Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
12/03/2024
L'assalto genocida israeliano a Gaza ha messo in luce l'approccio crudo e
calcolato delle sue operazioni militari, che prendono di mira in
particolare le infrastrutture civili. Le intuizioni di ex funzionari
dell'intelligence israeliana, riportate dalle pubblicazioni liberali
israeliane +972 Magazine e Local Call, hanno evidenziato l'intento
strategico di terrorizzare i civili attraverso il bombardamento mirato
di strutture civili essenziali. Una strategia che, come ha detto un ex
ufficiale dell'intelligence, si è trasformata in una "fabbrica di
omicidi di massa", concentrandosi su aree residenziali, scuole, banche
ed edifici governativi, tutti considerati "obiettivi di potere". I
rapporti fanno luce sull'impiego sofisticato dell'Intelligenza
Artificiale (AI) nella guerra, in particolare attraverso il Progetto
Habsora "Il Vangelo" [1]. Questa tecnologia, analizzando i dati di
sorveglianza, automatizza la generazione di liste di obiettivi,
contribuendo all'elevato numero di vittime civili a Gaza. Questa tattica
rappresenta una pietra miliare nell'applicazione dell'AI nelle
operazioni militari, con Gaza che diventa un sito senza precedenti per
tali campagne guidate dall'AI, soprattutto dopo il primo attacco guidato
dall'AI nel 2021.
Questo genocidio fa luce sull'intreccio tra il militarismo nazionalista
israeliano, la complicità degli Stati Uniti, la sperimentazione di armi
letali e gli obiettivi geopolitici, che convergono tutti verso gli
obiettivi di una guerra prolungata, dell'espansione coloniale e dello
sradicamento sistematico dei Palestinesi. In particolare, rivela la
misura in cui l'esistenza e la funzione stessa di Israele, come
formazione coloniale
Come già abbiamo denunciato (*), il regime egiziano di Al Sisi sta facendo costruire un recinto nel deserto del Sinai per rinchiudervi i palestinesi in fuga da Gaza, e facilitare così la “pulizia etnica” da parte di Israele, in cambio di finanziamenti del Fmi.
Il regime egiziano è dominato dai militari, che sono anche tra i maggiori capitalisti del paese. Lanciatisi in affari “faraonici”, come la costruzione della nuova capitale (con enormi profitti per sé e per gli amici), hanno ingigantito anche il debito dello stato e ora il solo pagamento degli interessi sul debito pesa per oltre il 10% del Pil. Soluzione: stampare moneta, quindi creare inflazione, ossia tagliare il potere d’acquisto dei salari per mantenere i profitti dei padroni, privati, di stato e militari. A settembre 2023 l’inflazione aveva raggiunto il 40%, ossia il potere d’acquisto dei già miseri salari e stipendi aveva subito un taglio del 40%.
Temendo il malcontento per i salari di fame anche tra i dipendenti pubblici, il governo ha decretato l’aumento del salario minimo da 4.000 a 6.000 sterline egiziane (al cambio corrente, oggi 120 euro al mese). Per i dipendenti privati, però, il salario minimo è stato portato a sole LE 3.500. A gennaio, ai lavoratori che protestavano per i bassi salari, al Sisi aveva avuto la spudoratezza di rispondere: “Non mangiamo? Mangiamo. Non beviamo? Beviamo, e tutto funziona [e qui aveva fatto un osceno, irridente, paragone con la condizione dei palestinesi deliberatamente affamati e assetati dallo stato sionista – ndr.]. Le cose sono costose e alcune non sono disponibili? E allora?”.
La risposta delle lavoratrici della più grande fabbrica egiziana, il complesso tessile di MISR di
Milano, corteo contro azienda accusata di esportare armi in Israele
LaPresse) - Un centinaio di persone hanno manifestato questa sera a
Milano contro la C.A.B.I. Cattaneo, azienda che produce, tra le altre
cose, componenti per mezzi speciali, marini e aerei, accusata dai
dimostranti di fornire materiali all'esercito israeliano per
alimentare la guerra in corso sulla Striscia di Gaza. "Siamo
davanti alla C.A.B.I. Cattaneo perché è una fabbrica di armi,
attiva nella subacquea e sta collaborando con Leonardo Fincantieri
per fornire i mezzi subacquei alla marina statunitense anche a quella
israeliana, nonostante la guerra in corso contro Gaza il genocidio in
Palestina, l'Italia continua a vendere armi", spiega Arturo di
'Milano per la Palestina', "Questa denuncia del mercanto di armi
e delle fabbriche di produzione di armi continuerà. A Milano non c'è
solo questa e adesso ci stiamo documentando e studiando e faremo
altre iniziative". I manifestanti hanno percorso in corteo le
vie del quartiere dietro lo striscione con scritto 'Blocchiamo chi
arma Israele" ma non hanno mai raggiunto l'ingresso dell'azienda
presidiato da alcune squadre di poliziotti in tenuta antisommossa. Il
corteo è poi proseguito e i manifestanti hanno occupato gli spazi
del centro commerciale di piazza Portello dove sono presenti alcune
attività accusate di finanziare Israele e la guerra di Gaza. Sono
stati urlati slogan contro Biden, Macron, Netanyahu e anche nei
confronti del presidente del consiglio, Giorgia Meloni. Ci sono stati
alcuni momenti di tensione con gli addetti alla sicurezza della
galleria commerciale, subito sedati dagli agenti di polizia presenti
sul posto.
Ieri, presidio trasformato in corteo contro
fabbriche di morte, nello specifico CABI Cattaneo
Presidio
e corteo molto partecipato e con una buona risposta da parte degli
abitanti, la maggior parte all' oscuro che cabi produca armi,
solidali. In diversi si sono uniti al presidio e poi al corteo. Il corteo a visto la partecipazione delle tante realtà della solidarietà alla Resistenza del Popolo Palestinese e delle sue organizzazioni, che ha messo al centro il ruolo complice dell'imperialismo/fascista del governo Meloni al genocidio a Gaza e in CisGiordania. Mettendo in luce l'altra faccia di questa guerra - quella interna -fatta di tagli a sanità, scuola, servizi e repressione delle lotte sociali
Misure cautelari per tre militanti di Antudo per un sanzionamento alla Leonardo S.p.A. Repressione su chi fa luce sulle fabbriche di morte e le guerre in atto
I
tentativi giornalistici di descrivere Antudo si sono rivelati, come
spesso accade, a dir poco imbarazzanti. E non ce ne stupiamo. Immersa in
una confusione che tiene insieme un ambiguo “antagonismo”, i centri
sociali e l’indipendentismo, la stampa non si smentisce nella propria
voglia di “sbattere il mostro in prima pagina” seguendo le indicazioni
delle questure.
A
partire quindi dal recente episodio che vede tre militanti di Antudo
colpiti/e da misure cautelari, cogliamo l’occasione per tornare ancora
una volta sull’impegno politico e di informazione che ci ha portato
dentro questa vicenda.
Partendo
dalle questioni che agitano i territori siciliani, Antudo si è
mobilitata nel segno della moltiplicazione dei percorsi di
autodeterminazione e la rottura della dipendenza politica dalla forma
dello Stato e dalla trama di relazioni che esso produce.
Antudo
si costruisce quindi nei quartieri che si autorganizzano contro
abbandono e crisi economica, nelle lotte contro gli impianti nocivi e le
grandi opere, nelle rivendicazioni di chi ha scelto di restare in
Sicilia, e in molti altri contesti.
Le
parole d’ordine che risuonano in questi percorsi trovano eco in tutti
luoghi del pianeta e si saldano con lotte vicine e lontane, lotte di
abitanti e di territori che resistono a meccanismi di sfruttamento
imposti dallo Stato e dal sistema economico tutto.
Sotto
i venti di guerra che soffiano sempre più forte, Antudo ha
incessantemente mobilitato e informato sul ruolo della Sicilia come
piattaforma militare e sulle complicità dello Stato con disegni di
dominio che continuano a produrre morte in tantissime parti del mondo.
Dietro
queste iniziative vi è sempre stata la certezza che rimanere in
silenzio di fronte ai massacri in Siria del Nord e dell’Est o a quelli
di Gaza è inaccettabile.
Per
questo motivo Antudo si è unita, insieme a molte altre realtà, a
campagne di informazione e impegno che hanno svelato gli affari e i
profitti della Leonardo SPA, la partecipata statale “signora della
guerra” che nel 2023 chiude con 15,3 miliardi euro di ricavi, segnando
un trend in continua crescita dovuto prevalentemente al comparto
militare e alle esportazioni di armamenti che, mentre scriviamo queste
righe, sterminano la popolazione palestinese.
Anche
se Gaza è in corso un genocidio e l’escalation bellica mondiale
accelera senza sosta, le attenzioni della giustizia italiana riguardano –
ancora un volta- la tutela degli interessi e degli affari delle imprese
di morte come la Leonardo SPA.
Le
misure cautelari applicate a tre militanti di Antudo accusati/e di aver
partecipato a un sanzionamento della sede palermitana della Leonardo
SPA e di averne diffuso le immagini, chiudono il cerchio: la macchina
repressiva dello Stato si attiva nel tentativo di silenziare ogni fonte
di informazione alternativa, di mettere a tacere ogni iniziativa che
rompe la complicità con lo stato di guerra permanente.
Per
questo motivo dopo queste misure è ancora più importante schierarsi e
rompere il silenzio sulla guerra, sulla Leonardo SPA e su tutte le
aziende di morte.
Per
questo chiamiamo a raccolta tutti e tutte per una manifestazione questo
sabato 23 marzo a Palermo, a piazza Bellini, alle 16.30.
Contro
la guerra e le fabbriche di morte, al fianco di chi viene repress*
perché lotta contro la guerra e per una società più giusta, rilanciamo
la mobilitazione per liberare il nostro territorio dalla Leonardo SPA e
da tutti i responsabili del genocidio in atto in Palestina e delle
politiche belliciste e guerrafondaie.
Celebriamo lo storico
23 marzo come Giornata Antimperialista,
nell'immortale ricordo
dei compagni rivoluzionari Bhagat Singh, Sukdev e Rajguru!
Sconfiggiamo
l’imperialismo,
distruggiamo
il fascismo brahmanico Hindutva!
Continuiamo la nostra
lotta per realizzare i sogni di tutti i grandi martiri del movimento
per la libertà e lottiamo per l’India di Nuova Democrazia
Nella
lunga storia di lotta del nostro movimento democratico popolare, il
23 marzo ha un valore rivoluzionario particolare nel cuore di tutti
quanti si battono per una società giusta e allo stesso tempo
disprezzano risolutamente l’imperialismo. Il 23 marzo i compagni
Bhagat Singh, Sukdev e Rajguru sono stati impiccati dal potere
coloniale britannico per schiacciare il movimento di liberazione
anti-coloniale di allora. La vittoria della rivoluzione bolscevica
aveva influenzato questi tre rivoluzionari indiani che formarono
dell'HSRA (Associazione Rivoluzionaria Socialista dell'Hindustan). Il
compagno Baghat Singh ebbe un ruolo fondamentale nella formazione
dell'HSRA, e affermò chiaramente che quale che sia il colore le
classi dominanti, che siano di pelle bianca, nera o altro, si deve
continuare la lotta contro tutti gli sfruttatori.
Quegli
stessi sfruttatori collusi con gli imperialisti oggi
celebrano
il loro martirio e in particolare lo celebra la direzione dell'RSS
che si oppose duramente a Bhagat Singh e alla sua causa. Il BJP,
organo politico dell'RSS, oggi rivendica tutti i combattenti per la
libertà, compresi i compagni Bhagat Singh e i suoi, Non hanno alcuno
diritto morale nemmeno di parlare dei combattenti per la libertà e
di distorcere il loro movimento. Il nostro Partito, PCI (maoista),
rende loro il suo omaggio rivoluzionario e combatte per la
realizzazione delle loro aspirazioni rivoluzionarie.
Dopo
l'indipendenza formale nel 1947, l'India è divenuto un paese
semi-coloniale e le classi dominanti indiane, la grande borghesia
compradora e i proprietari terrieri hanno continuato a servire senza
esitazione i loro padroni imperialisti. Tutte le politiche economiche
delle classi dominanti indiane dopo il 1947 sono state concepite al
servizio degli interessi
Il 28 marzo a Budapest, si celebrerà la seconda udienza che vede imputata Ilaria Salisin un processo la cui valenza è unicamente politica. La procura dello Stato ungherese vuole mandare un messaggio a tutti i movimenti antinazisti e di sinistra europei: non venite a manifestare da noi, siamo un paese dove manifestazioni antinaziste non sono ben accette, non siamo un paese che accoglie il dissenso contro i neonazisti quindi andate da un'altra parte a manifestare, se venite qui subirete la sorte di Ilaria Salis e degli altri suoi compagni che in questo momento si trovano incarcerati.
Se ne è discusso a Torino, durante un interessante incontro organizzato presso la Casa del Popolo Estella, per ricordare quanto sta accadendo, ne ha parlato il padre di Ilaria, Roberto Salis, il quale ha ripercorso il dramma giudiziario che sta vivendo la figlia. Le condizioni disumane di detenzione sia a livello igienico che a livello di regime carcerario poiché per ben 35 giorni ad Ilaria non è stato concesso il diritto di parlare con alcuno; la procedura processuale che evidenzia palesi violazione dei diritti essenziali dell’imputato - ricordiamo che a tutt’oggi ad Ilaria non è stata data la possibilità di prendere visione delle prove raccolte a suo carico dalla procura ungherese; tutto evidenzia la compromissione del diritto di difesa in un racconto che sembra arrivare da un luogo molto lontano dallo stato di diritto che dovrebbe caratterizzare gli Stati membri dell'unione europea.
Ed infatti, Massimo Congiu, giornalista, studioso di geopolitica dell’Europa centro-orientale, ospite del
È DI ESTREMA IMPORTANZA PER IL POPOLO RIVOLUZIONARIO AVERE IN MANO IL FUCILE
L’esperienza storica della Comune di Parigi ha provato appieno che è di estrema importanza per la rivoluzione proletaria e la dittatura del proletariato possedere forze armate rivoluzionarie. Parlando dell’esperienza della Comune di Parigi, Lenin cita un’importante tesi di Engels, ossia che in Francia, dopo ogni rivoluzione, gli operai erano armati; il disarmo degli operai era quindi il primo comandamento per i borghesi che si trovavano al governo dello Stato. Lenin ritiene che in questa conclusione di Engels, “l’essenza del problema, come del resto l’essenza della questione dello Stato (la classe oppressa dispone di armi?), è afferrata in modo ammirevole”. La Comune di Parigi nacque durante l’accanita lotta tra la rivoluzione armata e la controrivoluzione armata. I 72 giorni di vita della Comune di Parigi furono 72 giorni di insurrezione armata, di lotta armata e di autodifesa armata. Ciò che provocò un timor panico tra i reazionari borghesi fu proprio il
Revolt, Resistance, Uprising
against Annihilation, Denial and Assimilation; Occupation and
Annexation; Exploitation, Hunger, Poverty and Fascism!
NEWROZ PİROZ BE!
Newroz is the symbol of the
revolt of the exploited and oppressed peoples against the oppressors
and exploiters in the thousands of years of class societies in our
geography. Today, it has become the name of the rebellion and
resistance of all oppressed peoples, especially the Kurdish people,
against the persecution of cruelty, the rebellion of the blacksmith
Kawa against the cruel and massacring Dehaks, and the burning of the
fires of rebellion in all four corners.
We are welcoming Newroz in a
period in which the attacks and massacres of the cruel Dehaks are
increasing worldwide and in our geography. We are in a process where
the conditions for a new imperialist sharing war are maturing and
preparations are being made for it. The increasing rivalry of the
imperialist bourgeoisie is triggering conflicts and occupations at
the regional level. There are not only rivalries and "trade
wars" between the imperialist blocs. The possibility of direct
military confrontation is also increasing. As Russia's war of
occupation of Ukraine evolves into a "protracted war" war
between the imperialist camps, some spokespersons of the bourgeoisie
make statements that "we must be ready for war".
The increasing rivalry between
imperialist monopolies is increasing the aggression of reactionary
forces in our geography. They raise their heads to take advantage of
the crisis
contestavano la ministra Bernini e gli accordi tra università e Israele
Nella
centralissima via Indipendenza di Bologna la polizia oggi ha caricato e
spintonato gli studenti universitari da giorni in mobilitazione.
Ieri
a Bologna gli studenti universitari avevano protestato davanti al
Senato Accademico per chiedere la fine della censura nei confronti di
chi si mobilita contro la guerra in Palestina, per pretendere il
boicottaggio degli accordi con Israele ed il comparto militare
industriale.
Il
Senato Accademico si è rifiutato di rescindere gli accordi in ambito
militare e bellico, esprimendosi invece con l’ennesima formula vaga e
fumosa, ribadendo sostanzialmente la necessità di rispettare le
normative ed il codice etico che, per quanto riguarda il dual use, si
limita a “minimizzare eventuali danni”…
“ Vogliamo
e pretendiamo un impegno concreto dell’Università che vada a rescindere
tutti gli accordi con il Gruppo Leonardo, con la NATO e con i partner
del governo sionista di Israele” hanno scritto in un comunicato gli
studenti di Cambiare Rotta dell’ateneo bolognese.
“Le
mobilitazioni nel nostro Paese dimostrano che ottenere il boicottaggio è
possibile e possiamo farlo solo tramite la lotta, come è successo ieri
al Senato Accademico dell’Università di Torino, dove grazie alla
mobilitazione si è riusciti ad ottenere la non partecipazione
dell’Ateneo torinese al nuovo bando MAECI di cooperazione tra Italia e
Israele”.
Ma
oggi a Bologna è arrivata la Ministra Bernini per l’inaugurazione
dell’anno accademico e gli studenti si sono mobilitati per farsi
sentire, anche a luce delle dichiarazioni della ministra contro studenti e docenti dell’Università di Torinoche hanno deciso di interrompere la collaborazione con le istituzioni israeliane.
Il
corteo degli studenti arrivato a via Indipendenza ha cercato di
raggiungere la sede del Teatro Manzoni dove si svolgeva la cerimonia con
la ministra Bernini, ma ha trovato a fronteggiarlo uno schieramento
della polizia che ben presto è passato alle vie di fatto caricando e
spintonando gli studenti. Il corteo ha ricompattato le file e si è
diretto in zona universitaria.
La
protesta si è palesata anche all’interno del teatro dove era presente
un gruppo di studenti con la bandiera della Palestina. Francesca
rappresentante del Consiglio studentesco, è intervenuta poco prima
dell’intervento della ministro dell’università, Anna Maria Bernini, con
la kefiah al collo. “Da mesi assistiamo alla censura sistemica delle
voci provenienti dalla comunità palestinese e di quelle che sono le
richieste delle mobilitazioni studentesche” ha denunciato la
studentessa.
L'inchiesta di Al Jazeera: «Migranti sfruttati e maltrattati nelle terre di Barolo e Barbaresco»
Nell'inchiesta
si racconta, tra le altre, la storia di Sajo, un 36enne del Gambia.
Secondo la sua testimonianza sarebbero diversi i lavoratori privi di
documenti che lavorano nei vigneti di Barolo e Barbaresco
Lavoratori migranti sfruttati e maltrattati
nei vigneti piemontesi dedicati al vino pregiato. La denuncia arriva
direttamente da Al Jazeera, la rete con sede in Qatar. Più nello
specifico nell’articolo intitolato “Migrant workers exploited, abused in
Italy’s prized fine wine vineyards”, dove si racconta, tra le altre, la
storia di Sajo, un 36enne del Gambia. Secondo la sua testimonianza sarebbero diversi i lavoratori privi di documenti che lavorano per 12 ore nei vigneti di Barolo e Barbaresco (dove
un ettaro fino a 1,5 milioni il prezzo di un ettaro), per una paga che
va dai 3 ai 4 euro l’ora. Non solo. L’uomo denuncia anche diversi
episodi di razzismo, oltre a condizioni di lavoro definite “disumane”.
Sajo afferma di aver trovato lavoro ad Alba,
durante la stagione dell’uva, quando occorre nuova forza lavoro. Appena
sceso dal treno venne avvicinato da un uomo, che gli offrì un lavoro nei vigneti con una paga di 3 euro l’ora.
Accettò e si stabilì in un piccolo accampamento improvvisato che altri
Dopo la caduta
del regime fascista e la formazione del governo Badoglio a Roma erano confluite
alcune divisioni dell’esercito regio: l’8 settembre viene firmato l’armistizio,
all’alba del 9 settembre il re, Badoglio e le alte cariche militari
abbandonarono la capitale e l’esercito si trovò senza direttive. Una parte di
soldati cercò di contrastare l’esercito tedesco e, insieme a civili organizzati
dai partiti antifascisti, si attesta a Porta S. Paolo dove si resiste finchè la
soperchiante forza militare tedesca ha ragione dei resistenti.
Roma cade
sotto il controllo degli occupanti nazisti
che fra il 1943 e il 1944 sottoposero la popolazione a terrore,
massacri, torture.
È in questo
contesto che si inserisce l’azione di via Rasella: in quell’occasione, i Gruppi
di Azione Patriottica riuscirono in una coraggiosa operazione militare che vide
l’assalto a un battaglione nazista che marciava nelle strade del centro,
portando all’uccisione di 33 soldati delle SS. La rappresaglia nazista a questo
evento fu, come tristemente noto, il massacro delle Fosse Ardeatine in cui
trucidarono 335 prigionieri.
Negli anni
diversi sono stati i tentativi di criminalizzare l’azione di via Rasella da
parte dei revisionisti storici - fino all’ “esternazione” di La Russa dello
scorso anno:«Via Rasella è stata una pagina tutt’altro che nobile della
resistenza, quelli uccisi furono una banda musicale di semi-pensionati e non
nazisti delle SS, sapendo benissimo il rischio di rappresaglia su cittadini
romani, antifascisti e non».
Sempre,
coraggiosamente e coerentemente i gappisti protagonisti dell’azione hanno
difeso la Resistenza partigiana e contrastato i tentativi di criminalizzarli.
Essi ci hanno lasciato delle pagine memorabili sulla Resistenza romana.
Riprendiamo
qui le note biografiche tratte dal sito dell’ANPI di alcuni dei protagonisti:
per il dibattito tra i compagni, nelle avanguardie operaie, nel movimento per la costruzione del Partito comunista
La stampa economica dei quotidiani di ieri ha riportato che alla
Unilever Group da 59,6 miliardi, la nuova dirigenza per conquistare
la fiducia degli investitori e recuperare margini di profitto, ha
dichiarato l'intenzione di scorporare la sezione gelati, un settore
stagionale e con una logistica più complessa. E di preparare un
taglio da 7500 posti di lavoro.
Nella sua
semplicità questa notizia economico politica apre ad una grande
verità che oggi ci è utile per tornare sul fatto che gli interessi
dei padroni sono antagonisti, inconciliabili a quelli degli operai,
di tutti i proletari. Semplicità naturalmente non vuol dire banale,
lo possiamo notare se da un altro punto di vista osserviamo lo stato
della classe operaia oggi.
L'individualismo
fa danni enormi dentro le fabbriche, un modo di essere e di pensare
che gli operai hanno assorbito e che porta a dire: “la lotta mette
a rischio il posto di lavoro o il mutuo, devo pensare alla mia
situazione”.
Ma è la vita
nella società capitalista che è a rischio, quella dovrebbe
spaventare. Si muore di profitto, di povertà, per razzismo. Non c'è
un settore, un aspetto della vita, lavorativo, sociale, culturale,
che le masse popolari attraversano, che si salva, che non sia duro, a
rischio spaventoso o sotto attacco della reazione. E oggi ancora di
più nella tendenza generale ad un allargamento globale dei conflitti
con il nemico di casa nostra, imperialista e moderno fascista,
governo Meloni, che ci trascina ogni giorno che passa in queste
guerre.
Nelle statistiche
per la povertà sono entrati in massa i lavoratori che non ce la
fanno più a raggiungere
Vogliamo mettere al centro
alcuni aspetti che ci sono dietro la mobilitazione per la Palestina
che si è sviluppata nel nostro paese e che raccoglie tutta una serie
di necessità e indicazioni rispetto a quella che è la prospettiva
internazionale dei popoli per liberarsi dall'imperialismo contro i
piani di guerra e la guerra imperialista e il genocidio che avvengono
in Palestina, ma che avvengono anche in altri paesi, dove ci sono, e
si sviluppano, le guerre popolari.
La Palestina è
un'opportunità per i proletari, per le forze comuniste ed è parte
del lavoro che dobbiamo portare avanti anche nel nostro paese per
smascherare quello che ci sta dietro, la disumanità di questo
sistema imperialista/capitalista che bisogna abbattere perché o
socialismo o barbarie.
Ogni giorno la
Palestina ci dà questa indicazione. Fino a dove arriva questo
sistema imperialista che compie i peggiori crimini e li compie
quotidianamente verso le masse, verso i proletari, verso i popoli che
rialzano la testa.
Per questo oggi è
necessario continuare le mobilitazioni contro il genocidio del popolo
palestinese. E non bisogna mai perdere di vista - e dimenticare –
il perché avviene questo genocidio da parte di Israele e della
copertura dell'imperialismo principalmente USA, ma anche la
complicità di tanti altri paesi imperialisti, tra cui il nostro
governo.
Questo genocidio
avviene come una risposta all’azione della resistenza del 7
ottobre. Il 7 ottobre ha
"Il
suo vero segreto fu questo: che essa fu essenzialmente un governo
della classe operaia...
... il prodotto della lotta di classe dei
produttori contro la classe appropriatrice, la forma politica
finalmente scoperta, nella quale si poteva compiere l'emancipazione
economica del lavoro... La Comune doveva dunque servire da leva per
svellere le basi economiche su cui riposa l'esistenza delle classi, e
quindi del dominio di classe. Con l'emancipazione del lavoro tutti
diventano operai, e il lavoro produttivo cessa di essere un attributo
di classe".
(Karl Marx - "La guerra civile in Francia").
Il
18 marzo del 1871 nasceva la prima grande esperienza di potere
del proletariato, la Comune di Parigi. La Comune di Parigi è durata
due mesi e dieci giorni, dal 18 marzo al 28 maggio, ma questi due
mesi hanno segnato tutta la storia dell'umanità.
Marx
ne “La guerra civile in Francia”. Scrive alla fine:
“Parigi operaia, con la sua Comune, sarà celebrata in eterno, come
l'araldo glorioso di una nuova società. I suoi martiri hanno per
urna il grande cuore della classe operaia. I suoi sterminatori, la
storia li ha già inchiodati a quella gogna eterna dalla quale non
riusciranno a riscattarli tutte le preghiere dei loro preti”.
La
Comune di Parigi per essere sconfitta ci volle un intero esercito,
giorni e giorni di massacri. Ci furono più di 30 mila comunardi
uccisi e tra questi anche tante donne e bambini. Seguirono 45mila
arresti, decine di migliaia di condanne - molte trasformatisi in
uccisioni - e di deportazioni, mentre migliaia di parigini fuggirono
all'estero. In quei giorni ci fu un fiume di sangue che scorreva
nelle strade.
Ma
Lenin dice: "Il ricordo dei combattenti della Comune è onorato
non solo dagli operai francesi, ma anche dal proletariato di tutto il
mondo, perché essa non combattè per un obiettivo locale o
strettamente nazionale, ma per l'emancipazione di tutta l'umanità
lavoratrice, di tutti gli umiliati e offesi. Come combattente
d'avanguardia della rivoluzione sociale, la Comune ha conquistato la
simpatia in tutti i
Guerra a Gaza, l'Università di Torino blocca il bando di collaborazione con Israele. Meloni: «Scelta preoccupante»
L’ateneo
è il primo a sospendere la collaborazione con le realtà accademiche
israeliane ma precisa: lo stop è solo al bando Maeci, le altre attività
continuano. Parziale vittoria per i collettivi studenteschi che hanno
bloccato la riunione del Senato accademico. Sette ottobre: «Gravissimo»
«Considero preoccupante che il Senato accademico dell'Università di Torino scelga di non partecipare al bando per la cooperazione scientifica con Israele.
E lo faccia dopo un'occupazione da parte dei collettivi. Se le
istituzioni si piegano a questi metodi rischiamo di avere molti
problemi». Sono le parole della premier Giorgia Meloni alla Camera, durante la replica nel dibattito sulle sue comunicazioni in vista del Consiglio europeo
Bloccato il bando di collaborazione con Israele
Cosa è successo. L’ateneo di Torino, primo a livello italiano, ha deciso di sospendere la collaborazione con le realtà accademiche israeliane.
«Il Senato dell’Università ritiene non opportuna la partecipazione al
bando del Ministero degli Affari Esteri (Maeci), visto il protrarsi
della situazione di guerra a Gaza». La comunicazione si configura come
una parziale vittoria per i collettivi studenteschi che hanno prima bloccato la riunione dei senatori e poi ottenuto un’assemblea pubblica
per discutere la loro richiesta di boicottaggio di tutte le intese con
le università israeliane. Dopo una lunga discussione, i vertici
dell’ateneo hanno deciso di approvare un documento che di fatto chiude le porte ad un unico bando, quello pubblicato recentemente dal Maeci che mira a finanziare progetti congiunti di ricerca tra
Lenin dice che per sviluppare la coscienza politica del proletariato bisogna portare nella classe operaia la denuncia di ogni manifestazione di arbitrio e oppressione.
Ma naturalmente, si pone subito dopo il problema "Come farlo? Abbiamo forze sufficienti per farlo? Esiste un terreno per questo lavoro in tutte le altre classi? Non significherà questo o non porterà questo ad una rinuncia al punto di vista di classe?".
Domande ancora più giustificate se guardiamo ad oggi, alle condizioni di organizzazione, numeri e quadri dell'organizzazione comunista, e in particolare della nostra. Domande a cui la risposta facile che viene è No.
Ma la risposta di Lenin è invece altra. Parte dall'assunto che i comunisti sono innanzitutto "teorici... propagandisti, agitatori e organizzatori". E aggiunge: "ma si fa molto poco in questo senso. Troppo poco rispetto a quanto si fa per lo studio delle peculiarità della vita di fabbrica", anzi - diciamo noi - dell'attenzione che si presta alla vita e alle lotte degli altri settori di lavoratori. Lenin insiste che ci sono
LA QUESTURA DI PALERMO HA EMESSO TRE MISURE CAUTELARI RESTRITTIVE VERSO 3 COMPAGNI MILITANTI DI ANTUDO
“Una custodia cautelare in carcere e due obblighi di firma con accuse di atto terroristico e istigazione a delinquere per aver diffuso un video di un'iniziativa simbolica di protesta avvenuta alla sede della Leonardo SPA di Palermo nel novembre 2022 a tre militanti di Antudo. Oggi anche in Sicilia chi svela i piani criminali del governo italiano e delle sue fabbriche di morte viene represso e privato della sua libertà, mentre i responsabili dei massacri e del genocidio in atto a Gaza si riempiono le tasche con i grassi profitti dell'industria bellica. Libertà per chi lotta contro la guerra, Leonardo complice del genocidio!” (dal comunicato di Antudo).
MASSIMA SOLIDARIETÀ AI COMPAGNI COLPITI DALLA REPRESSIONE DI STATO
GIÙ LE MANI DA CHI LOTTA CONTRO LE FABBRICHE DI MORTE E DELLA GUERRA IMPERIALISTA.
Per il governo italiano, guidato dalla fascista Meloni, la Leonardo spa non si deve toccare. La Leonardo Spa, come si è denunciato con forza in questi mesi di manifestazioni, di protesta, a Palermo, davanti la fabbrica Leonardo con la
Il Mediterraneo, l’Africa e il Medioriente sono l’altro fronte
di guerra acceso dalla contesa interimperialista, con le truppe
militari dei governi imperialisti sul terreno a rafforzare l’asse
del terrore, assieme al loro alleato sionista, contro i popoli arabi
con al centro la Palestina.
Questo
fronte di guerra è strategico per lo Stato imperialista italiano, ce
lo stanno ripetendo fino alla nausea i governi e i cosiddetti
“analisti” vicini all’apparato militare-industriale Italiano, e
il governo Meloni/Crosetto/Tajani è proprio sull’interventismo
imperialista italiano che punta molto, la Meloni lo ha gonfiato
talmente tanto da spingere la stampa asservita a battezzarlo “piano
Mattei”, a dargli così una veste apparentemente strategica per
nascondere invece la realtà fatta di respingimenti appaltati ai
governi reazionari, di profitti derivati dalla rapina delle risorse
energetiche e dalle merci che transitano nell’area, di imposizione
del tallone di ferro degli eserciti imperialisti per schiacciare le
aspirazioni dei popoli e dominare il commercio mondiale che transita
nel Mar Rosso.
La
presidenza italiana nel G7 e le elezioni europee sono un passaggio
ulteriore per tutti i governi e i partiti
Non c'è molto da aggiungere, spiegare di fronte alle gravi affermazioni del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel - che riportiamo di seguito - che parla di "economia di guerra" e se vogliamo la pace devi fare la guerra. Certo, siamo in periodo di elezioni europee e i toni si fanno volutamente forti per raccogliere consensi, ma le dichiarazioni fatte da Charles Michel vanno insieme a fatti e altre dichiarazioni: ieri la Ue ha deciso una nuova dotazione di 4,5 miliardi all'Ucraina, primo pacchetto di 50 miliardi; Macron ipotizza anche l'invio di propri soldati in Ucraina; si annuncia il raddoppio entro fine 2025 dell'attuale produzione militare...
Si preannuncia, di fatto, un'estensione della guerra, almeno in Europa, in nome della "nostra propria sicurezza".
Che significherebbe "economia di guerra", quali effetti sarebbero per le masse? Significherebbe concentrare parte dell'economia, fondi, produzione, risorse nella produzione militare; si parla di "beni a duplice uso" cioè beni che pur nati per uso civile, per la medicina, la ricerca scientifica, ecc., possono essere utilizzati per scopi militari; quindi spostare finanziamenti del governo verso missioni militari e armamento, togliendoli sempre più a fondi per il lavoro, il reddito, i servizi sociali, la salute, la scuola, ecc.
La "sicurezza" di cui parla è quella dei imperialisti, non certo quella delle masse popolari che verrebbe, proprio da quest'estensione degli interventi messa a rischio. E che non si tratti di "difesa" lo dice lo stesso Commissario quando dichiara che per la prima volta nella storia della UE verranno consegnate armi letali all'Ucraina.
La chiusura di questo scritto di Charles Michel è altrettanto inquietante. Scrive: Questa battaglia richiede una leadership forte: per mobilitare i nostri cittadini, le nostre imprese e i nostri governi...". Che significa "leadership forte"? Se non la dichiarazione chiara che guerra e governi di moderno fascismo.
Charles Michel: "Se vogliamo la pace dobbiamo prepararci alla guerra" - Gentiloni: "Bisogna sbrigarsi".
"...l vento sta cambiando, perlomeno nelle intenzioni di Bruxelles e di un ampio fronte di capitali, unite nel convincimento che una nuova corsa alle armi è cominciata. E che, quindi, anche la Banca europea... debba adesso indossare l’elmetto e finanziare progetti per la difesa: il pressing è oggetto di una lettera firmata ieri da 14 Paesi, tra cui Italia, Francia e Germania....
...Come finanziare la nuova difesa comune, però, ancora non si sa. Il commissario all’Economia Paolo Gentiloni parla di possibile nuovo debito comune..."
Dall’intervento di Charles Michel Presidente del Consiglio europeo
"...La Russia rappresenta una seria minaccia militare per il nostro continente europeo e per la sicurezza globale. Se la riposta dell’Ue non sarà adeguata e se non forniamo all’Ucraina sostegno sufficiente per fermare la Russia, saremo i prossimi.
Dobbiamo quindi essere pronti a difenderci e passare a una modalità di «economia di guerra». È
A
febbraio, su ordine delle forze armate egiziane, un’area di 16
chilometri quadrati lungo il confine con Gaza è stata spianata. In corso
anche la costruzione di una barriera in cemento. Il Cairo nega, ma il
timore è che il paese si prepari all’arrivo di centinaia di migliaia di
sfollati palestinesi.
Dai gabbiotti di cemento lungo il muro che separa Gaza dall’Egitto due
soldati egiziani fanno segno di non scattare foto ai mezzi da lavoro. Al
valico di Rafah, accanto all’ingresso per i camion umanitari, c’è una
ruspa. Altri mezzi si intravedono nei campi vicini.
Appena
un chilometro a sud del valico, a inizio febbraio è scomparsa un’intera
zona agricola: un rettangolo imperfetto, quattro chilometri per
quattro, per un totale di 16 km quadrati, alla frontiera. È come se la
tagliasse in due: un pezzo corre lungo l’estremo sud di Gaza, un altro
pezzo lungo il territorio israeliano.
Le
immagini, disponibili grazie a Copernicus, cuciono insieme tre mondi
antitetici: il Sinai semidesertico, militarizzato da un decennio di
regime di al-Sisi; il sud di Israele, tasselli di campi
L’edizione di domenica diciassette marzo della cloaca massima dello pseudo giornalismo italiano d’accatto, il Giornale, contiene un articolo dove – com’è da sempre costume di questo covo di buzzurri ignoranti che si pretendono giornalisti soltanto perché in possesso della tessera dell’Ordine – fa volutamente confusione tra due termini soltanto apparentemente sinonimi.
Nell’affanno di cercare un motivo per dipingere i nemici della “sinistra”, in questo caso i giovani che frequentano le Università italiane, come odiatori seriali incapaci di dialogare con coloro che la pensano diversamente da sé, si cimentano nel giochino di parificare l’antisemitismo con l’antisionismo, dando persino voce a tale Alessandra Veronese, docente di storia medievale presso l’Università di Pisa.
Costei afferma: «Il conflitto ha creato un clima di odio verso gli studenti ebrei e israeliani. Frasi ostili, apprezzamenti ostentati per il massacro del 7 ottobre. Molti cominciano ad avere paura, paura ad andare in giro con la kippah o con la stella di David, e qualcuno consiglia loro di dissimulare, per ragioni di sicurezza, la propria identità. Caccia al sionista? Sì, si può dire qualcosa del genere».
A parte il fatto che il così detto conflitto tra l’entità sionista e la Resistenza palestinese non è affatto una guerra, ma un vero e proprio genocidio, colpisce il fatto che una persona che dovrebbe essere di cultura confonda l’antisionismo con l’antisemitismo; nessuno, almeno a sinistra, nega il diritto di esistere ai discendenti di Sem in quanto professanti la fede ebraica: è il sionismo ad essere esecrato, in quanto movimento razzista che pretenderebbe che la Palestina fosse esclusivamente nelle sue mani, cacciando tutti coloro che la pensano diversamente.
I cazzari elettoralisti e riformisti della 'sinistra opportunista' aspiranti parlamentari
"Le
elezioni possono, se opportunamente utilizzate, divenire strumento per
la riorganizzazione della sinistra e per la costruzione di un progetto
alternativo di società" - Tenuto conto che secondo Stamegna... le sfide elettorali sarebbero "Attualmente l’unico campo su cui muoversi,* membro del Coordinamento nazionale di Potere al Popolo
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Le elezioni possono essere il passaggio per la trasformazione sociale?
Le
elezioni politiche si inquadrano oggi come mera affermazione di
rapporti di forza interno a gruppi che agiscono in un sistema
paralizzato. La finalità non è più quella di una contrapposizione tra
visioni e modelli diversi di società, ma solo quella di testimonianza
della propria esistenza. Il mondo si muove su interessi particolari a
cui ci si sottomette pur di esserci.
Alcune
organizzazioni di sinistra, intendendo con queste le piccole formazioni
socialiste e comuniste oggi presenti in Italia, che potrebbero
costituire la spinta per un rilancio della politica come strumento di
cambiamento, continuano a lavorare nella logica delle elezioni e del
maggioritario, a cui dicono di opporsi, ma in cui puntualmente ricadono
ad ogni tornata elettorale, non comprendendo che non riusciranno ad
emergere finché non si porranno come forza alternativa ed indipendente
rispetto al quadro politico generale.
Questo
non vuol dire rinunciare a partecipare alle sfide elettorali.
Attualmente questo è l’unico campo su cui muoversi, ma la partecipazione
alle elezioni deve essere inquadrata come una opportunità per
Professore, ci racconta dei provvedimenti a cui è stato sottoposto?
Sono
stato sottoposto a due procedimenti disciplinari: uno da parte della
dirigente scolastica, l’altro da parte del ministero, seguito a
un’ispezione con una specie d’interrogatorio a scuola. Il primo
procedimento si è concluso con una sanzione del tipo “censura”. Attendo
ancora l’esito del secondo.
Come si è arrivati al primo procedimento disciplinare?
La
censura segue un incontro avvenuto a scuola tra la dirigente scolastica
e i genitori di un alunno di cittadinanza italo-israeliana. Questi
ultimi lamentavano la mia presunta faziosità sulla questione palestinese
e la verbalizzazione nel registro di classe del nome del ragazzo e
della sua cittadinanza italo-israeliana.
La cosa in realtà era andata diversamente. A partire dalla seconda
settimana di ottobre ho fornito alle mie classi alcuni spunti di
riflessione sulla questione israelo-palestinese, con riferimento ai
valori educativi dell’uguaglianza degli esseri umani e del ripudio della
guerra.
Durante
una delle mie lezioni lo studente di cui sopra ha spiegato di essere di
religione ebraica e cittadino italo-israeliano e ha chiesto di leggere
un documento, da lui elaborato a casa, per illustrare il suo punto di
vista sulla questione israelo-palestinese. Come di consuetudine, nel
rispetto del diritto di parola di tutti e tutte, e della pluralità dei
punti di vista, ho acconsentito alla richiesta del ragazzo.
Al
termine della lezione, come di norma, ho verbalizzato sul registro di
classe le attività didattiche del
Partorire durante la guerra: “Sentivo
la mia carne strapparsi”
Le donne di Gaza stanno sperimentando aborti
spontanei, nascite senza anestesia, parti prematuri e morti
neonatali.
di Eman Ashraf Alhaj Ali (*)
La difficile situazione delle future mamme è uno
straziante sottotitolo della più grande tragedia che si sta
consumando nella Striscia di Gaza. All’interno dell’enclave
assediata, il santuario del grembo materno è diventato un campo di
battaglia dove la vita in fiore vacilla sull’orlo del baratro,
minacciata dallo stress del conflitto, dallo spettro della fame e dal
potenziale omicidio della madre del bambino.
“Numerose donne sono arrivate in ospedale
morte o morenti, troppo tardi per essere salvate, insieme ai loro
bambini“, ha detto al New
Arab la pediatra di Medici Senza Frontiere Tanya Haj-Hassan.
“Per alcuni, tuttavia, potremmo fare tagli cesarei
post-mortem“, risparmiando almeno una delle vite. Secondo The
Lancet, si stima che 183 donne partoriscano ogni giorno a Gaza,
di cui il 15% ha bisogno di cure mediche a causa della gravidanza o
di complicazioni legate al parto.
Però quasi il 40% degli
ospedali sono distrutti o funzionanti solo parzialmente e quasi due
terzi delle cliniche di assistenza sanitaria di base sono chiuse.
Mentre gli ospedali sono sotto pressione sotto il peso della domanda
travolgente e delle risorse in diminuzione, le future mamme si
trovano di fronte a un terribile dilemma: partorire in mezzo al caos
a casa o rischiare il pericoloso viaggio in cerca di assistenza
medica. I corridoi delle strutture mediche, un tempo affollati,
traboccanti di attesa, ora testimoniano l’agonia silenziosa delle
madri che partoriscono tra le macerie, le loro grida attutite dal
fragore assordante del conflitto. Il tributo della guerra si estende
oltre il regno fisico, infiltrandosi nel tessuto stesso della salute
materna: il benessere emotivo delle donne.
Le future mamme come
Aya Ahmad devono andare avanti nonostante non sappiano se il loro
bambino vive ancora nel loro grembo, dopo che il feto si è
improvvisamente calmato.
E Asmaa Sendawi ha recentemente
partorito nelle condizioni più precarie. Come crescerà il nuovo
bambino?
“Ho partorito il mio bambino nel cuore della notte“,
ricorda Asmaa. “Era troppo pericoloso camminare per strada e
abbiamo provato molte volte a chiamare un’ambulanza. Alla fine,
siamo riusciti a prendere un carretto trainato da asini. E ci è
voluta un’ora per arrivare all’ospedale più vicino che era
ancora funzionante, almeno un po’. Ce l’ho fatta a malapena“.
Le donne che sperimentano complicazioni durante il
parto affrontano gravi pericoli.
Khadija Ahmed, 29 anni, è
finalmente rimasta incinta dopo 10 anni di costi esorbitanti mentre
tentava il trapianto di embrioni. Desiderava ardentemente il giorno
della nascita e il momento in cui avrebbe potuto abbracciare il suo
bambino. Tuttavia, Khadija ha avuto bisogno di un taglio cesareo e
non c’è stata alcuna anestesia. Secondo la CNN,
l’anestesia è tra gli articoli più frequentemente rifiutati per
l’importazione a Gaza da Israele, insieme a stampelle, ventilatori,
macchine a raggi X e bombole di ossigeno.
“Potevo sentire il coltello squarciare gli
strati del mio stomaco e sentire il suono della mia carne che si
strappava. Non riesco nemmeno a descrivere come suona; è
paragonabile a nient’altro. Sentivo ogni volta che l’ago mi
pungeva la pelle e il filo veniva tirato attraverso“.
Fortunatamente, Khadija è svenuta per il dolore,
portando un po’ di sollievo. Il suo bambino è sopravvissuto e sta
bene, ma è molto anemica ed esausta. Se sopravvivono a questa prova,
le attendono molte nuove paure. The Lancet riporta che molte madri
vengono dimesse dall’ospedale entro tre ore dal parto. “Mi
sto rifugiando assieme a molti sfollati nelle tende a Rafah,
nonostante il clima rigido dell’inverno“, dice Noor Zakari.
“Sono preoccupata per la salute del mio bambino appena nato,
perché non ci sono abbastanza vestiti o coperte“. “Ogni
giorno porta con sé nuovi orrori, nuove tragedie“, riflette
Tanya di Medici Senza Frontiere, con la voce carica di dolore.
“Stiamo assistendo alla distruzione sistematica di un’intera
generazione, una generazione derubata della speranza, dell’innocenza,
della vita stessa“.
L’impennata degli aborti spontanei, dei parti
prematuri e delle morti neonatali testimonia l’impatto devastante
della guerra sui membri più vulnerabili della società. Eppure, la
presenza di una nuova vita evoca una speranza che tremola come una
candela nel vento, un faro di luce in mezzo all’oscurità che
avvolge Gaza. Di fronte ad avversità inimmaginabili, lo spirito
indomito delle madri di Gaza sopravvive, a testimonianza del potere
duraturo dello spirito umano di perseverare nelle circostanze più
difficili. Tra le strade di Gaza cosparse di macerie, le future mamme
si aggrappano al più debole barlume di speranza, la loro resilienza
è una testimonianza del potere duraturo dello spirito umano di
fronte a imperscrutabili avversità. Nei momenti più bui, le loro
storie fungono da faro di luce, un promemoria del fatto che anche in
mezzo al caos del conflitto, lo spirito umano rimane intatto.
In 30 minuti, a Gaza, una donna che ha partorito naturalmente deve
lasciare il suo letto d’ospedale per fare posto alle nuove
partorienti. Quando la lista d’attesa non è lunga, le dimissioni
avvengono dopo 2 ore. Per il cesareo, le donne devono lasciare
l’ospedale dopo solo 2 ore nei giorni più caotici, ma comunque mai
oltre le 6. E questo perché a Gaza solo 13 dei 36 ospedali sono
ancora parzialmente funzionanti. Ogni giorno, quando cammino per
andare in ufficio, non faccio altro che pensare a quanto possano
valere 30 minuti…
L’ultima cosa da
perdere
La suocera di Noor ha le idee chiare: sua nipote
si deve chiamare Salam, perché mai come oggi, da queste parti, c’è
bisogno di Pace. Ma Noor non ha ancora deciso, è stanca e pallida.
Ha bisogno di assumere ferro e vitamina C. Noor è una delle nostre
pazienti in un ospedale a Rafah, appena starà meglio dovrà tornare
a vivere nella sua tenda di plastica. La sua vera casa è a Jabalya,
nel nord, ma oggi è ridotta a un cumulo di macerie.