pc 11 maggio - I "costi" della guerra e la "Difesa" del presidente Napolitano
In occasione dell’assassinio di Bin Laden il sole 24 ore ha dedicato diversi articoli ai costi della “caccia al terrorista” sia da parte degli Usa che da parte dei governi italiani, da Prodi a Berlusconi.
Nell’articolo sull’Italia del 3 maggio dal titolo “Per l'Italia a Kabul impegno di tre miliardi” non si parla dei morti, centinaia di migliaia di civili, causati dalle guerre di cui l’esercito, e il governo, italiano sono corresponsabili. Si dice invece che “in poco meno di 10 anni, all’Italia, la minaccia di Osama Bin Laden è costata oltre tre miliardi di euro. È la somma dei costi delle nostre missioni militari in Afghanistan: 3.354.944.182 euro, per l'esattezza...”.
L’uso della parola minaccia serve all’articolista naturalmente per rappresentare come necessaria la spesa e infatti aggiunge che “Si tratta di fondi che lo Stato ha dovuto sborsare…” ha dovuto, e perché? Perché sono i “costi” di uno Stato imperialista che fa le guerre per difendere gli interessi dei padroni del paese!
“Negli anni l'impiego delle forze italiane è stato sempre più importante e ha coinvolto tutte le forze armate: Marina e Aeronautica, Esercito, Arma dei Carabinieri, persino la Guardia di Finanza. E la Croce Rossa, com'era ovvio. I fondi sono stati sempre in costante aumento: è per questo che oggi, per contenere le uscite, si ipotizza il rientro dei nostri soldati da altre missioni, come il Libano, considerate meno strategiche. Ma sarebbe un segnale di debolezza sul piano internazionale e, per ora, c'è stato un ridimensionamento graduale su alcuni teatri di guerra meno esposti.”
Il fatto che si definisca ovvio che la croce rossa partecipi a queste operazioni dice solo che la militarizzazione di ogni aspetto della società si considera normale! “Non va dimenticato”, infatti, continua il giornalista, “poi, che la lotta al terrorismo ha portato a un impegno sempre più intenso dei militari anche in Italia, con la sorveglianza degli obiettivi sensibili.” E naturalmente per il giornale dei padroni abbandonare alcune di queste missioni significherebbe dare un segnale di debolezza a livello internazionale! E cioè non potersi sedere a quei “tavoli importanti” con le altre potenze dove si decide di volta in volta come spartirsi gli affari che si fanno sui corpi dei morti e le devastazioni ambientali facendo ogni volta carta straccia di tutte le leggi e le convenzioni internazionali.
E nonostante tutte le crisi economiche, motivo per cui i governi ammoniscono che non ci sono soldi per le necessità sociali, “dal 2004 la missione Isaf (International security assistance force) comincia a far lievitare i costi per l'impegno italiano: siamo già oltre i 100 milioni l'anno e si cominciano a fare stanziamento semestrali, per tenere meglio a bada le spese. Saliranno e di molto, invece. Nel 2008, infatti, si arriva a circa 350 milioni; l'anno dopo si va oltre i 570 milioni. Nel 2010 gli oneri ammontano a 705 milioni. E quest'anno, per i primi sei mesi d'impegno, abbiamo già previsto 398 milioni”.
Ma visto che la crisi perdura bisogna tagliare o non tagliare? A questa domanda l’articolista risponde che c’è una certa ambiguità generale nelle posizioni, ma che a mettere in chiaro le cose ci ha pensato lo stesso presidente Napolitano dicendo che “sì, è necessario razionalizzare e adeguare alle nuove esigenze il sistema della Difesa. Con una riduzione, per esempio, del modello complessivo da 190mila a 177mila unità. Ma è fondamentale, ha ricordato Napolitano, considerare «una priorità strategica» la nostra presenza militare all'estero.” A parte la ridicola riduzione di unità militari, il presidente Napolitano conferma la propria posizione guerrafondaia, dicendo che “la nostra presenza militare all’estero è una priorità strategica”, garantendo, come ha fatto a proposito della guerra contro la Libia, l’attuale governo in carica anche su questo punto.
Durante lo sciopero del 6 maggio alcuni di questi articoli sono stati esposti da diversi lavoratori contro la guerra…
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