch'io, infangato in prima pagina per una cosa nella quale non c'entravo per niente. Per ora stiamo facendo solo questo, cioè una grande pubblicità a uno scandalo dove per ora non c'è nulla di concreto". Secondo Buffon, alcuni calciatori "Vengono additati come farabutti, perchè chi vende una partita e ci scommette sopra è un farabutto e deve essere radiato a vita. Ma mi sembra che di queste persone non ce ne sia neanche una, quindi andiamoci piano. Mi sembra che si vogliano far emergere nomi che non c'entrano: giocare sulla pelle e sulla dignità delle persone".

mercoledì 8 giugno 2011

pc 8 giugno - comunicato del CC PCI maoista - india


Comunicato Stampa (4 giugno 2011)
Il dispiegamento dell’Esercito in nome delle scuole di addestramento mette in pericolo l'esistenza stessa degli aborigeni e degli abitanti del Bastar!
La foresta appartiene al popolo indigeno (Mulvasis) - Il governo non ha alcun diritto nemmeno su un centimetro di essa!
Esercito indiano TORNA INDIETRO - Non uccidere i tuoi stessi cittadini!

Mentre i contadini adivasi del Bastar si stanno preparando per l’arrivo dei monsoni dissodando le terre in modo che possano nutrire i loro bambini e le famiglie durante tutto l'anno – in modo a loro sconosciuto, in silenzio e furtivamente i governi centrali e statali hanno completato i preparativi per un altro tipo di monsoni. Questi 'monsoni' non scaricano pioggia fatta di goccioline d'acqua, ma proiettili e granate, razzi e palle di cannone e irrigherebbero le loro terre con il sangue di bambini, donne e uomini - giovani e vecchi. Questi 'monsoni' promettono una pace permanente e prosperità. E sarebbe la pace – quanto può esserla quella di un cimitero e lunga tutta una vita giunta al termine. Naturalmente, la prosperità ci sarebbe - per gli imperialisti, i loro lacchè - le classi dirigenti dell’India, gli avvoltoi delle aziende, gli squali delle multinazionali, la grande famiglia indiana allargata della borghesia burocratico-compradora, e cioè i primi ministri e i ministri, MLAs, parlamentari, IAS, IPS, IFS, [vari tipi di impieghi burocratici] burocrati ecc. che ora potrebbero mettere le mani avide sull’immensa ricchezza sepolta sotto questo cimitero.



Il ministero dell’interno dice che vuole “ripulire, mantenere e costruire” nelle “aree maoiste.” Nel nostro paese le parole hanno da tempo cessato di avere il loro significato originario, per il quale sono state create all’origine. Ecco il nuovo vocabolario “ripulire” significa massacri, rastrellamento o completa distruzione di tutto, “mantenere” significa una guerra di occupazione e “costruire” significa rapina assoluta di risorse popolari. Tutto questo in ultima analisi significa ridurre tutta l’esistenza del popolo a schiavo con la resa assoluta ai padroni di schiavi imperialisti e questo ha la sua propria parola - 'sviluppo'. E non sono solo parole, anche le istituzioni hanno cambiato i loro 'presunti doveri' nel nostro paese (all’interno dei loro 'compiti reali' per i quali sono stati creati, in effetti) - il governo non si occupa del benessere del popolo - si piega all'indietro e striscia sulle quattro zampe per proteggere gli interessi di coloro che li sfruttano; la magistratura non tutela i diritti del popolo - mostra mirabile destrezza nel trovare modi per negarglieli; la polizia pensa di essere la 'legge' e che 'dare ordini in giro' significa ripristinarli; e l'esercito indiano con acume impeccabile scova 'nemici' nelle capanne fatiscenti dei poveri adivasi, nei granai vuoti dei contadini in bancarotta o nei bastis dei lavoratori puzzolenti e, naturalmente, in ogni nascosto angolo del Kashmir e del Nord-Est.



Nella prima settimana di giugno, una colonna forte di un migliaio di uomini dai tacchi di ferro marciava a suo modo verso il Bastar – in tutta la sua fisicità. Perché l'esercito indiano è stato con il fiato sul collo del popolo del Bastar in molti modi indiretti da quasi un decennio. È stato parte integrante di tutte le operazioni controinsurrezionali formulate contro i maoisti ed ha addestrato i mercenari che fanno quel lavoro a centinaia. Nella sola Narayanpur il terreno da assegnare all’esercito (scuola di addestramento) ammonta a 750 km quadrati mentre si parla di tre scuole di formazione e in tre distretti (Narayanpur, Bastar e Bilaspur). E qui non si contano le precedenti assegnazioni all’esercito e alle forze aeree.



'Oh, no, non ci fraintendete, tutto questo è solo per la scuola di addestramento, l'esercito non effettuerà operazioni contro i maoisti, è solo per guadagnare un vantaggio psicologico sui maoisti, per dire loro - 'guardate che c’è un leone seduto davanti alla vostra porta!' dice l'esercito. E per favore – possono gli umili cittadini chiedere a Sua Eccellenza il signor Manmohan a cosa serve questo “addestramento” dato che è lui che con grande intuizione ha scoperto che i maoisti sono la più grande minaccia alla sicurezza interna? Chi stai cercando di ingannare? Solo uno sciocco potrebbe credere che questo leone stia seduto a ruggire invece di saltarci addosso. Non dimenticate, questo è un mostro in agguato, che ha assaggiato il sangue umano in Kashmir e nel Nord-Est. Cerchiamo di essere molto chiari – questo addestramento non è altro che la formazione anti-insurrezionale 'per combattere la guerriglia al modo della guerriglia'. Incapace di contenere la resistenza armata dei popoli più svantaggiati dell'India centrale e orientale attraverso le loro forze di polizia e paramilitari, le classi dirigenti del nostro paese hanno ora trasformato l'esercito che essi hanno 'allevato' proprio per tali scopi (leggi per le guerre contro i popoli). Qual è la necessità di un'altra 'scuola di formazione' quando ce ne sono già tante? E ancora più importante, perché nell’India centrale?



E 'chiaro come il sole - è senza dubbio una scuola di addestramento, ma non si ferma con l’addestramento, non appena finisce un gruppo di addestramento sarà pronto con i suoi stivali e caschi, pistole e granate a essere spedito alla sua destinazione per combattere i maoisti, e non solo per il Chhattisgarh, ma anche per il Maharashtra, Bihar, Jharkhand, Madhya Pradesh, Western Ghats, West Bengala, Odisha e, ultimo ma non meno importante Andhra Pradesh. Questo spiega la posizione di esso.



Seguendo la politica di 'drenare l'acqua per catturare i pesci', i governi centrali e statali, con la stretta guida dei loro mentori – gli imperialisti USA – stanno applicando la strategia della 'Low Intensity Conflict' (LIC) [Guerra di bassa intensità], applicandolo in modo 'creativo' alle condizioni concrete dell’India. Questo può essere fatto in 'forme indigene' - in preparazione per il dispiegamento dell’esercito e il 'drenaggio dell'acqua' – adesso che gli adivasi Maad non riescono più a comprare il riso da nessuna parte vicino le loro abitazioni. Essi lo ottengono solo dalle città (e solo in quantità tali in modo che i maoisti non ottengano riso da loro) da negozi che sono in realtà campi di polizia. Anche le scuole omonime dei borghi vengono spostate dagli edifici di creta sulla strada e che esistono con quel nome che invece è ad almeno 6-10 km. La prossima mossa dell'esercito sarà quella di intervenire e 'ripulire' la foresta di tutti gli abitanti e spingerli fuori verso villaggi strategici che sono un eufemismo per campi di concentramento. Al livello superiore, i recenti esercizi di scambi tra classi dirigenti indiane e statunitensi per 'aiutarsi a vicenda' nella sicurezza interna sono stati fatti in preparazione della fase più crudele di questa guerra contro i popoli - la Fase Due dell’Operazione Green Hunt come viene chiamata.



Nessun popolo in questo mondo senza una terra da rivendicare come propria potrebbe dare battaglia contro i propri nemici. Le classi dirigenti sanno questa verità più di chiunque altro e questo è esattamente ciò che intendono fare. In nome delle scuole di formazione occupano migliaia di chilometri quadrati di terreno e in nome di villaggi strategici fanno diventare gli abitanti della foresta e gli adivasi dei senza tetto mentre tutti sanno che la foresta E’ la loro casa. Così, i rivoluzionari, i democratici, attivisti dei diritti civili e in particolare le organizzazioni adivasi devono scoprire l'intero complotto dietro la cortina fumogena delle scuole di addestramento dell'esercito. È la necessità del momento quella di affermare a voce alta che Jal, Jungle e Jameen [Acqua foresta e terra] appartengono al popolo indigeno (Mulvasis) del Bastar, che rappresentano alcuni tra i più antichi abitanti del mondo e ai Mulvasis dell'India centrale e orientale.



È vero, il governo deve rispondere circa l'acquisizione di terreni, mentre getta al vento tutte le leggi e i regolamenti che ha promulgato per le zone adivasi (5° censimento, PESA, Legge sulle foreste ecc.). Pur ponendo una domanda diretta circa il fatto che non seguono nemmeno le proprie leggi, si deve stare attenti a non dare legittimità all’occupazione della foresta anche 'se segue le sue regole'. In realtà, c’è una cospirazione in atto in nome della legge sull’acquisizione della terra per consegnare la terra dei contadini in modo “legale” alle imprese. Non sarebbe un trasferimento pacifico della terra da una mano all'altra, ma resterebbe una mera legge sul furto della terra che non si potrebbe mai realizzare senza lo spargimento del sangue dei contadini e senza distruggere i loro mezzi di sostentamento. La prima cosa più importante da fare è dichiarare che la foresta appartiene ai Mulvasis e che essi non hanno nessun 'fratello maggiore’ chiamato “governo”con cui dovrebbe dividerlo!



Come il nostro partito ha sempre detto e come anche tutti i veri democratici stanno denunciando - tutte queste operazioni caccia verde e politiche di ripulisci-mantieni-costruisci hanno lo scopo di saccheggiare l’immensa ricchezza di minerali e di altre risorse naturali nell'India centrale ed orientale. E per questo a loro non importa se una intera comunità o una civiltà viene spazzata via; sarebbe solo un 'danno collaterale', come insegnava il loro ex capo 'Bush' o il loro padrone attuale 'Obama'.



Il Comitato centrale del PCI (Maoista) invita il popolo del Bastar e Chhattisgarh a combattere l'esercito indiano, come hanno combattuto le forze di polizia, bande paramilitari e vigilantes del Salwa Judum per proteggere le loro vite e i loro mezzi di sostentamento, per assicurare il futuro dei loro figli e per salvare la loro madre forsta e una delle più antiche culture di questo mondo di cui sono gli eredi orgogliosi.



Lasciate che gli slogan – la Foresta appartiene ai Mulvasis - Non un centimetro di essa ai Sonia-Manmohan-Chidambaram e Raman Singhs, non ai succhiatori di sangue e ladri di terra mascherati da primi ministri e ministri, non alle multinazionali, no agli squali delle aziende indiane, non alle mafie delle miniere - risuonino in ogni angolo dell'India centrale e orientale. Mobilitarsi fino all'ultimo membro della famiglia - bambini ed anziani, giovani e vecchi, uomini e donne con lo slogan – Esercito indiano torna indietro, non uccidere i tuoi stessi cittadini.



Abbiamo visto molte offensive, ma questa nuova offensiva con l'esercito mette in grave pericolo l'esistenza stessa degli aborigeni e abitanti delle foreste dell'India centrale e orientale. È una questione di vita o di morte. Se li lasciamo prevalere, le conseguenze sarebbero terribili e possono portare a molti decenni di anni bui. Sacrifici e atti di coraggio non sono nuove per noi. Si tratta di una caratteristica specifica della nostra storia di lotta contro il dominio coloniale che la più coerente, continua, militante lotta armata contro i colonialisti inglesi è stata condotta dagli adivasi di questo paese. E alcuni dei capitoli più gloriosi di essa appartengono agli adivasi di Santhals e Bastar durante le ribellioni di Santhal e Mahan Bhumkal del 1910 rispettivamente. È questa eredità di lotta dei nostri padri e madri che adesso dobbiamo evocare se dobbiamo salvare tutto ciò che è prezioso per noi, tutto ciò che è caro al nostro cuore - tutto ciò che ci fa respirare liberamente. Cerchiamo quindi di combattere i nemici del popolo fino alla fine. Cerchiamo di combattere tutto ciò che tenta di ridurre noi ad una vita di schiavitù in nome dello 'sviluppo'.



Facciamo appello a tutte le organizzazioni rivoluzionarie, democratiche e patriottiche, e in particolare alle organizzazioni Adivasi in India e all'estero, ad alzare la voce contro l'impiego dell'esercito nell’India centrale e orientale, e fare tutto quanto possibile per smascherare, combattere e fermare questa guerra del governo indiano contro i propri cittadini.



(Abhay)
Portavoce,
Comitato Centrale,
PCI (Maoista)

pc 8 giugno - solidarietà con la lotta degli immigrati di s.maria capua vetere contro gli sbirri razzisti - chiudere il CIE

Incidenti al Cie di S.Maria Capua Vetere
sotto sequestro il centro immigratiNella notte fuoco alle tende dopo una protesta dei migranti. Gli ospiti: l'ha appiccato la polizia con i lacrimogeni. Il questore: no, sono stati loro. Alla fine l'intervento della Procura
di RAFFAELE SARDO



La Procura di Santa Maria Capua Vetere ha ordinato il sequestro probatorio del Centro di identificazione e di espulsione per gli immigrati del Casertano, dopo che nella notte un incendio era divampato distruggendo parte della tendopoli durante tensioni fra gli ospiti e la polizia.

Il capo della Procura, Corrado Lembo, sottolinea che sono stati "accertati fatti eloquenti e gravi di devastazione" che hanno reso "oggettivamente inutilizzabile il Cie di Santa Maria Capua Vetere". Il sequestro consentirà di effettuare accertamenti e di reperire tracce dei reati commessi. E' ipotizzabile, ma è al vaglio degli organismi amministrativi competenti, l'individuazione di una soluzione per la sistemazione logistica degli immigrati.

Un passo indietro, ed ecco la cronaca di cosa era accaduto nel centro, dove la tensione è tornata a salire improvvisamente nella notte tra martedì e mercoledì: una nuova battaglia tra i 90 immigrati tunisini rinchiusi dal 18 aprile nell'ex caserma Andolfato e le forze dell'ordine, intervenute in assetto antisommossa poco dopo le due.

La scintilla è scattata quando un ragazzo tunisino, saputo della morte del fratello in patria, ha chiesto di rientrare nel suo paese. La sua richiesta, però, sarebbe caduta nel vuoto. Così, il giovane, per protestare, ha rotto uno specchio e ha cominciato ad ingoiare pezzi di vetro. E' stato portato dai suoi compagni vicino alla porta di uscita del campo in un tentativo di soccorrerlo.

IL VIDEO LE FOTO

Ma, secondo quanto raccontato al telefono da un immigrato, il ragazzo è stato trascinato per le braccia e maltrattato. E di fronte alla protesta degli altri immigrati la risposta delle forze dell'ordine sarebbe stata quella di sparare gas lacrimogeni all'interno del recinto dove sono rinchiusi gli immigrati. Diversi candelotti sono caduti sulle tende del campo, sfondandole e provocandone l'incendio. Gli immigrati, a loro volta, hanno lanciato contro gli agenti bottiglie di plastica piene di urina (li fanno andare in bagno solo due volte al giorno). La conferma di questa versione è stata fatta da altri otto immigrati direttamente al Numero Verde per Richiedenti e Titolari di Protezione Internazionale dell'Arci. Diversa, invece, la versione fornita dal Questore di Caserta, Guido Longo, secondo il quale sono stati gli immigrati ad appiccare il fuoco alle tende; con i supporti in ferro delle stesse tende avrebbero poi tentato di fuggire forzando il blocco delle forze dell'ordine. Nella concitazione sono rimasti contusi e feriti cinque tra poliziotti e carabinieri, ed un funzionario di polizia ha riportato la frattura della caviglia. Feriti e intossicati dai gas anche molti immigrati. La rete antirazzista parla di più di venti persone ferite, per metà delle quali non si conosce la gravità delle condizioni. Di 16 persone non si avrebbe più notizia. Quattro, invece, sono stati portati in ospedale ma poi rientrati nel campo. Tutti gli altri sono stati visitati dai medici della Croce Rossa presenti nel Cie.

Insomma, ci poteva scappare anche il morto, come ha confermato la Questura. Le fiamme, che hanno distrutto dieci tende e i servizi igienici, sono state spente dai Vigili del Fuoco e la calma è ritornata solo alle quattro del mattino. Nella tarda mattinata esponenti delle associazioni umanitarie hanno tentato di entrare nel Cie per ottenere maggiori informazioni. Ma l'ingresso è stato vietato a tutti. "Ormai il Cie Andolfato è un girone dantesco e va immediatamente chiuso - Afferma Alfonso De Vito della Rete Antirazzista Campana - Negli ultimi giorni ci sono stati prima alcuni gravi atti di disperazione e di autolesionismo con un profugo che è stato ricoverato dopo aver bevuto la candeggina e un altro che si è procurato ampie ferite col vetro dei bagni". E per la chiusura immediata del Cie di Santa Maria C. V. si sono pronunciati anche il senatore Marco Perduca (Radicali) e Annamaria Carloni (Pd), il parlamentare Europeo Andrea Cozzolino e la deputata Pina Picierno (Pd).

pc 8 giugno - 4 si al referendum dai lavoratori e lavoratrici Palermo

slai cobas per il sindacato di classe Palermo

A tutte le lavoratrici e lavoratori

Il 12 e 13 giugno
4 volte SI ai REFERENDUM

Il governo Berlusconi sta ancora una volta tentando di andare contro la volontà popolare che ha promosso i referendum contro leggi che servono solo per tentare di salvare il capo del governo dai processi e agevolare le privatizzazioni per i profitti dei padroni.

Fermo restando che la lotta con l'impegno in prima persona dei lavoratori e la mobilitazione costante è ciò che può risolvere fino in fondo tutte le questioni, lo Slai Cobas per il sindacato di classe invita tutte le lavoratrici e i lavoratori ad andare a votare per esprimere la propria volontà di difesa delle nostre condizioni di vita e fare un altro passo nella strada di contrasto e lotta contro questo governo dicendo 4 SI

Sul “Legittimo impedimento”
1 SI affinché il capo del governo vada davanti ai giudici per i processi a suo carico; “la legge è uguale per tutti” c’è scritto nelle aule dei tribunali e così dice la Costituzione…

Sull’acqua
2 SI perché l’acqua è un bene pubblico e non si deve toccare! La privatizzazione del servizio di distribuzione è un trucco per affidarla ai privati che ci faranno un sacco di profitti a spese di tutti, aumentando i prezzi e sicuramente peggiorando il servizio come è già stato dimostrato là dove esiste; invece la sola sistemazione e ristrutturazione delle reti idriche darebbe molto lavoro e risolverebbe in gran parte i problemi

Sul nucleare
1 SI affinché le centrali nucleari che sono estremamente pericolose e causano migliaia di morti e mutilazioni; che sono inutili come percentuale di energia prodotta; che sono una scusa per avere la possibilità di preparare armi nucleari, rimangano lettera morta come gli italiani avevano già deciso in passato.

pc 8 giugno - LA LOTTA DELLE DONNE PALESTINESI

Dalla lista "sommosse"

La lotta delle donne palestinesi raccontata dalle donne dell'associazione "Palestinian Development Women Studies Association".

Il video riporta un incontro avvenuto il 16 maggio 2011 a Gaza, incontro in cui il Convoglio Restiamo Umani (www.vik2gaza.org) ha incontrato la PDWSA.
http://www.archive.org/details/IncontroConPdwsa


"Sono arrivati, gli abbiamo dato da bere e l'hanno rovesciato, ma li abbiamo perdonati. Sono arrivati, gli abbiamo dato da mangiare e l'hanno buttato, ma li abbiamo perdonati. Siamo andati a a cercare il cibo, siamo tornati e abbiamo trovato le strade sbarrate."

Israele ha occupato la Palestina uccidendo e torturando madri, padri e figli, distruggendo le case, ostruendo le strade, rubando l'acqua.
Le donne palestinesi hanno resistito e continuano a resistere a tutto questo. Così racconta Mariam dell'Unione delle Donne Arabe, che dal 1982 rivendica sostiene e promuove l'emancipazione femminile in ogni ambito del quotidiano.

Le donne sono parte attiva nella resistenza palestinese, nonostante i molteplici tentativi da parte dell'occupazione sionista di zittire la voce femminile. Fin dall'inizio dell'occupazione la donna in Palestina si è adoperata in molteplici ruoli che la situazione d'assedio imponeva.
Sono state madri, costruttrici di campi profughi, combattenti, infermiere. Fondamentali sono state soprattutto nel trasmettere il valore della resistenza ai propri figli e alle proprie figlie, insegnando loro il significato della rivoluzione, spiegando l'importanza della difesa della terra palestinese e della lotta verso la libertà . Hanno cresciuto nel loro grembo la popolazione palestinese.
Negli anni hanno accresciuto ancora di più il valore della resistenza ereditando le armi della rivolta, con determinazione sono diventate ancora più protagoniste nel processo rivoluzionario cercando in esso anche il cambiamento sociale: sono scese nelle strade, hanno rivendicato i loro diritti, hanno lanciato pietre, hanno combattuto l'esercito israeliano, costruendo resistenza.

L'Unione delle Donne Arabe è attiva in diversi progetti che sostengono l'educazione e la cultura, ritenuti fondamentali per l'emancipazione femminile. Privilegiano qualsiasi attività che sappia accrescere la soggettività della donna a livello sociale, politico, economico, sanitario.

"Gli uomini ci impongono di mettere il velo e gli rispondiamo che se vogliono se lo possono mettere loro!". In questo modo viene sottolineata la loro volontà ad autodeterminare le scelte sul proprio corpo. Il problema non è se indossare o meno l'hijab, ma la strumentalizzazione maschile della religione a scopi che mirano al libero arbitrio di una donna. A tal proposito le donne dell'Unione si sono sempre battute affinchè in nessun contesto sociale fossero costrette ad indossare
indumenti contro la loro volontà.