venerdì 12 agosto 2011
pc 12 agosto - arresti di immigrati ribelli a Crotone -si approfondisce la montatura al Cara Bari- lo stato della lotta dei braccianti di Nardò
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Avevamo completato ieri sera questa nota per il blog quando ci è pervenuta la notizia dell'arresto dei nigeriani a Crotone, per la rivolta del giorno dopo al CARA di Crotone
(ANSA) - CROTONE, 11 AGO - Dodici extracomunitari di nazionalita' nigeriana sono stati fermati dagli agenti della squadra mobile di Crotone perche' ritenuti responsabili della rivolta e degli scontri avvenuti il primo agosto nel centro di accoglienza di Sant'Anna di Isola Capo Rizzuto.
I provvedimenti di fermo sono stati emessi dalla Procura della Repubblica di Crotone. I dodici stranieri sono accusati di devastazione, saccheggio, resistenza, violenza e lesioni a pubblico ufficiale. Negli incidenti rimasero ferite 25 persone, tutte appartenenti alle forze dell'ordine. (ANSA).
Anche qui bisogna subito mobilitarsi per la libertà deggli immigrati arrestati e si delinea e conferma il piano di repressione affrontato nelle note dei giorni precedenti e della nota che segue
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Mentre al C.a.r.a di Bari nulla cambia di sostanziale nell'esame delle richieste, nelle condizioni del campo di detenzione illegale e mascherata, sono tutti uniti all'ombra dell'inchiesta Digos-Magistratura su una linea di silenzio assenso che faccia sparire anche dalla stampa e faccia dimenticare la rivolta di massa degli immigrati e le sue ragioni.
Magistratura e Digos sono scatenati nell'approfondire la montatura e nell'utilizzare ogni mezzo, quindi anche le contraddizioni esistenti tra gli immigrati in lotta, per rafforzare un quadro che vede l'esistenza di capi, piano, costrizioni, organizzazioni trasnazionali, ecc. ecc.
In particolare si vuole criminalizzare gli arrestati per decapitare la lotta, intimidire la massa degli immigrati; per cui, insieme ai presunti depositi di pietre, vengono tirate fuori lettere di presunti immigrati “pacifici” che avrebbero sconvocato la manifestazione annunciata del 1° agosto – corteo e successivo sciopero della fame – perchè costretti dai rivoltosi e timorosi di essi.
La montatura è evidente, utilizza le tecniche delle persecuzioni poliziesche storiche, delle persecuzuioni della controrivoluzione usate da sempre contro proletari, rivoluzionari,comunisti; perfino il linguaggio della Magistratura sembra quello degli anni '70.
Gli immigrati arrestati hanno subito reagito alla linea percorsa dalla repressione di Stato, hanno attuato una protesta nel carcere di Bari rifiutandosi di rientrare dopo l'ora d'aria e lo hanno fatto compattamente, come dall'inizio della lotta avviene.
Quella che purtroppo sembra essersi attenuata è la denuncia e la protesta degli antirazzisti sul territorio. Invece essa è più necessaria che mai perchè, come sosteniamo dal primo momento, la rivolta è stata giusta e sacrosanta ed è una indicazione generale, una strada giusta da percorrere e sostenere con l'obiettivo di un permesso immediato per tutti in attesa della conclusione dell'esame delle domande, con risultati simili a quelli della rivolta di Manduria del 2 aprile.
Ma è la repressione l'aspetto qualitativamente importante, la strada della linea dura ed esemplare, con toni che somigliano a quelli del governo inglese nei confronti dei ribelli di Londra.
Questa linea deve essere contrastata a livello locale e nazionale, con una campagna nazionale, un ufficio legale nazionale, una manifestazione nazionale per la libertà, la scarcerazione per gli immigranti del Cara e nessuna conseguenza sui loro diritti.
Proletari comunisti - 11.8.11
Nardò la lotta continua
La maggior parte dei braccianti di Nardò è tornata al lavoro, ma gli immigrati restano in parte rilevante autorganizzata e in lotta. Il grande sciopero di questi giorni è stata una importante dimostrazione di forza, di dignità, di ribellione e di coscienza; qualunque sia l'esito della vertenza, ha segnato una pagina in Puglia e ha offerto un'indicazione per tutti i 200mila braccianti stranieri del sud e non solo.
La lotta finora ha dato qualcosa ma molto poco rispetto alle richieste. Ivan, i braccianti in lotta ne sono ben consapevoli e lo dicono chiaro. Le aziende agricole non ci stanno, boicottano le Liste di prenotazione e pensano comunque nella maggior parte di continuare ad usare il caporalato. Le amministrazioni, anche se sollecitate dalla Regione con l'annuncio di finanziamenti, non sembrano gran che disposte a tradurre in fatti le indicazioni, anche perchè spesso sono anch'esse legate al sistema di sfruttamento schiavista nelle campagne. Le associazioni padronali arrivano a dichiarare che “loro non c'entrano”, e nello stesso tempo molti padroni e padroncini dei campi di raccolta non sono neanche iscritti alle associazioni.
Per questo la lotta deve continuare e certo non può pesare solo sui 300 braccianti di Nardò. Il fatto che diversi di loro finita la stagione dei pomodori si spostino poi nelle altre zone del bracciantato in tutto il sud può essere uno strumento di comunicazione. Ma chiaramente questa comunicazione e spinta all'autorganizzazione verrebbero rafforzate se alcuni risultati concreti venissero raggiunti in questa lotta.
La Cgil e le organizzazioni del volontariato che l'hanno sostenuta, e le realtà del volontariato con maggiore cognizione di causa, non sono sufficienti a vincere per ragioni di linea e di prassi.
Ora si solleva la questione dei controlli necessari, ma finora si è taciuto. E invece il ruolo dell'Ispettorato del Lavoro come punto d'appoggio e deterrente era ed è necessario, ma nessuno ha risposto alla domanda portata dallo Slai cobas per il sindacato di classe alla manifestazione di Lecce di lunedì 8 agosto: dove erano e dove sono gli ispettori del lavoro?
Le aziende che operano questo sfruttamento, questo schiavismo si sa chi sono. Perchè neanche ora si addotta alcun provvedimento nei loro confronti? Perchè la stessa Regione non blocca subito i contributi a queste aziende per mancato rispetto di contratto, versamento contributi, per aperta violazione di leggi? L'invito ad iscriversi alle Liste di prenotazione ha senso contemporaneamente si fa terra bruciata sul caporalato con controlli, persecuzione dei caporali e delle aziende che vi ricorrono. Ma soprattutto per imporre le Liste serve una mobilitazione generale del bracciantato agricolo in tutta la zona e in tutta la Regione; è questo il senso della proposta di manifestazione regionale subito rivolta a tutte le organizzazioni sindacali, Cgil in primis.
Terza questione. Per poter continuare questo lotta non basta la Cassa di resistenza che per altro dovrebbe essere aperta con somme consistenti proprio da chi dice di essere al fianco di questi lavoratori: Regione, Cgil, ecc., che i fondi per farlo ce l'hanno; ma occorre strappare subito dei risultati sul fronte salariale, come una tantum ai padroni attuali che utilizzano i braccianti e che hanno sottopagato questi lavoratori immigrati e continuano a farlo.
Le inchieste giudiziarie aperte frutto anche di denunce coraggiose da parte di questi braccianti sostenute dalle associazioni di volontariato ed elogiate dal Procuratore della Repubblica di Lecce sono naturalmente apprezzabili, anche se davvero anche qui la domanda è: come mai fatti così di dominio pubblico non hanno visto finora alcun intervento giudiziario? Si tratta poi di inchieste che hanno tempi lunghi e risultati incerti e che comunque non incidono sul cambiamento qui ed ora della situazione, anche con piccoli passi ma determinati strappabili con la lotta e che ne incoraggino la tenuta e l'estensione.
I rappresentanti dell'associazione Finisterrae, presenti e attivi alla Masseria Boncuri insieme alle Brigate di solidarietà attiva, dicono che “la soluzione rimane nel chiedere subito un provvedimento legislativo d'urgenza contro il caporalato, perchè secondo noi questa è la questione centrale”.
Noi siamo certamente per questo provvedimento d'urgenza, ma francamente non pensiamo che sia la questione centrale; questo governo e lo stadio attuale locale di questa lotta non permette di ottenere cose simili, e toglie dalle mani dei lavoratori autorganizzati la gestione della vertenza e degli obiettivi conseguibili.
Ora il punto è sostenere con tutti i mezzi la continuità di questa lotta contro i padroni che effettivamente stanno sfruttando i braccianti immigrati, verso cui è possibile indirizzare presidi collettivi itineranti, a cui fin da ora diamo nostra disponibilità di partecipazione.
Proletari comunisti
12 agosto 2011
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