Riportiamo brevi parti di un lungo articolo apparso su Le Monde diplomatique di febbraio sulla situazione in Israele che sta dando vita in questi giorni a forti e grandi proteste della popolazione
Questa prima parte spiega bene i passaggi della azione di Netanyahu di deciso spostamento all'estrema destra, portando a conseguenza la sua piano di cancellazione di ogni residua forma di democrazia e di instaurazione di un regime fondato sul nazionalismo ebraico.
Netanyahu ieri è stato in Italia, ricevuto dalla Meloni, per stringere rapporti politici ed economici, e anche qui è stato accolto da manifestazioni di protesta.
Questo rapporto Israele/Italia acquista in questa fase un significato che va oltre i "normali" rapporti tra Stati e governi. Netanyahu in un certo senso anticipa i piani del governo Meloni/Salvini in Italia, in merito alla controriforma della Costituzione, all'instaurazione di un presidenzialismo, all'accentramento dei poteri; ma in particolare anticipa l'attacco alla Giustizia che il Min. Nordio ha appena cominciato ad avviare, ma che punta anche qui ad una messa sotto controllo, togliere autonomia alla Magistratura, modificare articoli e procedure, che salvaguardino la classe politica al potere, salvando i suoi uomini da condanne per corruzione, frodi, ecc.; cosi' come è significativo l'intervento ideologico e pratico verso la scuola, i giovani in generale, per cui i piani e l'azione concreta del Min. Valditara non puntano solo ad un "ritorno al passato" ma ad una scuola al servizio del moderno fascismo, in cui l'aspetto militare deve essere parte della formazione.
In questo senso Netanyahu è più vicino all'Italia di quanto può sembrare.
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Spostamento marcato verso l'estrema destra
Israele, il colpo di Stato identitario
Dando priorità alle riforme politiche richieste dai suoi alleati nazionalisti e ultraortodossi, Benjamin Netanyahu sta intraprendendo una profonda trasformazione della democrazia israeliana. I poteri della Corte Suprema ma anche quelli dei giudici sono nel mirino di una coalizione che intende estendere l'influenza della religione nell'istruzione pubblica e non cedere nulla ai palestinesi.
di Carlo Enderlin
Il Signor Binjamin Netanyahu ha avuto successo. Tornato al potere dal 29 dicembre (ha ricoperto la carica di capo del governo dal marzo 2009 al giugno 2021), sostenuto da una maggioranza di
IL NOSTRO IMPEGNO: INTENSIFICARE LA LOTTA CONTRO IL NOSTRO IMPERIALISMO, IL SUO GOVERNO, IL SUO STATO ASSASSINI
La strage nel Mar Jonio è l’ennesima strage che negli ultimi anni si sono succedute nel Mediterraneo. Le responsabilita’ di esse sono dell’imperialismo, come sistema, come Stati e governi.
L’Italia è la prima e ultima responsabile di queste morti. La prima perchè è nei suoi mari che queste morti avvengono, è dai porti dei paesi dell’altra sponda del Mediterraneo, prima la Libia oggi la Tunisia, che i migranti partono, dopo le inenarrabili sofferenze nei lager, anche se la strage di Cutro portava migranti proveniente da altre zone, per altre vie. Sono i regimi di questi paesi in combutta con il governo imperialista italiano, che da tempo hanno stabilito accordi che producono questi viaggi e queste morti, e come recentemente mostrano i viaggi della Meloni (a cui si uniscono i padroni da Bonomi all’Eni), bambini, donne, migranti vengono usati come merce di scambio per fare affari in questi paesi, profitti per i capitalisti! Nello stesso tempo l’Italia è l’ultima della catena del sistema imperialista mondiale che produce guerra, repressione, miseria e morte che porta tanti proletari e masse popolari a scappare quando risulta impossibile lottare e sopravvivere.
Non sara’ possibile mettere fine a questa strage infinita senza mettere fine al sistema capitalista, imperialista. Nè sara’ possibile percorrere un’altra strada in questi paesi che non sia la fuga senza uno sviluppo della lotta rivoluzionaria di massa dei proletari e delle popolazioni contro i loro regimi e l’imperialismo che li sostiene.
Per questo noi proletari comunisti italiani abbiamo un compito e una risposta principale da dare: intensificare la lotta contro l’imperialismo e contro il nostro imperialismo innanzitutto; stringere legami con le forze antimperialiste, rivoluzionarie e comuniste che operano nei paesi di Asia, Africa, Medio Oriente, per rovesciare i loro regimi e combattere l’imperialismo che li arma e sostiene. L’unita’ strategica tra i proletari e i popoli oppressi dall’imperialismo per l’intensificazione della lotta comune con lo sviluppo della guerra di popolo e della guerra rivoluzionaria è l’unica speranza di interrompere la catena delle morti nei mari dei morti.
Attualmente il Mediterraneo e in esso lo Jonio sono solcati dalle navi dell’imperialismo dotate di armi che costano miliardi; navi che non salvano alcuna vita umana ma conducono manovre e si addestrano a missioni militari che hanno solo due soli scopi: prepararsi a partecipare alla guerra imperialista che marcia a tappe forzate e sostenere i regimi asserviti o collocati nella stessa parte dei loro padroni in contesa internazionale.
Accentuando cosi’ tutte le condizioni economiche e sociali che producono le grandi migrazioni e l’orrida catena che è finita nei giorni scorsi sulla costa di Cutro.
L’Italia imperialista, dalla Bossi/Fini all’ultimo miserabile governo Meloni/Piantedo, fa leggi e azioni volti tutti al mancato soccorso, al respingimento, al sostegno delle guardie costiere dei paesi da cui provengono i migranti, per farne la prima trincea non del salvataggio ma del respingimento. Anche l’ultimo decreto, buttato in faccia ai morti e ai loro familiari, ha lo stesso segno: si sbandiera una repressione inutile, quanto impotente verso gli scafisti, ma al centro c’è sempre il blocco dei migranti, di cui possono entrare solo quelli “forti, sani” per essere sfruttati dai padroni. Intanto la strage di Cutro, come le altre, rischia di restare impunita, per coprire comportamenti criminali dei ministri e di tutto il governo, che visti nel loro insieme è possibile perfino definire “genocidi”, espressioni di una logica imperialista neocolonialista, razzista, che chiaramente con questo governo ha raggiunto e superato un nuovo limite, denunciato ora da tanti, a Cutro come a livello nazionale.
Siamo perchè le responsabilita’ di quest’ultima strage vengano portate alla luce da tutte le forme di inchiesta e testimonianze gia’ in corso; anche all’interno di questo Stato borghese noi vogliamo che le responsabilita’ vengano sanzionate. E siamo perchè i ministri di questo governo e la loro capa, Meloni, per questa strage paghino anche un costo politico. Ed è profondamente giusto che di fronte a quest’ultima strage che tocca i cuori e le menti e che vede in questi giorni una grande solidarieta’ a tutti i livelli da parte delle masse del crotonese, sia stata organizzata questa manifestazione nazionale a Cutro, che ponga un freno e metta in discussione leggi e comportamenti di questo governo, di questi ministri.
Ma il nostro compito principale è intensificare il lavoro nella classe operaia, nelle masse popolari per la costruzione di un movimento in grado innanzitutto di comprendere, elevare la coscienza sulle cause di quello che accade, demolire ogni illusione che questi Stati, questi governi, questo sistema possano cambiare, perchè l’unico cambiamento può essere portato dal loro rovesciamento con una rivoluzione proletaria e popolare, improntata a principi di solidarieta’ e internazionalismo.
Calciatori portano in campo uno striscione per i morti di Cutro: l'arbitro multa la squadra e squalifica per un mese il capitano
di Lucia Landoni
La squadra bergamasca di Terza
categoria Asd Athletic Brighela ha portato in campo prima del fischio
di inizio un lenzuolo con la scritta "Cimitero Mediterraneo.
Basta morti in mare". Ma l'autorizzazione era stata negata. E il
caso finisce in Parlamento
Multati per aver portato in campo uno
striscione di protesta dopo il naufragio di Cutro: l'Asd
Athletic Brighela, squadra di calcio bergamasca di Terza
categoria, si è vista comminare una sanzione di 550 euro dal giudice
sportivo della delegazione di Bergamo per il messaggio "Cimitero
Mediterraneo. Basta morti in mare", esposto su un lenzuolo
bianco dai propri giocatori prima del fischio d'inizio della partita
di domenica 5 marzo contro il River Negrone, disputata in trasferta a
Scanzorosciate.
Una presa di posizione che non era però stata autorizzata
dall'arbitro e ora rischia di costare cara alla formazione
bergamasca: come riporta l'Eco di Bergamo, oltre alle ammende alla
società, il capitano
In collegamento con la manifestazione nazionale a Crotone: Basta morti in mare lottiamo in ogni paese per rovesciare il proprio imperialismo, lo Stato e i suoi governi e unirsi ai proletari e ai popoli che conducono la stessa lotta su scala mondiale.
dal manifesto del partito comunista di Marx e Engels
.... Gli operai non hanno patria. Non si può togliere loro quello che non hanno. Poiché la prima cosa che il proletario deve fare è di conquistarsi il dominio politico, di elevarsi a classe nazionale, di costituire se stesso in nazione, è anch’esso ancora nazionale, seppure non certo nel senso della borghesia.
Le separazioni e gli antagonismi nazionali dei popoli vanno scomparendo sempre più già con lo sviluppo della borghesia, con la libertà di commercio, col mercato mondiale, con l’uniformità della produzione industriale e delle corrispondenti condizioni d’esistenza.
Il dominio del proletariato li farà scomparire ancor di più. Una delle prime condizioni della sua emancipazione è l’azione unita, per lo meno dei paesi civili.
Lo sfruttamento di una nazione da parte di un’altra viene abolito nella stessa misura che viene abolito lo sfruttamento di un individuo da parte di un altro.
Con l’antagonismo delle classi all’interno delle nazioni scompare la posizione di reciproca ostilità fra le nazioni.
L' 8 marzo abbiamo partecipato ad un presidio
di lavoratrici della RSA "Anni Azzurri" in sciopero per la prima volta,
la nostra presenza è stata molta attiva, abbiamo spiegato al
megafono le difficili condizioni delle donne lavoratrici in genere, ma
in particolar modo le difficili condizioni delle lavoratrici della
sanità.
Un lavoro di affiatamento tra le lavoratrici e le compagne del
mfpr per sostenerle nell'esprimere, per spiegare con le loro parole la
situazione e le loro richieste. Per questo abbiamo pensato di
intervistare una delle lavoratrici che ha spiegato la
situazione di sfruttamento e, non solo, perché ha messo in evidenza
anche il fatto di come sono preoccupate per gli ammalati che non
possono essere seguiti, ma il profitto si fa anche sulla loro pelle, con
le cure ridotte all'osso, con il cibo cattivo, ecc.
Ascolta l'intervista
Noi abbiamo parlato delle assemblee che
altre operaie hanno organizzato dal basso, dove le lavoratrici si
prendono la parola, come hanno fatto le operaie della Beretta.
Abbiamo sottolineato di come sia importante tenersi collegate,
unirsi per affrontare il disastro sanitario, in modo particolare nel
settore della cura e dell'assistenza.
C'è stato, poi, il collegamento con Monica del comitato di lotta
di Viterbo che ha spiegato bene il senso di questa giornata di lotta
per noi donne, che non è solo una questione di genere, ma di lotta di
classe
Ascolta la registrazione
Possiamo dire che le abbiamo avvolte e coinvolte con la nostra solidarietà e hanno apprezzato il collegarsi.
Inoltre per rendere più concreto e forte, e come per noi donne
avviene con naturalezza, l'unita' tra le lavoratrici in lotta c'è stato il collegamento di solidarietà con le
operaie di Trezzo in sciopero.
Con le donne iraniane, contro il nostro imperialismo
Decine e decine di colloqui fra gli avvocati difensori e i loro
assistiti – scambi per lo più neutrali e tecnici – registrati e
trascritti. Dovevano essere distrutti, invece, sono finiti nei
cosiddetti brogliacci (le trascrizioni delle forze dell’ordine) dei
fascicoli della procura di Torino per il maxi processo sul centro
sociale Askatasuna. «Centinaia di telefonate» trascritte «pur essendo,
in base alla normativa, vietato». Lo hanno rivelato i legali degli
imputati, comunicandolo al Tribunale del capoluogo piemontese.
«Le intercettazioni vanno dal dicembre 2019 a meno di un anno dopo e –
spiega l’avvocato Claudio Novaro, che difende 14 dei 28 imputati – sono
a carico di una serie di soggetti di area di Askatasuna e No Tav.
Qualche udienza fa avevo detto che c’erano intercettazioni trascritte
tra difensori e assistiti, il
8 marzo, sciopero delle donne per tutta la giornata, alla Beretta di Trezzo, animato e partecipato dalle operaie dell’appalto Mpm, sotto attacco perche’ sindacalizzate e ribelli, in prima linea in fabbrica a difendere lavoro, salute salario e diritti, che inevitabilmente si collegano a tutta la condizione della donna e cercano in tutti i modi possibili, l’unità tra le operaie, tra tutte le operaie della fabbrica, tra tutte le donne in lotta.
Per una movimentata giornata, dalla portineria al Comune, e con i calorosi e solidali collegamenti con le altre lavoratrici in sciopero da Milano e Taranto.
E quanto questa lotta ‘parli a tutte le operaie’, di come rappresenti il bisogno di unità delle lavoratici, divise con gli appalti e le agenzie in seria A, B, C…, ha trovato una dura conferma proprio nella notizia di questi giorni, circa la chiusura di un reparto della fabbrica, con lo spostamento delle operaie negli altri reparti, ‘tranquille mandiamo via le operaie precarie…’.
Perché nessuna possa sentirsi dire vai via, tu non conti, sei dell’agenzia, sei dell’appalto. Una ragione in più per scioperare l’8 marzo, dove centrale è stata l’importante richiesta di riprendere il lavoro sulle linee 4, 5 e controllo isole, come elemento di tenuta dell’appalto; senza queste linee (ora occupate incredibilmente da personale Beretta!) per l’appalto, forte è il rischio della liquidazione, dato che Beretta dimostra di averne la gestione imponendo le ‘sue operaie’, e per le operaie Mpm sono già aumentate le giornate di riposo forzato senza lavoro.
Uno sciopero contro l’autoritarismo e la repressione verso le operaie che lottano, discriminate sui turni, come seguite e guardate a vista tra le linee, al pari di una caserma, con i capi più caporali che responsabili di produzione, per farti saltare i nervi.
Uno sciopero dalla fabbrica rivolto a tutte le donne, alla loro condizione, di denuncia per le immigrare fatte morire a Crotone, solidale con le donne iraniane, con tutte le donne nel mondo che si ribellano, contro le discriminazioni, la violenza quotidiana, i femminicidi, che questo sistema marcio riversa contro le donne, perché tutta questa vita deve cambiare.
Una lotta portata a tutta la fabbrica, con un partecipato presidio alla portineria, buona occasione per coinvolgere, per avvicinare le tante altre operaie dello stabilimento, fianco a fianco tutti i giorni, ma irraggiungibili durante il turno. Operaie che invece sono molto simili per la doppia oppressione che le donne subiscono, per le dure condizioni di lavoro, che segnano la loro salute, nelle mani, schiene, spalle; di tutte le operaie, senza distinzioni tra dirette Beretta, delle agenzie, dell’appalto. Una occasione per parlare da operaia a operaia della paura che c’è nei reparti, degli altri sindacati che non fanno niente, delle operaie che pensano solo per loro o che passano direttamente dalla parte dell’azienda e si mettono contro le colleghe.
Uno sciopero per i diritti e l’unità tra donne/lavoratrici, tutt’altro che formale, perché il lavoro per le donne è indipendenza economica ma anche emancipazione, in un sistema produttivo dove i salari sono ancora più bassi per le donne, che hanno in maggioranza posti di lavoro meno qualificati e tutelati.
L'AQUILA
Un corteo giovane, rumoroso e determinato, organizzato dal collettivo Fuori Genere e che ha visto la partecipazione anche delle compagne del collettivo Malelingue di Teramo, ha attraversato L'Aquila a partire dall'Università fino al csoa Casematte, con 4 soste, scandite dal susseguirsi di numerosi interventi al microfono su formazione/educazione, diritto all'abitare/gentrificazione, guerra, migranti, lavoro, salute, autodeterminazione, violenza.
Nella sosta davanti a un Comune blindato e guardato a vista dalla digos, che ci ha accompagnato per tutto il corteo, sono stati fatti interventi e slogans contro il fascismo, il razzismo e l'operazione mediatica "marzo in rosa" dell'amministrazione di Fdi, inaugurata dall'incontro con la ministra Roccella, intervenuta in città per parlare di "inverno demografico".
L'intervento della compagna del MFPR contro il fronte interno della guerra imperialista, la repressione delle compagne No Tav, il carcere tortura/assassino, ha rilanciato la mobilitazione contro il 41 bis, per la libertà di Alfredo Cospito e di tutti i prigionieri e le prigioniere politiche, contro la repressione delle lotte.
Un intervento che è stato ripreso dal collettivo Malelingue di Teramo, che ha ricordato come un compagno del campetto occupato rischia la sorveglianza speciale per le lotte sociali nel territorio giugliese, e che tra i motivi della richiesta di sorveglianza speciale c'è anche un presidio di 2 anni fa, in solidarietà a una ragazza stuprata alla stazione di Giulianova.
Il testo dell'intervento del MFPR-AQ
8 marzo scioperiamo contro la violenza di Stato, contro il carcere e la repressione che questo Stato borghese, questo governo fascio-razzista, sta portando avanti con sempre più ferocia nei confronti di chi si oppone alla barbarie capitalistica, alla guerra contro la maggioranza delle donne innalzando la bandiera nera di “Dio, patria, famiglia” e figli, da macellare in trincea o in fabbrica, nell’alternanza scuola/lavoro.
8 marzo scioperiamo per la libertà della militante no tav Francesca Lucchetto, da un mese in carcere per aver tentato, 10 anni fa, di appendere uno striscione davanti al tribunale di Torino in solidarietà con Marta Camposano, manganellata durante un corteo no tav e molestata sessualmente da un agente di polizia (“Se toccano una toccano tutte! Non un passo indietro, solidarietà a Marta”)
8 marzo scioperiamo in solidarietà con le compagne di Askatasuna, con Dana, Nicoletta, con tutte le donne no tav, che con costanza e determinazione si battono per una causa giusta che ci riguarda tutte, che non cedono alla repressione, e che continuano a lottare sempre al fianco delle nostre sorelle detenute.
8 marzo scioperiamo contro la guerra imperialista in Ucraina, che è una guerra di classe e sta uccidendo soprattutto donne e bambini
8 marzo scioperiamo contro il nero governo Meloni e i partiti guerrafondai in Parlamento, che mentre riarmano il governo nazista ucraino tolgono soldi alla scuola, alla sanità, ai servizi sociali, scaricando sulle donne il lavoro di cura, il carovita, i costi della crisi.
8 marzo scioperiamo contro le stragi di Stato e padroni, che ci uccidono di continuo, in mare, sul lavoro e a casa, dove veniamo ricacciate dalle loro politiche di lacrime e sangue
8 marzo scioperiamo contro il governo fascio-razzista italiano, che mentre fa affari con i regimi del Nord Africa e del MO, decreta per legge le morti di donne e bambini migranti, usandoli come merce di scambio dei profitti dei capitalisti
8 marzo scioperiamo contro la tortura del 41 bis e la condanna a morte dell’anarchico Alfredo Cospito, da più di 4 mesi in sciopero della fame contro questo regime.
Un regime che per i prigionieri rivoluzionari ha una duplice funzione, quella della vendetta verso coloro che non abiurano alle proprie idee politiche continuando a lottare contro il terrorismo di stato, e quella deterrente delle lotte verso l’esterno.
Il carcere dell’Aquila, dove c’è il più alto numero di detenut* in 41 bis, è l’unico in Italia ad avere anche una sezione femminile, con 15 donne in regime di carcere duro, tra cui Nadia Lioce, prigioniera comunista rivoluzionaria, che nel 2017 finì sotto processo per aver disturbato la quiete di un carcere che l’ha sepolta viva, attraverso una serie di battiture di protesta con una bottiglietta di plastica. Nadia fu assolta perché l’isolamento estremo in 41 bis non consentiva né a lei, né alle altre detenute sottoposte a questo regime di avere percezione di tale “disturbo”. Ecco quel che si legge nei provvedimenti che ogni 2 anni vengono emanati per riconfermarglielo: “Vanno valutate con la massima prudenza le temporanee eclissi del fenomeno brigatista che suggeriscono di non escludere la possibilità di una ripresa della lotta armata nel medio/lungo periodo, anche in considerazione di un panorama complessivo di scontri sociali, di un sempre crescente divario di condizioni di vita e di scarse occasioni di lavoro”.
8 marzo scioperiamo contro il carcere tortura e assassino, contro uno Stato borghese e stragista che vorrebbe mettere a tacere un anarchico che non ha ucciso nessuno.
Perché se è vero, come è vero, che nessun* di noi sarà libera/o fin quando non lo siamo tutt*, allora non possiamo lasciare che le nostre sorelle e i nostri fratelli continuino a vivere in una tomba per vivi. Che sia l’Italia, l’India, la Turchia, l’Iran, la Palestina, dobbiamo difendere i nostri fratelli e le nostre sorelle detenut*!
Fuori Alfredo e Nadia dal 41bis! Libere e liberi tutti!
Mentre era in corso la manifestazione ai bordi di Piazza Venezia, il corteo di macchine di Netanyahu ha lambito la piazza per dirigersi alle sedi istituzionali. Le bandiere palestinesi che sventolavano non possono essere sfuggite allo staff e alla scorta del premier israeliano in visita in Italia.
Nel pomeriggio di ieri centinaia di palestinesi e attiviste/i solidali con la Palestina hanno dato così dimostrazione pubblica di come Netanyahu non sia affatto benvenuto nel nostro paese. Nella notte decine di striscioni erano apparsi in diversi punti della città (alcuni scritti anche in ebraico) per ribadire lo stesso concetto.
Oggi pomeriggio anche una parte della comunità ebraica manifesterà contro la visita di Netanyahu in sintonia con le manifestazioni che da settimane animano le strade delle città israeliane e che hanno anche cercato di impedire la partenza di Netanyahu dall’aeroporto di Tel Aviv. La lotta per la democrazia è importante, anche in Israele, ma riesce difficile comprendere come non riesca a sintonizzarsi con quella contro l’oppressione di un altro popolo. Democrazia e oppressione coloniale sono in antagonismo e non certo compatibili tra loro.
Il governo italiano invece oggi riceverà in pompa magna uno dei maggiori responsabili del passato e del presente dell’oppressione e della brutalità del popolo palestinese.
L’Italia dal 2003 ha un accordo di cooperazione militare con Israele che viene rinnovato ogni cinque
Forse a Giorgia Meloni non farà piacere, ma a noi l’uso del maschile “il” per la sua carica non piace proprio. La chiamiamo “la” Presidente del Consiglio anche
per rispetto delle tante donne che le hanno aperto la strada facendosi
spazio in ambiti tradizionalmente dominati dai maschi, dalla politica
alle imprese. La prima Premier nella storia d’Italia è molto attenta
alla comunicazione, sulla quale sta manifestando qualche (giustificata)
preoccupazione.
Dopo i numerosi sfondoni inanellati dai vari Donzelli, La Russa, Piantedosi e
compagnia bella, Giorgia Meloni ha deciso di affidarsi ai
professionisti, affidando la comunicazione di Palazzo Chigi a un
giornalista di lungo corso come Mario Sechi, prelevato
dalla direzione di AGI. Non solo. Per evitare altre figuracce, gli
esponenti del governo vengono tenuti a distanza di sicurezza dai
talk-show, dove ormai è abituale che a prendere le parti del
centrodestra siano non dei politici, ma dei giornalisti.
Non c’è nulla di strano nel fatto che chi fa questo mestiere si
schieri di qua o di là (o a seconda della convenienza), ma il fatto
inedito è la vera e propria supplenza di una politica troppo pasticciona
persino per i salotti televisivi. Ormai sui divanetti dei talk-show
hanno preso la residenza le firme più prestigiose del giornalismo di destra,
agguerriti nel controbattere la
Quando, qui in Italia, ci rapportiamo a tutta la problematica della guerra russo-ucraina, uno degli aspetti che più ci colpisce nelle posizioni delle varie forze politiche liberal-borghesi, dei loro “think tanks” e della grande stampa e media che ne megafona le “analisi” e posizioni, è la banalizzazione semplicistica, parziale e unilaterale dei fatti, colti esulando dal complessivo contesto in cui sono inseriti. Il tutto connotato da un ipocrito doppiopesismo sull’intangibilità dei “principi riguardanti i diritti umani e democratici” e da una pervicace impostazione ideologica che, innanzitutto, diventa funzionale all’organizzazione al consenso degli strati popolari e alla loro irreggimentazione a sostegno del principale “protagonista” di questa decadente fase storica: la grande borghesia imperialistica finanziaria e della sua immutata propensione ad una politica imperialista guerrafondaia. Inoltre, manco a dirlo, ricaccia la sinistra di classe nella confusione e nell’incertezza di quale sia appunto una posizione di classe nella lotta per la pace contro la guerra.
Si sprecano “profondi” concetti, come la “guerra del bene contro il male”, della guerra da sempre “insita nella natura umana” e, in questo caso, nella “soggettività” di qualcuno in particolare, si rimarca la palese differenza tra “aggressori e aggrediti”, l’inconciliabilità tra “democrazia e autocrazia” e via discorrendo. Non rifugge da una impostazione di questo genere nemmeno la spiegazione,
Il Governo fascio-imperialista Meloni/Piantedosi/Salvini finanzia i trafficanti al governo della Libiamentre criminalizza, reprime e impedisce i soccorsi in mare nel più totale disprezzo per le vite dei migranti
dalla nota del Ministero del 21 febbraio: Proficuo colloquio su contrasto a traffico di migranti e focus dedicato a cooperazione di polizia nella lotta a criminalità organizzata e terrorismo
ilriformista
Luca Casarini — 9 Marzo 2023
In mezzo al fragore, sacrosanto, dovuto alla strage di Cutro, una notizia è passata quasi inosservata: la polizia francese ha fermato all’aeroporto Charles De Gaulle di Parigi Imad Al Trabelsi, attuale ministro dell’interno libico, con una valigia piena di soldi in contanti, mezzo milione di euro, di cui il ministro non ha “saputo” dare spiegazioni. Il suo passaporto diplomatico e chissà cos’altro gli hanno permesso di essere rilasciato.
Per il giudice francese che ha in mano il caso non sarà facile adesso pretendere spiegazioni. Si potrebbe aprire un “LibyaGate”, ma forse non sarà così. Il potente ministro libico gli affari, e tanti, li fa da sempre con i governi occidentali. Ma perché la notizia potrebbe imbarazzare il Viminale? Perché il trafficante libico Trabelsi, promosso a ministro, lo scorso 21 di febbraio era con Piantedosi nel suo ufficio, a Roma, per gli accordi “per fermare le partenze” dei migranti e dei rifugiati imprigionati in Libia. Che tipo sia questo galantuomo lo dice il suo curriculum: capobanda del sud ovest della Libia dilaniata del post-Gheddafi, già schedato dalle Nazioni Unite come uno dei più potenti trafficanti, a capo della milizia di Zintan.
Ha accumulato milioni di euro principalmente attraverso il traffico illegale di petrolio. Si è messo poi al servizio dell’attuale governo, pretendendo subito la promozione a sottosegretario. In occasione di questa nomina, le organizzazioni per i diritti umani libiche e internazionali, per esempio Amnesty International, lo hanno indicato “come uno dei peggiori violatori di diritti umani e del diritto umanitario internazionale”. Per questo signore, così calorosamente accolto da Piantedosi a Roma, nelle carte ufficiali delle Nazioni Unite e del Tribunale Penale Internazionale, si parla di “traffico di esseri umani, violenze, torture e sparizioni forzate ai danni di migliaia di migranti e rifugiati”. La riunione al Viminale dello scorso 21 febbraio nel quale Trabelsi è stato ricevuto con tutti gli onori, segue quella avvenuta a Tripoli il 29 dicembre del 2022. Presenti il Prefetto Lamberto Giannini, capo della polizia, e il Generale Giovanni Caravelli, Direttore dell’Aise.
inoltre da nigrizia: "uno dei tanti signori della guerra coinvolti in abusi e traffici in Libia....La nomina è quindi letta come una ricompensa per i servigi resi e per “comprare la lealtà” sua e dei suoi miliziani, fa sapere l’emittente francese Rfi che riporta la notizia.
In un rapporto delle Nazioni Unite del 2018 Trabelsi è indicato come uno dei tanti capi milizia arricchiti grazie al traffico illegale, in particolare di carburante.
I critici di Dbeibah ritengono che la nomina di un uomo con una tale reputazione a una posizione così importante, travalichi le prerogative del primo ministro, anteponga i suoi interessi a quelli dello stato e disprezzi i diritti delle vittime".
I famigliari dei migranti lasciati morire a Cutro:
L’edizione telematica di martedì sette marzo del quotidiano Domani riporta una lunga intervista della deputata cuneese sedicente democratica Chiara Gribaudo – grande sostenitrice dalla neoeletta segretaria Elly Schlein.
Se tra le due personalità sopra citate vi fosse totale comunanza di idee, ci sarebbe da preoccuparsi seriamente che il “nuovo corso” del partito con sede a Roma, nell’ex convento del Nazareno, assomigli terribilmente a quello appena spodestato.
Nei giorni precedenti le rassicurazioni della responsabile politica in tema di rapporti internazionali avevano fatto capire che negli ambienti di via Sant’Andrea delle Fratte 16 nessuno metteva in discussione l’invio di armamenti alla Giunta al potere a Kiev.
Secondo quanto emerge da queste nuove esternazioni, anche in tema di politiche del lavoro sembra non esserci intenzione di cambiare rispetto al passato: a domanda se si sia pentita di aver votato il Jobs Act, in sostanza risponde difendendo a spada tratta l’indegno provvedimento voluto da Matteo Renzi.
Se la Schlein la pensa, anche in questo caso, come la sua sostenitrice appare evidente che la tanto sbandierata “svolta” rispetto al passato non ci sarà affatto o, nella migliore delle ipotesi, riguarderà una semplice “rinfrescata” alla facciata dei provvedimenti sostenuti dalla precedente dirigenza.
Avevamo
detto nell'ultima Formazione operaia del 23 febbraio, in cui abbiamo
ripreso alcune citazioni di Lenin del testo: Il socialismo e la guerra, che
le avremmo commentati nel prossimo appuntamento, ed è questo che
cominceremo a fare ora, guardando alla guerra inter imperialista in
corso in Ucraina.
Non c’è alcun dubbio se si guarda all’attuale Ucraina o se si
analizza la natura economico politica di questo paese che le forze
legate a Zelensky non sono impegnate in una lotta di liberazione
nazionale rispetto ad una invasione ma ad una politica che
corrisponde perfettamente alla definizione leninista di
socialsciovinismo.
Il regime di Zelensky è il regime dei grandi capitalisti ucraini e
dell’oligarchia finanziaria che aspira ad essere parte dell’Europa
imperialista ed è alleata e in prima linea dei piani di guerra
dell’imperialismo Usa/Nato.
In questo senso la “difesa della patria” di cui parla Zelensky è
stata, è e sarebbe l’oppressione e lo sfruttamento degli operai e
delle masse popolari e il pieno dominio in Ucraina delle
multinazionali Usa/Europa.
Per questo tutti coloro che portano
avanti argomentazioni di destra, che qui
coincidono in particolare anche con il sostegno alla componente
nazista delle forze militari ucraine; e argomentazioni di “sinistra”, nascondono
e mettono il silenziatore alla lotta di classe in Ucraina e approvano
ogni tipo di armamenti che l’esercito ucraino riceve dagli
imperialisti e sono il punto di forza della cosiddetta
“resistenza”, peraltro sempre più addestrata e guidata anche
direttamente dalla forze armate Usa/Nato.
Quella dell’Ucraina non è una "difesa della patria" dall’oppressione straniera ma un prendere parte in prima linea ad
uno scontro inter imperialista per interposta persona che manterrebbe
l’oppressione straniera sull’Ucraina come Stato e porterebbe
l’Ucraina ad essere parte integrante dei preparativi di
Lo sciopero delle donne a Taranto è stato organizzato direttamente dalle donne lavoratrici dello Slai cobas, Usb e dal Movimento femminista proletario rivoluzionario.
Sono state soprattutto le lavoratrici delle pulizie e ausiliariato, in lotta contro la precarietà, i salari miseri, l'aumento dei carichi di lavoro da fare in pochissime ore, la difesa della salute, a "prendersi la scena" con uno sciopero che ha bloccato il servizio in tutti gli asili della città; a loro si
sono unite, le operaie della Pellegrini appalto ex Ilva - per la prima
volta operaie della fabbrica in sciopero nell'8 marzo, che proprio dopo la giornata di lotta hanno conquistato un contratto migliore per le ore per cui le operaie Slai cobas si erano battute nei mesi precedenti - e altre
lavoratrici di altri posti di lavoro.
Le lavoratrici degli asili hanno rappresentare in questa giornata anche le rivendicazioni di condizioni
di lavoro dignitose di
tutte le lavoratrici degli altri settori della città. Con orgoglio
combattività e determinazione, ma anche gioia, hanno unito lotta a
festa,
fuori da ogni ritualità stantia e retorica sulle donne.
Quest'anno sono state le lavoratrici a prendere nelle loro mani lo sciopero delle donne, portando creativita' e idee nuove, e impugnando le bandiere del Mfpr, non solo materialmente ma soprattutto ideologicamente. Nella lotta sono entrate tutte le rivendicazioni e le solidarietà anche
internazionali - con le donne dell'Iran al canto di "Bella ciao", le
migranti morte sulle nostre coste; cosi' come la lotta contro femmicidi e violenze,
con un messaggio forte e chiaro 'Tutta la vita deve cambiare!' sui posti
di lavoro, nelle case, nella società.
Collegamenti telefonici con altre realta' in sciopero, in particolare le operaie della Beretta di Trezzo, le lavoratrici di Palermo delle cooperative, perchè l'unita' delle donne/lavoratrici è un valore importante per far pesare la loro forza.
Alle donne lavoratrici si è unito
un significativo contingente di studentesse e studenti della Fgc che
sono state compatte in piazza con le lavoratrici rappresentando un ponte
tra presente e futuro.
La giornata dell'8 marzo era iniziata al mattino presto, con un giro delle lavoratrici Slai cobas in tanti asili, sia per la riuscita dello sciopero sia per dare volantini, parlare con le madri, i genitori dei bambini, affinchè siano al loro fianco perchè la loro lotta serve anche a migliorare il servizio.
Poi si sono recate nella piazza del Comune. Ma qui le lavoratrici con le compagne del Mfpr hanno voluto fare un ingresso combattivo. Con cartelli fatti da ogni lavoratrice, bandiere, megafono, fischietti hanno fatto un breve corteo sul ponte girevole. Quindi un lungo presidio sotto il Comune con interventi, tanti slogan, uno tra tutti: 'la lotta è
dura e non ci fa paura!'.
Le lavoratrici dello Slai cobas, le compagne del Mfpr quando sono arrivate in piazza, dove stavano ad attenderle le lavoratrici del Usb, sono state l'anima, la forza, l'orgoglio delle donne nel presidio.
Durante il presidio l'assessora che si sta occupando della loro vertenza si è dovuta fermare per lungo tempo, "accerchiata" dalle lavoratrici che hanno detto che la lotta continuera', con altri scioperi perchè vi siano effettivi risultati
La bella giornata è proseguita la sera
con un incontro presso la sede Slai cobas, sullo slogan: "festeggiamo il nostro 8 marzo di lotta facendo la "festa" a loro...". Un
momento di discussione e riflessione della necessita' di accrescere e rendere più forte la lotta delle donne, oggi contro il governo reazionario della Meloni al servizio dei padroni e della guerra imperialista; questo insieme al collegamento ideale con le nostre sorelle in lotta degli altri paesi, attraverso anche video, canzoni, e di comprensione, attraverso anche opuscoli del Mfpr, che un mondo nuovo è possibile se e quando le donne fanno la rivoluzione proletaria portando in essa e nella nuova societa' socialista la loro marcia in più e tutti i loro bi/sogni di liberazione.
Palermo
In sciopero e in lotta l'8 marzo a Palermo le precarie Coop Sociali con lavoratrici della scuola, pensionate, disoccupate, le compagne del Mfpr.
Il primo sit-in si è fatto a Piazza Pretoria/Comune con striscioni, pannelli, bandiere, diffusione della piattaforma dello sciopero, dell'appello delle precarie Coop Sociali e del foglio Mfpr verso tante donne, giovani che si sono avvicinate, hanno fotografato i cartelli, così a studentesse e studenti che hanno solidarizzato con le lavoratrici. Megafonaggio costante e slogan per denunciare tutta la condizione di doppia oppressione della maggioranza delle donne lavoratrici, proletarie in questo sistema sociale, attaccate ogni giorno e in modo sempre più pesante dal governo, oggi il nero governo Meloni, dai padroni, da questo Stato borghese.
Bella la presenza attiva e solidale di compagne e compagni dell'Assemblea No Guerra e del Comitato No Muos di Palermo
Intervento della compagna Assemblea No Guerra e Comitato No Muos Palermo
In unità con le operaie, lavoratrici, precarie, donne in sciopero e lotta nelle altre città e posti di lavoro.
Al fianco delle donne che lottano con grande coraggio nel mondo contro regimi feudal-fascisti come le donne iraniane, delle compagne combattenti che dall'India, alle Filippine, Turchia... sono parte determinante della lotta rivoluzionaria per una vera liberazione sociale.
La giornata di sciopero e di lotta è proseguita a Palermo con un nuovo sit-in al palazzo del Parlamento siciliano -ARS, dove le precarie Coop, lavoratrici e le compagne sono arrivate improvvisando un combattivo mini-corteo che è entrato nella piazza gremita di lavoratrici e lavoratori precari OSS e tecnici della sanità in manifestazione, assunti durante lo scoppio del Covid ora buttati tutti fuori e senza lavoro, mentre gli ospedali sono sempre più allo sbando.
Forte e bello scambio di solidarietà, con applausi e poi slogan e comizi insieme con il nostro megafono con le tante operatrici in particolare a cui abbiamo dato il volantino.
video del mini-corteo
UNA SOLA SOLUZIONE, STABILIZZAZIONE!
I deputati ARS in modo osceno si sono aumentati stipendi e indennità di pensione mentre migliaia di lavoratrici, precarie, precari, disoccupate devono vivere o con salari bassissimi o morire di fame, visto l'attacco al reddito di cittadinanza di cui oggi vengono private anche tantissime donne.
LA PAGHERETE!
Il bel saluto finale solidale delle precarie Coop, che hanno anche ottenuto un incontro con il vice-Presidente dell'Ars per la prossima settimana, alle precarie e ai precari della sanità