Lenin ci sta guidando nel porre le basi, nella nostra testa innanzitutto e di conseguenza nella nostra pratica, per andare oggi nelle fila operaie, nelle fila delle lotte proletarie, nelle fila del movimento classista e combattivo, guidato attualmente da altre formazioni, a condurre una lotta senza quartiere contro le tendenze falso proletarie, falso rivoluzionarie, falso comuniste, per separare il grano dall’olio, ciò che è giusto e ciò che è erroneo, ciò che è spontaneità da ciò che è invece semina nelle fila proletarie di linee, posizioni e prassi che non servono per la costruzione di quello che effettivamente è principale nel movimento proletario: la costruzione dell’organizzazione dei rivoluzionari.
L’estensione delle lotte e del movimento è positivo, l’estensione delle lotte proletarie oltre i limiti delle lotte economiche è positivo. Ma ad una sola condizione, che serva oggi a risolvere i problemi tattici e strategici della costruzione dell’organizzazione necessaria per conquistare forze ai tre strumenti necessari per combattere realmente padroni, governo, Stato e sistema del capitale.
Strumenti che sono il Partito comunista rivoluzionario, il Fronte unito proletario, popolare, antifascista e antimperialista, i nuclei dell’esercito proletario che sono indispensabili per combattere, rovesciare, a partire dallo stato di cose odierno, i governi e lo Stato del capitale.
Le lotte sono solo ’brodo di coltura’ di questo. Più lotte non significano di per sè più rivoluzione. Sempre che si comprenda che la rivoluzione proletaria e socialista è l’unica soluzione nel nostro paese e su scala mondiale.
Formazione operaia significa formare militanti in grado di teorizzare e praticare questo, che è oggi non l’obiettivo massimo ma il programma minimo per cambiare le cose e costruire la via del cambiamento.
Lenin dice: “La morale è semplice, se cominceremo col costruire solidamente una forte organizzazione di rivoluzionari potremo assicurare la stabilità del movimento nel suo insieme, e in pari tempo attuale gli scopi sia socialdemocratici, sia propriamente tradunionisti. Se cominceremo, invece, con una vasta organizzazione operaia (sia essa sindacale, sia essa economico-politica – alla maniera ad esempio del Si.Cobas, in Italia oggi - ndr) che sarebbe più accessibile alla massa, non raggiungeremo né gli uni né gli altri scopi”.
Ma naturalmente ciò esige che i comunisti rivoluzionari che vogliono fare questo, gli operai e i proletari d’avanguardia che ad essi sono legati o si vogliono legare, si liberino del primitivismo teorico, politico e del sistema di organizzazione di cui sono caratterizzati attualmente e che spesso giustificano con posizione su “impossibilità”, su “condizioni che non ci sono”, sulle “masse che non le vogliono o non ci seguono”, ecc.
Si dice in un detto popolare che “il pesce puzza dalla testa”. E questo, se pensiamo alle formazioni politiche riformiste e revisioniste, eredi sciagura del vecchio Pci e delle sue ben povere appendici nate dopo il suo scioglimento e il passaggio nel campo della borghesia, è ben chiaro: è la testa di queste formazioni che “puzzava”, nonostante la base conservasse aspirazioni e volontà, e spesso parziale pratica, rivoluzionaria, e che certamente non voleva fare la fine a cui i loro dirigenti li avevano portati - alcuni dei quali collocatisi lautamente nel sistema politico parlamentare, negli apparati sindacali, e in tutta un’altra serie di associazioni…
Rovesciando questo ragionamento, è chiaro che dalla testa dell’organizzazione rivoluzionaria che bisogna partire per ricostruire.
E non si tratta di un problema di ‘dirigenti buoni’ e di ‘dirigenti cattivi’, e meno che mai di contrapporre a capi, che si devono e vogliono formare nel fuoco della lotta di classe in stretto legame con le masse, i lavoratori, le masse, le lotte, ecc.
Lenin chiama questo (sia se lo dice un sindacalista sia se lo dice un bravo compagno) "demagogia".
Senza lottare contro questa versione demagogica dell’economismo e dell’opportunismo, non si forgia un nucleo compatto che lavori realmente per costruire “l’organizzazione dei rivoluzionari”.
Questo significa “costruire dall’esterno” la coscienza di classe e l’organizzazione di classe.
Lenin ci aiuta non solo a costruire ma a combattere coloro che, a fronte di questa affermazione e di questa prassi, ci attaccano, direttamente o indirettamente, in maniera che Lenin definisce “abominevole”; il cui scopo, diretto o indiretto, cosciente o incosciente, è quello di seminare tra gli operai, i movimenti di lotta, la sfiducia verso tutti coloro che portano dall’esterno la conoscenza politica, l’esperienza rivoluzionaria, in questo difficile lavoro.
Dice Lenin: “questo significa seminare demagogia nelle fila del proletariato e dei movimenti. E i demagoghi sono i peggiori nemici della classe operaia”. Quanto questo valga in termini di organizzazione edificata per costruire la lotta rivoluzionaria del proletariato, la lotta contro lo Stato e gli apparati dello Stato, lo affrontiamo in un altro momento.
Tornando al punto. La costruzione di questa organizzazione significa formare quadri di rivoluzionari professionali, non importa se formati materialmente inizialmente da studenti o operai, certo meglio operai. Rivoluzionari professionali nel senso che abbiamo esposto in una precedente puntata.
L’altra cosa che Lenin afferma è che “occorrono anni per fare di sé un rivoluzionario di professione”. Proprio perché occorrono anni, gli anni non vanno buttati, il tempo non va sprecato, come è avvenuto in questi anni nonostante le buone intenzioni. Il tempo è qui e ora.
E i compagni che servono sono quelli che dice Lenin: “per servire un movimento di massa sono necessari uomini che si dedicano appositamente e interamente all’attività socialdemocratica, e che questi uomini devono fare di sé, con pazienza e tenacia, dei rivoluzionari di professione”. E nessuno, leggendo il “Che fare?” può usare l’argomento: ‘ma quelli erano i tempi…’, proprio perché Lenin stesso, subito dopo questa citazione, riferendosi alla situazione dei compagni e del movimento operaio in quell’epoca e in quella fase, scrive “questa coscienza è incredibilmente offuscata”. Una frase assolutamente da sottoscrivere guardando allo stato delle cose attuale.
“floscio e vacillante sulle questioni teoriche, con un orizzonte ristretto, pronto a giustificare la propria fiacchezza con la spontaneità delle masse. Simile più a un segretario di trade-union che ad un tribuno del popolo”