sabato 26 marzo 2011
pc 26 marzo - da Taranto solidarietà proletaria per i profughi immigrati - NO a nuovi CIE !
AI PROFUGHI TRASFERITI DA LAMPEDUSA
CHE ARRIVANO A
TARANTO E A MANDURIA
I RIFUGIATI NON SONO PACCHI !*
*IL DIRITTO ALL'ACCOGLIENZA
DEVE ESSERE GARANTITO,*
VOGLIAMO ACCOGLIENZA CIVILE E DIGNITOSA
SOLIDARIETA PROLETARIA
NO A NUOVI CIE CHE SONO LAGER !
NO A MIGLIAIA DI POLIZIOTTI CARABINIERI !
I PROFUGHI NON SONO CRIMINALI !
CRIMINALI SONO CHI FA LE GUERRE PER PETROLIO E PROFITTI
CRIMINALI SONO CHI TRATTA GLI ESSERI UMANI COME BESTIE
CHI PROVOCA LE GUERRE E LA MISERIA DEI POPOLI E L'ITALIA E' TRA QUESTI
NON PUO' POI BUTTARE A MARE I PROFUGHI DI GUERRA
SLAI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE
TARANTO
cobasta@libero.it
347-1102638
26 marzo 2011
pc 26 marzo - appello del MFPR su guerra e donne
Siamo contro questa guerra imperialista in Libia, fatta solo per gli interessi economici, politici, geostrategici dei capitalisti e del governo Berlusconi che vuole riconquistare un prestigio internazionale caduto nel fango.
Questa guerra non ha niente di “umanitario”, in nome de l'”umanità” si bombardano e si ammazzano civili, stanno assassinando anche bambini, con profondo disprezzo e disinteresse della vita del popolo libico.
L'”umanità” del governo italiano è lo schifoso razzismo che stiamo vedendo a Lampedusa dove trattano da bestie gli immigrati, tra cui vi sono anche tante donne e ragazzini.
L'”umanità” di padroni, governanti, di Berlusconi la conosciamo bene anche noi, ogni giorno sulla nostra pelle, quando peggiorano le nostre condizioni di vita, ci sfruttano, ci opprimono, attaccano la nostra dignità e creano un sistema da moderno medioevo che vuol dire per noi anche violenze fasciste, sessiste.
Denunciamo i vari esponenti, anche donne, del PD e di altri partiti, forze di “sinistra” che parlano ipocritamente dei diritti del popolo ma appoggiano questa guerra contro il popolo Libico; questi/queste sono della stessa pasta di Berlusconi e company
Facciamo appello alle donne che conoscono bene questi “campioni di disumanità” a mobilitarsi contro la guerra imperialista.
Noi siamo dalla parte delle donne dei paesi arabi, che stanno partecipando alle rivolte con doppio coraggio e ribellione, contro i regimi reazionari, dittatori, che verso le donne si traducono in triplice oppressione, feudale, patriarcale e di moderna putrefazione imperialista.
Siamo contro la guerra del governo Berlusconi, dei governi europei, della Nato, non perchè le donne sono “pacifiste”, ma perchè come donne abbiamo doppia ragione per scatenare una doppia ribellione/rivoluzione che metta fine a questo mondo di sfruttamento, oppressione e guerre.
Siamo con le donne che in vari paesi oppressi dall'imperialismo e dai loro governi e Stati, come in India, Perù, Turchia, Nepal, Filippine, ecc., sono in prima fila nelle guerre di popolo e all'interno di esse costruiscono una rivoluzione nella rivoluzione per cambiare la terra e il cielo, e ogni aspetto di oppressione verso le donne.
MOVIMENTO FEMMINISTA PROLETARIO RIVOLUZIONARIO
mfpr@libero.it
26.3.2011
pc 26 marzo - 'fascistelli di Scilipoti.. le merde di Casa pound rappresentati da Scilipoti
Il Responsabile salva-Berlusconi si proclama portavoce in Parlamento dei “fascisti del Terzo Millennio”, in fondo da giovane aveva anche aperto un circolo intitolato a Ezra Pound.
di Giacomo Russo Spena
L’avevamo lasciato che sbraitava e inveiva nella trasmissione radiofonica “Un giorno da pecora”. Spettacolo degno di un vero giullare. Il deputato Domenico Scilipoti, in quei sei minuti di urla, accusava la macchina del fango “in moto contro di me”; lui reo “solo” di aver cambiato schieramento il giorno della fiducia al premier Silvio Berlusconi.
Era il 14 dicembre 2010, il Cavaliere ce l’avrebbe fatta per tre miseri voti (314 a 311). Anche grazie a Scilipoti che dall’Idv, partito in cui è stato eletto, passava dopo giorni di tarantelle e smentite (manco fosse Luca Barbareschi) al gruppo dei Responsabili. Forse perchè “comprato”? Forse perchè a corto di denaro liquido? Forse in cerca di una poltrona? Illazioni. Secondo lui meschine illazioni. Resta il fatto che a tre mesi esatti da quello show a “Un giorno da pecora”, Scilipoti torna a far parlare di sè. E così, visto che non riusciva a trovare molti adepti e al momento la nomima dei nuovi sottosegretari è impantanata, ha deciso bene di farsi il portavoce in Parlamento di Casa Pound Italia. I “fascisti del Terzo Millennio”, come amano autodefinirsi. Gli stessi che erano in piazza Navona a fronteggiarsi, mazze in mano, con gli studenti dell’Onda o quelli che più volte sono arrivati allo scontro fisico coi collettivi di sinistra all’interno delle università. Un movimento neofascista che riecheggia le gesta del Duce e fa dello smantellamento della Costituzione un pilastro centrale del suo programma.
Stamattina alla Camera, esattamente a Palazzo Marini, i camerati in doppio petto sono entrati per un convegno, organizzato proprio da Scilipoti, sull’usura delle banche. Un incontro a metà tra economia e letteratura dedicato a Ezra Pound “poeta contro l’usura”. Il Responsabile ha esordito affermando: “Molti mi dicono che sono un pazzo, d’altra parte lo dicevano anche di Ezra Pound. Tuttavia, io non potevo accettare un governo che si mettesse in mano alle banche, per questo ho scelto di cambiare, non per Berlusconi. Ci fosse stato qualcun altro mi sarei comportato allo stesso modo’’. Per poi confessare di aver aperto ‘’da ragazzo un circolo intitolato a Ezra Pound’’. Applausi della platea, una ventina di persone. Tutte appartenenti al movimento neofascista. ‘’Possiamo pensarla diversamente su alcune cose – ha aggiunto Scilipoti – ma, da parlamentare, sono a disposizione anche per farmi portatore alla Camera di vostre istanze e proposte di legge’’. Da deputato dell’Idv a Responsabile. Da Responsabile a portavoce in Parlamento dei “fascisti del Terzo Millennio”. Quale il prossimo passo? Cosa non si farebbe nella vita per avere qualche adepto e sentirsi meno soli…
pc 26 marzo - notizie da napoli ..precari bros ..
c'è un solo modo per non farsi usare dalle elezioni
boicottaggio attivo !
con tanti saluti a riformisti,disobbedienti e carc !
Napoli, 25 mar. (Adnkronos) – Una delegazione di precari Bros ha incontrato nella tarda mattinata di oggi il questore di Napoli Luigi Merolla. L’incontro e’ avvenuto nell’ufficio del questore dove i precari, appartenenti al ‘Coordinamento di lotta per il lavoro’ hanno esposto le loro problematiche mentre dinanzi alla Questura un centinaio di loro compagni manifestava pacificamente.
prime le cariche , poi gli incontri ?
lo scopo è sempre lo stesso
smallentallare, pacificare !
DIFFERENZIATA
Il Piano, basato su una strategia territoriale complessiva basata sulla percentuale “prudenziale” del 50 per cento della raccolta differenziata e, dunque, sulla riduzione della quantità dei rifiuti, sulle attuali discariche, sul sistema dell’impiantistica di competenza provinciale e sulla termovalorizzazione (con impianti ad Acerra, Salerno, Napoli est), “è un punto di arrivo che ci fa corrispondere alle richieste dell’Unione Europea – dice Romano – ma, sul piano sostanziale, è un punto di partenza che dovrà registrare l’impegno e la sinergia di tutti e al quale presto si aggiungerà il Piano per lo smaltimento dei rifiuti speciali, altra grave piaga per il nostro territorio”.
l'unica sinergia è
raccolta differenziata porta a porta con massicce assunzione dei disoccupati, precari organizzati
tutto il resto ...parole,parole, parole
commenti a cura
disoccupati organizzati
slai cobas per il sindacato di classe taranto
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pc 26 marzo - Moratti e Formigoni.. contestati..vergogna buffoni !
i residenti urlano "buffoni" e "vergogna"
Polemiche e tensione alla cerimonia per l'inaugurazione a Milano di quattro nuove fermate della linea metropolitana 3, che da Maciachini arriverà fino a Comasina. La festa, con tanto di taglio di simbolico taglio del nastro, è stata affiancata dalle proteste di centinaia di residenti che hanno accolto le autorità al grido di "buffoni" e "vergogna".
Il sindaco di Milano, Letizia Moratti, il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, e il viceministro delle Infrastrutture, Roberto Castelli, sono arrivati nella nuova fermata di Affori, dove la metropolitana 3 si incrocia con la linea delle Ferrovie Nord. Ma il taglio del nastro per un allungamento della metropolitana atteso da anni è stato segnato dai fischi, dal suono di vuvuzela e dalle contestazioni dei cittadini, che chiedono più parcheggi e l'interramento di un tratto della linea dell'autostrada.
Tutta la conferenza che si è tenuta accanto ai binari è stata letteralmente coperta dalle rumorose, ma comunque pacifiche, contestazioni dei residenti assiepati dietro la balaustra che separa la strada dalle banchine. In prima fila il Comitato per l'interramento della Rho-Monza di Paderno Dugnano, che ha esposto i manifesti "Autostrada Rho-Monza14 corsie e Pm 10 alle stelle. I Padernesi ringraziano". Numerose anche le bandiere di Pd e Rifondazione comunista.
"La protesta è solo prelettorale - ha commentato Formigoni - Non possono lamentarsi. Credo anche che sia gente di fuori perché la gente di qui sa che le loro abitazioni i loro terreni hanno acquistato molto valore in più grazie all'arrivo della metropolitana. Il parcheggio - ha aggiunto Formigoni a proposito delle proteste dei cittadini della zona per la mancata realizzazione del parcheggio di interscambio alla stazione di Comasina - si sa che arriverà, ma questo e' un interscambio ferro-ferro, quindi il parcheggio non è un'opera essenziale".
pc 26 marzo - Napoli ..mazze da baseball e pietre squadriste a Napoli .. antifascismo militante ..come a Palermo !
fascisti a Napoli
Bombe imperialiste in Libia, mazze da baseball e pietre squadriste a Napoli
Giovedì 24 Marzo 2011 21:07 Compagni e compagne napoletani .Ancora una volta siamo costretti a riferire di un' ennesima aggressione di stampo fascista avvenuta nella nostra città.
Questi i fatti: nel giorno dello sciopero selvaggio del trasporto urbano, un folto gruppo di ragazzi e ragazze (semplici studenti, militanti dei collettivi terroriali, di scuole e università etc) tornava a piedi dal presidio chiamato dal movimento contro la guerra questo pomeriggio a Capodichino.
Con evidente premeditazione, un gruppo di una trentina neofascisti ha prima compiuto una serie di ronde di “ricognizione” con i motorini, poi, aspettato il gruppo di attivisti all'altezza dell'orto botanico, li ha sorpresi con un'aggressione violenta: prima con un lancio di pietre dal marciapiede opposto, poi avvicinandosi brandendo anche caschi e mazze di ferro, italianissime, tricolori, addirittura lanciando un televisore.
Non ci sorprende la modalità dell'aggressione: premeditata, a freddo, rivolta contro persone "disarmate"; è questa la pratica politica a cui ci hanno abituato i gruppi neofascisti della nostra città.
In particolare in quella zona, storicamente “nera”, che negli anni ’70 ospitava la sezione missina Berta, i cui militanti sono stati coinvolti nelle pagine più nere della storia della nostra città e che ancora oggi fa da bacino di voti per la destra apparentata con la malavita organizzata; un zona spesso nota purtroppo alle cronache per episodi sempre più frequenti di questo tipo a danno di immigrati, senza tetto e compagni.
Noi tornaremo sempre a rispondere alla loro violenza con i modi che conosciamo e che ci contraddistinguono: praticando attivamente l'antifascismo nei luoghi in cui viviamo, lavoriamo, studiamo, fino a ricacciarli nelle fogne da cui tentano di uscire...Compagni e compagne napoletani
pc 26 marzo - Report dell'assemblea contro la guerra. Università Orientale, Napoli- proposta manifestazione nazionale a napoli
Mercoledì 23 Marzo 2011 17:44 Assemblea contro la guerra .Dopo i primi bombardamenti di sabato pomeriggio, dopo essere diventato palese che l'Italia si imbarcava in una nuova aggressione militare, a cento anni dall'avventura colonialista libica e ad otto precisi dal vergognoso attacco all'Irak, Napoli si è subito mobilitata.
Domenica mattina a Piazza Dante si è tenuto un primo presidio contro la guerra e in solidarietà con il popolo libico, un presidio che ha visto la partecipazione di un centinaio circa di persone, fra militanti di collettivi e centri sociali, pacifisti, cittadini. Quindi il giorno dopo, a Palazzo Giusso, si è tenuta alle 17 un'assemblea pubblica per condividere riflessioni ed organizzare una mobilitazione, che proprio a Napoli deve essere forte, visto che qui è situato il comando dell'operazione.
Circa 200 sono stati i partecipanti, una quindicina gli interventi, di differenti realtà politiche, e di singoli cittadini. Più o meno in tutti gli interventi si è cercato di denunciare le menzogne dei media, i quali ci ripetono ossessivamente che si deve scendere in campo per una missione “umanitaria”, per difendere i “ribelli” di Bengasi, e quelle di “sinistri” come Napolitano che addirittura negano che siamo in guerra, sostenendo che stiamo solo ottemperando ad una risoluzione ONU. Proprio dell'ONU invece sono state denunciate le responsabilità, ed il suo strutturale asservimento alle nazioni imperialiste che la dirigono e la usano per legittimare i propri interventi in tutto il mondo, proprio mentre assolvono Israele che, violando ben 73 risoluzioni, continua a massacrare il popolo palestinese. D'altronde si interviene in Libia mentre si è avuta la mano morbida con Mubarak, che aveva represso le manifestazioni causando quasi 400 morti, mentre non si interviene ad esempio in Yemen, dove la repressione del regime “amico dell'Occidente” causa centinaia di morti, ed in Bahrein, dove addirittura l'esercito saudita si permette di entrare nel paese ed aiutare il regime soffocando nel sangue la mobilitazione popolare...
Proprio per questo motivo in tutti gli interventi è stato sottolineato che, mai questa volta, sono chiarissimi e d anche affermati spudoratamente i reali intenti della “missione”: è una guerra per il petrolio e per accaparrarsi risorse naturali, per salvaguardare gli interessi delle multinazionali italiane ed i ricchi contratti economici stipulati tre anni fa. È per questo che l'Italia è intervenuta: per cercare di salvare il salvabile mentre la Francia e la Gran Bretagna provavano, attraverso gli insorti, a sostituirsi a lei nella spoliazione di quei territori. È una guerra che, come ben capito dai compagni che si sono mobilitati in Tunisia ed Egitto, segna anche un tentativo di insediare nell'area un avamposto occidentale per “controllare” gli esiti dei processi rivoluzionari che stanno attraversando il mondo arabo, tagliando le gambe ad altre rivolte ed evitando che vadano ai danni della potenze americana e di quelle europee.
Si è anche denunciato come il diritto internazionale non sia nei fatti che la legge del più forte: una coalizione di sei “volenterosi”, nonostante le perplessità di altri stati che rappresentano la maggior parte dell'umanità, dalla Russia alla Cina, dall'India al Brasile, dall'Unione Africana alla Lega Araba, ha arbitrariamente violato la sovranità di uno Stato, ne ha bombardato la popolazione con l'uranio impoverito, causando solo il primo giorno più di 60 morti, e lasciando dietro di sé una scia di sangue. Si è ricordato che vigeva un “cessate il fuoco” al momento dell'attacco, che erano possibili tante altre strade per evitare quest'ennesimo conflitto.
Tutti gli interventi hanno poi denunciato le responsabilità di tutte le forze politiche istituzionali, dalla Lega che non vuole l'intervento solo perché teme l'“invasione” dei migranti a Berlusconi che fino a pochi mesi fa baciava le mani del “tiranno”, dal fascista La Russa che sognava da tempo di mettersi l'elmetto alla “sinistra” tutta, dall'interventista PD fino a Vendola e Di Pietro, che si nascondono dietro l'ambigua risoluzione ONU per sostenere i nostri interessi “nazionali”. Anche in polemica con le celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia, con l'esposizione dei tricolori, gli inni ed il militarismo dilagante nei media, gli interventi hanno infatti ricordato che non esistono interessi “nazionali”, ma solo gli interessi degli sfruttati e dei dominati contro quelli dei dominanti, e che i nostri interessi sono proprio quelli dei lavoratori e dei popoli di tutto il mondo, contro tutti i regimi, quello di Gheddafi compreso.
Si è infine ricordato che la responsabilità è anche quella dei vertici della CGIL che si sono schierati a favore dell'intervento, e di tutti i pacifisti incoerenti. Da questo punto di vista, ci si è provocatoriamente domandati perché erano in migliaia a difendere la Costituzione dagli attacchi di Berlusconi mentre quando con accordo bipartisan si viola l'articolo 11 (“L'Italia ripudia la guerra”) molte di meno sono le voci scandalizzate. E ci si è detti che la nostra opposizione deve essere ferma, e deve cercare di bloccare davvero la macchina da guerra, la produzione di armi etc.
In sintesi l'assemblea:
• Si schiera a fianco del popolo libico, e di tutte le popolazioni in rivolta dell'area, contro dittatori, eserciti e ingerenze occidentali;
• Chiede la fine immediata dei bombardamenti e dell'aggressione militare;
• Chiede il diritto d'asilo per tutti i profughi ed i migranti in fuga;
• Propone di caratterizzare la manifestazione nazionale sull'acqua di sabato 26 marzo con una chiara presa di posizione contro la guerra, anche contestando i politici che la useranno come passerella mentre favoriscono l'azione militare;
• Chiama un presidio a Capodichino, di fronte alla base militare dove ora è il comando dell'operazione, per giovedì 24 marzo alle 16:30.
• Fa appello alle altre realtà di movimento, a tutti i pacifisti conseguenti, a tutte le forze politiche che vogliono davvero bloccare questa guerra a costruire insieme una manifestazione nazionale a Napoli nelle prime settimane di aprile.
ASSEMBLEA CONTRO LA GUERRA
...
pc 26 marzo - L'Aquila.. "Non farti vedere il 6 aprile"
.L'Aquila, manifesti contro Berlusconi: "Non farti vedere il 6 aprile"
Sui muri della città manifesti in dialetto aquilano del Comitato 3e32 contro un'eventuale visita del premier il 6 aprile 2011, data in cui ricorre il secondo anniversario del terremoto che ha distrutto il capoluogo. Nello steso giorno il presidente del consiglio dovrebbe presentarsi al tribunale di Milano per rispondere dei reati di concussione e prostituzione nell'ambito del processo sullo scandalo Ruby.
pc 26 marzo - rapita, sequestrata violentata .. i boss camorristi cani luridi e vili..
Una ragazza romena di 26 anni è stata abbandonata sulla spiaggia di Metaponto (Matera) dopo essere stata violentata per due giorni da sette uomini
26/03/2011 Rapita, sequestrata e violentata per due giorni sotto la minaccia delle armi e l'effetto delle droghe da sette uomini, tra cui il figlio di un boss di Casal di Principe. È la terribile storia emersa oggi capitata a una ragazza romena di 26 anni rapita da tre uomini a Torino e chiusa in un appartamento dove hanno abusato di lei anche altri quattro componenti del branco, e infine abbandonata sulla spiaggia di Metaponto (Matera) dove è stata trovata e soccorsa dai carabinieri. Oggi i militari del Nucleo investigativo di Napoli hanno assicurato alla giustizia quattro persone, sottoposte a fermo per violenza sessuale di gruppo, sequestro di persona e per detenzione e porto illegali di armi da fuoco aggravati dal metodo mafioso. I fermati hanno un¹età compresa tra i 26 e 55 anni. Tra loro c'è anche il figlio di un boss di Casal di Principe (Caserta). I complici sono di Mondragone, un altro centro del Casertano: si tratta di un pensionato, un ragioniere e una guardia giurata. I militari, oltre a cercare di
identificare i tre aggressori mancanti, ritengono che i fermati possano
essere autori di reati ancor più gravi.
La ragazza, da quanto si è appreso, era uscita per una serata da trascorrere a Torino in compagnia di amici prima che si trasformasse in un incubo: una volta rapita è stata drogata e tenuta chiusa in un appartamento dai suoi sequestratori che per due giorni l'hanno minacciata con le armi, picchiandola e seviziandola.
pc 26 marzo - profughi trasferiti a manduria - taranto - la posizione dello slai cobas sind.clas. SI ALL'ACCOGLIENZA DIGNITOSA - NO NUOVO CIE !
un campo profughi
da 120 tende e 720 letti
POTENZA – La prefettura di Potenza ha inviato oggi a Manduria (Taranto) 120 tende (da sei posti ciascuna) e 720 posti letto “completi” per un campo che - secondo quanto si è appreso – dovrebbe ospitare alcune centinaia di profughi provenienti dall’Africa. Le tende e i posti letto sono partiti stamani dal Centro di assistenza di pronto intervento di Protezione civile del ministero dell’Interno.
Arriveranno la prossima settimana i primi profughi che saranno ospitati nella tendopoli inviata dalla prefettura di Potenza e che sarà allestita nelle prossime ore nell’area di un vecchio aeroporto militare abbandonato sulla strada che da Manduria conduce ad Oria (Brindisi).
Il coordinamento dei lavori è affidato al responsabile della Protezione Civile nazionale, Dario Ricci mentre la supervisione è del colonnello Marcello Pace della direzione del genio militare per la Marina di Taranto. Nel centro di prima accoglienza per profughi e rifugiati politici libici e tunisini saranno messi a disposizione 720 posti letto. Non sono ancora arrivate le 120 tende (da sei posti ciascuna) messe a disposizione dalla Prefettura di Potenza, ma da stamattina sono al lavoro squadre di vigili del fuoco di diversi distaccamenti della regione per i lavori di spianamento del campo.
A quanto si è saputo, il sindaco di Manduria, Paolo Tommasino, riceverà nelle prossime ore un decreto prefettizio con la nomina di commissario per l’emergenza dei profughi e con potere di affidamento dei servizi e lavori ad imprese di fiducia per la fornitura dei macchinari, del materiale e della manodopera necessaria. Coinvolte per la fornitura di servizi anche le direzioni della Telecom, dell’Enel e dell’Acquedotto pugliese.
SARANNO 13 SULL'INTERO TERRITORIO NAZIONALE
“Sull'intero territorio nazionale sono previsti 13 nuovi Centri di identificazione ed espulsione (Cie), con caratteristiche di provvisorietà. Saranno realizzati in siti militari dismessi e messi a disposizione dal ministero della Difesa. E probabilmente quello di Manduria (Taranto) sarà il primo, perchè è quello che si trova nelle condizioni più adatte per un ripristino rapido”. Lo ha spiegato il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano.
“I Centri di identificazione e di espulsione – ha aggiunto - cioè quei centri che riguardano i migranti irregolari, sono oltre ogni limite di presenze e ne servono degli altri che hanno le caratteristiche della provvisorietà perchè ci auguriamo che i controlli riprendano dalla Tunisia”.
“Questi centri – ha dettoo – sono frutto in questo momento di una verifica” e “abbiamo chiesto la disponibilità al ministero della Difesa” perchè “la competenza per i Cie, e ripeto stiamo parlando solo di clandestini, è del governo”.
“Il ministero della Difesa – ha precisato – ci ha indicato 13 siti, tra questi c'è anche quello collocato a cinque chilometri da Manduria”.
“E' un sito – ha sottolineato – che sarà allestito in condizioni di assoluta sicurezza, con una recinzione, con un contingente di poliziotti e di carabinieri adeguato e aggiuntivo”.
“Quindi – ha aggiunto – il territorio non sarà sguarnito nelle sue esigenze di sicurezza per questo centro. E diventerà operativo non appena saranno effettuati i sopralluoghi e i lavori necessari. Tutto questo speriamo di contenerlo nel minor tempo possibile, nel tempo che sarà impiegato per restituire i clandestini alla Tunisia e per ripristinare il meccanismo di controllo”.
ARRIVATE LE PRIME TENDE
Sono arrivati a Manduria i primi camion che trasportano le tende messe a disposizione dalla prefettura di Potenza per l’allestimento del campo profughi che accoglierà nei prossimi giorni parte degli immigrati sbarcati a Lampedusa. Sono attese 120 tende da sei posti ciascuna. Inizialmente, forse già nella serata di domenica, dovrebbe arrivare un primo gruppo di duecento profughi e rifugiati politici. Oltre 150 vigili del fuoco, coordinati dal comandante regionale Michele Di Grezia, sono al lavoro per l’allestimento della Tendopoli, che sarà pronta entro un paio di giorni.
pc 26 marzo - La Nato continua ad uccidere civili in Afghanistan
L’errore di cui parlano i generali dell’Isaf (Forza di assistenza per la sicurezza internazionale - sotto comando della Nato), sta nel fatto che esista un imperialismo assassino che permette tali eccidi di innocenti per il controllo geopolitico e militare di diverse aree del mondo a garanzia dello sfruttamento delle risorse naturali e permettere l’accumulo vertiginoso dei profitti delle multinazionali.
Migliaia di morti, il cui numero preciso non si saprà mai, tra l’altro perché “Gli Stati Uniti e
Purtroppo di “errori” di questo tipo ne vedremo ancora tanti se non spazziamo via l’imperialismo con la sua borghesia guerrafondaia e tutti i suoi lacchè!
***
Afghanistan, l'Isaf ammette: "Civili uccisi per errore in raid di ieri nell'Helmand"
ultimo aggiornamento: 26 marzo, ore 09:01
Kabul - (Adnkronos) - E' successo durante un'operazione per uccidere o catturare un alto comandante Talebano
Kabul, 26 mar. - (Adnkronos) - Diversi civili sono rimasti uccisi e feriti ieri nel corso di un raid dell'Isaf in Afghanistan nella provincia meridionale di Helmand. Ad annunciarlo e' stato oggi l'Isaf: "Durante un'operazione dell'Isaf per uccidere o catturare un alto comandante Talebano, civili afgani sono stati uccisi e feriti per errore nel distretto di Now Zad, provincia di Helmand, ieri", ha reso noto l'Isaf.
I velivoli della Nato - e' stato quindi precisato - avrebbero preso di mira due veicoli a bordo dei quali vi sarebbe stato un alto esponente Talebano e gli uomini a lui piu' vicini. Ma in realta' a bordo dei mezzi viaggiavano civili.
pc 26 marzo - la posizione di proletari comunisti alla manifestazione antinucleare di roma del 26
A questo in Italia si aggiunge, come sempre, l'esistenza di una lobby affaristica, corrotta e mafiosa che ha il centro in questo governo ma che è trasversale e comprende ministri, banchieri, scienziati, ecc.; due nomi per tutti: Chicco Testa e Veronesi.
Per questo la scelta dell'Italia sul nucleare non è reversibile, qualunque siano le dimensioni del disastro giapponese.
Questo è inaccettabile per i proletari e le masse popolari che si esprimeranno naturalmente per l'ennesima volta anche attraverso il sì al referendum previsto per giugno. Ma la reversibilità effettiva di questa scelta è ottenibile in una sola forma, rovesciando il potere dei padroni, lo Stato e i governi dei padroni. Questa è la cosa da dire, e in una certa maniera da imporre, qui ed ora, all'interno del movimento di opposizione al nucleare.
Se non si vuol fare da compagni di strada, come testimoni impotenti della marcia verso la moderna barbarie del sistema imperialista mondiale e italiano.
proletari comunisti
26 marzo 2011
pc 26 marzo - contro il nucleare e la guerra - manifestazione a taranto
No al nucleare !
sabato 26 marzo ore 18 piazza immacolata
Slai Cobas per il sindacato di classe taranto
cobasta@libero 347-5301704 via rintone 22 taranto
pc 26 marzo - FUORI LE BANCHE DALL'UNIVERSITA'
Torino, venerdì 25 marzo: un gruppo di giovani appartenenti al Coordinamento studenti e precari organizza un'azione dimostrativa contro la sede centrale della banca Intesa-Sanpaolo, sita in piazza San Carlo, per protestare contro il fatto che le tasse universitarie si paghino presso gli sportelli della banca milanese.
Sì, proprio milanese: lo storico Banco San Paolo torinese è stato assorbito - e non si è fuso come ci hanno propinato in tutte le salse per mesi - come ho avuto modo di sapere da diversi dipendenti del gruppo, in più occasioni.
Ma torniamo all'azione oggetto dell'articolo; naturalmente le guardie all'entrata si attivano subito per impedire ai giovani di accedere agli uffici: ne nasce una colluttazione, nel corso della quale due uomini in divisa vengono leggermente contusi.
In 'compenso' venticinque manifestanti vengono denunciati dalle 'forze dell'ordine' prontamente accorse.
Il giorno successivo la busjarda, all'interno di un articolo firmato, guarda il caso, dal pennivendolo ultra reazionario Massimo Numa - che, ad onor del vero, questa volta si comporta in maniera quasi equilibrata - si trovano le reazioni dei politicanti cittadini ad un'azione assolutamente legittima, persino necessaria.
Anche questa volta si distinguono, per la loro insensatezza e stupidità, quelle rilasciate dai sedicenti democratici.
Il podestà uscente, Sergio Kiamparino - che in fatto di dichiarazioni poco intelligenti è un vero maestro - brilla come al solito, sproloquiando di "estremismo stupido, vanno isolati".
Il candidato alla sua successione, lo Smilzo, lo rincorre sullo stesso piano, abbaiando: "Condanno con la massima fermezza l'aggressione. Esprimo solidarietà ai clienti, al personale San Paolo, e alle guardie rimaste ferite. Confido in una pronta individuazione dei responsabili. Siano perseguiti come meritano".
Non da meno è il segretario regionale del partito sedicente democratico, il democristiano d.o.c.g. Gianfranco Morgando, che ulula: "macché studenti e precari: chi agisce con la violenza è solo un delinquente".
A tutti questi politicanti sfugge un 'piccolo' particolare: nel momento in cui il Governo taglia i fondi all'Università ed alla Ricerca, l'ateneo torinese - che già si trova in difficoltà finanziarie e per questo è costretto a tagliare il numero di precari non rinnovando loro i contratti scaduti - rinuncia ad una parte degli introiti delle tasse, cedendo la riscossione di queste (non credo proprio che la banca svolga questo servizio gratis) che dovrebbero servire essenzialmente per finanziare il rinnovo dei contratti a termine a ricercatori e precari.
Il sospetto è che tutta questa solidarietà alla banca sia dovuta al fatto che i responsabili di questa sono dell'area dei sedicenti democratici; magari qualcuno potrebbe finanziarsi con queste operazioni.
Torino, 26 marzo 2011
Stefano Ghio - Proletari Comunisti Torino
venerdì 25 marzo 2011
pc 25 marzo - roma.. i rifugiati non sono pacchi
*
IL DIRITTO ALL’ACCOGLIENZA DEVE ESSERE GARANTITO,*
*esigiamo *
*TRASPARENZA E PROGRAMMAZIONE
*
*
*Siamo in guerra*, di nuovo.
E di nuovo noi siamo dalla parte della difesa del diritto d’asilo, con i
ribelli e con i migranti sulle due sponde del Mediterraneo! Ci chiediamo
infatti se l’intervento militare in Libia sia davvero dalla parte dei
“ribelli” o celi piuttosto un’operazione che ha come posta in gioco
interessi economici miliardaria legati alla questione energetica, mentre
nessuna forma di tutela viene prevista per chi da quella guerra fugge.
I popoli della Libia, della Tunisia, del Marocco, dell’Egitto, si sono
ribellati per affermare *il diritto a vivere dignitosamente nei propri paesi
e per affermare il diritto di scegliere di migrare per costruire altrove il
proprio futuro*. Alcuni di loro, le cui cifre non corrispondono alle
invasioni di milioni di persone profetizzate da Maroni, stanno arrivando in
queste settimane a Lampedusa, riaprendo la frontiera a sud dell’Italia,
chiusa a suon di respingimenti, morti e violazione del diritto d’asilo da
parte del nostro governo.
*Molti sono giovani, studenti, precari, disoccupati* che hanno imparato in
fretta, forse anche grazie alla rete e ai social network, che la crisi
economica globale non può costituire un’ennesima occasione di sfruttamento
nei confronti delle fasce più povere di popolazioni già vessate dalle
politiche economiche di governi autoritari e oligarchici.
*Molte sono donne* che scendono in piazza a partire dalla rivendicazione
dei propri diritti e della propria libertà di espressione e
autodeterminazione.
*Molti sono i “ribelli” osannati dall’opinione pubblica occidentale
“progressista”*, che però nei propri paesi è ben più propensa a condannare o
individuare buoni e cattivi.
Tutti, una volta in Italia, diventano pericolosi clandestini o, nel migliore
dei casi, “disperati” da spostare dove si vedono di meno, dove diventano
numeri da giocarsi al lotto.
La macchina organizzativa quindi si mette in moto, pronta a confinare la
dignità e i diritti all’interno dei centri che siano C.A.R.A. o C.I.E., in
un contesto dove *l’emergenza giustifica tutto*, anche lo spostamento di
centinaia di rifugiati da dove sono accolti da mesi, come sta accadendo per
il C.A.R.A. di Castelnuovo di Porto (Roma).
L’emergenza, giustifica, ma non ai nostri occhi, la deroga alle leggi
nazionali e internazionali, violando preventivamente i principi e gli
standard di accoglienza imposti da convenzioni e direttive puntualmente
disattesi. Il villaggio della solidarietà o meglio definito “campo di
confinamento” di Mineo, frutto della mente perversa del prefetto Caruso,
nuovo commissario straordinario all’immigrazione, è l’aberrazione più
estrema delle politiche di gestione e di accoglienza delle migrazioni
adottate dal governo italiano. Separare, discriminare, isolare, gestire,
controllare, le parole d’ordine della politica in materia di immigrazione,
del governo – che sia quello centrale o quello locale, niente cambia.
*I rifugiati non sono pacchi da spostare e respingere!*
*Siamo gli stessi delle piazze dell’autunno *e della piazza del Primo Marzo,
*siamo cittadini italiani e stranieri* che sentono il dovere di imporre alle
istituzioni, quantomeno, il rispetto degli standard di accoglienza.
*Siamo gli afgani di Ostiense*, *i somali dell’ex ambasciata*, siamo i
migranti che provano a sopravvivere nelle pieghe della Capitale di questa
riscoperta retorica dell’Italia Unita, rendendosi invisibili perché
ricattati, perseguitati, abbandonati in condizioni di vita che calpestano la
dignità e i diritti fondamentali. La nostra condizione è il risultato delle
politiche fallimentari della giunta Alemanno, che a colpi di commissari
straordinari rimediano ai disastri con la Croce Rossa, le Misericordie e la
Protezione Civile, sempre pronti al richiamo di centinaia di migliaia di
euro in cambio di “ORDINE E PULIZIA”.
*Dobbiamo costruire pratiche di vera accoglienza e solidarietà*,
riappropriarci del diritto all'asilo, svuotato e calpestato dalle politiche
comunitarie di contrasto all'immigrazione illegale.
*Illegale è chi ci nega un futuro! Dobbiamo poter scegliere di vivere!*
*Fermiamo questa vergogna!*
- Chiediamo che vengano immediatamente sospese le deportazioni forzate
del richiedenti asilo.
- Chiediamo l’ampliamento dei canali ordinari dell’accoglienza per i
richiedenti asilo e i rifugiati, per un intervento fuori dalle logiche
dell’emergenza, nel rispetto del principio di territorialità del
richiedente
asilo.
- Chiediamo trasparenza nella gestione dei fondi e la valorizzazione
delle buone pratiche dell’accoglienza.
- Chiediamo l’immediata emanazione di un decreto governativo di
protezione “umanitaria” che tuteli i profughi nordafricani.
- Chiediamo che la convenzione “DUBLINO” venga sospesa immediatamente,
per garantire la libera circolazione dei profughi e la tutela del
progetto
migratorio.
*MANIFESTAZIONE CITTADINA 28 MARZO H 17*
*SOTTO LA PREFETTURA A PIAZZA SS. APOSTOLI (ROMA)*
* *
Prime adesioni:
Action_Quiebraley – ADBI (Ass. Donne Brasiliane in Italia) - Andrea Catarci,
Presidente Municipio Roma XI - Anomalia Sapienza - Arci Roma - Arci
solidarietà onlus - Asinitas Onlus - Ass. A Sud – Ass. Da Sud – Ass. Lunaria
– Ass. SenzaConfine – Ass. Somebody – Ass. Umanistan Voci dal Mondo - Ass.
Yakaar - Cemea del Mezzogiorno Onlus - CNCA Lazio - Comitato Primo Marzo
Roma – Esc Infomigrante – Focus Casa dei Diritti Sociali - Horus | Astra 19
–Comunità Cristiana di Base San Paolo – INsensINverso – M'ArtE | Officina
Multimediale - Medici per i Diritti Umani - Medici contro la Tortura - Rete
Radici – Servizio Civile Internazionale – Strike | Yo Migro - Un Ponte per -
YA BASTA! Moltitudia Onlus
Per informazioni e adesioni: primomarzo2011@yahoo.it
pc 25 marzo - G8 genova - TUTTI ASSOLTI: MA COME ANDO' VERAMENTE?
Ed il morto ci fu: Carlo Giuliani, il pomeriggio del 20 luglio in piazza Alimonda, ammazzato da un carabiniere successivamente assolto per infermità mentale, e per questo anche congedato dall'arma, Mario Placanica.
Per inciso: nei mesi successivi, mentre si trovava in vacanza in Calabria, qualcuno sabotò i freni dell'automobile del novello Tex Willer cercando di provocarne il decesso, in modo che non potesse più testimoniare su come realmente si svolsero i fatti.
Nel frattempo, il Comitato verità e giustizia - la cui sede si trova attualmente in via Monticelli, nel quartiere di Marassi, a Genova - si è battuto per far venire a galla tutte le nefandezze perpetrate in quei giorni dagli uomini in divisa, mentre la giustizia borghese ha lavorato alacremente per assolvere tutta la catena di comando.
O almeno quella dei gradi inferiori poiché gli ufficiali presenti quel giorno - Gratteri e Canterini in primis - sono stati tutti promossi ad altri incarichi più prestigiosi per i loro 'meriti sul campo'.
Chi scrive, il 20 luglio partecipa - nella sua qualità di cronista - alla manifestazione mattutina, quella delle 'tute nere', che parte da piazza Paolo da Novi intorno alle ore 12:00 per poi concludersi, circa due ore e mezza dopo, davanti alla sede del quotidiano Corriere Mercantile, in via Archimede.
Sarebbero tante, e tutte da raccontare, le situazioni avvenute in quel lasso di tempo: qui mi limito a citarne un paio, avvenute a pochi minuti di distanza l'una dall'altra.
Subito dopo la partenza, il corteo imbocca - dopo un brevissimo passaggio in corso Buenos Ayres - corso Torino: qui iniziano i tafferugli, principalmente dovuti ad alcune vetrine di banche ed agenzie di viaggi mandate in frantumi.
Nel parapiglia che ci si può immaginare, le 'forze dell'ordine' riescono a spingere i manifestanti sul lato mare di corso Torino, isolando la stampa sul lato opposto, quello che dall'incrocio con corso Buenos Ayres porta al sottopassaggio ferroviario.
A questo punto qualche 'genio' in divisa, evidentemente assai infastidito dalla presenza dei giornalisti, ha la bella idea di rivolgere la propria arma contro chi sta cercando di documentare l'andamento del corteo; il risultato è che un candelotto - sparato ad altezza uomo - mi passa a pochi centimetri, provocandomi un lungo brivido lungo la schiena.
Ripresomi con grande fatica dall'effetto provocato dal gas urticante - grazie soprattutto ad un passante che mi offre riparo temporaneo all'interno di un portone - decido di passare oltre lo schieramento di 'forze dell'ordine' per tornare a descrivere al meglio la situazione.
Va detto che, nei pochi minuti passati al riparo, mi sono perduto l'avanzata delle avanguardie del corteo verso la zona dove in precedenza era la stampa: decido allora di posizionarmi vicino all'edicola dei giornali che si trova all'incrocio tra i due corsi, sperando così di poter essere un testimone migliore di quanto sta accadendo.
Proprio mentre mi accingo ad oltrepassare la barriera di uomini in divisa sento nitidamente la voce di uno di loro, un graduato, che urla "forza, organizziamoci che li finiamo".
Ecco: questi due piccoli episodi dimostrano inequivocabilmente che quel giorno chi comandava la piazza aveva avuto l'ordine di cercare il morto, per poter criminalizzare il movimento; solo per un caso quello di Carlo è stato l'unico omicidio della giornata.
La magistratura ha assolto tutti, ma la storia li condannerà.
Genova, 25 marzo 2011
Stefano Ghio - Comitato promotore Circolo Proletari Comuinisti Genova
pc 25 marzo - PUGLIA: GLI IMMIGRATI VANNO BENE SOLO SE SCHIAVI
Sono circa 300 e lavorano in una ditta spagnola, la Tecnova, che fa impianti per il fotovoltaico e che ha sua volta ha avuto l'appalto da una azienda milanese di cui ancora non si conosce il nome. Come hanno denunciato, sono costretti a lavorare per 15, qualcuno anche per 24 ore al giorno (dalle 7 della mattina alle 6,30 dell'indomani, il turno normale è di 12 ore. Come dice un operaio: prima ci hanno detto che dopo le 8 ore avremmo ricevuto l'extra. Invece ci siamo accorti che non era così: hanno detto che gli extra erano solo sabato e domenica, poi neanche più quelli. Ci hanno sfruttato". Non hanno mai conosciuto riposi settimanali, festivi; in un lavoro duro, all'aperto in cantieri tra lecce e Brindisi.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato che a questo supersfruttamento si è unito il non pagamento del salario. L'azienda prima ha cominciato a ritardare i pagamentii, poi ha smesso e ora da agosto gli operai non prendono una lira. E all'INPS su 300 risultano assunti solo 50 operai.
"Senza soldi - dice un operaio tunisino - non ho pagato l'affitto e il proprietario mi ha cacciato di casa... Per fortuna non ho figli, altrimenti mi sarei ammazzato".
Chiunque parlava o protestava si trovava licenziato.
Ma gli immigrati operai sono riusciti a superare la paura "Tanto ormai la paura di essere licenziato come accadeva fino a poco tempo fa a coloro che osavano chiedere notizie su di un loro diritto, è stata sostituita dalla rabbia..." E da martedì scorso hanno organizzato la protesta collettiva, cominciato uno sciopero e ora vogliono non bugiarde promesse, ma i loro soldi "guadagnati lavorando duramente!".
NELLA PUGLIA DI VENDOLA, LA PRODUZIONE MODERNA DI ENERGIA ALTERNATIVA, TANTO VOLUTA DA VENDOLA, SI FA SEMPRE E SOLO CON LO SFRUTTAMENTO PIU' "ANTICO" E "NORMALE", perchè il fine è sempre il profitto!
pc 25 marzo - ASSASSINIO DI CARLO GIULIANI: TUTTI ASSOLTI: MA COME ANDO' VERAMENTE?
Ed il morto ci fu: Carlo Giuliani, il pomeriggio del 20 luglio in piazza Alimonda, ammazzato da un carabiniere successivamente assolto per infermità mentale, e per questo anche congedato dall'arma, Mario Placanica.
Per inciso: nei mesi successivi, mentre si trovava in vacanza in Calabria, qualcuno sabotò i freni dell'automobile del novello Tex Willer cercando di provocarne il decesso, in modo che non potesse più testimoniare su come realmente si svolsero i fatti.
Nel frattempo, il Comitato verità e giustizia - la cui sede si trova attualmente in via Monticelli, nel quartiere di Marassi, a Genova - si è battuto per far venire a galla tutte le nefandezze perpetrate in quei giorni dagli uomini in divisa, mentre la giustizia borghese ha lavorato alacremente per assolvere tutta la catena di comando.
O almeno quella dei gradi inferiori poiché gli ufficiali presenti quel giorno - Gratteri e Canterini in primis - sono stati tutti promossi ad altri incarichi più prestigiosi per i loro 'meriti sul campo'.
Chi scrive, il 20 luglio partecipa - nella sua qualità di cronista - alla manifestazione mattutina, quella delle 'tute nere', che parte da piazza Paolo da Novi intorno alle ore 12:00 per poi concludersi, circa due ore e mezza dopo, davanti alla sede del quotidiano Corriere Mercantile, in via Archimede.
Sarebbero tante, e tutte da raccontare, le situazioni avvenute in quel lasso di tempo: qui mi limito a citarne un paio, avvenute a pochi minuti di distanza l'una dall'altra.
Subito dopo la partenza, il corteo imbocca - dopo un brevissimo passaggio in corso Buenos Ayres - corso Torino: qui iniziano i tafferugli, principalmente dovuti ad alcune vetrine di banche ed agenzie di viaggi mandate in frantumi.
Nel parapiglia che ci si può immaginare, le 'forze dell'ordine' riescono a spingere i manifestanti sul lato mare di corso Torino, isolando la stampa sul lato opposto, quello che dall'incrocio con corso Buenos Ayres porta al sottopassaggio ferroviario.
A questo punto qualche 'genio' in divisa, evidentemente assai infastidito dalla presenza dei giornalisti, ha la bella idea di rivolgere la propria arma contro chi sta cercando di documentare l'andamento del corteo; il risultato è che un candelotto - sparato ad altezza uomo - mi passa a pochi centimetri, provocandomi un lungo brivido lungo la schiena.
Ripresomi con grande fatica dall'effetto provocato dal gas urticante - grazie soprattutto ad un passante che mi offre riparo temporaneo all'interno di un portone -decido di passare oltre lo schieramento di 'forze dell'ordine' per tornare a descrivere al meglio la situazione.
Va detto che, nei pochi minuti passati al riparo, mi sono perduto l'avanzata delle avanguardie del corteo verso la zona dove in precedenza era la stampa: decido allora di posizionarmi vicino all'edicola dei giornali che si trova all'incrocio tra i due corsi, sperando così di poter essere un testimone migliore di quanto sta accadendo.
Proprio mentre mi accingo ad oltrepassare la barriera di uomini in divisa sento nitidamente la voce di uno di loro, un graduato, che urla "forza, organizziamoci che li finiamo".
Ecco: questi due piccoli episodi dimostrano inequivocabilmente che quel giorno chi comandava la piazza aveva avuto l'ordine di cercare il morto, per poter criminalizzare il movimento; solo per un caso quello di Carlo è stato l'unico omicidio della giornata.
La magistratura ha assolto tutti, ma la storia li condannerà.
Genova, 25 marzo 2011
Stefano Ghio - Comitato promotore Circolo Proletari Comuinisti Genova
pc 25 marzo - La guerra popolare in India miete successi
15 marzo
I militari avrebbero voluto tendere un’imboscata ai maoisti che tornavano al proprio campo e invece durante lo scontro che è durato circa 4 ore hanno avuto la peggio. Sono morti infatti due militari dei “Koya commandos” (milizia indigena al servizio dello Stato reazionario) e un poliziotto della polizia del Chhattisgarh e altri sono stati feriti nella zona controllata dai combattenti maoisti nel Dantewada.
La polizia come al solito, davanti alla totale disfatta, dice di aver ucciso dei maoisti ma poi non trova mai i corpi…
16 marzo
I maoisti hanno fatto saltare una torre usata per le comunicazioni telefoniche nel distretto di Gaya che si trova a due passi dalla stazione di polizia di Dumaria nel Bihar. Sono state usate bombe artigianali che hanno seriamente danneggiato un’altra torre.
I maoisti hanno lasciato sul posto volantini e documenti che dicono al governo di fermare “la messa in atto non dichiarata apertamente dell’Operazione Green Hunt” e “l’uccisione di dalit innocenti” accusati di essere maoisti.
Anche lo sciopero totale di due giorni dichiarato a Dumaria, Imamgani e Banke Bazar è riuscito pienamente. Sia i negozi che le scuole sono rimaste chiuse e il traffico veicolare nel distretto completarmene bloccato.
pc 25 marzo - lo stato spagnolo vuole massacrare Arenas, segr.gen. del PCE r
Lo Stato spagnolo vuole massacrare il Segretario Generale del PCE(r)
L'unica "colpa" di Arenas é quella di essere comunista.
Per questo motivo é in galera dal 2000
.
Nelle ultime settimane la situazione in carcere per Arenas si é aggravata in modo notevole.
-E' stato trasferito nel carcere di Castelló II, a centinaia di chilometri dai suoi familiari e dai suoi avvocati.
-E' in totale isolamento.
-I carcerieri gli hanno tolto tutte le sue cose e gli é consentito tenere in cella solo quello che indossa e una matita.
-Non può ricevere libri, né avere quelli che aveva in suo possesso e quindi non può leggere, non può studiare e non può scrivere neppure una lettera.
-Le cose sono arrivate al punto che é stato obbligato a rifiutare il cibo perché, per pretestuosi motivi di sicurezza, gli hanno requisito la protesi dentaria
-E' costretto a non uscire in cortile (peraltro consistente in un angusto spazio, lungo esattamente sei passi d'uomo) perché lo sottoporrebbero ad umilianti perquisizioni personali.
-Ai familiari che telefonano al carcere di Castelló II per prenotare i colloqui, i funzionari si rifiutano di dare informazioni al riguardo e sono giunti persino a dire che non si trova lì.
Questa situazione sta obbligando Arenas a proporsi di iniziare uno sciopero della fame, nonostante le sue precarie condizioni di salute, per poter ottenere condizioni di vita umane in carcere.
Tutti questi provvedimenti di isolamento, una vera e propria tortura bianca, sono sistematicamente negate dalla direzione del carcere. La loro intenzione é quella di eliminare questo dirigente comunista all'insaputa di tutti.
E' NECCESARIO DENUNCIARE QUESTE TORTURE!!,
ROMPIAMO IL MLURO DEL SILENZIO!!
Scrivi ad Arenas per esprimergli la tua solidarietà:
Manuel Pérez Martínez
C.P. Albocasser, Castellón II
Castellón
Comités por un SRI
13 marzo 2011
Cari compagni,
le ultime notizie da Castelló II sono allarmanti. Da quando Arenas é in questa prigione é minacciato di morte da parte di un ex legionario, detenuto nel suo stesso braccio.
Questo prigioniero fascista lo ha attaccato sin dal primo giorno. Da quando ha saputo dai cercerieri chi era "Arenas", questo ex legionario ha detto pubblicamente (e lo grida ad alta voce dalla finestra della sua cella) che "non consentirà che ci sia un terrorista nel suo stesso braccio e che se dovesse incrociarlo in cortile lo farà fuori.
Amor y Fuerza
pc 25 marzo - Ravenna amianto killer indagine sul Cda della Compagnia portuale.. che poi vuol dire CGIL..
Amianto killer: per la morte di Attilio Collinelli, deceduto nel 2004 a causa di un tumore ai polmoni legato all'esposizione al pericoloso metallo, si riaprono le porte della procura
RAVENNA - L'allora console della Compagnia Portuale dello scalo, accusato di omicidio colposo, è nel frattempo morto. E così per il decesso di Attilio Collinelli - portuale originario di Civitella di Romagna stroncato a 67 anni nella primavera del 2004 da un tumore ai polmoni legato una prolungata esposizione all'amianto -, il gup Anna Mori del tribunale, dopo avere pronunciato sentenza di non luogo a procedere per la morte del reo (che oggi avrebbe 81 anni), ha disposto nuove indagini sull'allora Cda della Compagnia Portuale restituendo gli atti alla procura per l'accertamento di eventuali responsabilità. A chiederlo, il pm titolare del fascicolo Cristina D'Aniello sulla base di una sentenza della Cassazione del 201secondo la quale l'azione penale in questi casi può essere esercitata su tutti i membri del Cda. Se si dovesse arrivare di nuovo a udienza preliminare, i familiari
della vittima - tutelati dagli avvocati Silvia Fantin e Francesco Manetti - potrebbero di nuovo presentare domanda di costituzione di parte civile.
La morte di Collinelli, sebbene l'uomo fosse stato forte fumatore, secondo la Procura è riconducibile all'amianto la cui esposizione era andata avanti per 19 anni sulle banchine del porto ravennate. Motivo per cui era stato chiesto il rinvio a giudizio per omicidio colposo del console che era stato alla guida della più grande cooperativa dello scalo romagnolo dal 1967 al 1979 e per la quale il sessantasettenne aveva lavorato dal 1963 al 1987. La diagnosi per il portuale era arrivata nell'autunno del 2003 nel corso di alcuni approfondimenti clinici. A distanza di un mese dal decesso, la patologia era stata collegata a una malattia professionale che come tale era stata riconosciuta nel 2007 dall'Inail.
Sull'accaduto, dalla corposa relazione della Medicina del Lavoro dell'Ausl - nella quale le allora condizioni di lavoro al porto erano state descritte nelle audizioni dei colleghi del defunto - era emerso che tra le merci movimentate in banchina c'era appunto anche l'amianto in sacchi. All'inizio gli involucri erano di carta, quindi in pallets ricoperti di plastica. Sotto il profilo amianto, la condizione nello scalo romagnolo era migliorata negli anni '70 anche se i dispositivi di protezione personale (maschere a doppio filtro, tute a perdere, stivali e guanti oltre agli aspiratori) sarebbero arrivati solo negli anni 1982-'83. I primi interventi per amianto erano stati fatti già nel 1977 -'78 proprio su sollecitazione della Compagnia
Portuale la quale aveva coinvolto l'allora Servizio di Medicina del Lavoro del Comune (oggi dell'Ausl) per preoccupanti dispersioni di minerale. Ma a quel punto ormai l'esposizione si era ridotta alle sole stive delle navi che avevano trasportato amianto. Di fronte a un quadro simile, secondo l'accusa ipotizzata dal pm D'Aniello, l'azienda avrebbe dovuto adottare alcuni accorgimenti per evitare i rischi da esposizione. E ciò non sarebbe accaduto tra il 1971 e il 1982 e limitatamente alle lavorazioni molto polverose.
pc 25 marzo - le precarie e precari di palermo occupano la ferrovia
I lavoratori e le lavoratrici precari delle cooperative sociali hanno occupato per alcune ore il palazzo delle Ferrovie di via roma che adesso appartiene alla Provincia regionale perché da due mesi non ricevono lo stipendio ed è in serio pericolo il loro futuro lavorativo dato che a giugno scade l’appalto e per il seguito circolano vosci sempre più concrete di modifiche al regolamento che farebbero spuntare nuove figure professionali per il servizio di assistenza a danno di quelle già in servizio come proprio quella dell'assistente igenico-personale ai ragazzi disabili.
Il dott. Rizzuto che sta seguendo l’iter del nuovo regolamento ha provato a rifiutare arrogantemente di ricevere questi lavoratori venendo meno ai suoi impegni
pubblici e soprattutto venendo meno all’impegno di rescindere i contratti con le cooperative che si sono giudicate l’appalto se non si fossero comportate secondo le regole imposte dal contratto nazionale di lavoro e secondo la diffida scritta e firmata proprio da lui stesso.
Ma i precari e soprattutto le precarie hanno protestato fortemente minacciando, non solo a parole, anche di buttare a terra la porta della stanza.
All'arrivo della Digos chiamata dalla Provincia, il Dott. Rizzuto ha ceduto alle proteste dei precari convocando per domani un incontro urgente con tutte le Cooperative con presente una nostra delegazione.
La lotta non si ferma...
Precarie e precari Coop Sociali organizzati nello
Slai cobas per il sindacato di classe
Via giacomo del duca 4 Palermo - 340.8429376
pc 25 marzo - PALERMO 23: LA FORTE DENUNCIA DELLO SLAI COBAS per il sindacato di classe. A NAPOLI CASAPOUND CERCA DI AGGREDIRE GIOVANI
Ma Napoli, dove a Casapound era stato dato di fatto il permesso di insediarsi in un quartiere e solo la "cacciata" con manifestazioni di massa lo ha impedito, Palermo, dove la polizia ha messo sottosequesto una intera zona per difenderli altrimenti sarebbero stati spazzati via subito, mostrano come questi topi fascisti galleggiano solo perchè protetti dallo Stato di polizia.
COMUNICATO SLAI COBAS per il sindacato di classe - PALERMO
Contro il fascismo mai un passo indietro!
Fermare con tutti i mezzi lo stato di polizia e il moderno fascismo in costruzione!
Ieri (23 marzo) abbiamo assistito ad una scena incredibile e indecorosa per un paese che si dice civile e democratico. Davanti alla sede della Mondadori c’era uno schieramento impressionate di poliziotti, carabinieri e guardia di finanza, comprensivo di elicottero, a difesa di un gruppo di fascisti dichiarati con caschi in mano, appartenenti a Casapound, che con la scusa della presentazione di un libro vogliono propagandare le idee del passato regime fascista di cui rivendicano gli ideali; per rendersene conto basta rileggere e riascoltare le dichiarazioni di questi fascisti rilasciate anche alla Rai Regione.
È grave anche, come apprendiamo dai giornali di oggi, che ad ulteriore difesa di questi fascisti c’erano anche assessori, consiglieri e deputati che sulla Costituzione hanno giurato per potere accedere alla carica politica; questi consiglieri si devono immediatamente dimettere.
La giusta rabbia dei lavoratori e dei giovani presenti è scoppiata davanti a questa chiarissima violazione della Costituzione italiana, in cui chi dovrebbe difendere l’attuale legalità difende invece palesemente l’illegalità e attacca pesantemente i manifestanti, cercando di cacciarli via anche con le camionette; non è questa forse la trasformazione di un paese che si dice democratico in uno stato di polizia? Se questo paese ha cambiato natura allora è giusto dirlo apertamente perché è bene che i lavoratori, i giovani e tutti lo sappiano, affinché prendano legittimamente tutte le misure adeguate per dare la giusta risposta a questo cambiamento.
È grave quindi che la “sensibilità democratica” dichiarata dalle autorità in ogni occasione, in questo caso sia svanita nel nulla, perfino davanti ad un esposto alla Magistratura: il Prefetto e il Questore non solo hanno ignorato l’esposto che chiariva, citando Costituzione e Legge, quale era la posta in gioco, ma hanno dato fattiva copertura alla manifestazione fascista con un esagerato schieramento poliziesco (pagato con soldi pubblici).
Non è certo questa la sicurezza di cui hanno bisogno lavoratori giovani donne e cittadini democratici che denunciano una violazione di legge; questa “sicurezza” in questo caso ha messo seriamente in pericolo la vita dei presenti e dei passanti che hanno assistito allibiti a ciò che vedevano e hanno manifestato sostegno all’iniziativa dell’esposto alla magistratura da sottoscrivere individualmente e collettivamente e alla resistenza dei giovani antifascisti.
Consideriamo ancora più grave che in tanti cerchino superficialmente di minimizzare ciò che è successo: tutte le forze che si definiscono democratiche, che sono attive in un modo o nell’altro in questa città, devono prendere posizione, schierarsi, altrimenti in questi casi sono corresponsabili di
una strada che i vari governi, e per ultimo il governo Berlusconi, stanno percorrendo verso il moderno fascismo; così facendo agevolano la diffusione dell’humus moderno fascista, razzista e sessista che ben si confà con la “virilità” manifestata in tutti i campi dall’attuale presidente del
Consiglio, Berlusconi in persona, proprietario della Mondadori.
Lo Slai cobas per il sindacato di classe intende continuare una campagna di denuncia di quanto accaduto ieri, e di raccolta di energie per organizzare la risposta adeguata.
A questo scopo già lunedì 28 marzo pomeriggio alle ore 17 presso la sede ci sarà una riunione dei lavoratori e delle lavoratrici iscritti al sindacato.
Il coordinatore provinciale di Palermo - Rosario Sciortino
Vedi su youtube video sul 23 a Palermo che mostra come sono andati veramente i fatti.
http://www.youtube.com/watch?v=DpA9f9HP_E0&feature=player_embedded
giovedì 24 marzo 2011
pc 24 marzo - Palermo antifascista
la battaglia antifascista a palermo nella cronaca di repubblica
Dieci feriti (nove poliziotti e un manifestante). Cassonetti, vasi e blocchi di pietra divelti. Questo il bilancio degli scontri organizzati da red block e centri sociali per impedire la presentazione al Mondadori Multicenter del libro "Nessun dolore", organizzata dai militanti palermitani di CasaPounddi ROMINA MARCECA e DARIO PRESTIGIACOMO
Sono arrivati con i caschi in testa e le sciarpe sul viso. Armati di bastoni, pietre, bottiglie e latte di vernice. Quello che si temeva da giorni è accaduto. Per un'ora il salotto della città, tra piazza Verdi e via Ruggero Settimo, è diventato l'epicentro di una guerriglia urbana. E alla fine, quando l'aria appestata dai lacrimogeni si è rarefatta, i cassonetti e i cestini per i rifiuti distrutti sono stati tolti dalle strade assieme a cocci di vetro e pietre, c'è stata la conta dei feriti.
Dieci in tutto: nove poliziotti e un manifestante con un sopracciglio spaccato da un colpo di manganello. Una guerriglia scatenata dai Red Block e dal centro sociale "Anomalia" per tentare di impedire la presentazione del libro "Nessun dolore", romanzo di Domenico Di Tullio che racconta la storia di CasaPound, organizzazione di estrema destra.
Da una parte la "zona rossa", creata con uno spiegamento straordinario di forze di polizia a protezione del Mondadori Multicenter, dove si erano radunati una sessantina di militanti di CasaPound. Dall'altra un centinaio di manifestanti: qualcuno armato solo di megafono e volantini, altri invece pronti allo scontro. Un pomeriggio di alta tensione, cominciato alle 15,30, quando la Mondadori chiude gli ingressi. Tra i ragazzi di CasaPound il nervosismo è palpabile. A dare loro manforte sono arrivati i militanti di Roma, ma anche quelli della Giovane Italia, de La Destra e dello Spazio sociale Cervantes di Catania. In tutto, sono anche loro un centinaio. A circondarli ci sono nove camionette e ottanta tra poliziotti, carabinieri e finanzieri.
A completare il plotone di sicurezza, i 14 vigilantes chiamati dalla Mondadori.
La temperatura comincia a salire. Si sparge la voce che un gruppo di manifestanti si è messo in marcia dal centro sociale "Anomalia" di via Archirafi. Manca un quarto d'ora alle quattro: i poliziotti scendono dalle camionette e, con l'aiuto dei vigili urbani, chiudono l'accesso ad auto e pedoni nel tratto di via Ruggero Settimo tra via Emerico Amari e via Cavour. Presidiate anche le strade laterali vengono presidiate. Il grosso dei poliziotti si schiera con caschi, manganelli e scudi all'angolo con via Cavour, in modo da chiudere via Ruggero Settimo: l'obiettivo è fermare i manifestanti lontano dalla Mondadori.
I primi ad arrivare sono gli studenti dei Collettivi e un gruppetto di sindacalisti dello Slai-Cobas, in tutto una cinquantina, che si radunano all'angolo tra piazza Verdi e via Volturno, a una decina di metri dal cordone di polizia. Sono le 16. La situazione appare ancora sotto controllo. I ragazzi dei Collettivi hanno il volto scoperto, intonano cori e distribuiscono volantini. Per qualche minuto, tra i manifestanti e dentro la zona rossa cala il silenzio. Ma è solo il preludio della guerriglia.
Alle 17 da via Volturno spuntano una quarantina di giovani con il volto coperto e il casco. Si muovono come una piccola legione romana: in mano hanno bastoni di legno, bottiglie di vetro, pietre e sacchi di vernice. Sono i Red Block e gli autonomi di "Anomalia". Si piazzano tra il cordone della polizia e i ragazzi dei Collettivi. Passano pochi minuti. Una breve sassaiola, quindi parte l'assalto.
Lo scontro è duro, i poliziotti riescono a disperdere gli assedianti e tornano a bloccare l'accesso di via Ruggero Settimo. A una cinquantina di metri, davanti al teatro Massimo, i Red Block si ricompattano e lanciano pietre, bottiglie, sacchetti di vernice e fumogeni, che finiscono contro gli agenti e le vetrine. In strada si scatena il panico. I passanti si riparano lontano dagli scontri. I carabinieri mettono in salvo una mamma col passeggino, così come una scolaresca di Como.
Gli autonomi distruggono i cestini dei rifiuti, le fioriere e i blocchi di pietra dell'area pedonale di via Spinuzza. La polizia risponde con i lacrimogeni, prima di partire alla carica con le camionette. Nella zona non c'è più un negozio aperto.
Alle 17,20 i Red Block riprendono la posizione in via Maqueda e con i vasi e un cassonetto formano una trincea. La sassaiola riparte, così come il lancio dei fumogeni da parte della polizia. Ci vorrà una seconda carica, stavolta molto più dura, per disperdere definitivamente gli ultimi assedianti. La guerriglia finisce intorno alle 17,30. A terra rimangono la testa di un martello, alcuni tondini di ferro, pietre e cocci di vetro. In strada torna la calma. Alla Mondadori inizia la presentazione, ma la libreria resterà presidiata per tutta la notte dalle forze dell'ordine che sequestrano tutte le telecamere della zona per individuare i responsabili della guerriglia.
ancora d arepubblica
[Palermo] Guerriglia in pieno centro feriti 9 poliziotti e un manifestante
Indymedia Lombardia , 24.03.2011 09:07
Centri sociali e red block hanno cercato di impedire, lanciando sassi e bottiglie, la presentazione del libro di Domenico Di Tullio "Nessun dolore, una storia di CasaPound" alla Mondadori.
Lancio di pietre, bottiglie, fumogeni e una bomba carta contro poliziotti in tenuta antisommossa. Nove agenti e un manifestante feriti lievemente. Questo il bilancio degli scontri tra esponenti dei centri sociali e red block che cercavano d'impedire la presentazione del libro di Domenico Di Tullio "Nessun dolore, una storia di CasaPound" in programma nel pomeriggio alla libreria Mondadori a Palermo. Il traffico è stato bloccato.
I manifestanti hanno divelto cestini per i rifiuti e li hanno lanciati contro le forze dell'ordine che hanno risposto con lanci di lacrimogeni. La manifestazione contro la presentazione del libro che era stata annunciata è cominciata in modo pacifico da parte di studenti e aderenti allo Slai Cobas. Poi sono intervenuti giovani dei red block e dei centri sociali che hanno scatenato la guerriglia urbana. Le forze dell'ordine visioneranno numerosi filmati per identificare i responsabili della protesta.
Venerdì scorso erano comparse delle scritte come "Combatti il fascismo, boicotta Mondadori" sulle vetrine della libreria in via Ruggero Settimo. Altre scritte, tra cui una stella a cinque punte, erano state fatte poco lontano su un muro in via Magliocco. Esponenti di Giovane Italia e di CasaPound avevano sostenuto che le scritte erano legate alla presentazione del libro di Domenico Di Tullio. Una presentazione era già saltata l'11 febbraio scorso "per motivi di ordine pubblico".
pc 24 marzo - PALERMO: "Se avessi avuto una pietra l'avrei lanciata anche io..."
Palermo, caos alla Mondadori: Slai-Cobas: "Scontri giusti
"Quella dei ragazzi è una protesta giusta. Appoggiamo gli scontri perché non si può autorizzare la pubblicazione e la presentazione di un libro che fa apologia del fascismo. E' anticostituzionale. Se avessi avuto una pietra l'avrei lanciata anche io contro la polizia che difende queste manifestazioni", dice Donatella Anello
PALERMO. "Quella dei ragazzi è una protesta giusta. Appoggiamo gli scontri perché non si può autorizzare la pubblicazione e la presentazione di un libro che fa apologia del fascismo. E' anticostituzionale. Se avessi avuto una pietra l'avrei lanciata anche io contro la polizia che difende queste manifestazioni". Lo dice Donatella Anello, della Slai Cobas, che questo pomeriggio ha manifestato a Palermo contro la presentazione del libro di Domenico Di Tullio "Nessun dolore, una storia di CasaPound" che si è tenuta nella libreria Mondadori in via Ruggero Settimo.
"La violenza non è questa - ha detto - ma quella che dobbiamo subire ogni giorno in questo Paese".
Di tutt'altro avviso Antonio Rini, consigliere provinciale di Fli. "E' anacronistico - ha puntualizzato - che ci sia in questa città un clima di tensione alimentato da giovani eversivi che non permettono la libera espressione del pensiero". Gli fa eco Filippo Cangemi, segretario provinciale de "La Destra", presente questo pomeriggio alla Mondadori. "E' inaccettabile quanto accaduto questo pomeriggio - ha detto - Le scene di guerriglia di oggi erano, peraltro, state ampiamente annunciate dall'attentato incendiario di sabato notte contro la sede palermitana dell'associazione Casapound".
mercoledì 23 marzo 2011
pc 22-23 marzo - condannati per occupazione i lavoratori dell'Eutelia -Questo sopruso che sa di beffa non DEVE assolutamente passare!!!
Dodici colleghi Agile ex Eutelia, presenti presso la sede di Roma in via Bona,
la notte della famosa irruzione, sono stati condannati per occupazione di
proprietà privata a una multa di 7600 euro ciascuno. Paradossalmente i
vigilantes che, spacciandosi per poliziotti, avevano intimidito e minacciato i
colleghi presenti in sede, hanno ricevuto ammende più lievi. Non è possibile
abbandonare dodici colleghi che quella notte erano presenti a nome di TUTTI i
lavoratori in agitazione. Se questa condanna venisse confermata prenderebbe
corpo un precedente gravissimo che impedirebbe, di fatto, qualsiasi protesta in
difesa del diritto al lavoro. Invitiamo pertanto tutti i colleghi e le colleghe
a mettersi in contatto con i referenti sindacali ed a tenersi pronti alla
mobilitazione.
Questo sopruso che sa di beffa non DEVE assolutamente passare!!!
pc 22-23 marzo - sgomberato il CPO Gramigna di padova
denuncia e mobilitazione ovunque
Questa mattina polizia e digos, hanno sgomberato il Cpo Gramigna, occupato dal 29 ottobre scorso. Lo sgombero è stato ordinato dal vicesindaco di Padova, della giunta del PD, che ha fatto mettere sotto sequestro il primo dei due stabili occupati e demolire a suon di ruspe il secondo.
Operai del comune hanno provveduto a sgomberare e a portare via tutto il materiale che era presente dentro al centro: due generatori di corrente, uno spara-aria per il riscaldamento, libri e striscioni, le stufe, le cucine economiche, il materiale della palestra popolare, il materiale che veniva utilizzato per i concerti (palco e strumentazione).
Sono partite, inoltre, sei denunce a quattro compagni e due compagne.
Molto forte è stata la solidarietà della gente del quartiere.
Seguirà comunicato.
L'erba cattiva non muore mai! Per ogni sgombero una barricata!
Collettivo Politico Gramigna
www.cpogramigna.org
pc 22-23 marzo - donne arrestate e vessate ..in egitto la controrivoluzione a bassa intensità torture le donne scese in piazza
Egitto, la denuncia di 18 donne arrestate
"Ci hanno sottoposto al test della verginità"Amnesty International ha chiesto alle autorità egiziane di indagare sulle gravi denunce di torture, compreso l'obbligo a sottoporsi all'incredibile prova inflitta dai militari alle donne che hanno preso parte alle manifestazioni nella capitale. Fotografate nude e sottoposte a scariche elettriche, una volta constatata la non verginità. "Pratiche degradanti e insopportabili"
IL CAIRO - Il 9 marzo scorso, dopo aver disperso con la violenza una manifestazione in piazza Tahrir, i militari hanno arrestato almeno 18 donne. Queste hanno poi riferito ad Amnesty International 1 di essere state picchiate, sottoposte a scariche elettriche, obbligate a denudarsi mentre i soldati le fotografavano e infine costrette a subire un test di verginita, sotto la minaccia di essere incriminate per prostituzione. Il test di verginita è, in tutto e per tutto, una tortura quando è eseguito con la forza o sotto coercizione.
"Costringere le donne a sottoporsi al "test" è intollerabile e degradante. Il vero obiettivo è umiliare le donne in quanto tali. Tutto il personale medico dovrebbe rifiutarsi di prendere parte a questi cosiddetti "test" - dice Amnesty International.
Le testimonianze. Salwa Husseini, 20 anni, ha raccontato di essere stata arrestata e portata al carcere militare di El Heikstep, a nord-est della capitale. E' stata costretta a togliersi tutti i vestiti ed è stata perquisita da una guardiana, in una stanza con due porte e una finestra, entrambe aperte. Nel frattempo, i soldati entravano nella stanza per scattare foto alla detenuta completamente nuda. I "test" di verginità sono stati eseguiti in un'altra stanza da un uomo che indossava una giacca bianca. Quelle trovate non vergini - secondo l'espressione usata da quell'individuo in giacca bianca - sarebbero state incriminate per prostituzione.
Anche scariche elettriche. Una donna ha raccontato ad Amnesty International di aver detto che era vergine. Poiché il "test" avrebbe provato il contrario, è stata picchiata e sottoposta a scariche elettriche.
"Le donne e le ragazze devono poter esprimere il loro punto di vista sull'Egitto e protestare contro il governo senza essere arrestate, torturate o sottoposte a trattamenti profondamente degradanti e discriminatori", si legge nella denuncia dell'organizzazione internazionale che lotta per il rispetto dei diritti umani. I soldati hanno continuato a umiliare le donne consentendo a tutti di guardare e fotografare quello che stava accadendo, con la minaccia implicita di rendere pubbliche le immagini.
Il racconto di una giornalista. Rasha Azeb, una giornalista a sua volta arrestata a piazza Tahrir, ha riferito di essere stata ammanettata, picchiata e insultata. Secondo il suo racconto, le 18 manifestanti arrestate sono state inizialmente portate in un locale del Museo del Cairo, dove sono state ammanettate, picchiate con bastoni e tubi di gomma, colpite con l'elettricità al petto e alle gambe e chiamate prostitute. Rasha Azeb ha potuto ascoltare le urla delle detenute mentre venivano torturate. E' stata rilasciata diverse ore dopo, assieme a quattro colleghi giornalisti, mentre le altre 17 donne sono state trasferite a El Heikstep.
Al centro di ribilitazione. Altre testimonianze, raccolte dal Centro El Nadeem per la riabilitazione delle vittime della violenza, sono coerenti con quelle di Rasha Azeb e Salwa Husseini. "Le autorità egiziane devono porre fine a questi trattamenti scioccanti e degradanti nei confronti delle manifestanti. Le donne hanno preso parte in pieno al cambiamento in Egitto e non devono essere punite per il loro attivismo. Alle forze armate e a quelle di sicurezza vanno impartite istruzioni chiare che la tortura e i maltrattamenti, compresi i cosiddetti test di verginita obbligatori, non saranno più tollerati e saranno oggetto di indagini approfondite. I responsabili devono essere portati di fronte alla giustizia e le donne coraggiose che hanno sporto denuncia devono essere protette dalle rappresaglie", afferma ancora la denuncia di Amnesty International.
Davanti al tribunale. Le 17 donne detenute a El Heikstep sono comparse di fronte a un tribunale militare l'11 marzo scorso e rilasciate due giorni dopo. Molte di loro sono state condannate a un anno di carcere, con la sospensione della pena. Salwa Hosseini è stata giudicata colpevole di "condotta disordinata, distruzione di proprietà pubblica e privata, ostacolo alla circolazione e possesso di armi". Amnesty International si oppone allo svolgimento di processi di imputati civili presso le corti marziali egiziane, che hanno una lunga tradizione di processi iniqui e le cui procedure limitano gravemente il diritto d'appello.
pc 22-23 marzo - La mafia conquista il ministero dell'agricoltura !
riserva..ma il titolare resta Romano
il governo berlusconi dopo la minicrisi di dicembre si regge sul voto dei 'responsabili' che battono cassa e ministeri
una richiesta che 'nonsepotevarifiutare'
per cui Romano diventa ministro e dato che le disgrazie non vengono mai sole, e che come governo italiano non ci facciamo mancare mai niente... Galan diventa ministro della cultura ! era quasi meglio Bondi il poeta..
ma tanto per il moderno fascismo la cultura non conta un c.... è culturame,, con la 'cultura' non si mangia ecc. ecc , ci possiamo mettere chiunque .. un sottosegretariato al 'trota' e facciamo tombola
questo governo deve essere rovesciato con la rivolta popolare,
molti intellettuali lo pensano ma non lo dicono
per una volta dicano anch'essi ciò che pensano
contro il governo della guerra e del nucleare
contro il governo delle ' prostitute al governo'
contro il governo dell'attacco ai diritti dei lavoratori
contro il governo della trasformazione della scuola in chiesa e stage aziendali
contro il governo dei padroni
contro il governo che ha anche una falsa opposizione in un 'tutto compreso'
serve la rivolta popolare
proletari comunisti
23 marzo 2011
pc 22-23 marzo - palermo .. 'è un inferno '.. per fasci e polizia
Palermo: guerriglia davanti sede Mondadori, lanciati fumogeni e bombe cartaPalermo, 23 mar. - (Adnkronos) - Scene di guerriglia urbana davanti alla sede della Mondadori, a Palermo , dove alle 18 e' in programma la presentazione del romanzo di Domenico Di Tullio 'Nessun Dolore. Una storia di Casapound". Nella centralissima via Ruggero Settimo, interdetta al traffico, un centinaio di militanti della sinistra antagonista lanciano fumogeni, bombe carta e bottiglie di vernice rossa contro le forze dell'ordine chiamate a presidiare l'area per evitare gli scontri con i ragazzi di Giovane Italia, il movimento giovanile del Popolo della Liberta', e di Casapound. "E' un inferno - dicono alcuni testimoni -, lanciano bottiglie ed incendiano cassonetti".
(23 marzo 2011 ore 17.34)
pc 22-23 marzo - PALERMO, IN CORSO CARICHE POLIZIESCHE CONTRO ANTIFASCISTI
Ma i giovani, i lavoratori si sono ricompattati e sono riusciti a far indietreggiare la polizia. Al momento la situazione resta però molto tesa.
C'è il rischio anche di una azione repressiva mirata verso alcuni giovani compagni di Red Block e dello studentato occupato anomalia, ieri infatti alcuni fascisti sono andati a segnalare alla polizia dei compagni dicendo che li avrebbero riconosciuti nella precedente iniziativa/presidio antifascista alla Mondadori.
Seguiranno altre notizie.
23.3.11 ore 17
Red Block
Slai cobas per il sindacato di classe
3475301704
pc 22-23 marzo - Nessuno spazio ai fascisti, topi di fogna... vivi alla Mondadori di Palermo
Dal quotidiano la repubblica Palermo di oggi
“Manifesti “antifascisti” disseminati per la città nella notte. Sette topi vivi chiusi in una scatola e lasciati di pomeriggio al primo piano del Mondadori multi center. Alla vigilia della presentazione del libro di domenico di tullio nessun dolore. Una storia di casapuound, il clima si è fatto incandescente. i poliziotti della digos della sezione antiterrorismo hanno sequestrato i manifesti e la scatola con i topi. Al multicenter è scattata una vigilanza costante, anche di notte. E per oggi la questura ha predisposto un servizio straordinario davanti alla libreria che, per ragioni di sicurezza, chiuderà al pubblico alle 15,
la domanda nasce spontanea... ma se chiude al pubblico la presentazione a chi la fanno?
pc 22-23 marzo - INDIA, i maoisti chiedono la liberazione di 700 prigionieri
Dopo il rapimento del funzionario statale e di un suo collaboratore, nel mese di febbraio, e la richiesta, in cambio della loro liberazione, del rilascio dei prigionieri politici, tra cui circa 700 adivasi, il governo indiano sembra volersi rimangiare in parte l’accordo. Alcuni dirigenti maoisti sono stati già liberati mentre altri ancora no. L’articolo che riportiamo dalla stampa borghese indiana mostra la forza della guerra popolare in corso in uno dei diversi stati in cui la presenza delle basi d’appoggio è più forte, mentre continuano le azioni militari contro il regime…
***
Orissa, India: i maoisti in prigione chiedono al governo di rilasciare prima i prigionieri politici delle tribù - Non tornare indietro sulla parola data, il leader maoista ammonisce Naveen.
Indian Express , 15 marzo 2011
L’ideologo Maoista Ganti Prasadam ha ammonito il primo ministro Naveen Patnaik di non tornare indietro sulla parola data sul rilascio di circa 700 appartenenti alle varie tribù che si trovano nelle varie prigioni dell’Orissa.
In una dichiarazione dal carcere, Prasadam (55 anni) ha detto che sarebbe una grande follia politica quella di Naveen, se "intenzionalmente o per una qualsiasi costrizione da qualsiasi parte si lasciasse trascinare dalle forze distruttive di diverso tipo che sono impegnate a destabilizzare il processo di pace e sabotare l'accordo raggiunto".
I maoisti avevano chiesto la liberazione di Prasadam come precondizione per la consegna in sicurezza dell’esattore di Malkangiri, R Vineel Krishna, e dell’ingegnere Pabitra Majhi che sono stati rapiti il mese scorso.
Un compagno dell’alto dirigente maoista Ramakrishna, Prasadam, ha rilasciato la dichiarazione dal carcere di Koraput dove è tuttora in prigione con altre quattro persone, tra cui la moglie di Ramakrishna, Padma.
Anche se a tutti e cinque i maoisti è stata concessa la libertà su cauzione dall’Alta Corte dell'Orissa, hanno rifiutato di uscire di prigione, insistendo sul fatto che i tribali devono essere rilasciati prima.
L'ideologo maoista è stato portato da Koraput al carcere di Bhubaneswar il mese scorso per partecipare alla discussione per il rilascio dell’esattore di Malkangiri.
"Insieme con gli interlocutori, mi sforzo per una tempestiva attuazione dell’accordo in 14 punti raggiunto tra il governo dell'Orissa e suoi intermediari, che hanno facilitato il rilascio rapido e sicuro dei prigionieri. Il punto focale del suddetto accordo è la rapida liberazione delle centinaia di innocenti contadini adivasi che languiscono e si angosciano dietro le sbarre della prigione oramai da alcuni anni, con accuse costruite ad arte e con processi palesemente falsi", ha detto Prasadam.
L'ideologo maoista, che sembra debba essere mandato nel carcere di Ongole in Andhra Pradesh, per un altro processo, ha detto che l'accordo con il team di tre membri di interlocutori non dovrebbe rimanere solo un pezzo di carta. "E’ ingiusto, moralmente sbagliato e un errore politico se il governo rinnega la propria responsabilità rispetto all’attuazione dell'accordo. E ora l'onere si trova sul governo di Naveen Patnaik e il silenzio per lungo tempo non può essere una risposta e lo si deve capire", ha detto.
Vedi:
pc quotidiano 18 febbraio - INDIA, il governo tratta con i maoisti per il rilascio di un suo funzionario
pc 22-23 marzo - sabato in piazza a taranto contro guerra e nucleare
ore 18-20.30 piazza immacolata
Lavoro! Non una nuova guerra per i profitti dei padroni!
Gli aerei italiani, al carro di quelli americani e francesi, partecipano
alla guerra contro la Libia, Bombardamenti seminano morte e distruzione
anche di civili.
Le basi militari al Sud, Sicilia, Campania, Puglia e la base di Taranto
tornano zone di guerra!
Il governo Berlusconi e la falsa "opposizione" in Parlamento sono tutti
d'accordo!
ll regime di Gheddafi è stato in questi ultimi anni al servizio degli
interessi economici e politici dei governi occidentali e del governo
italiano in particolare, con accordi sullo sfruttamento energetico,
forniture di armamenti, controllo e mercato dell'immigrazione.
Abbiamo visto tutti il baciamano e l'accoglienza come un re di Gheddafi!
Ora gli stessi governi scendono in campo apparentemente contro Gheddafi, in
realtà a tutela degli stessi interessi e profitti.
Gheddafi bombardava il suo stesso popolo in rivolta in alcune zone, e le
truppe Usa-Francia-Italia aggiungono altri bombardamenti.
E questa sarebbe una guerra "umanitaria"?!
Il governo italiano e l'arco parlamentare che lo appoggia, il Presidente
Napolitano, ancora una volta agiscono in aperta violazione della
Costituzione che nel suo art. 11 vieta la guerra, e si preparano a
scaricare anche i costi di questo intervento militare sulle masse popolari -
alla faccia della crisi!
Miliardi su miliardi spesi per bombe, truppe, armamenti, mentre manca il
lavoro, la salute, le case, i salari sono troppo bassi per vivere, tagliano
i fondi per la scuola e l'ambiente.
I lavoratori, i disoccupati, i precari, i giovani, le donne, i cittadini
non hanno bisogno e non vogliono questa altra guerra. NON IN NOSTRO NOME!
Facciamoci sentire in tutte le forme, organizziamo manifestazioni cittadine,
regionali, nazionale.
Slai cobas per il sindacato di classe Coordinamento Nazionale
cobasta@libero.it - 347-1102638
lo slai cobas per il sindacato di classe di taranto aderisce al comitato
antinucleare provinciale perchè nel contesto attuale questa battaglia assume
una importanza politica nella lotta contro i padroni, contro il governo
berlusconi, contro ogni governo dei padroni
lo slai cobas per il sindacato di classe non è una forza 'ambientalista' o
'referendaria' anche se è favorevole a un ampio fronte unito contro il
nucleare del capitale ed è nel quadro di questa lotta che ritiene necessario
il si a questi referendum.
lo slai cobas non considera però il referendum come l'arma principale di
questa lotta
i piani del nucleare del capitale civile e militare si ferma con la lotta
popolare che impedisca le nuove centrali, chiuda quelle esistenti, questione
che si può realizzare questa classe dominante, questo governo e questo stato
e ponga il potere nelle mani dei proletari e delle masse popolari per
trasformare la società
per questo nel contesto del comitato è questa la nostra battaglia
slai cobas per il sindacato di classe
taranto
cobasta@libero.it
347-1102638
pc 22-23 marzo - in piazza contro la guerra imperialista contro la Libia -.. ma sulle posizioni, proletarie, comuniste, internazionaliste !
NO all'intervento imperialista in libia !
Mobilitazione nazionalecontro l'imperialismo italiano !
Via il governo Berlusconi moderno fascista, neocoloniale, guerrafondaio !
Manifestazioni alle basi di guerra del Sud italia: Napoli, Taranto, Sicilia
Sostegno alle masse arabe in rivolta !
Per le rivoluzioni di nuova democrazia in tutto il mondo arabo !
Per la via della guerra popolare diretta dai partiti autenticamente proletari, con fronte unito ed esercito di liberazione !
proletari comunisti -PCm - Italia
pc 22-23 marzo - contro la violenza sessuale sulle donne detenute
sessuale contro le donne detenute.
Nel sito Zeroviolenzadonne potete leggerlo coi link ipertestuali.
LA VIOLENZA CONTRO LE DETENUTE: NELLE CASERME, NELLE CARCERI E NEI CIE
di Sonia Sabelli
Abbiamo sempre detto che «per ogni donna stuprata e offesa siamo tutte
parte lesa». Ma cosa cambia se chi subisce una violenza sessuale è una
donna o una transessuale? Se è bianca o nera? Migrante o cittadina?
Imprenditrice, operaia o disoccupata? Lbera o detenuta? “Santa” o
“puttana”? Vorrei suggerire qui alcuni spunti di riflessione sulla
necessità di utilizzare le categorie di genere, razza e classe, per
reagire alla violenza sessuale oggi in Italia.
Nelle aule dei tribunali, le donne che denunciano uno stupro sono
spesso trattate come imputate e i difensori degli stupratori si
affannano a demolire la loro credibilità, facendo leva sulla loro
presunta immoralità e disponibilità. Niente di più facile se la vittima
eccede la norma morale ed eterosessuale, se attraversa i confini
dell’identità nazionale o infrange la linea del colore. Meglio ancora –
per distruggere la sua credibilità – se lei è una detenuta, una
lavoratrice del sesso o una “clandestina”, e se lo stupratore è anche il
suo carceriere. Infatti, sia che si trovi in carcere per aver commesso
un reato, sia che si trovi in un Cie perché non ha i documenti in
regola, lei è considerata “illegale” e rappresenta una “minaccia” per la
sicurezza pubblica che lui, invece, dovrebbe tutelare.
La donna che ha denunciato di essere stata violentata dai carabinieri
che l’avevano in custodia, in una caserma a Roma, è stata subito dipinta
dalla stampa come una ragazza madre, senza casa e lavoro: una ragazza
giovane e bella ma «dalla vita complicata». Mentre il comando generale
dei carabinieri si affrettava a sottolineare che i militari coinvolti
possono vantare un «foglio disciplinare immacolato», loro si difendevano
sostenendo che lei era «consenziente». Come se una persona privata della
propria libertà potesse essere libera di scegliere.
Inoltre, il sindaco di Roma ha assicurato che le «eventuali mele marce»
saranno immediatamente isolate; ma c’è chi si domanda se marce siano
solo alcune mele, oppure tutta la piantagione. A partire da questo
interrogativo, alcune femministe hanno compilato una lista dei più
recenti episodi di violenze sessuali compiute dagli uomini delle forze
dell’ordine, da distribuire l’8 marzo in diverse città. Nella maggior
parte dei casi si tratta di violenze subite da donne e transessuali
recluse nelle caserme, nelle carceri e nei Cie. Violenze che si
consumano proprio a partire dalla relazione di potere che si instaura
tra carcerate e carcerieri (così come nei secoli scorsi avveniva nelle
colonie, tra colonizzate e colonizzatori, o nelle piantagioni, tra
schiave e padroni).
In particolare, sembra che le molestie e i ricatti sessuali nei
confronti delle recluse nei Cie siano all’ordine del giorno: ogni
necessità legata alla loro sopravvivenza quotidiana (dal pacchetto di
sigarette alla scheda telefonica) può essere soddisfatta in cambio di
una prestazione sessuale fornita ai rappresentanti delle forze
dell’ordine o agli operatori degli enti gestori.
Nel 2009 noinonsiamocomplici – uno slogan con cui è stato avviato un
percorso di donne, femministe e lesbiche contro i Cie, come luoghi
privilegiati della violenza contro le migranti – ha diffuso un Dossier
sulle violenze fuori e dentro i Cie contro le donne migranti, che fa
risalire al 1999 le prime testimonianze di molestie sessuali nei
confronti delle detenute.
Emerge così una realtà in cui i carcerieri sono liberi di disporre dei
corpi delle recluse, coperti dalla connivenza istituzionale, perché
quello che avviene all’interno delle “gabbie” rimane confinato in questi
luoghi remoti e invisibili, veri e propri campi di internamento in cui
vige un perenne stato di eccezione. E se qualcuna reagisce,
difficilmente trova ascolto e sostegno.
L’esperienza di Joy – la donna nigeriana che ha denunciato un ispettore
di polizia per la violenza subita mentre era detenuta nel Cie di via
Corelli a Milano – dimostra che, in un’aula di tribunale, la parola di
una “straniera” conta decisamente meno di quella di un uomo in divisa.
Infatti, durante il processo, non solo il suo racconto non è stato
ritenuto “attendibile”, ma per di più Joy è stata ripagata con una
denuncia per calunnia.
Le motivazioni dell’assoluzione dell’ispettore Vittorio Addesso sono
una summa dei peggiori stereotipi razzisti, al servizio di una strategia
che mira a demolire la credibilità di Joy. Come si legge nel documento,
in un processo per stupro le dichiarazioni della vittima «possono
costituire da sole prova sufficiente per l’affermazione della
responsabilità penale» dello stupratore, ma ciò può avvenire «solo dopo
avere doverosamente e rigorosamente vagliato l’attendibilità della
persona offesa».
Ecco che allora – nella peggiore tradizione dei processi per stupro, in
cui la vittima si trasforma in imputata – si sottolineano (anche
graficamente) le «numerose incongruenze» delle dichiarazioni di Joy; la
si dipinge come colei che capeggia la protesta delle recluse nigeriane,
che nel Cie si distinguono per «comportamenti particolarmente violenti e
scomposti»; e si fa notare che nessun’altra detenuta, né nigeriana, né
di «razza bianca» (sì, sembra incredibile ma c’è scritto proprio così)
ha testimoniato a suo favore. Dimenticando che le altre ragazze presenti
sono state «deportate in Nigeria prima di poter parlare».
Inoltre Hellen, l’unica teste a suo favore, che però si esprimerebbe
«in modo un po’ disordinato», non sarebbe attendibile perché condivide
con Joy la nazionalità, la condizione di “irregolarità” e l’accusa di
aver partecipato alla rivolta contro la legge che ha prolungato la
detenzione nei Cie fino a sei mesi. Così, dimostrata l’«inattendibilità
delle dichiarazioni delle due donne», e dimostrato che il loro racconto
è illogico e inverosimile semplicemente perché descrive una situazione
«assurda» (!), il giudice conclude con certezza che il fatto non
sussiste.
Sono invece considerate attendibili le dichiarazioni dell’ispettore
Addesso, che respinge «con fermezza» le accuse, suggerendo che la
denuncia è uno strumento per ottenere un permesso di soggiorno e
sfuggire così all’espulsione, e quelle di Mauro Tavelli, l’altro
ispettore in servizio a via Corelli, poi condannato a sette anni e due
mesi di reclusione per aver violentato una transessuale brasiliana
reclusa nello stesso Cie. Ma di questo non si fa cenno nel testo, così
come non si accenna nemmeno al fatto che Joy, come tante altre ragazze
nigeriane rinchiuse nei Cie, è una vittima di tratta e in quanto tale ha
diritto a un permesso di soggiorno.
Non è un caso che, a parte poche eccezioni, la stampa non abbia
dedicato alcuna attenzione a questa vicenda: la reazione dei media e
dell’opinione pubblica italiana di fronte alla violenza sessuale è
fortemente condizionata dall’etnicità degli stupratori e delle vittime;
le prime pagine della cronaca sono riservate allo “stupratore immigrato”
e una donna nera violentata da un uomo bianco non fa notizia.
Stupisce invece che – nonostante alcuni collettivi di femministe e
lesbiche abbiano avviato un percorso di lotta con Joy, che è riuscito a
bloccare i numerosi tentativi di chiuderle la bocca rispedendola in
Nigeria – le donne non si siano mobilitate in massa al suo fianco. Se la
grande manifestazione femminista del novembre 2007, all’indomani
dell’omicidio di Giovanna Reggiani, era stata capace di denunciare la
strumentalizzazione della violenza sessuale a fini razzisti, oggi non
siamo state in grado di fare altrettanto. E invece, davanti al rischio
che Joy si trovi ancora in un’aula di tribunale a dover fronteggiare,
stavolta nel ruolo di imputata, un procedimento per calunnia, è
necessario continuare a mantenere alta l’attenzione, allargando la
mobilitazione e moltiplicando le iniziative a suo favore.
Mentre le leggi che dovrebbero contrastare la violenza sessuale
sembrano spesso orientate solo a proteggere i corpi delle donne bianche
e di classe media dalla minaccia dello “straniero stupratore”
(giustificando provvedimenti xenofobi e securitari), la lotta contro le
violenze subite dalle migranti recluse nei Cie rimane confinata solo a
una parte del movimento femminista e/o antirazzista. Invece dovrebbe
essere una priorità per tutte noi. Una strategia efficace contro lo
stupro non può prescindere, infatti, dal riconoscimento
dell’intersezione di genere, razza, classe e dalla necessità di
contrastare sia il sessismo che il razzismo, non solo sostenendo le
donne migranti che subiscono la violenza sessuale, ma soprattutto
lottando insieme per smascherare la manipolazione razzista e classista
dello stupro.
Per maggiori informazioni: noinonsiamocomplici