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Mercoledi pomeriggio a Roma si è tenuto un incontro per illustrare l’appello Fermare la guerra, imporre la pace. I promotori locali dell’appello avevano chiamato un momento di confronto pubblico per fare il punto sulle iniziative in corso nel paese tese a fermare il treno della guerra in Ucraina e a stoppare il coinvolgimento militare dell’Italia nell’escalation del conflitto.
Presenti molte realtà associative dell’articolato movimento pacifista e delle forze che si oppongono alla guerra.
I lavori sono stati aperti da Alessandro Perri che ha sottolineato la necessità di far convergere le diverse sensibilità ed esperienze nella mobilitazione per fermare la guerra.
“L’arroganza con cui Zelenski ha liquidato la mediazione del Pontefice nel corso della sua visita a Roma e, contestualmente, l’oltranzismo bellicista confermato dal governo italiano, dimostrano che la strada del negoziato e della de-escalation è tutta in salita”, ha detto Sergio Cararo, direttore del nostro giornale e tra i promotori dell’appello. “Per questo occorre darci da fare e unire gli sforzi, ma i fatti ci dicono che per un periodo dovremo contare solo sulle nostre forze, perché quelle che spingono per l’escalation in questo momento prevalgono”.
A tale scopo è stato convocato un incontro nazionale per sabato 27 maggio a Roma (il luogo verrà comunicato a breve) per un confronto tra tutte le forze che in modi e con sensibilità diverse convergono però su obiettivi comuni. Un primo momento di mobilitazione è previsto per il prossimo 2 giugno in occasione delle celebrazioni della Festa della Repubblica ma si ragionerà anche su un momento di mobilitazione nazionale per l’inizio dell’autunno.
Tra le iniziative già un campo ci sono i referendum sui due quesiti contro l’invio delle armi in Ucraina come spiegato da Agata Iacono del comitato promotore dei referendum, il primo contro la legge delega votata dal Parlamento e varata dal governo Draghi, il secondo sull’esportazione di armi a paesi in guerra. Fabrizio Truini di Pax Christi ha segnalato la necessità di rivedere l’ordine mondiale perché questo può fermare le spinte alla guerra. L’attivista africano Soumaila Diawara ha ricordato le tante guerre imposte dall’occidente all’Africa, un continente pieno di armi e conflitti ma dove nessuno le fabbrica. “Io che vengo da un continente con decine di guerre mai avrei pensato di vedere la guerra nel cuore dell’Europa”.
Luciano Vasapollo, docente della Sapienza e firmatario dell’appello, ha analizzato le contraddizioni emerse sull’ipotesi negoziale del Pontefice e l’isolamento in cui questo è stato lasciato anche dalle gerarchi vaticane sulla questione della guerra in Ucraina. Michela Arricale, giurista del Cred e firmataria dell’appello ha segnalato l’importanza dei referendum e l’esigenza di unire le forze per raggiungere interlocutori diversi e ampliare il fronte di chi si oppone alla guerra.
Patrizia Sterpetti della Wilpf-Italia ha ricordato alcune delle iniziative in corso come la causa contro la presenza delle armi nucleari Usa nelle basi di Ghedi ed Aviano, la prossima conferenza sul Trattato di Non proliferazione nucleare a Vienna e la conferenza contro la Nato prevista per luglio a Bruxelles in contemporanea con il vertice Nato a Vilnius.
Cristina Rinaldi del comitato “Pace e non più guerra” ha resocontato della lettera di una trentina di associazioni pacifiste italiane ed internazionali ai presidenti affinchè scelgano la strada del negoziato ed ha segnalato la recente iniziativa del presidente del Sudafricae di altri paesi africani che hanno avanzato un piano di pace per il conflitto in Ucraina.
Beatrice Gamberini di Potere al Popolo ha espresso la preoccupazione sul “punto di non ritorno” nell’escalation bellica e si è soffermata sul nesso tra opposizione alla guerra e questione sociale, quell’abbassare le armi e alzare i salari che ben sintetizza il problema, confermando la disponibilità alla mobilitazione del 2 giugno e alle altre iniziative in corso e in cantiere.